Monet - TESINA PDF

Title Monet - TESINA
Author Giuseppe Beppe
Course Storia dell'arte
Institution Liceo (Italia)
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TESINA...


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Claude Monet Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

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Claude Monet, Autoritratto (1886); olio su tela, 55×46 cm, collezione privata

Oscar-Claude Monet (Parigi, 14 novembre 1840 – Giverny, 5 dicembre 1926) è stato un pittore francese, considerato uno dei fondatori dell'impressionismo francese e certamente il più coerente e prolifico del movimento. I suoi lavori si distinguono per la rappresentazione della sua immediata percezione dei soggetti, in modo particolare per quanto riguarda la paesaggistica e la pittura en plein air.

"Il campo dei tulipani", Musee d'Orsay

Autoritratto, 1917

Indice   o o o o  o o  o o o o  o o o o o o        

1Giovinezza 2Un apprendista pittore a Parigi 2.1Boudin 2.2Nella ville lumière 2.3L'Algeria 2.4Jongkind 3La preistoria impressionista 3.1Bazille e Renoir 3.2Il primo soggiorno londinese 4La nascita dell'Impressionismo 4.1Argenteuil 4.2La prima mostra del 1874 4.3Claude Monet a Parigi 4.4La Donna con il parasole 5Oltre l'Impressionismo 5.1Da Vétheuil a Giverny via Étretat 5.2Bordighera 5.3Belle-Île e Antibes 5.4«Viva Monet!»: il successo 5.5L'idillio di Giverny: tra covoni, giardini e cattedrali 5.6Viaggiare, viaggiare, viaggiare 6Ultimi anni 7Stile 8Opere 9Note 10Bibliografia 11Voci correlate 12Altri progetti 13Collegamenti esterni

Giovinezza[modifica | modifica wikitesto]

Oscar-Claude Monet era figlio del droghiere Adolphe Monet, che dopo avere solcato i mari europei in qualità di marinaio su una nave mercantile di Le Havre, era tornato a Parigi per sposare Louise-Justine Aubrée. Quest'unione fu coronata dalla nascita di Léon Pascal, nel 1836, e di Oscar, battezzato in questo modo dai genitori ma destinato a entrare nelle pagine dei libri di storia dell'arte come Claude Monet. Il piccolo Claude fu battezzato a Notre-Dame-de-Lorette il 20 maggio 1841: egli, tuttavia, beneficiò poco del fervente clima culturale parigino perché, quando aveva solo cinque anni, la famiglia si trasferì a Le Havre, dove una sorellastra del padre aveva un commercio di articoli marittimi insieme al marito Jacques Lecarde. Monet beneficiò di uno stile di vita borghese, trascorrendo una fanciullezza agiata e all'aria aperta, grazie alla quale poté coltivare un amore viscerale per i paesaggi normanni, le campagne e il mare; una passione che sarà cruciale per la sua futura carriera pittorica. La scuola non lo attraeva, e i quattro anni trascorsi al collège communal di Le Havre non fecero che soffocare la sua creatività: «ero un ragazzo naturalmente indisciplinato» osservò Monet cinquant'anni dopo «anche nella mia infanzia odiavo obbedire alle regole [...] Vivevo la scuola come una prigione e odiavo trascorrere il mio tempo lì, anche se per sole quattro ore giornaliere». Il suo elemento, come si è già accennato, era l'aria aperta, «dove il sole era allettante, il mare affascinante, e dove era semplicemente meraviglioso correre lungo le scogliere, o magari sguazzare nell'acqua». Nonostante Monet odiasse trascorrere il suo tempo dietro ai banchi di scuola, ebbe modo di assimilare i fondamenti della lingua francese e dell'aritmetica, ed erano ben pochi i compagni di classe che non apprezzavano la sua personalità affascinante e il suo senso dell'umorismo.[1] Una materia che tuttavia catturò sin da subito il suo interesse fu il disegno. «Disegnavo ghirlande sui margini dei miei libri ed ero solito ricoprire la fodera blu dei miei eserciziari con ornamenti fantastici, o magari con raffigurazioni irriverenti dei miei insegnanti, soggetti a distorsioni estreme». Nonostante Monet avesse individuato con successo la sua passione questi anni per lui furono tutt'altro che felici: nell'estate del 1857 lasciò il collège, privo ormai del sostegno della madre, scomparsa il 28 gennaio di quell'anno, e del padre, dal quale era considerato poco più che un fallito. Se Monet, ormai divenuto un adolescente, non abbandonò le sue ambizioni artistiche per darsi al commercio insieme al padre fu solo grazie alla zia Lecadre, la quale - incapace di colmare il vuoto lasciato dalla morte del marito Jacques - decise di cimentarsi con i pennelli «come solo le donne sposate sanno fare». Grazie all'interessamento della zia Monet fu in grado di proseguire la sua passione sotto la guida di Jacques-François Ochard, docente presso il collège dai modi assertivi e cordiali. Dopo essersi opportunamente formato Monet licenziò i suoi primi cimenti artistici, specializzandosi nella realizzazione di sferzanti caricature da vendersi al prezzo di venti franchi. Accentuando in modo ridicolo e satirico i tratti salienti degli abitanti di Le Havre, Monet riuscì certamente a farsi un nome e ad aumentare la sua stima in sé stesso; non vi è sorpresa, dunque, se realizzò un centinaio di caricature, arrivando persino a esporle in cicli settimanali presso la vetrina di una bottega sulla rue de Paris, Gravier's. Quando ogni domenica il popolino di Le Havre si dava appuntamento lì davanti e scoppiava a ridere fragorosamente, Monet, per usare le sue stesse parole, «scoppiava di orgoglio». [2]

Un apprendista pittore a Parigi[modifica | modifica wikitesto]

Veduta di Rouelles (1890); olio su tela, 46×65 cm, Museo Bogdan e Varvara Chanenko

Boudin[modifica | modifica wikitesto] Ormai consapevole di avere raggiunto una certa perizia artistica, Monet era fermo nel volere proseguire la sua vita nel solco dell'arte. Fondamentale, in tal senso, fu l'intervento del corniciaio operante presso Gravier's, grazie al quale il nostro fece conoscenza di un paesaggista normanno modesto ma determinato, Eugène Boudin. «Dovresti conoscere monsieur Boudin» rivelò il corniciaio al giovane Claude «checché ne dicano le persone sa assolutamente il fatto suo [...] potrebbe darti ottimi consigli». Le perplessità di Monet furono rilevanti - il suo spirito di autodidatta era insofferente ai freni - ma le insistenze del corniciaio furono talmente pressanti da sollecitarlo a rivolgersi a Boudin, che era ben contento di insegnare la sua arte a un «giovane uomo così versato per le caricature». Fu un incontro intensissimo. Boudin ammirava le opere «sconvolgenti, ricche di entusiasmo e di vita» del giovane allievo, che dal suo canto ammise di avere beneficiato non poco degli insegnamenti del maestro: «Boudin, con instancabile gentilezza, intraprese la sua opera d'insegnamento. I miei occhi finalmente si aprirono e compresi veramente la natura; imparai al tempo stesso ad amarla. L'analizzai con una matita nelle sue forme, la studiai nelle sue colorazioni».[3] Se un tutoraggio accademico lo avrebbe confinato nel claustrofobico chiuso degli atelier, Boudin fu perfettamente in grado di convertire la passione di Monet in temperamento artistico, trasmettendogli un grande amore per la pittura en plein air: «È ottimo come inizio, ma presto ne avrai abbastanza delle caricature. Studia, impara a vedere e a disegnare, dipingere, fare paesaggi».[4]

Nella ville lumière[modifica | modifica wikitesto] La vocazione artistica di Monet, ormai fattasi intensa, quasi bruciante, non poteva che convergere a Parigi, dove nel maggio 1859 i maggiori artisti di tutta Francia si erano dati appuntamento per il Salon. Monet comunicò tempestivamente i fatti artistici osservati durante il soggiorno parigino al Boudin, cui confidò le seguenti parole: «Non potete credere quale interesse troverete venendo subito a Parigi. C'è un'esposizione di dipinti moderni che comprende le opere della scuola del 1830 e che prova che non siamo tanto in decadenza come si dice. Vi sono diciotto Delacroix splendidi [...]. Vi sono altrettanti Decamps, una dozzina di Rousseau, di Dupré, vi sono anche da sette a otto Marilhat [...]. E poi sappiate anche che il solo buon pittore di marine che noi abbiamo, Jongkind, è morto per l'arte: è completamente folle. [...] Ho dimenticato di dirvi che Courbet e Corot brillano anche in quest'esposizione, così come Millet» (Claude Monet)

Jean-Frédéric Bazille, L'ospedale da campo improvvisato dopo l'incidente di Monet alla locanda di Chailly (1865); olio su tela, 47×62 cm, Museo d'Orsay, Parigi

Monet, poi, espresse ammirazione anche per le composizioni di Troyon, benché osservò che «avevano le ombre un po' nere». Il nostro, che nonostante la giovane età poteva già giovarsi di una solida erudizione artistica, arrivò persino a conoscerlo di persona: «gentile e senza pretese», Constant Troyon ammirò i pregi cromatici intessuti da Monet e fece pressione affinché egli si iscrivesse presso l'atelier di Thomas Couture, artista di impronta accademica che nel 1847 aveva stupito il pubblico del Salon con la sua opera I romani della decadenza. Couture, dunque, era un artista ligio alla tradizione accademica, e scettico verso gli sperimentalismi pittorici promossi da Monet che, infatti, non fu ammesso ai suoi corsi, anche per via della sua indigenza economica. Neanche Monet, d'altronde, era desideroso di asservirsi a un artista troppo legato ai convenzionalismi borghesi e pertanto non esitò a iscriversi all'Académie Suisse, scuola d'arte privata fondata a Parigi da Charles Suisse, un pittore emulo di David: in questa scuola Claude aveva a disposizione modelli veri per pochi soldi e poteva sperimentare liberamente i propri progetti artistici, considerata la totale assenza di esami di ammissione o di docenti troppo restrittivi. Sotto l'ala protettiva di père Suisse, in effetti, Monet fu esposto a una quantità inestimabile di stimoli pittorici, germogliati poi grazie all'assidua frequentazione della Brasserie des Martyrs, luogo di riunione di molti scrittori e intellettuali: «È lì che ho conosciuto quasi tutte quelle persone di cui parla Firmin Maillard nel suo libro Les Derniers Bohémes, ma soprattutto Firmin Maillard, Albert Glatigny, Théodore Pelloquet, Alphonse Duchesne, Castagnary, Delvau, Daudet, e altri cattivi soggetti come me..». Preso da una vera e propria ebbrezza intellettuale, Monet in questi anni di tirocini e scoperte stabilì una fittissima rete di conoscenze, destinata a rivelarsi vincente per la sua carriera. Nel frattempo, malgrado i pochi dipinti di rilievo eseguiti in questo periodo, approfondì la sua amicizia con Boudin, del quale si dichiarò fiero discepolo e compagno.

Claude Monet, Camille in nero (1866); olio su tela, 231×151 cm, Kunsthalle, Brema

L'Algeria[modifica | modifica wikitesto] Ben presto, tuttavia, accadde l'impensabile: nel 1861, infatti, Monet dovette presentarsi alle autorità del dipartimento della Senna, dalle quali fu chiamato a prestare il servizio militare. Ciò, stando alla legislazione francese del tempo, poteva essere evitato a patto che si pagassero 2.500 franchi di contributo per retribuire opportunamente un eventuale sostituto. I genitori di Monet potevano permettersi un esonero, ma per colmare la voragine finanziaria che si sarebbe generata avrebbero necessitato del figlio nella drogheria di famiglia: Claude, tuttavia, non era affatto disposto ad abbandonare i pennelli e perciò si arruolò nel Reggimento dei Cacciatori d'Africa, di stanza ad Algeri, città che in effetti lo affascinò molto.[5] Ci rimangono testimonianze molto vivide, pittoresche, se non liriche del soggiorno algerino di Monet, che in terra d'Africa si disse «non scontento di vestire l'uniforme»: a Mustapha, villaggio presso il quale si era poi stabilito con gli altri camerati, egli in effetti trascorse «un periodo genuinamente meraviglioso». Quel favoloso Oriente, con il suo splendore cromatico e luministico, seppe soddisfare la sua curiosità insaziabile e la sua sete di meraviglie e, per di più, rafforzò la sua vocazione artistica: «Pensavo solo a dipingere, tanto m'inebriava quello stupendo paese». Durante il tempo libero, in effetti, Monet - stimolato, in tal senso, anche dai suoi superiori, aveva l'opportunità di fissare la luce e il colore di quei luoghi che ben rispondevano al gusto orientalista diffusosi in Europa: una fatale caduta da un mulo, tuttavia, gli costò condizioni di salute assai precarie e pertanto fu rimpatriato in Francia, a Le Havre, per un breve periodo di convalescenza.[6]

Jongkind[modifica | modifica wikitesto] Purtroppo «il buon amico Boudin» si era allontanato da Le Havre, e pertanto Monet si ritrovò a dipingere da solo: nonostante l'assenza di quello che, sostanzialmente, era il suo più grande maestro spirituale, Claude strinse un intenso sodalizio artistico e umano con Johan Barthold Jongkind. Era costui un pittore di marine di origine olandese che, all'aperto, si limitava a riprodurre il paesaggio in schizzi e acquerelli, per poi definirli sulla tela nel suo studio, conservando tuttavia la freschezza della prima osservazione. Monet giovò molto dell'amicizia di Jongkind, dal quale fu esortato a intraprendere un

apprendistato con maggiore dedizione e impegno, in modo tale da produrre finalmente capolavori sublimi.[7] Papà Alphonse, infatti, era dello stesso avviso, e fu disposto persino a pagare i 2 500 franchi richiesti per l'esonero dal servizio militare (la convalescenza era ormai conclusa) affinché il figlio potesse migliorare i propri mezzi tecnici: «Mettiti in testa che d'ora in poi lavorerai, e seriamente. Voglio vederti in un atelier sotto la guida di un maestro rispettabile. Se decidi nuovamente di essere indipendente, la paghetta che fino ad ora ti ho concesso svanirà senza pietà. Sono stato chiaro?». Monet, ormai, era messo alle strette, e pertanto su consiglio del padre si appellò al pittore Auguste Toulmouche, di casa al n. 70a di rue Notre-Dame-des-Champs. Per saggiare le sue competenze artistiche Monet si cimentò davanti agli occhi del Toulmouche in una natura morta, e certamente non mancò di impressionarlo: «È ottimo, forse un po' vistoso [...] sei veramente promettente, Claude, ma devi spendere le tue energie con più saggezza ... giovane uomo, hai definitivamente talento. Devi entrare in un atelier».[8]

La preistoria impressionista[modifica | modifica wikitesto] Bazille e Renoir[modifica | modifica wikitesto]

Claude Monet, La colazione sull'erba (1865–1866); olio su tela, frammento destro, museo d'Orsay, Parigi

Lo stesso Monet, d'altronde, era dello stesso avviso, e perciò incominciò a frequentare l'atelier di Charles Gleyre, artista dalla pennellata «lieve, graziosa, fine, sognante, alata» con «qualcosa d'immateriale» presso il quale egli ebbe modo di perfezionare gli aspetti tecnici della sua pittura, allenandosi nel disegno, nello studio del nudo, nella prospettiva e nelle altre discipline previste dallo studio accademico. Importantissimo per l'evoluzione pittorica di Monet fu poi l'incontro con Alfred Sisley, Pierre-Auguste Renoir e Jean-Frédéric Bazille, artisti che come lui ripudiavano la sterilità del disegno accademico. Fu con loro, infatti, che nell'aprile del 1863 si recò a Chailly-en-Bière, nel cuore della foresta di Fontainebleau, sull'esempio di quei pittori come Corot, Daubigny e Rousseau che si immergevano nella vegetazione e si misuravano direttamente con la natura, offrendone un'interpretazione squisitamente realistica e priva di quella retorica presente nel paesaggismo tradizionale. Stregato dal «fascino imperituro» di Chailly, Monet vi rimase per lungo tempo e si esercitò fruttuosamente nella pittura en plein air, così detta perché esercitata all'aperto: lasciata Chailly si recò con Bazille a Honfleur, sull'estuario della Senna, per poi essere a SaintAdresse, Rouen, per poi fare ritorno a Chailly. Qui fece uno degli incontri decisivi per la sua maturazione pittorica: quello con Gustave Courbet, patriarca del realismo in pittura

che aveva dato vita a un «ampio principio» particolarmente apprezzato dal nostro: «Courbet dipingeva sempre su fondi scuri, su tele preparate con il marrone, comodo procedimento che tentò di farmi adottare. Là sopra, diceva, potete disporre le vostre luci, le masse colorate e vederne subito gli effetti». Nonostante le ire furibonde del padre, che in seguito a una lite cessò di inviargli denaro, Monet grazie all'interessamento di Courbet poté dedicarsi alla pittura con dedizione ancora più intensa: fu in questo periodo che, infatti, incominciò a firmarsi come «Claude».[9]

Claude Monet, La Grenouillère (1869); olio su tela, 74,6×99,7 cm, The Metropolitan Museum of Art, New York

Nonostante soggiornasse per lunghi periodi in località di campagna, Monet non mancò di interessarsi ai maggiori avvenimenti pittorici della capitale, la quale nel 1863 era attraversata dal virulento scandalo sobillato dalla Colazione sull'erba di Manet, quadro che non rispondeva affatto alle prescrizioni accademiche per via della presenza di un nudo femminile non avallato da una sicura contestualizzazione storica o mitologica. Affascinato dalla Colazione sull'erba Monet decise di assimilarne la vibrante modernità e di realizzare, sulle orme di Manet, una serie di quadri particolarmente significativi, tutti destinati a riscuotere qualche tiepido consenso tra i critici dei Salon: La foce della Senna a Honfleur, La punta della Héve con la bassa marea, La foresta di Fontainebleau e Camille in abito verde. Più fredda, invece, fu l'accoglienza riscossa dalla sua Colazione sull'erba, replica diretta dello scandaloso dipinto manettiano, che fu duramente criticata da Gustave Courbet.

Claude Monet, Signora in giardino a Sainte-Adresse (1867); olio su tela, 82,3× 101,5 cm, museo dell'Ermitage, San Pietroburgo

Oscillando tra il realismo courbettiano e il nuovo naturalismo promosso da Manet in questi anni Monet realizzò opere rigorosamente en plein air che, nella trascrizione pittorica dei paesaggi francesi, cercavano di rispettare gli stessi meccanismi che regolano la visione umana: un'ambizione, forse, troppo alta, tanto che i suoi maggiori capolavori di questo periodo - si pensi a La colazione - non furono accettati ai Salon. Monet, tuttavia, poteva godere del supporto morale di una vasta schiera di amici e conoscenti, oltre che di una buona moglie. Camille-Léonie Donciuex era una giovane ragazza nativa di Lione con la

quale generò un figlio, Jean: i due, dopo una storia d'amore molto accidentata, convolarono a nozze il 28 giugno 1870.[10] Fondamentali, poi, furono anche le amicizie con l'ormai inseparabile Bazille e con PierreAuguste Renoir, aspirante artista che gli faceva spesso visita nella sua dimora a SaintMichel e che a tal proposito scrisse: «Sto quasi sempre da Monet [...]. Non tutti i giorni si mangia. Tuttavia, sono contento lo stesso perché, per quel che riguarda la pittura, Monet è un'ottima compagnia». Monet intrecciò con Renoir una amicizia fervida e vitale, ben testimoniata dai dipinti che entrambi licenziarono sul tema dell'isolotto della Grenouillère. Si trattava di un piccolo ristorante, affiancato da uno stabilimento balneare e collocato sulle rive della Senna, a poca distanza da Parigi. Per Monet e Renoir si trattava di un pretesto eccellente per sperimentare la nuova tecnica pittorica che in quegli anni andavano coltivando, tutta basata sulle variazioni degli effetti di luce: perciò nell'estate del 1869 entrambi si recarono presso l'isolotto, piazzando i propri cavalletti l'uno di fronte all'altro, e in poco tempo ciascuno aveva realizzato la propria Grenoullière. Il confronto tra le due opere è ancora oggi indispensabile per mettere opportunamente a fuoco queste due grandi personalità artistiche.

Il primo soggiorno londinese[modifica | modifica wikitesto]

Claude Monet, Terrazza a Sainte-Adresse (1866-1867); olio su tela, 98.1×129.9 cm, Metropolitan Museum of Art, New York

Nel 1870 Monet si trasferì con Camille e il piccolo Jean a Trouville, in Normandia. Quello che inizialmente era un tranquillo soggiorno in un paesino bretone, tuttavia, fu ben presto insanguinato dallo scoppio della guerra franco-prussiana: sotto il fuoco dei cannoni tedeschi il secondo Impero crollò rovinosamente, Parigi fu assediata e Monet, per evitare di essere arruolato e di sacrificare la propria vita per Léon Gambetta e l'Alsazia-Lorena, si rifugiò a Londra: fu una scelta saggia, considerato che Bazille, offertosi volontario per la grandezza della patria, morì ucciso in combattimento. Stabilitosi al n. 11 di Aru...


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