L\'opera da tre soldi PDF

Title L\'opera da tre soldi
Author Massimiliano Fischetti
Course Letteratura tedesca i lti
Institution Università degli Studi Roma Tre
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Summary

Analisi Opera d atre soldi...


Description

L’opera da tre soldi s’ispira a un testo settecentesco (The Beggar’s opera, Opera del mendicante, 1728) dell’inglese John Gay, appartenente al genere del ballad (forma popolare che fonde dialoghi e canzoni). Brecht rielaborò l’opera di Gay nel suo primo capolavoro, scritto nel 1928 e bene accolto da critica e pubblico (malgrado il contenuto antiborghese e anticapitalista) anche grazie alle canzoni musicate da Kurt Weill, di grande efficacia per rendere l’ambiente degradato rappresentato nell’opera. La vicenda si ambienta in un quartiere malfamato di Londra, a inizio Novecento. Il gangster Macheath, detto Mackie Messer il Capitano, si scontra con Jonathan Jeremiah Peachum, padrone di grandi magazzini e strozzino. Peachum è il padre di Polly, la ragazza che Mackie Messer ha sposato senza il consenso paterno. Nella lotta con il capitalista, il gangster sembra soccombere, anche perché il padrone si avvale dell’aiuto del poliziotto Brown la tigre e della prostituta Jenny delle Spelonche. Mackie Messer viene arrestato, ma riesce a sedurre Lucy, la figlia dello sceriffo, e può quindi fuggire. Viene però nuovamente imprigionato e sta per essere giustiziato, allorché giunge un messo a cavallo: per ordine della regina, il gangster va scarcerato; gli verrà attribuito addirittura un titolo nobiliare.

"L'opera da tre soldi" prende le mosse dalla precedente THE BEGGAR'S OPERA (L'opera di mendicanti) rappresentata per la prima volta a Londra nel 1728. Anche in quel caso sia l'autore del testo, John Gay, che il musicista di origine tedesca Johann Christopher Peppuch, vollero creare uno spettacolo concepito essenzialmente come reazione all'accademismo mitologico e sentimentale del melodramma allora in voga, soprattutto quello di Händel. Un melodramma essenzialmente rivolto alle classi dominanti - tra l'altro spesso cantato in italiano - e totalmente estraneo a qualsiasi realtà, Gay e Peppuch crearono invece uno spettacolo imperniato su personaggi reali, tratti dalla malavita dei bassifondi londinesi affidandosi, per di più, ad una musica molto facile e ricca di spunti folkloristici. A due secoli esatti di distanza Bertolt Brecht si muove nella stessa direzione. Riscrive il testo di Gay attualizzandolo, ma lasciandolo sostanzialmente

immutato nelle linee generali. La musica di Kurt Weill segue la stessa linea rifiutando le forme tradizionali dell'opera affidandosi a schemi più orecchiabili e popolari. DREIGROSCHENOPER (L'opera da tre soldi) vuole essere più che un fatto letterario un momento di teatro/denuncia (tipico della produzione brechtiana) sulla malvagità dell'uomo le cui radici vanno ricercate nelle ingiustizie sociali viste, e ovviamente riferite, in rapporto a quei limiti estremi, tipici del teatro. Un ordinamento sociale che divide l'umanità in sfruttati e sfruttatori, in poveri e ricchi portati al grado più efficace del contrasto. Ai miserabili che vivono ai margini dell'esistenza, al LUMPENPROLETARIAT (Proletariato miserabile/straccione), è addossata tutta la Responsabilità della corruzione e della delinquenza, dell'immoralità e del delitto. Ma i personaggi brechtiani si chiedono : "Chi ci costringe a questa esistenza alla quale difficilmente possiamo sottrarci ? Questo mondo vive nell'opulenza a dispetto di chi ha fame ! E allora lasciateci in pace. Siate pure indifferenti ma non fateci la morale." 2 E così, come nella Londra del '700 THE BEGGAR'S OPERA minacciò le fortune di Händel, il successo di DREIGROSCHENOPER fu travolgente e giunse persino a minacciare il sorgente regime hitleriano alimentato da quella società borghese che aveva decretato la fine del sogno della repubblica di Weimar. La musica di KURT WEILL Gran parte del successo de L'OPERA DA TRE SOLDI fu proprio dovuto alla felice invenzione musicale di Kurt Weill che completò il discorso di Brecht attraverso una musica rarefatta e corrosiva che si adattava perfettamente alla funzione di ironico commento al testo. Un successo musicale confermato anche se tolto dall'ambito teatrale e inserito in quello più superficiale della musica leggera alla quale Weill intendeva riferirsi. La ricchezza di sonorità a volte stridenti, brani atonali oppure dodecafonici accostati a temi assolutamente orecchiabili, hanno reso i songs di Weill popolari- spesso proposti da orchestrine di musica leggera o jazz- anche fuori dal contesto teatrale. La parodia e la sintesi che attraverso la musica si respirano costantemente, mettono a nudo il messaggio brechtiano e lo amplificano con lo sberleffo ironico. Qui la musica è la degna alleata del testo e

nella realizzazione dello spettacolo diviene un elemento di prim'ordine assolutamente insostituibile. Cantare di soldati "carne da macello" a tempo di Fox trot o di prostitute e mantenuti a tempo di tango crea un contrasto devastante che riesce raramente a far sorridere lo spettatore, anzi. E' il gelo nei denti che trionfa. E non è forse questo che Brecht voleva ? Del cantare i SONGS L'esecuzione musicale ne L'OPERA DA TRE SOLDI è sempre e comunque un'incognita. L'orecchiabilità dei brani può lasciar credere nella facilità di esecuzione. Ci troviamo invece dinnanzi a strumentazioni a volte estremamente sofisticate, difficoltose. Fortunatamente sono gli stessi autori a non pretendere l'uso di cantanti VERI e interpretazioni filologiche, anzi. Del cantare le canzoni nell' OPERA DA TRE SOLDI, dopo aver confermato alcune sue teorie sull'estraniamento, scrive Bertolt Brecht : "In nessun caso quindi il canto deve soccorre quando la piena del sentimento faccia mancare le parole. L'attore non deve solo cantare, deve anche mostrare uno che canta. Non deve sforzarsi troppo a dare risalto al contenuto sentimentale della canzone (si può forse offrire cibo ad uno che ha già mangiato ?), ma indica gesti che sono, così per dire, gli usi e i costumi del corpo. Per quanto riguarda la melodia egli non la seguirà ciecamente: esiste un modo di parlare contro la musica che può ottenere grandi effetti, resi possibile da una sobrietà ostinata, indipendente e incorruttibile della musica e dal ritmo. Se poi sfocia nella melodia, allora dev'essere un avvenimento: per accentuarlo, l'attore potrà palesare chiaramente il godimento che la melodia gli procura." Ma questo non induca lo spettatore a pensare che nell'OPERA DA TRE SOLDI ci possa essere superficialità. Non ce ne può essere, così come non ci può essere posto per la boria degli uomini importanti. C'è invece l'amarezza, la disperazione, la denuncia. C'è la graffiante ironia della sincerità, c'è la vita quotidiana anche sul piano musicale. I suoi corali religiosi, i suoi tanghi, lo shimmy, sono a disposizione degli spettatori così come lo sono i fatti che Brecth ci narra dopo essere stati spogliati di retorica e di enfasi 3 DELLA TRADUZIONE (tradurre le parole o i concetti ?) Il presupposto della traduzione di un’opera letteraria è quello della sua maggiore divulgazione. Ma tradurre è un compito arduo nel

quale la creatività del traduttore viene spesso messa a dura prova. L’uso della parola più adatta, l’esercizio del recupero dei concetti, dei modi di dire in altre lingue con la trasformazione dei corrispettivi in Italiano, richiedono ricerca ed attenzione. Si aggiunga a questa fatica quella delle decisioni da prendere, della migliore espressione da usare, dello stile che, per forza, deve essere vicino il più possibile allo spirito dell’autore. I comici dell’arte traducevano i loro canovacci in suoni e gesti meglio noti come “GRAMMELOT”. Così si facevano capire ovunque. Il loro farsi capire, anche se con un linguaggio precario fu la base del loro successo e della incredibile diffusione della loro arte, dalla Spagna alla Russia, dai paesi nordici a quelli mediterranei. Questo significa TRADURRE cioè spiegarsi, comunicare, raccontarsi, ma finché si traduce il testo si può lavorare in scioltezza ma quando si tratta di VERSIONE RITMICA, cioè di traduzione sulla musica, il lavoro si complica. Nel 1728 John Gay, poeta e drammaturgo inglese, presentava al pubblico londinese un nuovo lavoro scritto in collaborazione con il musicista John Pepusch: la "Beggar’s Opera", ossia "L’opera del mendicante", destinata a mietere un successo senza precedenti e mai più uguagliato da posteriori imitazioni; si può intuire la regalità degli incassi dal fatto che essi costituirono una parte cospicua dei finanziamenti grazie ai quali poté venire edificato il Covent Garden. The Beggar’s Opera rappresenta il più fortunato esperimento compiuto nel genere della cosiddetta ballad opera, molto in voga nel primo Settecento londinese e condannato a precoce decadenza dal Licensing Act, con cui il primo ministro Walpole ne proibiva le rappresentazioni. Motivo di tanto livore era il carattere satirico intrinseco non solo alla ballad opera, ma anche ai consanguinei burlesque e pantomime, spettacoli presentati da teatri minori a cui non era permesso inscenare tragedie, commedie d’autore né tantomeno opere liriche. In particolare, prerogativa della ballad opera era l’alternanza di canto e recitazione, a differenza per esempio del burlesque che veniva interamente recitato; questo requisito consentiva alla ballad opera di costituirsi non solo come strumento di parodia sociale, ma anche come mordace caricatura delle opere ‘istituzionalizzate’, che trionfavano sui palcoscenici ufficiali.

Le parti cantate, quelle composte appunto da Pepusch, non erano solo ispirate allo stile ‘popolare’, a un’orecchiabilità di sicura presa sul pubblico, ma riecheggiavano a bella posta, storpiandole, le arie più famose di alcuni melodrammi in voga nella Londra contemporanea; la parodia era massiccia e generalizzata, se si pensa che i numeri cantati erano in origine 96. Divenuta ormai autentico simbolo di quella ballad opera cui aveva attinto il Singspiel tedesco ai suoi primordi, The Beggar’s Opera riempiva ancora i teatri inglesi all’inizio degli anni Venti del nostro secolo; su questo fortunato fenomeno si appuntò l’interesse di Kurt Weill, alla ricerca di un nuovo soggetto su cui lavorare con Bertolt Brecht. L’obiettivo che i due artisti si prefiggevano era la realizzazione di una Zeitoper : con questo termine Weill intendeva designare le creazioni drammaturgico-musicali basate su vicende di matrice contemporanea e imperniate soprattutto su analisi sociali impietose e provocatorie. Weill spiegò, in un suo breve scritto redatto proprio ai tempi della stesura dell’Opera da tre soldi, che il suo concetto di Zeitoper non coincideva più con la ‘volgarizzazione’ che se ne era fatta negli ultimi tempi, in cui il soggetto contemporaneo era diventato mero pretesto per lo sfoggio registico di effetti all’avanguardia; raggiunto il perfezionamento delle potenzialità meccaniche del palcoscenico, sostiene Weill, è necessario che su questa premessa tecnica venga innestato uno scandaglio morale avente come oggetto l’uomo del ventesimo secolo e il milieu che lo circonda. La scelta della Beggar’s Opera illumina in maniera evidente questo intento: la finalità corrosiva e sardonica dell’originale settecentesco viene rivisitata in chiave moderna, rinvigorendone gli strali con una trasposizione della vicenda in tempi moderni. Fece discutere, all’epoca, la decisione di Weill e di Brecht, che non vollero riadattare le canzoni di Pepusch (con l’eccezione del cosiddetto Morgenchoral cantato da Peachum nel primo atto), ma preferirono impiegare al loro posto melodie popolari contemporanee e un buon numero di songs ; la soluzione, però, si fondava su ben ponderate motivazioni e lasciava al compositore mano più libera nell’organizzare il proprio compito.

Gay e Pepusch avevano parodiato, nei numeri cantati della Beggar’s Opera, una nutrita serie di arie alla moda: arie, s’intende, estrapolate da opere celeberrime e dal repertorio abituale degli astri canori più osannati. Il pubblico trovava il suo divertimento nell’immediata riconoscibilità di questi brani, la cui spiritosa contraffazione sortiva l’effetto burlesco desiderato proprio perché veniva esercitata sulle pièces favories dell’epoca; nel nostro secolo quest’allusività dissacratrice e sorniona sarebbe andata persa e il vero modo per ripristinarne lo spirito era proprio quello di farla rinascere, anziché dalle ceneri del passato, dai fermenti della modernità. Così Weill rinnova l’obiettivo di Gay e Pepusch attingendo di preferenza al jazz, proprio negli anni in cui in America esso dilaga nella musica colta e in Europa, dopo aver sorretto gli sperimentalismi del Gruppo dei Sei, va riscuotendo trionfali allori nel popolarissimo Jonny spielt auf di Ernst Krenek. Si potrebbe essere tentati di ricollegare Die Dreigroschenoper alla corrente neoclassica, in virtù dei suoi superficiali agganci con il mondo settecentesco; ma un simile punto di vista è quanto mai fuorviante e indurrebbe a travisare in toto l’operazione culturale compiuta dai due artisti. Meta di Brecht e di Weill è la realizzazione di un lavoro immacolato sì da astruserie intellettuali, ma non certo limitato a un innocente svecchiamento del fortunato plot di John Gay; di fronte a una vicenda arcinota come quella della Beggar’s Opera lo spettatore sperimentava, al contrario, una condizione di perfetta Verfremdung (straniamento), essendo già anticipatamente edotto sugli sviluppi ultimi della trama. In questo modo chi assisteva a una rappresentazione della Dreigroschenoper era posto in uno stato d’animo distaccato, alieno da coinvolgimenti emotivi e propenso a esercitare sulla pièce una lucida critica; e inoltre l’implicito confronto con la versione originale del lavoro lo guidava a cogliere i momenti che Weill e Brecht, attraverso le modificazioni operate, intendevano mettere in rilievo. Die Dreigroschenoper racchiudeva, al suo apparire, una carica provocatoria dirompente, ben avvertibile proprio

attraverso il suo rapporto con l’originale, mantenuto su termini che smentivano la benché minima intenzione ‘neoclassica’; la cantabilità apparentemente corriva maschera un’aggressività neanche troppo latente e l’abbordabilità dei temi ridipinge con la vernice illusoria della rispettabilità le infami malizie dei protagonisti, inquietanti proprio per la loro scaltrita arte di dissimulazione.

IL TEATRO DI BRECHT E L’ OPERA DA TRE SOLDI Bertlot Brecht prese l’ ispirazione per la sua Opera da tre soldi dalla Beggar’ s Operache John Gay aveva composto nel 1728 e che la collaboratrice di Brecht Elisabeth Hauptmann aveva tradotto dall’ inglese al tedesco nel 1927. Il testo originale ricalcava lo stile satirico, arguto e spietato caratteristico di Pope e di Swift, entrambi amici di Gay, che nella sua opera aveva rappresentato un mondo nel quale gli affari dell’ aristocrazia e quelli della delinquenza comune venivano a coincidere. Si trattava, insomma, di una satira rivolta contro la corruzione del tempo, che però aveva introdotto una notevole innovazione dal punto di vista stilistico: Gay e Pepusch avevano infatti realizzato, contro il melodramma italiano che allora era terribilmente in voga, il primo esempio di ballad opera . Al testo della commedia si accompagnavano infatti numerosi brani cantati, molti dei quali traevano ispirazione diretta dalle melodie e dai leitmotiv delle canzonacce del popolo. Sulla scena gli eroi e le eroine sdolcinate, tipiche delle opere tradizionali e dei romanzi pastorali che al tempo facevano tendenza, venivano sostiuiti da delinquenti di ogni risma, puttane, poliziotti e ufficiali corroti e senza scrupoli. Il parallelo tra i metodi della malavita e quelli della politica, come vedremo, è il nodo centrale anche del riadattamento brechtiano, anche se invertito di segno: nell’ Opera da tre soldi sono infatti i delinquenti a comportarsi come borghesi e non il contrario, come nella Beggar’ s Opera. La Berlino dell’ epoca (siamo nel 1928) si stava definitivamente risollevando dalla terribile inflazione e dalla conseguente crisi economica post-bellica, soprattutto grazie all’ aiuto di fondi e di

investimenti americani -proprio per questo motivo la crisi del ’29 sarà così dirompente in Germania, aprendo così la strada all’ ascesa del nazismo- . Il sogno americano e la way of life dei finanzieri di Wall Street stavano dunque iniziando ormai a fare scuola, generando anche in Germania un esercito di mediopiccolo imprenditori e speculatori in lotta selvaggia tra loro per la scalata verso il successo. In questo contesto il militarismo ereditato del Kaiser e della politica bismarckiana, il sistema giudiziario, il perbenismo piccolo-borghese di stampo vittoriano e puritano, la società affaristica, erano tutti diventati fin dagli inizi del Novecento il principale bersaglio polemico del cabaret, che costituisce la seconda, grande fonte di ispirazione per l’ Opera da tre soldi. L’ influenza che Frank Wedekind esercitò sul giovane Brecht è tanto massiccia quanto nota, e nella stessa Monaco in cui Wedekind si esibiva con la compagnia degli Undici Boia, anche Brecht, venti o trent’ anni dopo il suo illustre predecessore, prenderà parte attiva a spettacoli di cabaret, esibendosi come clarinettista a fianco del comico Karl Valentin. L’ ultima, importantissima fonte per la stesura e la messinscena dell’ Opera da tre soldi è il teatro politico di Erwin Piscator. Brecht aveva studiato dal vivo le sue innovazioni tecniche, prime fra tutte l’ uso dei filmati e delle proiezioni. Si trattava di un teatro sperimentale di ispirazione marxista volto a demolire una dopo l’ altra le unità aristoteliche di tempo, luogo e azione sulle quali si fondava il dramma tradizionale. Accogliendo con spirito avanguardistico le nuove tecnologie e le innovazioni tecniche che la nascente arte del cinema aveva messo a disposizione, Piscator, nell’ adattamento scenico de L’ albergo dei poveri di Maxim Gor’ kij, aveva reso la scena non più come un mondo a sè stante e autoreferenziale, ma come una semplice porzione del reale in cui è e deve essere immersa, di cui cioè costituisce solo un piccolo frammento e con il quale deve necessariamente essere messa in relazione. Se cioè il dramma tradizionale non riconosceva l’ artificio, pretendeva con autentico spirito metafisico e obiettivistico di rappresentare il mondo come tale, con Piscator l’ illusione teatrale inizia ad essere ammessa, il mondo non è e non può essere interamente rappresentato sulla scena. In parallelo con le decostruzioni nietzschiane, con la rivoluzione malinowskiana in ambito

antropologico, con lo stile frammentario e soggettivistico di James Joyce, si trattava di uno spirito relativistico che al tempo era nell’ aria. Si diceva che era necessario, per Piscator, non sussumere più il mondo nella scena ma inserire la scena in un mondo che è ben più grande di lei, e così il tessitore di questo collegamento diveniva l’ io regista, che iniziava ora ad assolvere la funzione di narratore delle vicende, di espositore e di commentatore. Con l’ aiuto delle proiezioni e dei filmati era inoltre possibile inscenare, su uno stesso palcoscenico, più luoghi dell’ azione, al fine di allargare la visuale dello spettatore e moltiplicare lo spazio. Così come era possibile decostruire il tempo, sintetizzandone radicalmente il decorso attraverso inserti cinematografici di avvenimenti decisivi per i destini umani: nell’ adattamento del Rasputin di Aleksej Tolstoj, infatti, la scena della fucilazione della familia dello zar veniva proiettata da Piscator già al principio dello spettacolo, e non come esito finale dell’ intera vicenda. Ma questo a Brecht non poteva bastare, perchè quando si avvicinò al teatro di Piscator egli aveva già elaborato una vera e propria teoria delle funzioni e dell’ essenza del teatro e dello spettacolo, che a suo avviso le innovazioni piscatoriane non erano ancora in grado di assolvere. Per Brecht il teatro di Pisator “crea atmosfera senza produrre conoscenze nel pubblico”, si limita cioè a una rivoluzione formale del linguaggio teatrale senza incrementarne però l’ efficacia politica, senza produrre nuove conoscenze nello spettatore e senza fornirgli nuovi strumenti di analisi. Si legge, nel brechtiano Breviario di estetica teatrale, che “per assumere funzione politica il teatro dovrà rivolgersi ai curiosi, alle grandi masse di coloro che producono molto e vivono difficilmente, e dovrà essere loro accessibile perchè vi si intrattengano utilmente dei loro grandi problemi”. Questa frase potrebbe ...


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