leopardi politico e il risorgimento PDF

Title leopardi politico e il risorgimento
Author Marco Palmieri
Course Dottrine politiche e sociali
Institution Università degli Studi Gabriele d'Annunzio - Chieti e Pescara
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riassunto di leopardi politico e il risorgimento...


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Leopardi politico e il risorgimento Introduzione Lo scopo del testo è capire in che modo prima della morte di Leopardi avvenuta a Napoli nell’appartamento di vico Pero il 14 giugno1837, in che modo il leopardi politico abbia contribuito all’unificazione dell’Italia attraverso l’analisi dei testi divisi tra opere strettamente politiche e opere letterarie o di altra natura. Capire non solo il pensiero politico, ma anche quale presenza esso abbia avuto fino al 1860; incidendo attraverso i suoi diversi testi prosaici oltre che poetici, alla formazione non solo dell’idea della nazione, ma anche del suo corpus sociopolitico, e attribuendo a rinsaldare lo stretto legame tra letteratura e politica che scandisce le fasi del risorgimento. Capitolo 1 1.1 la rivoluzione dai funesti effet Nel 1815 si svolge la battaglia di Tolentino: Il 30 marzo 1815 Gioacchino Murat, re di Napoli, pubblica il Proclama di Rimini, primo manifesto dell’Indipendenza d’Italia; dopo aver occupato Toscana, Marche e Romagna. Ma la superiorità numerica delle forze austriache lo costringono, dopo i primi combatmenti vittoriosi, a ritirarsi lentamente verso sud. La scelta di Tolentino come campo di battaglia è voluta dal Murat in quanto era il punto per dividere con la maggior distanza possibile ed in modo netto (gli Appennini) le due Armate Austriache, quella del maresciallo Bianchi (12.000 uomini) e quella del generale Neipperg (11.000 uomini). L’esercito napoletano ha grossi problemi di approvvigionamento viveri, stanchezza degli uomini e scarsità di mezzi, per una campagna militare lunga ed estenuante. Murat viene sconfitto dall’esercito austriaco, in quell’anno leopardi scrive la sua prima opera politica “Agl’Italiani” in cui l’autore invita a guardare i vantaggi di un’Italia divisa in piccoli regni. Due ideologie contrapposte notiamo: il cristiano Manzoni e il razionalista leopardi: partono entrambi dalla considerazione dell’uomo come scopo della politica, ma la fede trascendente del Manzoni arriva alla negazione della politica, alla passività della rassegnazione cristiana; la fede razionalistica di Leopardi lo porta ad agitare nel momento della sua morte*. Leopardi prende subito le distanze con tutto ciò che provenga da una matrice francese dalla rivoluzione dai funesti effet dai danni recati al popolo. Egli considera fin da subito la responsabile della situazione italiana, la Francia. È necessario che gli italiani agiscano in prima persona, assumendosi il rischio della battaglia, tenendo però presente il vero scopo, la pace. Per leopardi la felicità dei popoli è risposta nella pace necessaria alle arti utili, alle lettere, alla scienza, nella prosperità del commercio e dell’agricoltura; “non si fa la guerra per ottenere la pace”. 1.2 L’armi, qua l’armi “All’Italia” è una canzone in endecasillabi e settenari di sette strofe composte ciascuna di venti versi, composta a Recanati nel settembre 1818. L’incipit è un significativo vocativo “O patria mia!”. Leopardi esprime dolore perché al suo tempo restano solo gli aspet materiali. Vi è un tema prevalente ovvero il confronto tra grandezza passata e decadenza attuale, tra gloria dei padri e miseria dei figli (tema a costante nel pensiero leopardiano come anche l’immagine femminile

dell’Italia “formosissima donna” che però viene trasformata in povera ancella e piange sconsolata”. Un incalzare di domande, retoriche, rendono l’idea della condizione inadeguata di subordinazione. 1.3 L’Italia moglie Sopra il monumento di Dante che si preparava in Firenze è la canzone gemella alla precedente, 12 strofe di 17 versi, tranne l’ultima di 13; composta a Recanati tra il settembre e l’ottobre 1818 era stata ispirata da un manifesto che informava la città di Firenze di omaggiare l’illustre concittadino con un monumento. La restaurazione sì ha dato una pace, ma questa non può essere considerata un bene, visto che scioglie dai lacci ma li rende ancor più stret. Anche qui leopardi utilizza un vocativo “o Italia”, invitandola a guardare indietro ai passati onori e dunque alla vergogna. Nell’opera leopardi paragona dante come Mosè per Israele, rivestito dal gran padre nella costruzione dell’identità italiano, ricordando che fu il primo assolutamente in Europa che ardi concepire e scrisse un’opera classica e di letteratura volgare e moderna. La significatività dei componimenti politici di leopardi viene compresa per primo da giordani che ne segnala al giovane poeta il successo registrato anche nei ceti più popolari. D’altra parte, il poeta fin da subito non aveva nascosto al suo mentore l0intensità dei propri sentimenti: “io ho un grandissimo, forse smoderato e insolente desiderio di gloria”  il patriotsmo leopardiano ha un carattere intimamente autobiografico: il legame identitario tra infelicità della patria e infelicità individuale è confermato da un abbozzo di inno al redentore. 1.4 Eroi e altri disegni Il primo punto del terzo dei disegni letterati è pensato da leopardi come elogio o vita del generale polacco: il modello richiamato è l’agricola di Tacito è al tempo stesso eloquente e storica. Leopardi è dispiaciuto del fatto che il nobile e valoroso combattente (personaggio che ricorda la figura di Garibaldi) non sia un compatriota, e ancor più di dover ricorrere a un esempio straniero per rappresentare quell’ardore non riscontrabile negli italiani. Leopardi contribuisce in prima persona a questo processo culturale, saccheggiando largamente la storia antica, greca e romana ma non paragonabile a quello degli storici moderni. L’autore sottolinea di voler compiere questa operazione senza però mancare ai doveri di storico. Il 5 dei disegni letterari contiene invece l’argomento di un libro politico. 1.5 il Cesaricidio Nel dialogo Filosofo greco, Murco senatore Romano, popolo romano, congiuranti all’agosto del 1820, leopardi affronta il tema classico dell’uccisione di giulio cesare alle idi di marzo del 44 a.C. un fatto così grave per la società romana di fronte al quale diviene impossibile non prendere posizioni anche da parte di coloro per viltà o conformismo sono soliti evitare di mischiarsi ai discorsi della politica. Il filoso indignato accusa di codardia il senatore e gli ricorda i valori della patria della libertà e della virtù in una reprimenda che leopardi evidentemente non circoscrive esclusivamente all’epoca romana, Murco ribatte ammettendogli non riconoscersi in valori che non sono più di questi tempi: “Adesso ciascuno pensa ai fat suoi”. 1.6 la morale è un detto, la politica un fatto

La novella Senofonte e Niccolò Macchiavello è abbozzata tra il settembre 1820 e il febbraio 1821: Leopardi immagina che plutone (Ade) abbia avuto un figlio: un erede senza trono, visto che il padre non avrebbe mai lasciato la corona degli inferi, dunque destinato a governare in terra in forma umana. Due sono i precettori tra i quali bisogna scegliere per la sua educazione, Senofonte e Machiavelli prevale quest’ultimo. Macchiavelli si chiede perché nei libri la cui finalità è quella dell’insegnamento, si trovino invece precet non veritieri, ossia principi che se applicati, non consentirebbero né al principe di governare ma neppure all’uomo comune di svolgere le ordinarie atvità della sua vita privata e professionale. La conseguenza è che i libri sono ricchi di esercitazioni scolastiche ma inutili alla vita. Il de principati bus machiavelliano è invece l’unico testo a non incorrere in questi equivoci: laddove il mio libro è e sarà sempre il codice del vero ed unico e infallibile e universal modo di vivere e perciò sempre celebratissimo. I consigli proposti non sono utili solo per l’arte di governo, ma costituiscono un prezioso compendio anche per la vita privata “una regola vera della condotta da tenersi in società” Nei pensieri leopardi si sofferma anche sul linguaggio della politica: “pensieri e virtù significa ipocrisia, ovvero dappocaggine, ragione, diritto e simili significano forza, bene, dei sudditi significa volontà, capriccio, vantaggio del sovrano. Democrazia e nazione sono i termini del problema politico per leopardi: le democrazie fondate sul binomio costitutivo libertà e uguaglianza nella concezione leopardiana sono però portate a corrompersi per l’impossibilità di mantenere quest’ultima che deve essere tutelata dalla virtù pubblica; il punto cruciale della visione politica del leopardi dissolve la democrazia conducendola al dispotismo attraverso l’anarchia. Nel proemio ai discorsi machiavelli aveva affrontato anche il tema, carissimo al Leopardi, del rapporto tra antichi e moderni, raccomandando quest’ultimi di trasferire ai posteri l0ammirazione nutrita verso i primi, attraverso la riproposizione delle virtuosissime operazioni che le istorie ci mostrano, che sono state operate da regni e da repubbliche antiche. La morale per Leopardi è una scienza puramente speculativa, in quanto è separata dalla politica: la vita, l’azione, la pratica, dipende dalla natura delle istituzioni sociali. Si parla di morale quando vogliono un popolo mal governato; la morale è un detto la politica è un fatto vi è in leopardi una generale sfiducia nelle istituzioni, percepite come inutili. 1.7 il passeggio, gli spettacoli e le chiese Il discorso sopra lo stato presente dei costumi italiani è considerato il testo politico leopardiano per eccellenza si apre con il rifiuto dei giudizi, anche positivi, che si possono rinvenire negli “infiniti” volumi “pubblicati dagli stranieri e che si pubblicano tutto il giorno riguardo gli affari italiani. Gli errori spesso commessi in buona fede da questi scrittori, derivano dal fatto che per gli stranieri è difficile conoscere perfettamente un’altra nazione. Essendo italiano leopardi può permettersi di parlare con sincerità: le sue parole non possono essere imputate a odio o emulazione nazionale. La condizione di minorità dell’Italia rispetto ad altra nazione europee è dovuta alla generale corruzione della civiltà. Alla mancanza di principi di costume e di morale che altrove permettono una vita nazionale. “gli italiani hanno piuttosto usanze e abitudini che costumi. Poche usanze e

abitudini hanno che si possano dir nazionali, ma queste poche sono seguite piuttosto per sola assuefazione che per spirito alcuno o nazionale o provinciale, per forza di natura. Sulla scia di Montesquieu sottolinea le differenze tra popoli settentrionali e meridionali: “gl’italiani non amano la vita domestica, ne gustano la conversazione o certo non l’hanno. Essi dunque passeggiano, vanno agli spettacoli e divertimenti, alla messa e alla predica, alle feste sacre e profane. Ecco tutta la vita e le occupazioni di tutte le classi non bisognose in Italia. L’Italia si mostra a leopardi in tutta la sua contraddizione: troppo poco civile per essere al passo delle società europee più evolute. L’Italia, come scrive nello zibaldone, non è neppure una nazione né una patria come lo può essere la Germania, ancorché politicamente divisa 1.8 Il libro terribile I Paralipomeni della batracomiomachia sono l’ultima opera di leopardi iniziata nel 1831  giudicata da luigi settembrini come satira politica. Il metro scelto è l’ottava (quello del poema cavalleresco). La trama narrativa che si congiunge alla conclusione della batracomiomachia, nella quale i topi vengono sconfit a seguito dell’intervento in battaglia dei granchi in alleanza con le rane. Costret alla ritirata i topi devono provvedere alla successione del re mangiaprosciut. Leopardi approfitta per ribadire il tema dell’odio nutrito dagli stranieri nei confronti dell’Italia causato dalla inarrivabile grandezza di Roma e del rinascimento. Nella strofa 11 del secondo canto esprime la sua condanna nei confronti del governo borbonico non adeguato alla tutela dei beni culturali (come quello di Ercolano). Nel canto successivo leopardi concorda con il Petrarca, individua il momento di crisi decisiva del mondo antico nella fine dell’unita politica nell’impero romano causata dal trasferimento della sede imperiale a Costantinopoli, voluta da Costantino nel 330, che avvia al tramonto i valori della classicità e genera la barbarie medievale. Dietro la favola vi si nasconde una parodia della politica, che bene illustra lo stato d’animo del poeta, oscillante tra ironia e ira e che traccia un ritratto esatto dei fat italiani del 1815 (anno della battaglia di Tolentino) e del fatidico 1848 in cui i moti avvengono un decennio dopo la morte di leopardi. Capitolo secondo I testi di altra natura con contenuti politici 2.1 le carte feconde Nel gennaio del 1820 il giovane leopardi compone Ad Angelo Mai quand’ebbe trovato i libri di cicerone della repubblica, inviandola il 4 febbraio all’editore Bringhet  la scoperta del ritrovamento del testo ciceroniano del De re pulica porta un grande entusiasmo, leopardi ne risulterà deluso in quanto la materia non ha niente di nuovo, e sono le stesse cose che riporta in altri luoghi. Leopardi interpreta questo ritrovamento come il segno provvidenziale che gli italiani dovrebbero accogliere immediatamente per scuotersi dal loro torpore e ascoltare il suggerimento della voce risorgente dei padri antichi, di quella antica gloriosa civiltà fervida di atvità e di fantasia. Nell’elogio dei grandi poeti italiani, Leopardi utilizza uno schema simile a quello utilizzato dalla protagonista del romanzo della stael corinne ou l’italie sul campidoglio. 2.2 miseri o codardi

La canzone nelle nozze della sorella Paolina, composta di 7 strofe da 15 versi ciascuna tra l’ottobre e il novembre 1821 in occasione del matrimonio annunciato e non celebrato, viene pubblicata a Bologna nel ’24. La vicenda familiare diviene lo spunto per affrontare ancora il tema patriotco. Lasciando la casa paterna, paolina non potrà che accrescere “l’infelice famiglia all’infelice Italia” è dunque necessario che la prole venga educata di forti esempi. Ciò che preoccupa il Leopardi è quella continua richiesta di responsabilità personale: la sorella non potrà certo riuscire a cambiare il corso generale della storia ma dovrà cercare di forzare la situazione attraverso l’educazione dei figli. Il compito delle madri era importante:” donne, da voi non poco la patria aspetta, far si che la santa fiamma di gioventù non si spenga”; ma ce anche un altro sentimento che deve muovere l’azione delle madri: esser nomate madri d’imbelle prole”. Due sono gli esempi antichi con cui leopardi sostanzia il suo ragionamento, il primo le madri spartane che pretendevano dai loro figli il ritorno dalla guerra con lo scudo o sopra di esso, vincitori o cadaveri, e l’altro quello della fanciulla romana Virginia, uccisa dal padre Lucio Virginio per evitare che soggiacesse agli alteri disegni. 2.3 il campione La canzone A un vincitore nel pallone termina il 30 novembre 1821 a Recanati, si compone di 5 strofe di 13 versi. Pubblicata a Bologna nel 1824 e poi nelle edizioni fiorentina e Napoletana  è dedicata al marchigiano Didimi di Treia “magnanimo campion” nel gioco del pallone che offre la sua destrezza fisica a servizio della causa carbonare. L’esemplarità degli antichi emerge con tutta evidenza nel tema agonistico, che i greci in particolare concepivano in funzione patriotca. Proprio in questa prospetva viene concepita la canzone dedicata all’atleta moderno al quale il compito è: sopravvivere all’imminente rovina della patria, sottolineando che le sue gesta agonistiche sarebbero state offerta alla gloria dell’Italia. L’ultima strofa è diretta all’atleta perché non manchi ai suoi doveri.

2.4 la stolta virtù Il bruto minorela tematica patriotca è sviluppata toccando i temi del suicidio e della protesta contro il divino e il fato, sfociante nella bestemmia la prima imprecazione è contro la virtù. Per il recanatese Giunto Bruto è l’eroico difensore della liberà romana, minacciata dal personalismo cesariano, e la sua sconfitta segna l’inizio della fine del mondo antico e i prodromi di quella decadenza che le invasioni barbariche renderanno palese. Bruto si ribella la sua vendetta contro il fato si celebra con il sacrificio supremo del suicidio, atto condannato anche dall’antica teologia ma non certo dal leopardi che ne ammira il coraggio estremo e giunge persino a desiderarlo come termine della propria sofferenza. Ma la ribellione brutiana è patriotca, politica, oltre che dolora vicenda individuale e familiare: è bruto a voler pagare in prima persona, per aver capito prima degli altri che cesare stava attentando alla sovranità del senato e del popolo romano. 2.5 la punizione della verità Le operette morali concepite nel 1824 ma pubblicate a Milano nel 27. Le operette si aprono con la storia del genere umano, una sorta di genesi laica, proiettata nella mitologia, con giove nel ruolo

del dio creatore e Deucalione e pirra in quello di Noè, superstiti al naufragio universale mandato a punizione dell’empietà umana. Giove impone a mercurio la fondazione della prima città e la distinzione dell’umanità in popoli, lingue, nazioni  mettendo la gara e quindi la discordia tra loro. mise leggi, stati e ordini civili e mando 3 fantasmi: giustizia, virtù e gloria. Punizione voluta da giove contro l’umanità e porre tra gli uomini la verità in grado di sgomberare i fantasmi. Per Luporini è Giove che non riesce a comprendere la razza inquieta da lui creata e collocata in un ambiente fisico articolato che si conclude nel mare infinito(opera che cela il pensiero di leopardi e la sua critica verso la rivoluzione francese) Nel dialogo della terra e della luna la prima domanda alla seconda se fosse mai stata conquistata da qualcuno dei suoi abitanti, il satellite nega affermando di non conoscere il significato di questi termini. Le opere morali dimostrano come leopardi anticipi scenari dell’ 900, confutando le interpretazioni di tut coloro che insistono a definirlo autore settecentesco . 2.6 la letteratura che diletta e giova La crestomazia italiana de prosatori: è rilevante la sua applicazione politica nel processo di costruzione della patria in un momento storico lontano. Il compito che gli uomini di lettere sentono proprio è quello di dare forma linguistica all’informe materia che vuole esistere come nazione e leopardi si considera un buon italiano che collabora alla costruzione della patria: la crestomazia (ciò che utile imparare) 2.7 Amando l’individuo la patria sua Analizzando lo zibaldone alla storia del pensiero politico cominciando con delle citazione di Montesquieu: 31 luglio 1820 la politica non deve considerar solamente la ragione, ma la natura, dico la natura vera e non artefatta né alterata 1821 la riflessione politica deriva dal Montesquieu nello spirito delle leggi: il ragionamento si snoda ancora introno al pensatore politico francese, passando però attraverso un collegamento con i discorsi sopra la prima deca di Tito Livio. Hobbes per leopardi da dove riprende Bellum omnium contra omnes, e ben presenti sono i protagonisti della rivoluzione francese; ma anche Lutero che aveva convertito la sua rivoluzione religiosa in etica. Locke è inserito tra coloro che hanno veramente mutato faccia alla filosofia sostenendo il diritto di ognuno alla propria individualità:” ogni uomo ha diritto di giudicare di per se stesso, e la diversità di opinioni è tanto naturale quanto la diversità de gusti Rousseau aveva aperto la strada alla rivoluzione e aveva aperto la strada anche al romanismo. Ora leopardi lo rifiuta e non si abbandona alle sollecitazioni etiche e politiche. Gli interessi di Leopardi sul Ginevrino in quanto lamenta la tendenza all’omogeneità tra le nazioni: quando saremo tut uguali, lascio stare che bellezza che varietà troveremo nel mondo, ma domando io che utile ce ne verrà? Chi non si cura del bene sociale comune, non corrisponde al fine della società.

A Rousseau riconosce la sua singolarità rispetto ai contemporanei e con lui concorda nell’attribuire la corruzione dell’uomo al pensiero, affrontando in più circostanze il tema della democrazia, leopardi la giudica possibile soltanto in un popolo padrone di se e non servo, un popolo vivo e non un popolo morto, sia per la condizione in generale, sia in quella tal congiuntura: una condizione raggiungibile attraverso la vera eloquenza, l’arte della parola che cicerone aveva insegnato a usare nella politica. Per leopardi la democrazia è il miglior governo, ma solo fino a quando gli uomini sono capaci di eroismo, di buoni costumi e di grandi illusioni: è dunque destina na...


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