La cultura dell\'educazione - Bruner PDF

Title La cultura dell\'educazione - Bruner
Author Giulia Zagarella
Course Pedagogia Generale E Sociale
Institution Università degli Studi di Enna Kore
Pages 11
File Size 276 KB
File Type PDF
Total Downloads 74
Total Views 132

Summary

Riassunto completo, esaustivo ed assolutamente sostitutivo del testo....


Description

LA CULTURA DELL'EDUCAZIONE. 1. LA CULTURA, LA MENTE E L’EDUCAZIONE. Jerome Bruner è uno psicologo statunitense che contribuì agli sviluppi della psicologia cognitiva e culturale , nel campo della psicologia dell’educazione. Si è occupato dei processi percettivi e dell’influenza dei fattori socio-culturali nello sviluppo cognitivo. Secondo Bruner la cultura plasma la mente e ci fornisce gli strumenti necessari attraverso i quali costruiamo la concezione di noi stessi, delle nostre capacità e del mondo. Pubblica la cultura dell’educazione, nel 1996, un saggio dedicato amico David Olson (aderente al cognitivismo). Il cognitivismo è una forma di sapere a carattere multidisciplinare, che ha come oggetto lo studio dei sistemi intelligenti, tra cui naturalmente la mente umana. Bruner annuncia che il testo va ben oltre l’istruzione impartita a scuola, la quale è spesso in contrasto con gli altri sistemi culturali, volti all’insegnamento di regole socialmente condivisibili, ai giovani. Un assunto diventa chiaro, a seguito dei quesiti riguardanti i compiti che la scuola dovrebbe assolvere, ovvero che l’educazione non riguarda solo problemi scolastici tradizionali, ma un più ampio modo di concepire la cultura e i suoi scopi : espressi e inespressi. Descrivendo il titolo del libro, afferma quanto sia appropriato poiché la cultura plasma la mente, fornendoci strumenti mediante i quali , costruiamo il nostro mondo e le conoscenze di noi stessi e delle nostre capacità. Negli anni 90’ vi fu un cambiamento rispetto alle concezioni sulla natura della mente umana, avvenuti a seguito della rivoluzione cognitiva di quegli anni. Questi cambiamenti hanno origine da due teorie sul funzionamento della mente, le quali per essere interessanti da un punto di vista educativo devono contenere precise indicazioni relative al modo di migliorare o modificare il funzionamento in modo significativo: • Teoria del computazionalismo o computazionale, si occupa dell’elaborazione e più in generale della gestione delle informazioni ad opera di uno strumento computazionale, basandosi sull’ipotesi che la mente possa essere concepita come un calcolatore. La scienza computazionale fa alcune informazioni interessanti riguardo al modo di condurre l'educazione, e infatti è diffuso il pensiero secondo il quale la programmazione dei computer può farci comprendere meglio come insegnare agli umani in maniera efficace in quanto il computazionalismo ci riporta alla visione di un computer che organizza le informazioni in modo veloce e ordinato. Ma la nostra mente non organizza necessariamente le informazioni in questo modo anzi spesso produce significati ambigui e disordinati. Tramite la metafora del computer, molti pensano che si possano apprendere corpi di conoscenze grazie ai calcolatori, ma per Bruner questo è impensabile. Il computazionalismo sostiene che tutti i sistemi che elaborano informazioni, devono essere gestiti d regole che stabiliscono , cosa fare con gli input. La difficoltà riscontrata da questo approccio riguarda il tipo di regole, possibili nella computazione che non possono comprendere eventualità imprevedibili, ma solo quelle contingenti. Questa teoria affronta i problemi inerenti il modo di migliorare o modificare in maniera significativa il funzionamento della mente mediante tre stili diversi : • Riformulare le teorie classiche dell’apprendimento e dell’insegnamento, in modo computabile. • Descrivere in termini computazionali ciò che è stato osservato E che più in generale succede effettivamente quando qualcuno si accinge a risolvere un problema o ad impadronirsi di un certo campo di esperienza, • In base al lavoro di Annette Smith, si fa riferimento al suo processo di Ri descrizione secondo il quale la mente del bambino sfrutta informazioni già immagazzinate, perché innate o perché acquisite grazie alle esperienze precedenti, per ri-descrivere la rappresentazione, la mente quindi cresce nella misura in cui riesce a rappresentare in modo nuovo le informazioni già codificate al suo interno. Merito del computazionalismo è l'interesse per tutte le forme di organizzazione e di utilizzazione delle informazioni senza distinzione tra funzionamento umano è non. •

Teoria del culturalismo, trova fondamento da un dato evolutivo secondo cui la mente non potrebbe esistere senza la cultura. Si concentra esclusivamente sui processi di creazione e trasformazione dei significati messi nato dagli esseri umani nelle comunità culturali. In questo senso la mente è legata allo sviluppo dell’uomo per mezzo della cultura, in base ad un sistema simbolico condiviso da membri di una società, tramite cui viene rappresentata la realtà. Questo simbolismo viene tramandato dalle generazioni successive, che mantengono l’identità e lo stile di vita della propria cultura, che in questo senso è superorganica. La sua espressione individuale è legata al fare significato che consiste nel conferire dei significati alle cose, in situazioni diverse e occasioni concrete. La collocazione culturale dei significati ne consente l’accettazione, che costituisce la base dello scambio culturale. Questo approccio è interessato alla soggettività, all’intersoggetività , quindi anche alle emozioni ed ai sentimenti, ed in generale volto a capire come gli uomini giungono a conoscere la mente altrui.

Il compito del culturalismo è duplice e consiste nel: • Versante macro, si riferisce alla cultura come sistema di valori, diritti , doveri ecc... • Versante micro, evidenzia come coloro che devono operare in un sistema culturale, siamo influenzati dalle esigenze che trovano al suo interno. Bruner per tali ragioni chiama il culturalismo anche psicologia-culturale o approccio psicologico-culturale, inoltre egli considera questo modello mentale il più adatto per un'efficace metodologia educativa. I principi che guidano all’approccio della psicologia culturale sono 9 : 1. Principio della prospettiva, il significato di ogni cosa è relativo alla prospettiva di riferimento, ma l’esattezza della sua interpretazione necessita di regole ( dimostrazione, coerenza, concordanza). Ad esempio la costruzione del canale di Panama , è un episodio dell’imperialismo nordamericano ma è anche un momento fondamentale della storia dei trasporti interoceanici. Il principio della prospettiva mette in luce il lato interpretativo del pensiero umano ed i conflitti impliciti nell'esercizio di questa proprietà che possono rendere l'educazione pericolosa o una monotona attività di routine. Ruolo importante in ciò alla cultura che si serve di forme canoniche per la ricostruzione della realtà che influenzano i rispettivi cittadini. 2. Principio delle limitazioni, ci sono due limitazioni legate al fare significato una riguarda la percezione dell’uomo come essere continuo nel tempo, infatti non riusciamo a negare l’influenza di ciò che pensavamo prima, su quello che stiamo pensando ora. L’altra riguarda i sistemi simbolici accessibili o meno alla nostra mente, ad esempio il linguaggio. Quello che si sa per certo è che la consapevolezza linguistica sembra ridurre le limitazioni imposte da qualsiasi sistema simbolico, le vere vittime sembrano essere le persone che hanno meno consapevolezza della lingua che parlano, quindi la pedagogia deve aiutare a superare tali limiti attraverso una migliore consapevolezza della nostra lingua. 3. Principio del costruttivismo, si riferisce agli strumenti di cui vengono forniti i giovani per adattarsi al mondo, e se necessario migliorarlo, atto compiuto dalla pedagogia. 4. Principio dell’interazione, riguarda lo scambio umano, la trasmissione di conoscenze e abilità che ad esempio avviene tra docente e allievo. È attraverso l’interazione che i bambini scoprono cos’è la cultura e come concepisce il mondo. Ma la pedagogia oltre a trasmettere all'individuo il modello della trasmissione deve fare in modo che gli allievi sviluppino capacità di giudizio, fiducia in se stessi, cooperazione. Tali competenze si stimolano a vicenda e la classe ne è un esempio, in quanto è una comunità di persone che apprendono le une dalle altre in cui l'insegnante stimola gli alunni a condividere il proprio ruolo. 5. Principio istituzionale, l’educazione è istituzionalizzata per questo si comporta come altre situazioni e soffre dei medesimi problemi comuni. La scuola come tutte le altre istituzioni è prigioniera della gara alla distinzione, andando contro agli stessi principi che promuove. Ciò che la distingue è il ruolo che svolge preparando i giovani a prendere parte attivamente ad altre istituzioni. 6. Principio dell’ esternalizzazione, consiste nel rendere pubblica l'attività cognitiva mediante la creazione di opere e si riferisce al lavoro dello studioso Meyerson, secondo cui la funzione principale di ogni attività cultuale collettiva è quella di produrre opere, che abbiano un esistenza propria e possano essere trasmesse alle generazioni successive, oggi in modo più semplice grazie alla scrittura. Per Bruner queste opere sono testimonianza del lavoro mentale, dei nostri pensieri e delle nostre intenzioni. Le opere comprendono arti e scienze di una data cultura e creano in un gruppo e dei modi di pensare comuni e negoziabili, queste forme di pensiero sono dette mentalitès caratterizzano individui che vivono in circostanze e periodi diversi. 7. Principio dello strumentalismo, le conseguenze dell’educazione sono strumentali sia per la cultura che per le varie istituzioni, ma anche per la vita di chi ne usufruisce. Sono abilità, modi di pensare, di sentire, il cui valore può variare in base alla cultura. Gardner ha dimostrato che certe attitudini o frames of mind hanno una base innata come la capacità di particolari movimenti nella danza o l'empatia.Le scuole sono sempre selettive circa gli impieghi della mente coltivati, essi vengono divisi in due fondamentali ed accessori, in adatti ai maschi o alle femmine, in base ai bambini della classe operaia ed ai figli della classe agiata. Quindi continua a incombere il curricolo clandestino nella scuola cioè il modo con cui ogni scuola adatta un curricolo per esprimere un atteggiamento e considerazione degli alunni, per questo la scuola non può mai essere culturalmente indipendente, in quanto a scuola e apprendimento scolastico non possono prescindere dalle situazioni. Oltre a tener conto delle conseguenze, bisogna considerare due aspetti: - il talento (quoziente intellettivo), esistono molti modo di usare la mente che possono funzionare solo se si impara a padroneggiare i sistemi simbolici e i registri linguistici propri di una cultura. - l’occasione che i giovani hanno di sviluppare abilità, queste vengono consolidate attraverso l’istruzione e l’esercizio.

8. Principio della narrazione, sembra che l’uomo organizzi il suo modo di conoscer il mondo in due modi: il pensiero logico scientifico (tratta di questioni fisiche) e quello narrativo (tratta delle persone e delle loro condizioni). La capacità di narrazione dovrebbe esser e coltivata a scuola, senza darla per scontata, perché come sostiene Bruner è una modalità di pensiero che aiuta a creare una propria visione del mondo, in cui le persone possono immaginare a livello psicologico un posto per sé e un mondo personale. La narrazione ha una grande importanza per la coesione di una cultura e per la strutturazione di una vita individuale infatti serve a costruire la propria identità entro una cultura così il bambino entra in contatto con miti, fiabe e storie, racconti tradizionali della sua cultura, inoltre l'invenzione narrativa stimola la fantasia aiutando ad immaginare un proprio posto nel mondo. 9. Principio dell’identità e dell’autostima, il sé è una caratteristica fondamentale dell’educazione, esso prevede due aspetti : La capacità di azione, iniziare e portare a termine delle attività per proprio conto. Successo e fallimento sono gli elementi che nutrono lo sviluppo del sé che il bambino incontra per la prima volta a scuola inoltre la persona è intesa come soggetto agente, l’identità è legata alla documentazione degli incontri attivi con il mondo. Il secondo aspetto del sé e l'autostima che è una caratteristica universale del sé è che deriva dalla valutazione della nostra efficacia e della nostra capacità di portare a termine qualcosa che desideriamo o ci è stato chiesto di fare. Si riferisce al a nostra percezione di quello di cui ci crediamo capaci, e di ciò che temiamo di non saper affrontare. Sua gestione non è semplice e risente della disponibilità o meno di supporti esterni. Infine se la scuola è un accesso alla cultura dobbiamo sempre verificare il suo impatto sul giovane, sull'idea che si fa delle proprie capacità e delle probabilità di riuscire a cavarsela nel mondo. La scarsa autostima è spesso accompagnata dalla depressione che può spingere al suicidi. 2. PEDAGOGIA POPOLARE. Un enigma che accompagna da sempre gli studiosi è quello dell’applicazione della conoscenza teorica ai problemi pratici. E' in essa che almeno nelle culture più progredite, insegnanti e allievi si trovano insieme per dar vita a quel fondamentale scambio reciproco che chiamiamo “educazione”. Ma c’è un problema che non ci abbandona mai quando ci occupiamo di insegnamento e apprendimento ovvero “Le Altre Menti”: per l’insegnante ciò si traduce nel come arrivare ai bambini mentre per i bambini si traduce nel chiedersi dove sta cercando di arrivare l'insegnante. In una misura quasi totalmente ignorata in passato, le nostre interazioni con gli altri sono influenzate dalle teorie intuitive correnti sul funzionamento della mentre degli altri e che vengono definite ingenue. Queste teorie sono onnipresenti ma solo di recente sono state sottoposte a intenso studio venendo definite psicologia popolare che si occupa non solo di come lavora la nostra mente ma soprattutto di come la mente infantile impara e cresce. Così se nelle interazioni siamo guidati dalla nostra psicologia popolare, nell’attività di aiutare i bambini a imparare, siamo guidati da nozioni di pedagogia popolare. Un modo diretto di affrontare l’argomento della psicologia e pedagogia popolare è quello di contrapporre la specie umana a quella dei primati non umani. Nella nostra specie i bambini rivelano una “predisposizione alla cultura”, sono sensibili alle usanze che vedono intorno a loro e senza bisogni di esservi stimolati, imitano quello che osservano. Ma queste tendenze all’imitazione e alla dimostrazione paiono inesistenti nella specie dei primati non solo gli scimpanzé adulti non insegnano ai piccoli mostrando loro il comportamento corretto, ma neanche i piccoli sembrano imitare le azioni degli adulti. Il significato generale che emerge è chiaro: alla base dei tentativi di insegnamento ci sono degli assunti sulla mente di chi apprende. Da qui nasce l’idea che per teorizzare la pratica educativa occorra tener conto delle teorie popolari già possedute dalle persone che sono impegnate nell’insegnamento e nell’apprendimento. Le varie pedagogie popolari riflettono una varietà di assunti sui bambini ad esempio che essi siano dei recipienti vuoti da riempire di conoscenze che solo gli adulti possono fornire. Queste pedagogie sostengono ormai da tempo che spiegare quello che fanno i bambini non basta, il nuovo ordine del giorno è capire cosa pensano di fare e quali sono le loro ragioni. Come dice Howard Gardner: “gli educatori devono penetrare nella mente dei loro studenti”. In poche parole la tesi che sta emergendo e che le metodologie educative adottate nelle aule scolastiche si fondino su una serie di credenze popolari riguardanti la mente dei discendenti alcune delle quali possono agire consapevolmente a favore del benessere del bambino o inconsapevolmente contro di esso. Così emerge la tesi che i metodi educativi adottati nelle scuole, si fondino su credenze popolari. Esistono 4 principali modelli della mente, capaci di concepire i rapporti tra mente e cultura: 1. I bambini apprendono per imitazione, ad esempio l’acquisizione di know-how, l’insegnante mostra una data attività al bambino il quale può eseguirla solo dopo averla osservata perché il docente non crede che riesca a farlo senza che gli sia prima mostrato. In questo caso non sono considerate conoscenza e comprensione, ma solo perizia e abilità. Per imparare imitando, il bambino deve riconoscere gli obbiettivi perseguiti dall’adulto, i mezzi usati per raggiungere quegli obbiettivi, e il fatto che l’azione che gli è stato mostrata lo porterà a raggiungere con successo l’obbiettivo. All’età di due anni i bambini sono già capaci, a differenza degli scimpanzé, di imitare l’azione in questione. È

risaputo che dimostrare “come si fa” e offrire la possibilità di fare pratica non è sufficiente. Un pianista veramente bravo non deve avere solo delle mani agili, ma deve anche conoscere la teoria dell’armonia, il solfeggio e ala struttura melodica. 2. I bambini imparano dall’esposizione didattica, ad esempio l’acquisizione di conoscenza proposizionale, si basa sull’idea che si debbano presentare agli allievi fatti, principi e regole di azione che devono essere imparate, ricordate e poi applicate. Questa visione presume che la mente di chi apprende sia una tabula rasa. Le conoscenze che vengono immerse nella mente vengono considerate cumulative, la mente del bambino è passiva, come un ricettacolo che aspetta di essere riempito. Questa visione è a senso unico. L’insegnamento non è un dialogo, ma il racconto fatto da un altro. 3. I bambini come pensatori, ad esempio lo sviluppo dello scambio intersoggettivo, la pedagogia deve aiutare il bambino a capire meglio e in modo meno unilaterale, qui alunno e insegnante dialogano, mantengono il proprio punto di vista, correggendolo mediante la riflessione, qualora fosse errato. In questa concezione l’insegnante si preoccupa di capire cosa pensa il bambino. La comprensione viene promossa tramite la discussione e la collaborazione, il bambino viene incoraggiato a esprimere meglio le sue idee per poter attuare un incontro con le menti di altri che possono avere dei punti di vista diversi. Il bambino non è soltanto ignorante, non è soltanto un recipiente vuoto, ma è qualcosa capace di ragionare, di fare senso, sia per conto proprio che attraverso il dialogo con gli altri. Questa visione non è semplicemente “centrata sul bambino”, ma si sforza di costruire un’intesa tra bambino e insegnante. 4. I bambini come soggetti intelligenti, la gestione della conoscenza obiettiva, l’insegnante aiuta il bambino a capire non solo la differenza tra le proprie personali da un lato conoscenze e quelle che una cultura ritiene acquisite dall'altro, ma il conseguente fondamento. Janet Astington, rileva a tal proposito che spesso i bambini confondono la verifica delle proprie credenze con il processo per cui ci si forma una credenza su di una credenza. Secondo questa prospettiva , bisogna parlare con gli autori dei testi, che vivono ancora nelle loro opere, purché l’obiettivo non sia la venerazione, ma l’interpretazione e il dialogo. Possiamo immaginare le 4 concezioni appena esaminate del processo di insegnamento-e-apprendimento come se fossero disposte su due dimensioni. La prima è una dimensione “dall’interno all’esterno” o potremmo chiamarla la dimensione dell’ internalizzazione (quello che il bambino può fare per apprendere meglio) e esternalizzazione (quello che l’insegnante può fare per promuovere l’apprendimento). La seconda dimensione si basa su una dimensione intersoggettiva(il teorico applica le sue teorie su di sé) e oggettivista (il teorico applica le sue teorie sugli alluni) 3. LA COMPLESSITA’ DEGLI OBIETTIVI EDUCATIVI. Le contraddizioni della nostra epoca si presentano sotto forma di antinomie, ovvero coppie di verità ampie che si contraddicono l’un l’altra. Anche le verità educative sono afflitte da antinomie, che non hanno una soluzione logica ma solo pragmatica. Esistono 3 tipi di antinomie : 1. Realizzazione individuale e conservazione della cultura, da un lato la funzione dell’educazione è quella di consentire alle persone la loro realizzazione, dall’altra parte la funzione dell’educazione è quella di riprodurre la cultura che le sta dietro. Ma è possibile interpretare il sistema scolastico al tempo stesso come strumento di realizzazione individuale e come tecnica di riproduzione per il mantenimento e lo sviluppo di una cultura? E' difficile che un sistema scolastico possa raggiungere entrambi gli scopi ed è difficile trovare una so...


Similar Free PDFs