Leon Battista Alberti e palazzo Rucellai PDF

Title Leon Battista Alberti e palazzo Rucellai
Author Giulia Insalaco
Course Storia dell'Architettura 1
Institution Università di Bologna
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Summary

tesina approfondita su leon battista alberti e la costruzione e progettazione di palazzo rucellai a firenze...


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Tesina per esame di Storia dell’architettura medievale e moderna, Professore Francesco Benelli Studentessa Giulia Maria Insalaco, matricola:0000897648 A.A 2020/21

LEON BATTISTA ALBERTI: PALAZZO RUCELLAI Le architetture che Leon battista Alberti realizza a Firenze (Palazzo Rucellai e la facciata di Santa Maria Novella) sono architetture progettate per la famiglia Rucellai. Queste sono le uniche iniziate e concluse dall'architetto, la cui presenza sarà costante all'interno del cantiere. Nel 1447, Leon Battista Alberti decise di progettare Palazzo Rucellai a Firenze, in successione ne affidò la realizzazione a Bernardo Rossellino. L’approccio di Alberti avvenne tardi con l’architettura, con un bagaglio fatto di esperienze letterarie, di restauri, di interesse a vari livelli per le espressioni figurative. Tutto ciò ebbe un certo peso nel costruirsi della sua concezione dell’architettura stessa. Per l’artista, l’architettura viene vista come un’attività puramente intellettuale che esauriva il suo valore creativo nel progetto, senza richiedere la presenza dell’architetto nel cantiere e inoltre, si parla di “filosofia pratica”, in cui cooperano qualità umane più alte e meditazioni etiche ed estetiche. Tra le prime opere di Leon Battista Alberti vi sono quelle per Giovanni Rucellai, al quale era legato da amicizia e affinità intellettuale, le quali risultano sottilmente partecipi dei mutamenti avvertibili a Firenze nei decenni centrali del secolo. A partire dal 1447, egli si occupò della progettazione e costruzione di Palazzo Rucellai e della loggia; in seguito del completamento della facciata di Santa Maria Novella e infine della cappella del Santo Sepolcro nella chiesa di San Pancrazio. In tutti i casi si tratta di interventi parziali. Per quanto riguarda il palazzo, l’irregolarità dello spazio a disposizione impose all’architetto di concentrarsi non sul volume dell’edificio ma sulla facciata, risolta attraverso la ferrea scansione di orizzontali (i cornicioni marcapiano) e verticali (le lesene) entro cui si inseriscono le ampie finestre. Gli elementi classici come le strutture dei portali, i tipi di cornici, la sovrapposizione degli ordini sono accostati sapientemente ad altri di diversa origine come il paramento a bugnato liscio a corsi irregolari e le bifore. L’omogeneità è garantita dal vibrare della luce, che genera un intenso chiaroscuro sul bugnato, si estende in ampie zone chiare sulle lesene che intervallano gli scuri profondi delle aperture. L’effetto è molto elegante, vario e ricercato. Nel progetto di Santa Maria Novella, l’intervento di Alberti riguarda solamente la facciata che era rimasta incompleta sino al 1365 al primo ordine di arcatelle. L’architetto opera all’interno dei vincoli costituiti dalle preesistenze e dall’altezza del rosone, cercando di integrare parte nuova e

parte antica senza ricorrere a un falso in stile. La parte inferiore, lasciata intatta nel suo assetto medievale, è modificata solo attraverso l’inserimento del portale classicheggiante e con la conclusione ad arco delle lesene. Una fascia a tarsie quadrate separa, raccordandole, la zona superiore e quella inferiore, la stessa funzione di collegamento è svolta dalle volute laterali. Il fattore di unificazione più potente è però l’assunzione, anche per la parte nuova, del rivestimento a tarsie marmoree: l’eredità del Romanico Fiorentino viene rielaborata secondo i principi della composizione modulare, che si riempie di contenuti simbolici. In questo infatti è simile al tempietto del San Sepolcro, in cui una struttura rigidamente classica racchiude superfici ornate da tarsie geometriche di dimensioni fondate sul rapporto aureo. L’impiego di un criterio organizzativo interno di natura geometrica per le superfici: se da una parte differenzia le opere di Alberti da quelle di Brunelleschi, dove la modularità riguardava sempre spazi tridimensionali, d’altra parte, testimonia il desiderio di caricare le singole opere di significati che trascendono la pura apparenza. Anche se l’interpretazione in chiave ermetica proposta per le tarsie di Santa Maria Novella e del Tempietto è apparentemente eccessiva, è Alberti ad affermare l’opportunità di decorazioni geometriche, essendo dunque che queste forme, vere per eccellenza, inducono a meditare sulle verità di fede.

Leon Battista Alberti, nasce a Genova nel 1404. Studiò a Padova e anche a Bologna, dove intorno al 1428 ottenne la laurea in diritto canonico. Visse quasi sempre tra Firenze e Roma. Oltre ad essere architetto, egli fu anche un grande letterato, filosofo e poeta, si occupò soprattutto teoricamente delle varie arti scrivendo numerosi trattati tra i quali:

-il Della Pittura scritto nel 1436 circa; -il De Re Aedificatoria scritto tra il 1450 e il 1472; - il De Statua Scritto intorno al 1464. L'ideale estetico di Leon Battista Alberti, si basa sulla ricerca dell'armonia proporzionale, sulle forme proporzionate e modellate sull'uomo. La sua cultura lo rese ricercato presso le più importanti corti del Quattrocento: lavorò a Ferrara dove per gli Estensi progettò “l'Arco del Cavallo” sul quale poggia la Statua equestre di Nicolò III d'Este e il campanile della cattedrale della città. Successivamente, a Roma Papa Nicolò V gli diede l'incarico del riordino urbanistico della città e del restauro di S. Maria Maggiore, S. Stefano Rotondo, S. Teodoro. A Rimini, nel 1450, per Sigismondo Pandolfo Malatesta, progettò il rivestimento con nuove strutture della chiesa gotica di S. Francesco a Rimini, che divenne il Tempio Malatestiano in forte disaccordo con Papa Pio II il quale disse:

"riempito di tante opere gentilesche che non sembra un tempio dei cristiani bensì di infedeli adoratori di demoni".

L'interno dell'edificio è a navata unica con cappelle laterali. All'esterno la facciata incompiuta è formata da tre arcate divise da semicolonne in cui quella centrale inquadra il timpano sul portale, mentre le laterali dovevano inquadrare i sepolcri di Sigismondo Malatesta e della moglie che oggi invece sono collocati all'interno. A Firenze, per il mercante Giovanni Rucellai, edificò un palazzo che venne successivamente utilizzato come modello dei palazzi signorili del rinascimento. La facciata è composta da conci lisci a ordini sovrapposti, divisa in senso verticale da lesene e in senso orizzontale da cornici marcapiano. Sempre per Rucellai eseguì altre opere come ad esempio la Cappella di San Pancrazio e la facciata di Santa Maria Novella, utilizzando in quest'ultima un rivestimento a marmi policromi seguendo un disegno chiaro e lineare. Progettò per i Gonzaga a Mantova le chiese di San Sebastiano e di Sant'Andrea. Leon Battista Alberti morì a Roma nel 1472. La facciata dell’edificio Rucellai rappresenta uno dei modelli fondamentali del Rinascimento fiorentino: lo spazio antistante della piazza con la sua relativa loggia, è testimone di un intervento urbanistico esemplare. Ad oggi sono ancora dibattute le date della sua costruzione, essendo andati perduti tutti i documenti relativi alle sue origini. Sicuramente il palazzo fu costruito in più fasi, all’incirca dal 1455 al 1458 e dal 1465 al 1470, in seguito agli acquisti delle preesistenti case del luogo, condotti da Giovanni Rucellai. Nel 1447 Leon Battista Alberti progettò quindi Palazzo Rucellai a Firenze, affidando la realizzazione di questo a Bernardo Rossellino.

Bernardo Rucellai (1448-1514) ha contribuito a dare ulteriore lustro alla famiglia, e fu lui che aprì gli Orti Oricellari ai più grandi letterati dell’epoca. Gli Orti Oricellari sono i giardini recintati, di proprietà della potente famiglia Rucellai in cui si riunivano i seguaci dell’Accademia neoplatonica di Firenze. Il parco era molto spazioso e comprendeva tutti gli attuali giardini di Palazzo Corsini sul Prato. Durante l’epoca del Risanamento ottocentesco per Firenze capitale, l’architetto Poggi decise di tagliare in due il grande Parco per mezzo di via Rucellai. L’attuale parco, seppur ristrutturato, è sempre molto ampio ed è decorato da statue, la cui più rappresentativa è il Colosso del Polifemo, ovvero la statua più alta di Firenze, opera di Antonio Novelli, allievo del Gianbologna. Il colosso del Polifemo non si presentava come lo vediamo oggi, ovvero collocato a terra ma emergeva a mezza figura da un laghetto. Alberti venne ispirato da una recente attività di Brunelleschi: quest’ultimo gli diede l’idea di sperimentare l’architettura dell’antica Roma nell’edilizia fiorentina di quel tempo. Adattò gli schemi monumentali classici agli edifici già presenti in quell’epoca; ci riuscì grazie all’incarico datogli da Giovanni di Paolo Rucellai. Egli lo incaricò di costruire una nuova residenza in uno dei quartieri più antichi di Firenze. L’artista dovette adattare il suo progetto in uno spazio molto più ristretto ed irregolare, delimitato da caseggiati in stile medievale. Questo fu un ostacolo che rafforzò la sua “fantasia compositiva”: elaborò infatti soluzioni architettoniche brillanti ed efficaci, le cui innovazioni furono da ispirazione per l’architettura urbanistica dell’epoca. Così, elementi tipici dello stile classico romano come archi, bassorilievi e pilastri furono replicati in dimensioni minori nella facciata dell’edificio: l’ossatura interna dell’edificio circondava un cortile composto da logge e porticati, offrendo uno spazio di quiete ai suoi abitanti. L’architettura classica diventava così parte integrante dell’edilizia privata. Alberti scrisse il “De re aedificatoria”, in cui spiegava questa semplificazione: nel trattato definì la tipologia del palazzo residenziale urbano: il palazzo deve riuscire ad integrarsi in modo armonico e funzionale all’interno della città. La facciata deve essere corrisposta alla scansione orizzontale dei piani, e deve inoltre guidare alla cognizione dell’organizzazione interna degli spazi. Questa concezione derivata dall’architettura romana viene resa attuale, sia per quanto riguarda l’ordine compositivo che per i principi costruttivi. La facciata di Palazzo Rucellai era suddivisa da un reticolo geometrico regolare: nel suo interno si inseriscono le bifore che hanno in rilievo lo stemma della famiglia Rucellai, fregi e blasoni. Questo reticolo venne definito orizzontalmente dalle cornici marcapiano che evidenziano i piani del palazzo, e verticalmente da lesene. Queste sono composte con capitelli raffiguranti i tre ordini classici cioè dorico, ionico e corinzio. Alberti ripropone così la sovrapposizione degli ordini architettonici antichi che veniva applicata nell’architettura romana. Il cornicione sulla sommità della facciata è sporgente e contribuisce a rendere ancora più regolare la forma del palazzo. Il motivo gotico delle bifore acquisisce un nuovo tipo di ordine geometrico poiché si conclude con un arco a tutto sesto. L’alternanza di lesene e bifore determina un ritmo pacato ed uniforme. Il piano terra è interrotto da due portali architravati che danno un effetto di ordine ed eleganza; sono anche presenti paraste: pilastri inglobati nella parete e capitelli decorati dell’ordine dorico. Sempre all’esterno troviamo il Cortile e la Cappella Rucellai che racchiude il Tempietto del Santo Sepolcro. Gli interni delle stanze sono raffinati e semplici, costituiti da ampi spazi in stile rinascimentale, utilizzati come sale da ballo durante le feste organizzate dalla famiglia Rucellai.

Originariamente il progetto era costituito da cinque assi di bucature con un grande portale centrale coperto, in realtà poi Giovanni Rucellai riuscì ad acquisire anche parte della casa vicina e il progetto proseguì fino ad arrivare ad una posizione non è simmetrica perché alla fine furono aggiunti due soli assi in più, il progetto successivo del padrone di casa era quella di acquisire un'ultima proprietà in modo che si raggiungesse la perfetta simmetria.

Lo stemma è trinciato, il primo di rosso con un leone di argento, il secondo burellato increspato d’azzurro e d’oro. Secondo la tradizione il vero capostipite della casata fu Messer Ferro un cavaliere, nato in Bretagna che arrivò in Italia con Federico Barbarossa come vicario imperiale. Nonostante ciò, il nome della famiglia avrebbe origini da un certo Alamanno che nel XII secolo, in viaggio sulle isole Baleari, durante la quale scoprì le proprietà coloranti di alcuni licheni come la Roccella tinctoria. Sempre secondo la tradizione, questo mercante, in seguito soprannominato l’Oricellario, si fosse accorto per puro caso come alcune piante prendessero una colorazione fra il rosso e il violaceo. Quindi il nome Rucellai deriverebbe dalla storpiatura di Oricellari.

Per secoli i Rucellai fecero parte del governo fiorentino iniziando nel 1302 con Andrea di Giunta e finendo nel 1531 con 14 gonfalonieri e 84 priori. Fu una casata particolarmente prolifica con personaggi di spicco in tutte le epoche a partire da Alamanno scopritore del colorante ad Andrea di Giunta priore nel 1304 e gonfaloniere nel 1308. Bernardo detto Naddo Rucellai, figlio di Giunta, fu una delle prime vittime giustiziate dalla tirannia del Duca di Atene e fu ucciso nel 1343. Da Naddo che ebbe nove figli derivano moltissimi altri rami della famiglia. Berlinghieri Rucellai, capitano delle milizie fiorentine che sedò, nel 1318 la rivolta dei Tolomei a Siena. Grazie al suo decisivo aiuto militare fu premiato con la possibilità di aggiungere allo stemma di famiglia un Leone rampante a simboleggiare il valore militare. Giovanni Rucellai (1403-1481) (figlio di Paolo e nipote di Bingeri) molto vicino a Lorenzo il Magnifico che sponsorizzò fortemente il grande Leon Battista Alberti al quale commissionò il meraviglioso palazzo di famiglia posto in via della Vigna Nuova. Giovanni venne denominato “Giovanni delle Fabbriche” perchè costruì molti edifici nel quartiere di Santa Maria Novella. Nel trattato l’Alberti scrisse infatti “La casa del signore sarà ornata leggiadramente, di aspetto piuttosto dilettevole che superbo”. Lo stile del palazzo costituì un punto di partenza per tutta l’architettura di residenza civile del Rinascimento, venendo ripreso da Bernardo Rossellino per la costruzione di Palazzo Piccolomini a Pienza. Il palazzo mostra la tipica panca di via dei Palazzi Rinascimentali fiorentini ed è ornato con lo stemma di famiglia impreziosito con il Leone (dovuto a Berlinghieri).

Bibliografia

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Immagini Chiesa di Santa Maria Novella,Firenze XV secolo; Palazzo Rucellai 1451; Tempietto del Santo Sepolcro 1467. PP. 3 https://www.gettyimages.it/

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