Romanticismo E Leopardi PDF

Title Romanticismo E Leopardi
Author minimen
Course Italiano anno 5
Institution Liceo (Italia)
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riassunti romanticismo e leopardi...


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L’ETA’ DEL ROMANTICISMO Il Romanticismo nasce in Europa alla fine del Settecento, mentre si affaccia in Italia nel 1816, esso ha come fulcro il rifiuto dei vincoli razionali dell’illuminismo, ma esalta la capacità creativa dell’artista. Il Romanticismo ha anche a che fare con un cambiamento culturale e un tipo di sensibilità che può essere condivisa ancora oggi (per esempio la volontà di conoscere e avvicinarsi all’infinito). Esso può essere usato come categoria storica o come movimento seguito da coloro che avevano principi e ideali comuni. La parola “romantic” nasce in Inghilterra verso la metà del Seicento con una connotazione negativa (riferita all’assurdo e all’irrazionale). Il termine fu poi utilizzato nel Settecento nella rivista “Athenaeum” dagli scrittori tedeschi per indicare la letteratura moderna, caratterizzata da un senso doloroso di mancanza. Esso critica l’imitazione completa dei classici (imitazione pedantesca senza niente dentro). Oggi rimane l’espressione romantico per intendere qualcosa di bello, pieno di sentimento, ricco di passione, qualcosa che abbia a che fare con la natura. Nonostante il romanticismo sia stato un movimento impellente, oggi rimangono solo gli aspetti superficiali e statici. Uno dei quadri tipici di questo periodo è “Il viandante sul mare di nebbia”, l’uomo è solo e pensieroso, sta riflettendo sulla limitatezza della vita guardando l’infinito e il paesaggio è indefinito, cupo. Lo stato d’animo dell’uomo è paragonato alla natura. ASPETTI NEGATIVI E POSITIVI Il Romanticismo è caratterizzato da alcuni aspetti negativi quali: Il dolore, la malinconia, la noia, l’inquietudine, l’angoscia, la paura, l’infelicità, la delusione, il disgusto, il rifiuto della realtà, l’orrore e il mistero della morte; Senso di colpa oscuro nei confronti della natura che, a causa delle industrie, muta e viene abbattuta; L’intellettuale non si sente più privilegiato, bensì emarginato dalla società ed estraniato, questo porta ad un suo atteggiamento più critico nei confronti delle tensioni e delle contraddizioni del suo tempo; L’esplorazione dell’irrazionale, che prima veniva evitato, e ora viene apprezzato poiché assumono importanza i sentimenti, le passioni e tutto ciò che va oltre la ragione, dal sogno fino ad arrivare alla follia, inoltre c’è una sorta di tensione verso l’infinito, in quanto i romantici vedono il limite e le costrizioni come una sofferenza e cercano sempre di superare queste barriere e sono sempre alla ricerca di qualcosa. La finitezza dell’uomo in sé e la morte sono un limite che l’uomo non può superare e per questo il suo animo è sempre inquieto; Questo senso di continuo inappagamento definito dai romantici tedeschi “Sehnsucht”, porta l’uomo a rifugiarsi nel tempo e nello spazio attraverso l’immaginazione e la fantasticheria. Mentre per quanto riguarda gli aspetti positivi; I romantici sono legati all’impegno patriottico e civile, tramite il quale viene riscoperta la positività della storia e delle tradizioni; I romantici vedono le vicende storiche come preziose e credono che debbano essere conosciute a fondo per fare in modo che si abbia piena conoscenza della propria identità e delle proprie radici. ROMANTICISMO ITALIANO E ROMANTICISMO EUROPEO In Italia l’intellettuale è moderato, non ribelle, e si fa trasmettitore di ideali positivi e di formazione verso il popolo (classi medie). In Italia si sviluppa il percorso del Risorgimento (conquista unità nazionale) e mancano gli aspetti irrazionali, fantastici e mistici. Un’altra caratteristica è l’aderenza al vero e ai principi della ragione, l’impegno per il progresso civile, sociale ed economico. Nel contesto europeo c’è una frattura netta tra illuminismo e romanticismo, mentre in Italia non viene abbandonata l’esperienza della ragione, ma si aggiungono le intuizioni e le percezioni interiori. Nell’arte moderna (italiana) viene considerato poetico anche ciò che è quotidiano, semplice e talvolta brutto (non più mitologia classica) e si prende come riferimento un pubblico più vasto, abbandonando il linguaggio aulico poiché incomprensibile. La letteratura doveva ispirarsi al vero e proporsi fini di utilità civile e morale. LA POETICA ROMANTICA

Per i romantici l’arte non è pura imitazione dei classici, bensì è espressione dell’artista, perciò è libera. Questa visione porta a preferire la disarmonia e l’eccesso. I tedeschi credono che la disarmonia caratterizzi l’uomo moderno che è consapevole di ciò che gli antichi non sapevano: l’uomo moderno si separa dal paradiso terrestre e si individualizza. La scelta della libertà però ha un prezzo che è il male. Nasce l’idea che la poesia debba essere moderna e trattare di temi quotidiani in maniera seria e sublime.

GIACOMO LEOPARDI VITA Nasce a Recanati nel 1798 da una famiglia nobile ma non eccessivamente ricca. La madre, infatti, è molto restia nel donare il denaro ai propri figli, a differenza del padre. La sua educazione avviene in casa con un precettore e, a 10 anni, continua gli studi, ma come autodidatta grazie ai libri presenti all’interno della biblioteca del padre, che erano principalmente testi classici (tramite questi libri conosce diverse lingue: greca, latina ed ebraica). Egli definisce questi anni come “7 anni di studio matto e disperatissimo”. Crescendo non si accontenta di relazionarsi solo con persone di un livello intellettuale inferiore al suo e ricerca intellettuali del suo livello. Comincia a scrivere lettere a Pietro Giordani e successivamente si incontrano di persona. Nel 1819 fugge, rubando dei soldi al padre con la giustificazione che, se li avesse chiesti, non glieli avrebbe dati, ma il tentativo di fuga non va a buon fine in quanto viene scoperto. Nel 1822 va a Roma e quando ritorna ha una crisi psicologica e artistica: non vuole più scrivere versi e di dedica alla prosa. Durante questo periodo comincia a mantenersi con il proprio lavoro intellettuale (scrive come editore). Successivamente però non riesce più a mantenere gli impegni e riceve del denaro in modo anonimo da degli amici fiorentini che avevano stima di lui. A Firenze stringe amicizia con Antonio Ranieri. Muore per problemi intestinali nel 1837 a Napoli. VISIONE DELLA NATURA Inizialmente Leopardi vede la natura come benigna e piacevole in cui trovare rifugio. Successivamente, comincia ad avere una visione della natura come maligna, indifferente, che non ha a cuore l’uomo (islandese). La natura (antichi) è opposta alla ragione (moderni) in quanto la prima è associata all’illusione, all’armonia e alla felicità mentre la seconda è verità, infelicità e disillusione. La fase in cui la razionalità uccide l’illusione è definita “Pessimismo storico”, ed è legato ad una condizione storica del singolo, non ineliminabile. Quando questa condizione si allarga alla collettività diventa “Pessimismo cosmico” se la causa dell’infelicità è la natura stessa allora si tratta di una condizione assoluta e di tutti gli individui. L’uomo non è mai soddisfatto poiché desidera un piacere inarrivabile, egli ricerca l’infinito, ma non lo raggiungerà mai perché lui stesso è finito, perciò non sarà mai appagato.

ZIBALDONE TEORIA DEL PIACERE [165-172] Si trova all’interno dello Zibaldone. I temi chiave sono la noia, il nulla e le illusioni. Consiste in immaginazione e in pochi attimi, sono ricordi vaghi. La natura ci conforta poiché se associamo la natura ad un ricordo questo ci rasserenerà. INDEFINITO E INFINITO Si trova all’interno dello Zibaldone, che è il “diario” delle sue riflessioni. All’inizio ci sono dei codici numerici che inserì quando riordinò lo Zibaldone dei pensieri [1430-1431]. Leopardi sostiene che l’impedimento della visuale (dato dalle costruzioni e dalle torri  ”D’in sulla vetta”, Il passero solitario) lo porta all’immaginazione. Ciò che gli impedisce la visuale produce un contrasto efficacissimo e sublimissimo tra indefinito e infinito. INDEFINITO E POESIA

[11982-1983] (Zibaldone) Leopardi scrive diversi pensieri che assemblerà in un secondo momento. Gli elementi naturali della luce e del suono riferite all’infinito sono stati riprese anche nella pittura, nella musica e nella poesia. Il bello delle arti consiste nella loro scelta come soggetti e sensazioni indefinite da imitare. LA RIMEMBRANZA [4426] (Zibaldone) Un oggetto, o un luogo naturale, se non rimanda all’uomo un ricordo, allora non è poetico, al contrario qualsiasi oggetto che porta alla mente un ricordo è poetico. Il ricordo (sempre lontano, indefinito e vago) è essenziale nel sentimento poetico poiché il presente non è poetico. PICCOLI IDILLI L’INFINITO La metrica è composta da 15 versi, endecasillabi sciolti. L’uso dei dimostrativi permette al poeta di giocare tra finito e indefinito, creando una dialettica tra realtà e immaginazione (vicinanza e lontananza). Il poeta utilizza molte figure retoriche e termini di origine latina. I versi dall’1 al 13 sono caratterizzati da un polisindeto (ovvero il susseguirsi di 4 congiunzione: e…e…e…e…). L’uso dell’enjambement è elevato e contribuisce a dilatare lo spazio del verso. L’infinito è uno dei più noti idilli leopardiani (piccoli idilli), fu composto nel 1819 ed è una testimonianza di quel dissidio tra finito e infinito, tra realtà e ideale che caratterizza l’uomo romantico. La poesia descrive il poeta solo sul monte Tabor a Recanati. Una siepe impedisce la vista di buona parte dell’orizzonte e questo ostacolo suscita in lui una riflessione su ciò che trascende il reale e fa spaziare nell’immensità. La siepe rappresenta dunque una barriera tra il mondo esterno e i pensieri del poeta. Essa è il simbolo di tutto ciò che è limitante e limitato e quindi stimola l’immaginazione e l’istintivo bisogno proprio di ogni uomo, di infinito. Stando seduto a osservare egli immagina spazi interminabili oltre la siepe, silenzi che superano ogni possibilità di comprensione da parte dell’uomo e una quiete assoluta dove il cuore prova quasi smarrimento (“ove per poco il cor non si spaura”). L’improvviso stormire delle foglie lo riporta alla realtà ma come la siepe gli aveva suggerito l’idea dell’infinito spaziale, così il rumore del vento gli suggerisce l’idea dell’eternità, cioè dell’infinito temporale. Le sue riflessioni perdono ogni definizione logica in questo infinito che si estende senza confini nello spazio e nel tempo. Egli si abbandona dolcemente in questa nuova dimensione annullando la propria identità. Verso 1, “sempre caro mi fu quest’ermo colle” =anastrofe, inversione; Verso 4, “Ma…” =avversativa; Verso 4, “interminati spazi” =indefinito spaziale; Verso 5, “sovrumani” =iperbole, esagerazione; Verso 6, “sovrumani silenzi, e profondissima quiete” =anastrofe; Verso 8, “stormir” =onomatopea; Verso 15, “il naufragar m’è dolce in questo mar” =ossimoro e metafora (la metafora del naufragio rende l’idea di un annichilimento che però è uno smarrimento piacevole); Al verso 10, “questa voce” =fa riferimento alla voce della vita; Al verso 11, “e mi sovvien l’eterno” (infinito temporale) da un senso di eternità presente/passato. Al verso 8 inizia il senso di smarrimento “il cor non si spaura”; Nei versi 8-15 il senso di smarrimento sparisce con il dolce naufragar, perché nella prima fase dell’infinto spaziale il poeta sembra provare sgomento mentre nell’infinito temporale il pensiero si abbandona piacevolmente. GRANDI IDILLI A SILVIA Composta a Pisa nel 1828, il canto inaugura la stagione dei “grandi idilli”. La metrica è composta da sei strofe di diversa lunghezza, senza schema fisso (Canzone libera ≠ petrarchesca), composte di endecasillabi e settenari liberamente rimati. Ci sono diverse assonanze e consonanze e le rime sono asimmetriche. I temi centrali sono: la giovinezza, il ricordo e la memoria poetica, la disillusione. La prima parte della poesia è descrittiva, la seconda è riflessiva.

Leopardi scrive “A Silvia”, una poesia che contiene un dialogo spirituale, in quanto la ragazza è morta molto giovane (il poeta non è innamorato di lei, ma la sua storia lo ha colpito). Nella prima strofa c’è l’invocazione, nella seconda parla di Silvia, una ragazza serena che lavorava molto (come tessitrice) e cantava allegramente e nella terza strofa Leopardi parla di sé stesso. Nella terza strofa il poeta utilizza l’Io poetico (parla in prima persona) e dice che egli la ascolta cantare e passa il suo tempo a studiare, inoltre fa riferimento al “primo tempo” ovvero la giovinezza. Al verso 26 “lingua mortal non dice quel ch’io sentiva in seno” dimostra che è talmente tanto contento che non riesce a dimostrarlo. La parte riflessiva è ricca di punti esclamativi e interrogativi. In questa parte si ha un passaggio tra la natura benigna e la natura maligna, in quanto inizialmente il poeta si sente figlio della natura, ma successivamente la accusa di non mantenere le promesse (verso 32 “Speme” = speranze che sono vane in quanto la natura non fa ciò che promette). La terza parte è cupa, ha una consapevolezza della verità, il soggetto torna Silvia e il poeta descrive la sua vita. Poco prima che arrivasse l’inverno Silvia muore, il poeta fa un paragone con la natura appena nata (utilizza l’espressione “fior degli anni tuoi, utilizzata da molti poeti), in quanto lei è morta molto giovane e dice che non potrà mai ricevere le lodi per i suoi capelli neri e non potrà mai innamorarsi. Il poeta descrive Silvia come una ragazza molto timida, che fatica a guardare negli occhi gli altri (sguardi schivi). Al verso 47 dice “dì festivi” per intendere i giorni della messa, dove uomini e donne si incontravano nonostante ci fossero le file che erano divise per sesso. Nell’ultima strofa il poeta parla di nuovo di sé dicendo che anche le sue speranze sono finite in quanto lo portano alla delusione. Silvia rappresenta la fine della speranza che se n’è andata via con la giovinezza. Successivamente si passa da una sfera individuale a una collettiva “questa la sorte dell’umane genti?”. Infine, il poeta dice che una volta che se ne va la speranza rimane solo l’immagine fredda della pietra (tomba) e il ricordo che non consola. Le metafore della giovinezza all’interno della poesia sono: “il limitare di gioventù salivi”, la vita è vista come un cammino che porta dall’infanzia all’adolescenza; “ove il tempo mio primo e di me splendea la miglior parte”; “il fior degli anni tuoi”, metafora già precedentemente usata da altri poeti; “cara compagna dell’età mia nova”, prima età della giovinezza. Le figure retoriche: Personificazione: speme (speranza) come cara compagna; Simmetria: tra Silvia e speme con il pronome “tu” (versi 40 e 61); al verso 40 il tu si riferisce a Silvia nel momento in cui sta per morire, in inverno, e al verso 61 parla della misera speranza che cade; Rime (perfetta simmetria a partire dalla vocale tonica); “intenta” e “contenta”; Assonanze (stesse vocali); “verno” (inverno) e “vero”; Consonanze (stesse consonanti) “paterno” e “dintorno”. IL SABATO DEL VILLAGGIO Fu composta nel 1829 a Recanati ma venne pubblicata nel 1831. I temi chiave sono: il piacere come attesa di un godimento futuro, il confronto tra la speranza giovanile e il ricordo delle gioie passate, il vago e l’indefinito, l’invito a non spingere lo sguardo oltre i confini dell’illusione giovanile. La metrica è composta da quattro strofe di diversa lunghezza. Con “Il sabato del villaggio” si apre la canzone leopardiana, priva di uno schema rigido, bensì composto da consonanze, assonanze (sega-veglia-lucerna), rime (sole-viole-suole, vecchierella-snella-bella, imbruna-luna, gridando-saltando, pieno-sereno, adopra-opra), a endecasillabi e settenari alternati senza una struttura precisa. La poesia rappresenta un elogio al momento di attesa di qualcosa di gioioso e festoso (il sabato). Il canto è arricchito da vezzeggiativi (donzelletta, vecchierella…) per sottolineare il senso di dolcezza. Molti termini richiamano al senso di felicità (fischiare, cuor si riconforta, gridando, saltando…). La parola festa è ripetuta 5 volte (versi 7, 11, 21, 47 e 50). La poesia si apre con una descrizione di una ragazza che ritorna allegramente a casa dopo il suo ultimo giorno di lavoro della settimana, e per la gioia in vista dell’arrivo del sabato raccoglie un mazzolino di rose e viole, successivamente viene descritta una donna più anziana che chiacchera con le vicine raccontando della sua giovinezza (“suo buon tempo”, “sana e snella”, “età più bella”). Quando arriva la sera, le campane suonano e i ragazzi saltano e gridano di gioia nella piazza mentre lo zappatore pensa al suo giorno di riposo e il falegname cerca di finire in fretta il suo lavoro nella bottega. Leopardi si riferisce infine ai giovani

dicendogli che la giovinezza è come un giorno di festa e perciò devono godersela appieno, il poeta vuole lanciare messaggio di speranza “altro dirvi non vo’” i giovani devono stare bene nelle proprie illusioni.

IL PASSERO SOLITARIO La poesia è stata finita dopo “A Silvia”, ma viene inserita all’interno de “I Canti” come introduzione. I temi principali sono: la solitudine e l’isolamento di fronte alla gioia e alla festa altrui e l’età del vero e la vecchiaia. La metrica è composta da tre strofe di diversa lunghezza, composte da endecasillabi e settenari liberamente rimati. La poesia comincia con un incipit sonoro “D’in”. Ci sono delle simmetrie tra il poeta e il passero ottenute attraverso l’utilizzo dei pronomi “tu” e “io”. Leopardi comincia descrivendo il paesaggio primaverile (la natura è rappresentata in modo classicheggiante), soffermandosi in particolare su un passero che, solo e pensoso, ammira questo paesaggio. Il passero non partecipa ai voli e alle grida degli altri uccelli e vede passare la sua giovinezza. Nella seconda parte descrive sé stesso paragonandosi al passero poiché anche lui preferisce stare solo, ma non sa spiegarsi il perché. Lui rimanda il piacere e il divertimento anche quando tutti i giovani escono. Al verso 41 “mi fere il sol” dice che il sole ferisce il suo sguardo, e c’è un paragone tra il sole che tramonta e la sua giovinezza che se ne va. Nell’ultima strofa il poeta indica la differenza tra lui e il passero: quando arriverà la sera il passero non si lamenterà della sua scelta poiché fa parte della sua natura e della sua indole, mentre il poeta ripenserà a questa sua scelta e cercherà una motivazione pentendosi, senza trovare consolazione. La poesia mette in evidenza il fatto che l’uomo ha la possibilità si scegliere. Con la vecchiaia non rimarranno che degli occhi che non hanno più niente da dire, un mondo vuoto e un futuro noioso. CICLO DI ASPASIA A SE STESSO Fu pubblicato nel 1835 nel ciclo di Aspasia, dove sono inseriti canti dedicati all’amore di una donna: Fanny Tozzetti, di cui era amico, lei era sposata e con figli, ma lui aveva frainteso il reciproco interesse, poiché lei elogiava i suoi lavori e lo ospitava spesso in casa sua. I canti nascono dai sentimenti di passione e delusione di Leopardi. I temi chiave sono: l’”inganno estremo”, l’amore, viene meno e l’infinita vanità del tutto. La metrica è composta da endecasillabi e settenari liberamente rimati. La struttura cambia poiché non c’è più la divisione descrittiva e narrativa, la poesia è composta da stacchi duri e netti che non danno senso di fluidità. La poesia si rivolge a cuore del poeta, egli sostiene che il cuore batte, ma non c’è nessuna ragione valida per vivere, infatti dice che in lui è finita sia la speranza che il desiderio delle dolci illusioni dell’amore. Lui dice che la vita consiste solo in noia e dolore e che il mondo è fango. Al verso 11 passa dall’Io al noi “Al gener nostro il fato”, per indicare che è una condizione condivisa. Nell’ultimo verso c’è un riferimento biblico “vanità del tutto” “Vanità delle vanità, e ogni cosa è vanità”. LE OPERETTE MORALI Le operette morali sono prose di argomento filosofico con il fine pratico di “scuotere” la sua “povera patria” e il suo “secolo”. Alla base della scrittura vi è dunque un forte impegno morale e civile. Il termine operette indica il taglio all’impostazione seria per utilizzare un tono più lieve, che faccia leva appunto sul comico, sul ridicolo e sull’ironia. Molte operette sono dialoghi (Galileo Galilei), ciò permette il confronto tra due punti di vista, tra personaggi mitici o favolosi o personaggi storici. I temi principali sono pessimisti: l’infelicità dell’uomo, l’impossibilità del piacere, la noia, il dolore, i m...


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