la depressione sociale PDF

Title la depressione sociale
Course Psicologia sociale
Institution Università degli Studi di Trento
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la depressione sociale...


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la depressione La depressione viene considerata un disturbo dell’umore, le persone che ne soffrono riferiscono di sentirsi tristi, abbattute, incapaci di svolgere le normali attività della vita quotidiana, il disturbo altera anche il modo in cui la persona pensa a sé stessa, il depresso s sente apatico, non prova piacere per le attività quotidiane, inoltre, il disturbo è spesso associato a sintomi quali alterazione del sonno o inappetenza; è uno dei disturbi maggiormente associati al rischio di suicidio. È uno dei disturbi mentali più diffuso nella popolazione generale e può essere presente in tutte le età, inclusi adolescenti e bambini in età scolare, è maggiormente presente nelle donne con un rapporto di 2:1 rispetto agli uomini. Il DSM-IV prevede la categoria dei disturbi depressivi, della quale fanno parte: il disturbo depressivo maggiore, il disturbo distimico e il disturbo depressivo non altrimenti specificato. Quest’ultimo serve a codificare quei disturbi con manifestazioni depressive che non rientrano nelle categorie previste dal DSM-IV. Il disturbo depressivo maggiore è caratterizzato da uno o più episodi depressivi maggiori, ossia umore depresso o perdita di interesse per almeno due settimane e almeno 4 o più sintomi depressivi. Il disturbo distimico è caratterizzato dalla presenza quasi giornaliera di umore depresso per almeno due anni più altri sintomi depressivi che non soddisfano i criteri per la diagnosi di un disturbo depressivo maggiore. Per quanto concerne la diagnosi differenziale, un elemento importante da prendere in considerazione è la presenza di episodi maniacali, ipomaniacali o misti, in quanto la loro presenza indirizza la diagnosi verso i disturbi bipolari. Se gli episodi depressivi sono dovuti ad una specifica condizione medica generale allora la diagnosi sarà quella di disturbo dell’umore dovuto ad una condizione medica generale, lo stesso discorso può essere fatto qualora il disturbo depressivo sia conseguente all’assunzione di una sostanza. Negli anziani può essere difficile valutare se sintomi cognitivi come la difficoltà a concentrarsi, caratterizzino un disturbo depressivo maggiore oppure una demenza. Tra le teorie che si sono occupate della depressione, le più importanti sono quelle biologiche e quelle psicologiche: 1. Modelli biologici: sono stati effettuati degli studi su gemelli che supportano in una certa misura l’ipotesi dell’ereditabilità dei disturbi depressivi, anche le

ricerche effettuate sui familiari di pazienti depressi supportano l’ipotesi genetica, infatti il disturbo depressivo maggiore è 1,5/3 volte più frequente tra i familiari di primo grado di pazienti affetti da questo disturbo rispetto alla popolazione generale, anche il disturbo distimico è più comune nei consanguinei di primo grado di pazienti affetti da disturbo depressivo maggiore. Un altro filone della ricerca biologica sulla depressione è quello dei neurotrasmettitori. Il successo dei trattamenti farmacologici ha contribuito a sviluppare l’ipotesi secondo cui un deficit dei neurotrasmettitori può rappresentare una delle cause della depressione. Le teorie sull’uptake delle monoamine sono state sostituite da altre teorie più complesse sui meccanismi biologici alla base della depressione quale quella disregolativa, che consiste nell’ipotizzare un deficit nei meccanismi di regolazione omeostatica dei neurotrasmettitori. Un’ipotesi neuroendocrina è quella basata sulla disregolazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene. Il fatto che siano state riscontrate delle anomalie biologiche in soggetti depressi, non significa necessariamente che esse siano la causa della depressione, potrebbero rappresentare solo gli effetti. 2. Modelli psicologici: uno dei modelli psicologici storicamente più significativi che riguarda la depressione è quello che la correla agli eventi di vita stressanti. Le teorie attuali danno importanza anche ai mediatori. Assume importanza anche il significato che diamo agli eventi stressanti. Il parlare di relazione tra significato dell’evento stressante e risposta depressiva ci conduce dagli approcci basati sullo stress a quelli di tipo cognitivo-comportamentale. Per quanto riguarda il trattamento, possiamo fare riferimento a due principali indirizzi terapeutici: 1. Trattamenti somatici: il trattamento somatico più efficace nella depressione è costituito dagli psicofarmaci, tra cui: gli antidepressivi triciclici, gli inibitori della monoaminossidasi, gli antidepressivi di seconda generazione (inibitori della ricaptazione della serotonina). In epoca più recente sono stati introdotti gli inibitori selettivi della ricaptazione della noradrenalina. Nessun trattamento antidepressivo ha mostrato una superiorità definitiva rispetto agli altri, la scelta

dipende dagli effetti collaterali e dalle condizioni di ogni singolo paziente. La terapia antidepressiva inizia a fare effetto in media dopo 2-3 settimane dall’inizio della stessa e deve essere continuata sufficientemente a lungo, cosicché i suoi effetti possano stabilizzarsi. 2. Trattamenti psicologici: esistono differenti tipi di psicoterapia, ma non esistono prove che dimostrino una maggior efficacia di un tipo rispetto ad un altro. La terapia cognitivo-comportamentale è risultata particolarmente efficace e sembra che i suoi effetti siano mantenuti nel tempo. Nel trattamento dei sintomi acuti la psicoterapia cognitiva è altrettanto efficace del trattamento con i triciclici. Per quel che riguarda la diminuzione delle ricadute, la terapia cognitiva appare chiaramente superiore al solo uso di psicofarmaci. Sembra che gli psicofarmaci sopprimano i sintomi ma non siano in grado di modificare le cause della depressione. Terapia cognitivo-comportamentale della depressione Ferster fu il primo comportamentista a proporre una teoria della depressione basata sugli studi di Skinner. In base alla sua teoria la persona depressa sperimenta una forte riduzione dei rinforzi contingenti e/o un corrispondente aumento delle punizioni. Pertanto vi è una riduzione dei comportamenti emessi dall’individuo a causa degli eventi contingenti. Secondo Hoberman e Lewinsohn sono tre le variabili che determinano la quantità di rinforzi positivi che un individuo riceve: 1) la diponibilità nel proprio ambiente di punizioni e di rinforzi positivi; 2) la quantità di eventi nell’ambiente che siano potenzialmente rinforzanti o punitivi; 3) le abilità sociali dell’individuo. L’equilibrio tra rinforzi positivi e punizioni dipende sia dall’ambiente nel quale la persona vive, sia dalle sue specifiche abilità nel ridurre le punizioni. Secondo Lewinsohn le abilità relazionali dell’individuo rappresentano un aspetto essenziale nelle genesi della depressione. Per l’autore gli aspetti cognitivi della depressione sono secondari ai sentimenti disforici causati dalla scarsità di rinforzi positivi che l’individuo riceve. Seligman, è autore della teoria della learned helplessness, basata su esperimenti effettuati su animali, quando è sottoposto ad uno shock al quale non può sfuggire, l’animale apprende che gli eventi possono avvenire indipendentemente dalle sue azioni. L’esposizione a tali shock ha 3 effetti: 1) deficit motivazionale, 2)

interferenza con l’apprendimento dell’associazione tra risposte e feedback ambientale (deficit cognitivo), 3) deficit affettivo, cambiamenti affettivi quali paura e depressione. Si costituisce a livello cognitivo una sensazione di impotenza appresa che rappresenterebbe l’aspetto centrale del disturbo depressivo. Ciò si manifesterebbe anche con un atteggiamento di passività verso l’ambiente esterno. Tale atteggiamento viene generalizzato a situazioni nuove a causa dell’aspettativa dell’impossibilità ad avere qualsiasi controllo sul futuro. La teoria di Seligman fu criticata e successivamente l’autore presentò una versione cognitiva della sua teoria, nella quale uno stile attributivo depressogeno viene utilizzato per spiegare quegli aspetti della depressione con i quali la teoria originale non era in grado di confrontarsi. Una teoria significativa è quella di Rehm, secondo l’autore i depressi tendono ad ipervalutare gli aspetti negativi e sottovalutare quelli positivi (self-monitoring). Tendono ad adottare standard di valutazione piuttosto elevati (self-evaluation). Pertanto i successi vengono percepiti negativamente a causa del restrittivo standard di autovalutazione, in quanto i soggetti hanno la tendenza ad attribuire i propri successi all’ambiente esterno e gli insuccessi a sé stessi, inoltre, tendono ad autorinforzarsi raramente e punirsi più frequentemente rispetto ai soggetti non depressi (self-reinforcement). Nell’ambito delle teorie cognitive della depressione è necessario citare la teoria dell’organizzazione cognitiva di tipo depressivo, questo modello si rifà alla teoria dell’attaccamento di Bowlby, secondo la quale non solo gli esseri umani, ma in generale i mammiferi, hanno una tendenza innata a sviluppare processi di attaccamento, che contribuiscono alla sopravvivenza della specie. I legami di attaccamento si creano e si distruggono e sono associati ad emozioni intense, quali amore e odio. Le persone che non sviluppano nei periodi iniziali della loro vita validi legami di attaccamento sono soggette ad avere relazioni difficili con i propri simili e sono maggiormente vulnerabili alla depressione. Secondo questa teoria la depressione può rappresentare la risposta emotiva naturale alla rottura dei legami di attaccamento. Secondo Bowlby le persone sono più soddisfatte della propria vita se riescono ad avere validi legami di attaccamento con i propri simili, una riprova di ciò è rappresentata dal fatto che, secondo alcuni studi, vi è una relazione tra la depressione negli adulti e la scarsa cura parentale ricevuta da bambini. Possiamo fare riferimento a

diverse tecniche cognitivo-comportamentali, tra queste possiamo menzionare: La terapia comportamentale razionale emotiva di Ellis (REBT): Ellis non ha sviluppato trattamenti specifici per la depressione, ma un modello generale teorico e di intervento clinico che può essere applicato anche alla depressione. La REBT è basata sullo studio delle interazioni reciproche tra pensieri, emozioni, e comportamenti, ed è nota soprattutto per lo sviluppo del concetto di idee irrazionali, ovvero quei pensieri latenti disfunzionali di cui spesso non siamo consapevoli e che influenzano il nostro comportamento. I pensieri irrazionali derivano spesso dalle nostre esperienze passate ed influenzano il nostro modo di reagire agli eventi esterni. Proprio a causa dell’importanza che Ellis dà alle idee irrazionali nella genesi dei problemi psicologici, egli ritiene, in maniera conseguenziale che una delle tecniche psicoterapeutiche più efficaci sia quella che lui definisce “discussione dei pensieri irrazionali”, che consiste nell’individuare le idee irrazionali e nel mettere in atti ogni sforzo per metterle in crisi e cambiarle. Il training delle abilità sociali: si tratta di addestrare i pazienti depressi a migliorare le proprie capacità di relazionarsi con l’ambiente sociale, così il soggetto sarà in grado di procurarsi un numero maggiore di rinforzi positivi, riequilibrando il proprio tono dell’umore. Il primo passo consiste nell’assessment, finalizzato a verificare quali sono le situazioni nelle quali il paziente dimostra meno abilità sociali e gerarchizzare queste situazioni in base al loro livello di difficoltà; l’assessment viene effettuato grazie all’ausilio di alcuni strumenti di autovalutazione, con il colloquio clinico e con l’utilizzo del role-playing. Successivamente si passa alla terapia che è costituita dal training vero e proprio. Consiste in una serie di incontri, individuali o di gruppo, nei quali il paziente viene addestrato ad affrontare le situazioni sociali nelle quali presenta maggiori difficoltà relazionali, allo scopo di imparare come affrontarle. Il fulcro di tale training è rappresentato dal training diretto del comportamento: il paziente è addestrato a padroneggiare le abilità verbali e non verbali che gli mancano; dopo l’apprendimento le abilità sociali devono essere generalizzate in situazioni di vita reale, questa fase è particolarmente delicata in quanto la

generalizzazione non avviene in presenza del terapeuta, ma con le persone che condividono l’ambiente della vita quotidiana del soggetto, queste ultime possono rimanere sorprese dalle nuove abilità e questo può creare un certo disagio anche nel paziente che deve essere avvisato di questa possibilità. Alla luce di questo si evince come il role-playing rappresenta, insieme ai compiti a casa, l’elemento centrale del training, dunque va programmato accuratamente e realizzato in modo tale da apparire il più realistico possibile. Il training delle abilità sociali deve essere realizzato su pochi comportamenti alla volta. L’obiettivo del trattamento è rendere il paziente libero da sintomi depressivi per 8 settimane. La terapia cognitiva di Beck: il modello cognitivo della depressione secondo Beck si basa su 3 concetti principali: 1) la triade cognitiva; 2) gli schemi; 3) gli errori cognitivi. Quando parliamo di triade cognitiva facciamo riferimento alla visione negativa che il soggetto ha di sé stesso, delle sue esperienze attuali e del suo futuro. Egli quindi non farà determinate cose per il timore di non riuscirci. È importante che il terapeuta presti attenzione agli aspetti depressivi della triade, in particolare all’inizio della terapia, per cercare di comprendere il mondo del paziente. Gli schemi rappresentano dei presupposti cognitivi relativamente stabili, basati sulle esperienze precedenti, in base ai quali reagiamo all’ambiente esterno. Gli schemi sono importanti al fine di comprendere il comportamento depressivo. Gli errori cognitivi (o distorsioni cognitive) rappresentano deviazioni sistematiche negative del pensiero, utili a mantenere nel depresso la convinzione che vada tutto male. Con il tempo l’organizzazione depressiva basata sulla triade, sugli errori e sugli schemi può divenire così autonoma da essere indipendente dall’esterno e, pertanto, scarsamente influenzabile dai cambiamenti ambientali. Secondo il modello cognitivo della depressione, gli schemi negativi si formano a partire dalle proprie esperienze e possono essere attivati da eventi esterni. Nell’individuo incline alla depressione un evento traumatico può costituire la scintilla per l’attivazione di un meccanismo depressivo. Un elemento importante della terapia cognitiva della depressione di Beck è rappresentato dall’assessment, a

tal fine, l’autore, utilizza diverse scale, la più importante è la Scala di Depressione di Beck, composta da 21 item con 4 alternative di risposta. Tale scala viene utilizzata allo scopo di valutare l’efficacia della terapia cognitivocomportamentale e può essere somministrata anche durante le sedute allo scopo di avere un monitoraggio complessivo dell’evoluzione della depressione nel tempo. Vi sono altri strumenti che possono essere utilizzati nella psicoterapia cognitiva del paziente depresso, come la Rathus Assertivness Schedule e la Scala dell’Ideazione Suicida.la psicoterapia cognitiva di Beck è un tipo di terapia attivo e direttivo basato sull’assunto che sia i comportamenti interni che quelli esterni di una persona derivano dalle sue cognizioni. Nella terapia vengono utilizzate sia tecniche cognitive che comportamentali ed è indispensabile spiegare al paziente in cosa consiste la terapia. Le tecniche cognitive si pongono l’obiettivo di modificare le cognizioni erronee dei pazienti e di correggerne i pensieri maladattivi e disfunzionali e sono volte ad insegnare alcune operazioni: regolare i propri pensieri automatici negativi; riconoscere le connessioni tra cognizione, affetto e comportamento; esaminare le prove a favore e contro il proprio pensiero automatico distorto; sostituire queste cognizioni con interpretazioni più centrate sulla realtà; imparare ad individuare e modificare le convinzioni disfunzionali che predispongono a travisare le proprie esperienze. Per raggiungere tali obiettivi si utilizzano diverse tecniche, tra cui chiedere al paziente di trascrivere i propri pensieri disfunzionali quotidianamente allo scopo di far sì che il paziente ne diventi consapevole. Le tecniche comportamentali hanno quale obiettivo la modifica dei comportamenti depressivi e facilitare l’emersione dei pensieri disfunzionali. La terapia cognitiva di Beck è una terapia attiva che da maggiore importanza alle esperienze interiori, è basata sull’assunto che le cognizioni influenzano il comportamento e che, una distorsione di esse può influenzare negativamente le emozioni e il comportamento delle persone. Pertanto una modifica di queste distorsioni, rappresenta il modo più efficace per modificare i comportamenti disfunzionali interni ed esterni di una persona. È una forma di psicoterapia breve, dura mediamente 15/20 sedute. Il rapporto tra paziente e terapeuta è considerato

uno degli ingredienti essenziali per il buon funzionamento di qualsiasi tipo di psicoterapia, in particolar modo secondo Beck sono 3 gli elementi più significativi: 1. Calore umano: è un atteggiamento del terapeuta che rivela comprensione e partecipazione alle vicende del paziente. 2. Schiettezza: è importante perché il paziente depresso tende ad interpretare in modo erroneo la realtà, pertanto un terapeuta che gli dica la verità, lo aiuta a riprendere contatto con la realtà. 3. Empatia: facilita la collaborazione; essere empatico vuol dire comprendere i problemi del paziente pur senza condividerli emotivamente. Un altro aspetto importante della terapia è quello che Beck e collaboratori definiscono “intesa”, quando vi è intesa il paziente si sente libero di esprimere i propri sentimenti senza timore di non essere accettato. Ovviamente non esistono regole certe per instaurare un buon rapporto terapeutico con il paziente, ciascuno è diverso dagli altri e ciò che in un caso può aiutare a migliorare la relazione, in un altro può non funzionare. Un modo per creare una buona intesa con il paziente consiste nel descrivergli in cosa consiste la terapia (obiettivi, metodi, compiti a casa) e in questa descrizione vanno inseriti anche gli aspetti “minimali” (costi, numero di sedute, la loro frequenza). Le tecniche di tipo comportamentale sono utilizzate soprattutto nelle fasi iniziali della terapia, per cercare di migliorare l’umore del paziente quel minimo necessario per poter usare le tecniche cognitive, le quali richiedono una certa consapevolezza che spesso non è riscontrabile nelle fasi iniziali. L’obiettivo di tali tecniche consiste nel modificare le cognizioni attraverso il comportamento. L’efficacia delle tecniche comportamentali è basata sulla seguente logica: il paziente depresso è convinto di non riuscire più a svolgere le attività che in precedenza svolgeva senza problemi, attraverso l’uso delle tecniche comportamentali si mostra al paziente che il suo comportamento è influenzato dalle sue cognizioni e che queste ultime possono essere modificate. Tra le tecniche comportamentali più usate possiamo fare riferimento al “programma delle attività” in cui la settimana del paziente viene programmata con tutte le

attività che vi dovranno essere svolte, l’obiettivo è aiutare il paziente a combattere il senso di inutilità e la perdita di capacità nel fare le cose. Il miglioramento d’umore che generalmente segue all’esecuzione dei compiti inseriti nel programma fa si che il paziente si senta motivato ad eseguire compiti via via più difficili. Per raggiungere questo obiettivo è indispensabile dare al paziente degli obiettivi, non solo graduali, ma anche realistici, fari si che il paziente faccia emergere ogni dubbio in merito alla propria capacità di portare a termine i compiti, questi, tra l’altro, verranno svolti dapprima nello studio del terapeuta e solo successivamente a casa; è importante anche avvisare il paziente del possibile fallimento, ma anche in questo caso non c’è nulla di preoccupante perché l’importante è averci provato. Tra le tecniche comportamentali utilizzate nella terapia della depressione troviamo: il training delle abilità sociali; il training assertivo (il cui obiettivo è rendere i pazienti meno insicuri e più decisi nelle relazioni interpersonali); la biblioterapia (consiste nella lettura di libri volti a comprendere meglio la terapia e le sue te...


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