Nathan il saggio PDF

Title Nathan il saggio
Author Francesca Castelli
Course Letteratura tedesca
Institution Università degli Studi di Napoli Federico II
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Summary

nathan...


Description

Nathan il saggio (Nathan der Weise) è un dramma scritto da Gotthold Ephraim Lessing e pubblicato nel 1779. Ambientato a Gerusalemme durante la terza crociata, il dramma descrive in che modo il saggio mercante ebreo Nathan, l'illuminato sultano Saladino e un inizialmente anonimo templare riescono a colmare il loro divario tra Ebraismo, Islam e Cristianesimo. La sua rappresentazione fu proibita dalla Chiesa durante la vita di Lessing ed insieme ad un'altra sua opera, Gli ebrei (Die Juden), fu bandita anche sotto il regime nazista.

Atto primo[modifica | modifica wikitesto] Nathan, mercante ebreo, torna a Gerusalemme da Babilonia dov’era per affari e Daja, dama di compagnia cristiana di sua figlia Recha, gli dice che la sua casa è bruciata. Recha si è salvata solo grazie all’intervento di un templare misterioso che poi non si è fatto più trovare. Questo templare era stato prima catturato e poi liberato da Saladino. Recha sostiene che chi l’ha salvata fosse un angelo mentre Nathan la convince che era un uomo intervenuto per miracolosa coincidenza. Arriva Al-Hafi, ex derviscio e ora tesoriere di Saladino nonché amico di Nathan. Lui chiede a Nathan di aiutarlo col suo incarico ma Nathan, oltre a rifiutare, lo consiglia invece di tornare alla libertà del suo mestiere precedente. Il templare incontra un frate inviato dal patriarca che gli dice che deve portare una lettera a re Filippo contenente informazioni per tendere una agguato a Saldino. Ma lui rifiuta perché Saladino gli ha salvato la vita.

Atto secondo[modifica | modifica wikitesto] Saladino gioca a scacchi con sua sorella Sittah e perde. Comanda a Al-Hafi di darle la vincita ma lui confessa che i soldi delle casse sono finiti e che da tempo è la sorella a mantenere la corte. Saladino ordina a Al-Hafi di andare da Nathan a chiedere un prestito. Nathan insegue il templare per ringraziarlo. Trovatolo Nathan gli dice quanto è giusto che gli uomini siano buoni e fratelli, nonostante la provenienza o la religione. Il templare gli risponde che il popolo che per primo si è proclamato eletto, che ha imposto il proprio Dio come migliore al mondo intero e la cui superbia, poi passata a cristiani e musulmani, ha contagiato il mondo intero è proprio quello ebraico. Nathan risponde che il templare ha ragione ma che egli non vuole vedere in lui un cristiano ma un uomo come lui e gli chiede di fare lo stesso. Lui e il templare diventano così amici ed egli gli confida di chiamarsi Curd von Stauffen, nome che risveglia a Nathan dei ricordi. Arriva Daja che comunica a Nathan di essere stato convocato da Saladino ed egli asserisce di voler fare tutto ciò che lui gli chiederà perché egli ha salvato colui che ha salvato sua figlia. Arriva Al-Hafi che gli comunica il motivo per cui Saladino l’ha convocato, gli dice di non farcela più a fargli da tesoriere e che sta per partire per l’India dove tornerà a fare il derviscio.

Atto terzo[modifica | modifica wikitesto] Recha e Daja parlano di Dio. La serva cristiana vuole che il templare porti Recha in Europa. Vuole che “il suo Dio, il Dio per il quale combatte la porta alla terra alla quale appartiene”. Recha la redarguisce perché Dio non appartiene a nessuno e non ha bisogno di nessuno che combatta per lui. Giunge il templare che, fissando Recha, se ne innamora mentre lei affievolisce il desiderio che aveva per lui. Il templare poi si reca dal sultano a prendere Nathan. Saladino, nel frattempo, chiede a Nathan non soldi ma – per testare la sua saggezza – gli chiede quale sia la fede più vera. Nathan risponde con: la parabola dei tre anelli (Ringparabel): Vi era una volta in Oriente un uomo che possedeva un anello che aveva il potere di rendere grato a Dio e agli uomini chi lo portasse con fiducia. Egli lasciò l’anello al figlio più amato e così via finché uno dei discendenti non ebbe tre figli che amava in egual misura. Egli promise, in vita, l’anello a tutti e tre e così, quando morì, fece costruire due copie identiche e diede ad ogni figlio un anello. I tre anelli sono identici, impossibile provare quale sia quello vero, così come per noi è impossibile sapere quale sia la vera fede. I tre fratelli litigarono e andarono da un giudice. Egli lesse questo gesto paterno come atto d’amore e consigliò loro di agire come se ognuno di essi avesse il vero anello, aiutando le sue virtù naturali con carità e devozione a Dio. Quando le virtù degli anelli appariranno nei nipoti dei nipoti il giudice li invita a tornare da un suo successore perché egli, più saggio di lui, possa decidere la questione. Detto questo fu Nathan a proporre a Saladino di prestargli del denaro, Saladino ringrazia e convoca il templare. Il templare incontra poi Nathan e gli chiede la mano della figlia ma lui tentenna volendo sapere a quale ramo degli Stauffen egli appartenga. Il templare si incontra poi con Daja che gli confessa che Recha, in realtà, è figlia di cristiani e non è quindi né ebrea né figlia di Nathan.

Atto quarto[modifica | modifica wikitesto] Il templare si reca dal patriarca a chiedere consiglio sul da farsi e questi gli dice che, se ciò fosse vero, l’ebreo in questione andrebbe messo a morte sul rogo per induzione all’apostasia. Il templare si reca poi da Saladino che sta ricevendo il denaro di Nathan, lo ringrazia per la vita donata e gli giura fedeltà. Poi racconta a Saladino, un po’ irato, che Recha è stata allevata come ebrea a sua insaputa e lui chiede di convocarlo. Partito il templare Saladino chiede a sua sorella Sittah di portarla al suo cospetto. Nel frattempo Nathan incontra il frate e questi gli confessa che fu lui, diciotto anni prima, a consegnargli la bambina la cui madre era morta e che gli fu affidata dal padre militare, Wolf von Filnek, prima di muovere verso Gaza e di morire presso Ascalona. Il frate non condivide la rabbia del patriarca in quanto, sostiene, in giovane età l’amore di un padre è più utile del cristianesimo. In fondo, sostiene, il cristianesimo si basa sull’ebraismo e Gesù stesso, in fondo, era un ebreo. Nathan racconta a sua volta che, poco prima di incontrare il frate diciotto anni prima i cristiani avevano ucciso sua moglie e i suoi sette figli. Passata però la rabbia contro i cristiani egli accolse la ragazza come mandata da Dio per sostituire i suoi sette figli morti. Nathan poi suppone che la madre della bambina fosse una von Staffel e suo zio fosse Conrad von Stauffel, il padre del templare. Il frate si allontana alla ricerca di un breviario in cui erano stati segnati i parenti della bambina.

Atto quinto[modifica | modifica wikitesto] Finalmente arrivano, dall’Egitto, i soldi delle tasse per riempire le casse di Saladino. Nel frattempo il templare riconosce che Nathan ha agito bene prendendosi cura di Recha ed avendola allevata così bene e si pente di aver parlato con il patriarca. Il frate dà a Nathan il breviario con i nomi dei veri parenti di Recha e gli dice che il templare ha fatto la spia al patriarca. Nathan incontra poi il templare che confessa di aver parlato con il patriarca, chiede perdono a Nathan e gli chiede la mano della figlia “ebreo o cristiana che sia”. Nathan gli risponde che è troppo tardi, che ormai si è trovato un fratello di Recha e che quindi sarà lui a occuparsi di lei e a decidere chi potrà prendere in moglie. Entrambi vanno poi da Recha che si trova da Sittah. Nel frattempo Recha si lamenta con Sittah del suo destino e di Daja che, pur avendola sempre amata come una madre, identifica, secondo Recha, il cristianesimo come la sola vera fede, l’unica via verso Dio e si sente tenuta a guidare verso quella via tutti coloro che non la seguono. Recha dice poi a Sittah che Daja le ha confessato di essere nata da cristiani e che Nathan non è suo padre. Arriva Saladino che le dice che il sangue non fa il padre ma che sarebbe meglio per lei se trovasse un marito e, anzi, ha convocato Nathan e il templare. Nathan comincia a parlare e dice che il templare non si chiama Curd von Stauffen ma Leu von Filnek. La madre era una von Stauffen così come suo zio, Curd von Stauffen. Suo padre, invece, Wolf von Filnek, era un amico di Nathan ed era anche il padre di Recha, che in realtà di chiama Blanda von Filnek. Il padre di entrambi, per di più, non era tedesco ma persiano e Saladino, riconoscendone la scrittura nel breviario, lo identifica con suo fratello Assad. Il testo si conclude con l’abbraccio collettivo della ritrovata famiglia. I temi principali sono l'amicizia, la tolleranza, il relativismo di Dio, un rifiuto dei miracoli e un bisogno di comunicazione. L'anello rappresenta la contiguità dei valori. Lessing pone tutte e tre le religioni sullo stesso piano, evitando in tal modo che una delle tre prenda il sopravvento sull'altra. Questo atteggiamento fa capire come l'opera di Lessing promuova la tolleranza tra le religioni e respinga invece il fanatismo, riconoscibile inizialmente nel personaggio di Saladino. Il libro è stato tradotto in molte lingue ed è spunto di molte recite scolastiche in scuole medie ed elementari.

Biografia

Gotthold Ephraim Lessing è considerato la più geniale figura dell'illuminismo tedesco. Lessing nasce il 22 gennaio 1729 a Kamenz, nell'alta Lusazia, territorio slavo-tedesco. E' il secondo di 12 figli; il padre è il primo pastore del paese. Nel 1746 si iscrive alla facoltà di teologia di Lipsia. Scrive la sua prima commedia, Il giovane

erudito e un'attrice amica ne cura l'allestimento un anno dopo. Si trasferisce quindi a Berlino e un suo cugino gli procura un lavoro di recensioni presso la Vossische Zeitung. Nel 1755 viene rappresentato con successo il dramma Miss Sara Sampson, espressione del realismo sentimentale allora di moda. Verso la fine del 1760, Gotthold Ephraim Lessing accetta l'incarico di segretario presso il governatore di Breslavia, dove si trasferisce per rimanervi cinque anni, dedicati allo studio di Spinoza e dei Padri della Chiesa. Pubblica nel 1766 il Laoocoonte, ovvero dei confini tra pittura e poesia, in cui espone la sua teoria estetica. Nel 1767 si rappresenta Minna von Barnheim, un'eco della guerra dei sette anni. Lessing diventa direttore della rivista Drammaturgia d'Amburgo, legata al teatro nazionale di Amburgo, che lasciò però nel 1770 per ricoprire la carica di bibliotecario ducale a Wolfenbüttel. Nel 1772 pubblica il dramma Emilia Galotti. Nel 1775 parte per un viaggio in Italia che lo porterà a Milano, Venezia, Firenze, Roma, Napoli. L'anno successivo, a 47 anni, si sposa in ottobre con la vedova Eva Konig, che gli muore l’anno dopo. La denuncia dell'intolleranza religiosa ha il culmine col suo capolavoro drammatico, Nathan il saggio (1779), infine pubblica L'educazione del genere umano (1780). Muore il 15 febbraio 1781 all'età di 52 anni a Wolfenbüttel presso Brunswick dopo aver lasciato alla sua epoca un’impronta letteraria tale da consentire di parlare di una “età di Lessing”, come pochi anni dopo di parlerà di una “età di Goethe”. Il pensiero

Un aspetto particolarmente interessante dell'illuminismo di Lessing è il senso della tensione e della ricerca. Lessing pone infatti il valore dell'uomo più che nella verità raggiunta, nello sforzo per raggiungerla. Celebre è il suo detto che il piacere della caccia è bene superiore al piacere di possedere la preda, a cui possono servire da commento le non meno celebri parole di uno scritto del 1778 (Eine Duplik, 1): "Se Dio tenesse nella sua destra tutta la verità e nella sua sinistra il solo tendere verso la verità con la condizione di errare eternamente smarrito e mi dicesse: Scegli -, io mi precipiterei con umiltà alla sua sinistra e direi: Padre, ho scelto; la pura verità è soltanto per te”. L'educazione del genere umano (1780) segna una fase significativa dell'elaborazione che il concetto della storia ha avuto nell'Illuminismo. Ad essa Lessing giunse dopo lunghe ricerche. Leibniz aveva distinto le verità di ragione, universali e necessarie, dalle verità di fatto, particolari e contingenti. Lessing parte appunto da questa distinzione per domandarsi a quale delle due

specie di verità appartengono le verità religiose. Queste sono sempre fondate su fatti particolari, quali il miracolo e la rivelazione; come possono tali fatti particolari costituire il fondamento di verità eterne e universali, quali sono quelle che la religione insegna? A questi interrogativi risponde appunto L'Educazione del genere umano. Il concetto fondamentale di questo scritto è che la rivelazione è educazione. L'umanità nella sua storia ha un suo sviluppo esattamente come l'individuo. Essa si educa attraverso la rivelazione, la quale le comunica quelle verità che essa non è ancora in grado di intendere, in attesa che diventi capace di raggiungerle e possederle in modo autonomo. Da questo punto di vista, la rivelazione stessa si storicizza giacché non cade in un punto singolo della storia ma accompagna l'intero corso di essa, preannunciando e precorrendo gli sviluppi autonomi della ragione. Come la natura è una continua creazione,così la religione è una continua rivelazione. Ogni religione positiva è un grado di questa rivelazione, che comprende in se stessa tutte le religioni e le unifica nel corso della sua storia progressiva. La coincidenza totale della rivelazione con la ragione, della religione positiva colla religione colla religione naturale, è il termine ultimo cui l'umanità è destinata dalla provvidenza. Poiché la religione cristiana è la più alta religione positiva, i suoi dogmi incarnazione, trinità, redenzione - si trasformeranno da ultimo in verità di ragione. E la ragione del cristianesimo si chiarirà infine come il cristianesimo della ragione. Se non che, "come possiamo, ormai, per la dottrina dell'unità di Dio, fare a meno del Vecchio Testamento, come cominciamo, a poco a poco, per la dottrina dell'immortalità dell'anima, a poter fare a meno anche del Nuovo, non potrebbero essere fatte balenare, in quest'ultimo molte altre verità che ci tocca riguardare ammirati come rivelazioni finché la ragione non abbia imparato a dedurle dalle altre sue verità ritrovate e a collegarle ad esse?" (par. 72). L'educazione mira a che l'uomo sia posto finalmente in grado di capire e di fare da sé, "nel pieno rischiaramento di se stesso" (par. 88). Lessing è anche convinto che “la strada su cui il genere umano giunge alla perfezione, ogni singolo uomo (chi prima e chi dopo) deve averla percorsa per suo conto”. Essendo però impossibile che “in un’unica vita” l’individuo riesca a percorrere tutte le tappe del proprio perfezionamento, gli sembrò imperativo ammettere l’ipotesi “che ogni singolo uomo sia esistito su questo mondo più di una volta” (par. 94). Sull’idea della metempsicosi, egli giunse assai tardi, forse anche in seguito alle proprie personali amarezze (perdita di moglie e figlio). L'ispirazione degli scritti di Lessing è certo prevalentemente religiosa,

ma di una religiosità tutta illuministica, che diffida delle religione positive e vorrebbe da esse depurare una religione naturale universale. In uno scritto Sullo sviluppo della religione rivelata, egli dice: "la migliore religione rivelata è quella che contiene il minor numero di aggiunte alla religione naturale". Così pure, ne Il cristianesimo della ragione (1753), egli tenta una completa razionalizzazione del dogma, partendo dall'idea di un essere perfettissimo, per il quale il pensare fa tutt'uno col creare: nel pensare la propria perfezione, l'Essere genera un Figlio, e con esso si unifica e si armonizza nello Spirito. Nel pensare invece le proprie perfezioni come staccate da sé, l'Essere crea il mondo delle singole individualità, anch'esso unitario e armonico,in cui ciascuna individualità ha il compito di agire quanto più può nella direzione segnata dalla propria perfezione. Ne La religione di Cristo, Lessing scinde nettamente la religione della tradizione cristiana dalla religione che professò lo stesso Cristo vivente. Mentre nella prima egli trova incertezza e ambiguità, e non approva l'adorazione di un Cristo ritenuto più che uomo e identificato colla seconda persona della Trinità. Questa scissione di un cristianesimo del Cristo vero da un cristianesimo della tradizione sta però in contrasto con un'altra veduta di Lessing, secondo cui la verità della religione non può essere provata da un qualsiasi fatto storico come tale. Egli si vale della distinzione leibniziana tra verità di fatto e verità di ragione per ascrivere alle prime argomentazioni quali per esempio i miracoli, la cui notizia, egli dice, anzitutto non si sa se risponda a verità e, in secondo luogo, quand'anche rispondesse a verità, non proverebbe la verità di una religione che appartiene all'altra categoria delle verità di ragione. "La religione dei Vangeli non è vera perché gli Apostoli l'hanno insegnata ma al contrario questi l'hanno insegnata perché vera: la verità interna è la prova della tradizione scritturale, non viceversa”. La Bibbia va interpretata, secondo Lessing, secondo lo spirito e non secondo la lettera. La verità del cristianesimo non si fonda sull'autenticità storica degli scritti biblici. La sua posizione è in fondo quella di un sostanziale disinteresse per tutte le religioni rivelate. Lo si constata anche nel dramma Nathan il saggio che riprende l'antica parabola dei tre anelli (raccolta già dal Boccaccio nella novella di Melchisedech giudeo e il Saladino): un padre, morendo, aveva distribuito ai suoi tre figli tre anelli (simbolizzanti le religioni cristiana, ebraica e maomettana), uno dei quali rendeva il possessore bene accetto a Dio; ma pretendendo ognuno dei tre di essere il vero possessore dell'anello, il Saladino sentenzia che gli anelli devono essere tutti falsi, poiché chi possiede il vero dovrebbe, almeno

lui, essere in pace con gli altri. Poco prima di morire, Lessing avrebbe riconosciuto esplicitamente l'esito panteistico della sua concezione religiosa. Si ricordi, a tale proposito, la nera fama che godeva la figura di Spinoza nei tempi passati, per capire lo scandalo che circondò la figura di Lessing presso i suoi contemporanei. Lessing ha considerevole importanza anche per la storia dell'estetica. La sua opera Laocoonte, ovvero sui confini tra poesia e pittura, trattava dei confini che la tradizione da Orazio in poi aveva cancellato, identificando la pittura (nel senso di arti figurative in genere) con la poesia, secondo il vecchio motto ut pictura poesis (= La poesia è uguale alla pittura); mentre quei confini invece Lessing ristabilisce. La teoria non era una novità in assoluto. Ne avevano già parlato gli inglesi Richardson e Harris, e poi Diderot e Klopstock. Merito di Lessing fu di aver sviluppato la teoria fino ad una rottura radicale con la confusionaria commistione delle arti, fino ad un manifesto di battaglia. Il Laocoonte pone il problema intorno a cui si eserciterà l'estetica tedesca di mezzo secolo. Il mito greco di Laocoonte narrava come costui, sacerdote troiano di Apollo, morisse soffocato, insieme a due figli, nelle spire di serpenti mandati dal dio rivale Poseidone. L’episodio, oltre ad aver trovato una descrizione letteraria in Virgilio (Eneide, II, 199-224), venne raffigurato in una celebre scultura ritrovata a Roma nel 1506 e datata alla tarda età ellenistica. Quel gruppo marmoreo aveva suggerito riflessione di teoria, nel 1755, allo storico dell’arte antica Winckelmann (1717-1768). Secondo quest’ultimo, la raffigurazione plastica del dolore fisico nel volto di Laocoonte, gli sembrò una conferma della nobile semplicità e quieta grandezza d’animo che costituirebbero l’essenza della eticità greca. Alla tesi di Winckelmann, Lessing oppose un argomento tecnico-materiale. Secondo lui, “lo scultore dovette mitigare le grida in gemiti non perché il gridare indica un animo non nobile, ma perché deforma il volto in modo ripugnante… La semplice grande apertura della bocca… è in pittura una macchia e in scultura un incavo che producono un’impressione spiacevolissima. Né regge l’assioma che, non facendo gridare il suo eroe, lo scultore si sia conformato a un ideale morale greco. Di alte grida di dolore, in bocca a eroi e persino a divinità, la letteratura greca è piena, dai poemi omerici alle tragedie sofoclee. Sicché restano soltanto, per spiegare il semplice gemere del Laocoonte marmoreo, anzitutto il motivo della materia (marmo, tela) con cui l’artista figurativo ha da fare, e poi l’...


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