Le fonti primarie e secondarie PDF

Title Le fonti primarie e secondarie
Author Roberta Nilo
Course Diritto Pubblico
Institution Università degli Studi del Sannio
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appunti dettagliati...


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LE FONTI SECONDARIE La categoria delle fonti secondarie comprende tutti gli atti espressione del potere normativo (o autonomia normativa) della Pubblica Amministrazione statale (Governo, Ministri) o di altri enti pubblici (Comuni, Regioni, Province ed altri enti). Le fonti secondarie sono atti solo formalmente amministrativi, perch posti in essere da organi della P.A. e, in quanto fonti normative secondarie, sono soggette alle leggi e a tutti gli atti di pari grado e forza. Quindi: — non possono contrastare con le norme costituzionali; — non possono contrastare con gli atti legislativi ordinari (fonti primarie) --- le sanzioni penali non possono essere previste con un regolamento. La grande maggioranza delle fonti secondarie sono riconducibili al concetto di regolamento: i regolamenti sono atti formalmente amministrativi (in quanto emanati da organi del potere esecutivo) sostanzialmente normativi (aventi forza normativa), in quanto contenenti norme destinate a innovare l’ordinamento giuridico; necessitano sempre di leggi che i prevedano espressamente. La principale norma di riferimento ) l’art. 17 della L. 400/1988 che prevede: — i regolamenti governativi, il cui procedimento prevede che con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato che deve pronunciarsi entro 90 giorni dalla richiesta; lo stesso articolo distingue li poi a seconda dell’oggetto e del contenuto in → 1)regolamenti di esecuzione, adottati per regolare le modalità di esecuzione di una legge senza introdurre novità giuridiche sostanziali e senza creare nuovi diritti, obblighi o doveri a carico dei cittadini; 2)regolamenti di attuazione e integrazione, adottati per integrare o attuare i principi contenuti all'interno di una legge o di un decreto legislativo, sempre che si tratti di materie non coperte da una riserva di legge assoluta; 3)regolamenti indipendenti, con cui il Governo detta norme nei più svariati settori di interesse pubblico, vengono disciplinate infatti materie non già regolate da leggi o atti aventi forza di legge, sempre che non siano coperte da riserva di legge; 4) regolamenti di organizzazione, disciplinando l’organizzazione e il funzionamento delle amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni dettate dalla legge; 5)regolamenti di riordino, si tratta essenzialmente di un’autorizzazione data al Governo al fine di provvedere alla semplificazione ed alla razionalizzazione del sistema normativo; 6)regolamenti di delegificazione, attraverso cui una materia già disciplinata dalla legge viene ad essere disciplinata da uno o più regolamenti, consiste essenzialmente nel mutamento del tipo di fonte che regola una materia, in sostanza quindi questi regolamenti emanati su delega del Parlamento al Governo disciplinano ex novo una materia precedentemente disciplinata da norma primaria abrogandola per espressa previsione contenuta nella legge di delega (norma primaria), quindi in realtà l'abrogazione e la delegificazione si verificano per effetto del regolamento ma sono predisposte dalla legge di delega. I regolamenti poi a seconda del soggetto che li emana si distinguono in: regolamenti ministeriali e interministeriali, che possono essere adottati solo quando la legge espressamente conferisce tale potere e che non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti governativi; i primi emanati da singoli ministri nell'ambito delle competenze del Dicastero o Ministero che presiedono; i secondi emanati dal Presidente del Consiglio dei Ministri e riguardanti materie afferenti a più Ministeri.

LE FONTI TERZIARIE Rappresentate dagli usi, la legge stabilisce che hanno efficacia solo se richiamati dalle leggi o dai regolamenti. Per consuetudine si intende un comportamento costantemente ripetuto dai membri di una comunità nella convinzione di osservare una norma giuridica o comunque nella previsione che anche gli altri assumano un comportamento analogo (diversamente, si rientra nella mera prassi o nelle regole di costume). Si tratta di fonti-fatto, più precisamente di comportamenti produttivi di norme che non si concretizzano in disposizioni scritte. In esse sono sempre presenti un comportamento esteriormente osservabile e ripetuto nel tempo (elemento materiale) e la convinzione della sua doverosità, o meglio l’attesa che i membri della propria comunità osservino lo stesso comportamento ( elemento psicologico). Può essere secundum legem, quando affianca la legge; praeter legem nelle materie non coperte da fonti primarie o secondarie; non può essere logicamente contra legem. Ogni consuetudine, anche in assenza di fonti primarie, deve essere controllata dal punto di vista della sua rispondenza ai princìpi fondamentali.

LE FONTI INTERNAZIONALI Generalmente vengono distinte in: fonti del diritto internazionale generale, ossia quelle che per definizione vincolano tutti gli Stati a prescindere dal fatto che essi abbiano partecipato o meno al processo di formazione, quindi il vincolo si estende anche a quegli Stati formatisi successivamente al venire in essere delle norme; fanno parte di questa categoria le norme consuetudinarie (non scritte), ivi compresi i principi generali di diritto (riconosciuti dalle nazioni civili), che ne costituiscono una particolare categoria e che si indirizzano, generalmente, a tutti i membri della Comunità internazionale. Ad esse l’ordinamento nazionale si conforma attraverso il rinvio operato dall’art. 10 Cost.; in questo caso l’ordinamento italiano si configura come monista (secondo la teoria monista esiste un’unità tra i due diritti, l’ordinamento ) unitario non distinguendo quindi il livello nazionale da quello internazionale); fonti del diritto internazionale particolare, il concetto di particolarità ) connesso alla natura pattizia della norma, tale diritto vincola una cerchia di soggetti che hanno direttamente partecipato alla loro formazione o che vi hanno aderito successivamente; si tratta effettivamente di un diritto convenzionale nelle sue diverse declinazioni (accordi, trattati, convenzioni), caratterizzato appunto dall’accordo tra i vari soggetti; nella nostra Costituzione tali fonti non vengono nominate, l’ assenza di un rinvio generale rende necessaria la presenza di atti specifici che diano ingresso alle fonti di diritto internazionale particolare all’interno del nostro ordinamento; attraverso l’ordine di esecuzione si esprime la volontà da parte delle autorità nazionali che il trattato sia eseguito ed applicato nello Stato; in questo caso il nostro ordinamento si configura come dualista (secondo la teoria dualista ordinamento nazionale ed internazionale sono concepiti come due sistemi distinti ed isolati l’uno dall’altro). Da ciò capiamo che l’Italia assume i connotati di un sistema misto, perch) appunto sia dualista che monista.

FONTI DI PROVENIENZA DELL’UNIONE EUROPEA Il sistema delle fonti del diritto dell’Unione viene generalmente distinto in: fonti primarie, di matrice essenzialmente convenzionale anche se non mancano fonti di

origine giurisprudenziale, tra queste sono presenti i trattati istitutivi (CECA, Comunità europea del carbone e dell’acciaio; CEE, Comunità economica europea) e i trattati che li hanno modificati (Trattato di Maastricht, che ha trasformato la CEE in CE, Comunità europea istituendo l’Unione europea; da ricordare ) il Trattato di Lisbona attraverso cui l’UE ha acquistato personalità giuridica, e che ha consentito tra l’altro di riconoscere alla Carta dei diritti fondamentali un valore normativo) nonch probabilmente i principi generali ( estrapolati dalla Corte di giustizia dai testi normativi dei trattati); queste fonti possono definirsi come ‘costituzionali’; fonti derivate, di natura quasi esclusivamente politica, poste in essere sulla base ed in applicazione di norme previste dai trattati; i più importanti atti giuridicamente vincolanti per gli Stati membri emanati dalle istituzioni dell’Unione europea ai sensi dell’art. 288 TFUE(Trattato sul funzionamento dell’UE), sono: i regolamenti, i quali hanno una portata generale, essendo indirizzati a tutti gli Stati membri, e sono obbligatori in quanto atti auto applicativi, non necessitano dunque di atti di trasposizione da parte degli Stati membri; le direttive, che possono avere una portata individuale o generale e non sono obbligatorie in tutti i loro elementi, in quanto vincolano i destinatari limitatamente al risultato da raggiungere lasciando alla loro discrezione la scelta dei mezzi; le decisioni, che possono avere una portata individuale o generale, vale a dire che possono essere indirizzate a singoli Stati membri o a più Stati, e sono obbligatorie in tutti i loro elementi . Nell’ordinamento giuridico dell’Unione europea a questi atti se ne affiancano altri, che però non sono vincolanti per i loro destinatari: si tratta delle raccomandazioni e dei pareri. Più nello specifico, per quanto riguarda i rapporti tra il nostro ordinamento e l’UE, possiamo dire che questi sono disciplinati sulla base di due principi: principio degli effetti diretti, alcuni degli atti normativi prodotti al suo interno possono avere efficacia negli ordinamenti nazionali senza bisogno che di atti di trasposizione, si tratta di atti dotati di applicabilità diretta; principio del primato del diritto dell’UE, sancito dalla Corte di giustizia, si intende quel principio per cui in caso di conflitto, di contraddizione o di incompatibilità tra norme di diritto comuntario e norme nazionali, le prime prevalgono sulle seconde. La necessità di affermare questo principio nasce dal fatto che la diretta applicabilità del diritto comunitario non potrebbe costituire una garanzia sufficiente per i cittadini degli Stati membri in quelle ipotesi in cui una norma comunitaria dovesse contrastare con una disposizione interna; se quest’ultima dovesse prevalere sulla norma comunitaria i diritti attribuiti ai singoli dall’ordinamento comunitario non troverebbero alcuna tutela. Si ha l’obbligo di garantire la piena efficacia di tali norme, disapplicando all’occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale, anche posteriore, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale. -Per quanto riguarda il rapporto tra lo Stato italiano e gli altri Stati vediamo che, le disposizioni straniere entrano a far parte dell’ordinamento italiano solo nei limiti in cui siano rispettose di tutta una serie di principi, costituzionali e legislativi.

LE FONTI DI PROVENIENZA REGIONALE

Con la riforma del Titolo V della Parte seconda della Costituzione si è provveduto a disciplinare l’autonomia e le funzioni che spettano alle Regioni a statuto ordinario, infatti lo spazio delle fonti di provenienza regionale si è esteso considerevolmente. Nelle Regioni a statuto ordinario, oltre a fonti come quelle internazionali, statali ecc, sono efficaci anche fonti prodotte dall’interno di matrice politica, si articolano su 3 livelli: fonti statuarie (fonti primarie), si tratta di atti che devono essere approvati e modificati dal consiglio regionale tramite legge adottata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, con due deliberazioni successivo a intervallo non minore di 2 mesi; lo statuto poi può essere sottoposto a referendum popolare qualora entro 3 mesi dalla sua pubblicazione ne faccia richiesta 1/50 degli elettori della regione o 1/5 dei componenti regionali, per essere promulgato ) necessaria la maggioranza dei voti validi; l’art 123 riserva agli Statuti delle Regioni ordinarie la disciplina di importanti aspetti come la forma di governo regionale, i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento, il diritto di iniziativa legislativa e di referendum su leggi e provvedimenti amministrativi regionali, la pubblicazione delle leggi e dei regolamenti regionali. Si ) ampliato di molto anche lo spazio di scelta riservato alle Regioni: mentre prima lo Statuto doveva restare nell’ambito dei principi fissati dalla legislazione statale, ora gli unici limiti sono quelli derivanti dal puntuale rispetto di ogni disposizione della Costituzione e del suo spirito ; leggi regionali (fonti primarie), una legge regionale ) la legge prodotta da un consiglio regionale e messa in vigore nella sola Regione d'Italia nella quale essa ) promulgata, la legge regionale ) prevista dall'art. 117 della Costituzione ed ha la stessa posizione nella gerarchia delle fonti del diritto della legge ordinaria; ora come ora si può affermare che la differenziazione tra legge statali e regionali si basa essenzialmente sulla ripartizione delle competenze stabilite dalla Costituzione; la competenza a legiferare può essere: esclusiva dello Stato; concorrente tra Stato e Regioni; residuale delle Regioni; l'art. 117 Cost. infatti definisce nel suo secondo comma le materie per le quali lo Stato ha competenza esclusiva, nel terzo le materie per le quali la competenza tra Stato e Regioni ) di tipo concorrente, mentre il quarto comma stabilisce la competenza residuale delle Regioni su tutte le altre materie (la residualità non deve essere intesa come specialità, infatti se ) vero che le regioni sono gli unici soggetti a legiferare sulla materia, ) anche vero che nessuna materia può essere concepita come invalicabile); il processo di formazione della legge si articola in 3 fasi: iniziativa, proposta di un progetto di legge indirizzata al consiglio regionale; costitutiva, essa consiste nella discussione e la stesura del progetto di legge; Integrativa dell'efficacia, la legge (ormai perfetta) diviene effettivamente legge ed entra in vigore, tutto questo si svolge attraverso 2 momenti principali, la promulgazione da parte del presidente della regione e la pubblicazione sul bollettino ufficiale della regione; regolamenti regionali, le regioni esercitano la potestà regolamentare in tutte le materie di competenza residuale o concorrente, nel primo caso la soggezione dei regolamenti ) soltanto alla legislazione regionale, mentre nel secondo anche a quella statale.

FONTI DI PROVENIENZA DEGLI ENTI LOCALI La Riforma del Titolo V ha introdotto novità anche per quanto riguarda la potestà normativa degli enti locali, tale potestà nel sistema generale delle fonti ) collocabile al rango secondario. Tale micro sistema ) composto da: statuti, i quali hanno l’obbligo di disciplinare determinati aspetti dell’ordinamento locale, fissa

essenzialmente le linee fondamentali dell’organizzazione e del funzionamento dell’ente, questi sono deliberati dai rispettivi Consigli; regolamenti, spetta disciplinare nel dettaglio i profili organizzativi e funzionali; referendum, propositivi o abrogativi, relativi a materie di esclusiva competenza locale....


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