Il risorgimento italiano di Alberto Mario Banti PDF

Title Il risorgimento italiano di Alberto Mario Banti
Course Storia contemporanea
Institution Università degli Studi di Genova
Pages 11
File Size 192.2 KB
File Type PDF
Total Downloads 1
Total Views 127

Summary

Download Il risorgimento italiano di Alberto Mario Banti PDF


Description

Il risorgimento italiano di Alberto Mario Banti

INTRODUZIONE Storia del risorgimento come movimento politico- culturale centrale nelle vicende dell’Italia contemporanea. Il processo che porta alla formazione del regno di Italia non può essere definito frutto dell’opera di un unico uomo che sia esso Garibaldi o Cavour, è invece l’esito di un processo culturale e politico che prende avvio alla fine del diciottesimo secolo e che precisa i termini nei primi decenni del 1800. Il processo porta ad identificare la nazione italiana come la comunità che aspira alla costruzione di uno stato italiano. In passato non erano mancate aspirazioni di illustri letterati alla costituzione di questo stato come Dante o Macchiavelli. Ma ora si intende la comunità di individui legati da tratti comuni che hanno diritto ad esprimersi in uno stato creato da loro stessi o in loro nome. Vi furono molti fattori avversi alla costituzione dello stato tra cui il fatto che ci sono pochi elementi concreti di unità nazionale: infatti la grande tradizione letteraria in volgare e la comune confessione religiosa sono i motivi che vennero maggiormente utilizzati dai patrioti per spingere in questa direzione, ma in realtà la confessione religiosa va al di là di una sovranità nazionale, e l’uso del volgare è solo comune a una parte esigua della popolazione, infatti la maggior parte di questa conosce unicamente il dialetto ( e spesso non sa nemmeno leggere e scrivere). Inoltre se si analizza l’economia dell’Italia in questo periodo storico, i commerci avvengono con le altre potenze europee e non all’interno della ipotetica nazione. Il discorso patriottico deriva dalla Francia rivoluzionaria, sul cui modello i patrioti italiani elaborano un discorso complessivo alla fine del settecento che risulta convincente per migliaia di persone. Cosa vuol dire risorgimento? Quando comincia il risorgimento? Risorgimento ha all’inizio dell’Ottocento il solo significato di risurrezione, bisogna quindi rimarcare il collegamento religioso, fondamentale nell’ideologia nazional patriottica. Alla metà del 1800 questo termine assume una connotazione nella propaganda patriottica, ovvero quello di risurrezione della patria, caduta sotto i colpi delle invasioni straniere e delle divisioni intestine. Il passaggio da un significato all’altro avviene in un articolo di Gaspare Sauli che nel 1798 dichiara : ”Ah, risorga l’Italia, divenga la patria comune, e gli Italiani diventino una nazione” Questo slittamento viene ritrovato in Alfieri e in Mazzini. Ma propriamente dagli anni 40 che il termine entra in uso, e dagli anni 80 fa il suo ingresso anche nel lessico storiografico. Riguardo alla cronologia del risorgimento ci sono tre ipotesi degli storici su quando ha inizio il risorgimento. C’è chi ipotizza che sia iniziato a metà del 1700 collegato all’illuminismo e al periodo di dispotismo illuminato che si viveva nei vari regni italiani. La seconda ipotesi è che abbia inizio con l’arrivo di Napoleone Bonaparte in Italia nel 1796 mentre l’ultima mette l’enfasi sulla riorganizzazione istituzionale che questo applica a partire dal 1800 come console e poi come imperatore. L’autore ritiene che il Risorgimento debba essere considerato come un processo politico e culturale che si fonda sull’idea di nazione e ha come scopo la costituzione di uno stato nazionale. Per questo esclude la prima ipotesi (l’illuminismo è un fenomeno cosmopolitica e non volto alla realizzazione di una nazione) e prende invece in considerazione la seconda ipotesi, poiché analizzando le fonti nel triennio 1796-1799 vi furono in questo periodo una grande quantità di dibattiti e discussioni in merito alla nazione italiana.

TRIENNIO REPUBBLICANO (1796-1799) Il direttorio della Repubblica francese nel 1796 approva il progetto di un’offensiva militare che dovrà svolgersi anche sul quadrante italiano, anche se è considerato secondario. Al comando della missione viene posto il generale Napoleone Bonaparte che consegue un’imprevedibile serie di vittorie. Che portano il re di Sardegna Vittorio Amedeo III ad accettare un armistizio, firmato a Cherasco il 28 aprile. Il Piemonte rimane formalmente autonomo, ma deve cedere Nizza e la Savoia ai francesi. Bonaparte sconfigge gli austriaci, e entra a Milano. Fa accordi con Parma e Modena, entra nella repubblica veneta e nello stato pontificio (Bologna, Ferrara, Livorno). Sotto la spinta di napoleone viene proclamata una repubblica Cispadana che con l‘annessione di territori diventerà la repubblica Cisalpina. La repubblica è dotata di assemblea costituente e costituzione (approvata da napoleone). Proclama la repubblica di Genova e quella di Venezia. Con il trattato di Campoformio, del 1797 però cede parte della repubblica veneta agli austriaci e il resto lo annette alla repubblica cisalpina. Procede con l’occupazione dello stato pontificio dichiarando la Repubblica Romana con il sostegno di patrioti romani. In reazione all’occupazione del territorio papale insorge il regno di Napoli, ma grazie anche qui alla partecipazione di sommosse popolari si forma la repubblica Napoletana. Siamo nel momento massimo dell’espansione francese, con 5 repubbliche formalmente autonome. L’opinione pubblica non ha un’opinione unanime su ciò che stava accadendo, ci sono insorgenze antifrancesi o antirepubblicane che vengono represse con facilità. Si assiste però ad un ampliamento della discussione e del dibattito, sorgono giornali, associazioni trattati e opuscoli. Ci sono tre componenti nell’opinione pubblica secondo Bonaparte, filofrancesi, austriacanti, e una radicale-giacobina. Questa ultima va repressa secondo lui, e infatti il nome è visibilmente spregiativo. Nel lessico politico dei patrioti vi sono due termini chiave ricorrenti: democrazia e repubblica. Tuttavia queste due parole vengono declinate con una certa varietà di accenti e di indirizzi politici che tracciano tre diversi progetti di repubblica: 1. Ripresa del Contratto Sociale di Rousseau 2. Conciliazione tra il modello di rousseauiano e la divisione dei poteri di montesquieu. Comune a queste due è l’idea che l’uguaglianza civile e non quella socio-economica, sia alla base della comune convivenza. Si delinea anche una terza posizione che è interessata a riforme economico-sociali più che costituzionali, convinta che la repubblica democratica sia quella dove vige l’assoluta eguaglianza civile e economico-sociale. Nonostante questa visione molto democratica questo valeva solo per gli uomini, e non per le donne che volevano partecipare alla vita politica, ne era infatti comunque escluse in quanto soggetti incapaci di intendere e di volere e subordinati a mariti e fratelli o padri. Furono quindi pochissime quelle che riuscirono a partecipare attivamente, tra queste Eleonora Fonseca Pimentel, con una sorta di mimetismo di genere, scrivendo come se fossero uomini. Una convinzione ampiamente diffusa tra l’opinione pubblica patriottica è che il fondamento ultimo della società stia nel popolo nazione e che la più fondamentale delle virtù civiche sia il patriottismo, inteso come amore per le istituzioni liberali per la democrazia e per la repubblica. Proprio all’interno dell’ambiente politico patriottico inizia a formularsi l’ipotesi della formazione di uno stato unitario che accolga tutti gli italiani. A sollecitare questa riflessione e l’azione per la costruzione di un possibile stato italiano vi è Filippo Buonarroti. Fondamentali nel dibattito tra patrioti sono le questioni di carattere politico costituzionale: non vanno considerati come veri e propri sondaggi ma è interessante che la maggioranza dei patrioti sia concorde su una repubblica democratica unitaria e centralizzata. Il dibattito è dominato dall’idea che la nazione italiana esiste e ha diritto ad uno stato nonostante non siano ben chiari i tratti distintivi.

In questo periodo comunque la riorganizzazione della carta della penisola non conduce ad alcun tipo di organica costruzione di uno stato unitario italiano (la cisalpina è comunque un’innovazione). In tutte le nuove repubbliche vi è una costituzione e degli istituti rappresentativi ma che hanno una applicazione molto modesta con pressioni forti da parte dei francesi. Vengono tuttavia emanate delle leggi molto importanti che portano ad una modernizzazione (abolizione dei fedecommessi, e primogeniture, equiparazione maschi e femmine nei testamenti, matrimoni civili). Vi sono comunque molte ostilità nei confronti dei francesi tra le popolazioni della penisola in particolar modo nelle campagne. La situazione precipitò nel 1799 quando gli eserciti austriaci e russi sconfiggono i francesi della pianura padana. Scoppiano una grande quantità di insurrezioni. Le Istituzioni e le armate repubblicane vengono abbattute con la sola eccezione di Genova. ETÀ NAPOLEONICA (1800-1815) Nel 1799 alcuni patrioti fanno pervenire al direttorio francese appelli per una ripresa dell’azione militare in Italia per la costituzione di una repubblica unitaria italiana. Nel 1800 Napoleone scende in Italia sconfiggendo gli austriaci e occupando Lombardia e Emilia. Viene ricostruita provvisoriamente la repubblica cisalpina. Venne creato il regno d’Etruria, e occupato anche il Piemonte. La Sardegna invece rimane ancora in mano ai Savoia. Secondo Cuoco il fallimento dell’esperienza del triennio sta nel fatto che furono create istituzioni sul modello francese, non prendendo in considerazione i diversi bisogni dei diversi luoghi della costituzione delle nuove repubbliche, non conoscevano i caratteri e le idee delle nazioni e non hanno preso decisioni attraenti per le plebi urbane e rurali. Insomma secondo lui è stata una rivoluzione subita. Avrebbero dovuto considerare tre fattori: 1. La nazione caratterizzata da usi, costumi e abitudini comuni ai quali si deve ispirare la costituzione 2. Considerare la caratterizzazione delle pluralità territoriali 3. Considerare la pluralità socio-economica. Anche Foscolo scrive in proposito(orazione a bonaparte) dicendo che bisogna perseguire l’obbiettivo della costituzione di uno stato italiano di cui va garantita la libertà e l’indipendenza. La nazione è più evocata che descritta, perché resta ancora incerto che cosa costituisca l’invisibile cemento che la tiene insieme. Non diversamente dal triennio anche nei primi dell’ottocento le aspettative dei patrioti vanno deluse. Nel 1802 la repubblica cisalpina cambia nome diventando repubblica italiana. Tuttavia le richieste formulate dai patrioti vengono disattese: la costituzione non lascia più nemmeno gli spazi formali di libertà che erano previsti nel triennio, tutto il potere è concentrato nelle mani di Bonaparte, e l’organo legislativo non né elettivo, e ha un’autonomia molto ridotta. Inoltre le successive iniziative militari di Napoleone, portano la Francia a conquistare tutta l’italia continentale, senza mai unificarla. Solo Sicilia e Sardegna non vengono conquistate e sono rispettivamente sotto il comando dei Borbone e dei Savoia. In ogni caso vi è da notare che per la prima volta la parte continentale della penisola ha assetti normativi e istituzionali omogenei ricalcati sul modello francese. Vi è una complessa riorganizzazione normativa e istituzionale, in alcuni casi accolta anche con favore. Molti giovani intellettuali trovano spazio nei ruoli delle nuove burocrazie centrali o periferiche degli stati napoleonici che sono in piena espansione numerica. Il più forte disagio sociale nasce dal duro regime fiscale a cui gli stati napoleonici sottopongono i propri contribuenti. Anche l’introduzione dei sistemi di coscrizione obbligatoria suscita reazioni negative, alimentando il fenomeno del brigantaggio al sud. Accanto a queste ribellioni di tipo sociale se ne sviluppa un’altra, di diversa natura, che vede il consolidarsi e il diffondersi di sentimenti nazionali antifrancesi. Poche testimonianze in merito parlano di una società dei Raggi, tuttavia divisa sull’alternativa di inserire i membri della setta in posti di responsabilità all’interno delle strutture dello stato napoleonico, e quella di continuare il consolidamento e l’ampliamento della società segreta. Le autorità attuano un giro di vite nei loro confronti e attuano una politica di censura molto più severa limitando il diritto di opposizione, fattore che rimarrà tale

almeno fino al 1846. Le uniche opere di opposizione di questo periodo sono quindi romanzi, di narrativa e riflessioni sulle origini storiche della nazione italia. Significative del periodo sono le Ultime Lettere di Jacopo Ortis, di Foscolo pubblicate nel 1802. Egli intreccia il tema dell’amore romantico e infelice con l’amore per la patria. In questo senso si muovono anche altri come Cuoco, che pubblica il romanzo Platone in Italia, dove ripropone il mito della grande Italia antica. Un antico primato filosofico intellettuale e politico dell’antichissima Italia dalla quale sarebbe nata anche la civiltà greca. Nel romanzo si riscontrano molte affinità con la storia contemporanea dell’autore. Nel 1812 abbiamo il crollo di Napoleone con la disfatta di Russia, anche grazie alla coalizione antinapoleonica (Gran Bretagna, Prussia, Russia, Svezia e Austria). L’esercito austriaco muove contro il regno d’Italia e il popolo viene invitato da essi a insorgere. Murat, re di Napoli, nel frattempo avvia delle trattative segrete con gli austriaci e gli inglesi. Ai primi di Aprile Napoleone è costretto a firmare a Fontainebleau il trattato con il quale rinuncia al trono francese e viene esiliato sull’isola d’Elba. Il regno d’Italia vorrebbe mantenere la propria unità, ma nè l’Austria nè il resto della coalizione è intenzionato a permettere la formazione di un vasto regno d’Italia indipendente. La pace di Parigi siglata il 30 Maggio 1814 pone le premesse per la riorganizzazione della penisola sotto l’egemonia austriaca. Murat, dopo la fuga di Napoleone, nel 1815 dichiara guerra all’Austria ma rimane sconfitto. LA RESTAURAZIONE E LE PRIME RIVOLUZIONI (1816-1831) II congresso di Vienna sancisce i due criteri che dovevano guidare il nuovo geopolitico imposto all’Europa: riaffermare la legittimità degli antichi sovrani e delle antiche istituzioni come principio fondante della sfera pubblica e costruire il sistema dei rapporti internazionali sulla base di un equilibrio che scoraggi nuove iniziative espansionistiche o rivoluzionarie in Francia e in qualunque altro stato minore. Il principio di legittimità non venne però rispettato alla lettera, essendo a volte sacrificato per più importanti esigenze di equilibrio. Ad esempio né la repubblica di Genova né quella di Venezia vengono ricostruite nonostante la loro legittimità. La penisola perde la sua compattezza e la sua omogeneità amministrativa e istituzionale. Sorgono per dare unità all’italia molte sette segrete, tra le quali la più importante è a carboneria. Di probabile derivazione massonica, la carboneria si forma nel mezzogiorno continentale e da lì si diffonde. Nel bolognese è invece presente la Guelfia che intorno al 1817 viene assorbita dalla locale carboneria. In Piemonte vi è l’adelfia e altri settari collegati alla rete dei federati, diffusa anche in Lombardia. Entrambe le associazioni sembrano essere state in collegamento con una rete internazionale quella dei Sublimi maestri perfetti, organizzata a Ginevra da Filippo Buonarroti. Vi sono due nuclei operativi centrali dei settari: il programma detto minimo, è quello di restituire indipendenza all’italia e farne uno stato- nazione autonomo, l’altro è quello di dotare lo stato di una qualche nuova forma di governo costituzionale. La composizione di queste società segrete, ovviamente proibite è molto varia, anche se la presenza di militari è ampia. Un elemento significativo è la commistione tra discorso laico e religioso che i settari mettono in scena soprattutto nel corso dei loro cerimoniali di affiliazione. I settari desiderano diffondere il loro verbo, ma ancor di più avviare insurrezioni. Nel 1820 scoppia in spagna la rivolta delle truppe che si trovano a Cadice, in partenza per l’America del sud e ciò accese anche altri focolai altrove. L’esempio spagnolo e la costituzione di Cadice diventano un esempio. Pochi giorni dopo però scoppia un’insurrezione autonomista a Palermo per la costituzione di un governo autonomo di Sicilia e l’introduzione della costituzione di Cadice. Ma essendo coinvolta solo Palermo la rivolta viene repressa. Il 27 Ottobre del 1820 si riunisce il congresso delle potenze europee (prussia, austria russia) che sancisce formalmente il principio di intervento negli affari interni degli altri paesi. Per questo motivo Ferdinando I delle due Sicilie viene invitato al congresso per decidere il da farsi di Napoli. Nonostante il re affermò pubblicamente di voler difendere l’assetto del regno, chiese poi l’intervento dell’austria. Scoppia

contemporaneamente un’altra rivolta a Torino. Il 13 marzo Carlo Alberto annuncia la concessione della costituzione di Cadice ma quando gli austriaci entrarono a alessandria e a torino, la breve esperienza insurrezionale piemontese finì. I mesi successivi furono scanditi da fughe, processi ed esecuzioni. Alcuni cospiratori continuarono ad esistere ed in questo periodo il più importante tentativo ha luogo nel 1831 tra i ducati padani e lo stato pontificio. Il progetto è quello di formare uno stato monarchico costituzionale. Dopo il ritiro dalla congiura da parte di Francesco I d’Austria este, entra in scena Ciro Menotti. La congiura viene però sventata dallo stesso Francesco che fa arrestare Menotti ed altri congiurati. Ciononostante l’insurrezione scoppia comunque a Bologna. Altri esuli tentano di organizzare un’invasione della Savoia che però viene fermata per ordine del governo francese. Gli austriaci occupano Modena e Parma. Alla fine di Marzo l’esperienza rivoluzionaria è definitivamente chiusa. La repressione che ne segue è molto dura. IMMAGINARE E PROGETTARE UNA NAZIONE (1820-1847) Enormi difficoltà ostacolano il discorso nazionale in Italia. Le campagne in primis guardano con apatia ciò che avviene in città. Ma anche esse sono inquiete, attraversate dal fenomeno del brigantaggio. Anche i movimenti rivoluzionari hanno delle forti differenze, chi sostiene un’entità nazionale sotto il regno delle due sicilie e chi mette al primo posto ancora un interesse municipale. Tra il 1815 e il 1847 viene prodotta tutta una serie di opere di natura molto varia che rielabora il mito della nazione italiana da parte di autori molto autorevoli, come Silvio Pellico (le mie prigioni), Leopardi (All’italia), Manzoni (adelchi), Berchet e Verdi (nabucco). Perché intellettuali di questo calibro si occupano di scrivere al riguardo? Scrivere sulla nazione per alcuni di essi significava che militavano all’interno di questi movimenti, per altri portava al successo, essendo un argomento molto in voga all’epoca. Ciò che è interessante è che disegnano un quadro della nazione coerente e dei validi motivi per i quali battersi per essa. Contribuiscono alla formazione del discorso nazional patriottico immaginano la nazione come comunità di parentela, le cui reti di relazione collegano intimamente la generazione presente al passato e al futuro. I fattori di coesione sono il sangue e la cultura della nazione, la cui coesione è garantita da una comune confessione religiosa, da una lingua comune, da un comune passato. Si tratta di un passato triste di oppressione e decadenza. L’ideale è quello romantico e nonostante le differenze si possono trovare sempre tre figure principali: quella dell’eroe nazionale, quella del traditore, quella dell’eroina. Da notare che questa triade fondamentale delle figure che articolano la narrativa nazional patriottica evoca il profilo di tre figure analoghe alle sacre scritture: Cristo, Giuda e Maria. L’eroe è destinato solitamente ad una fine tragica, ma per salvare l’intera comunità dallo stato di disonore e aprendo così la via alla risurrezione (risorgimento). Il giuda è la causa diretta della sofferenza di cristo e spesso della sua morte. L’eroina è pura e casta e per questo la si accosta alla madonna, si ha quindi la trasposizione della figura della madre di cristo, e l’adozione del modello delle vergini martiri. La loro morte è la testimonianza che la purezza non può essere vinta dall’aggressione. Queste tre figure costituiscono una sequenza di figure il cui significato simbolico è profondamente radicato in un paese cattolico co...


Similar Free PDFs