Pedagogia popolare da celestin freinet al mce fimem rinaldo rizzi PDF

Title Pedagogia popolare da celestin freinet al mce fimem rinaldo rizzi
Course Figure e problemi della storia della filosofia
Institution Università degli Studi Gabriele d'Annunzio - Chieti e Pescara
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RIASSUNTO PEDAGOGIA POPOLARE da Célestin Freinet al MCE-FIMEM (Rinaldo Rizzi) INTRODUZIONE: Il percorso ormai storico del MCE, spesso minoritario e talora contrastato, con le sue ‘tecniche e relazioni cooperative’, può costituire esempio e stimolo a riprendere e proseguire nel nuovo difficile scenario la ricerca e la pratica dell’incontro e dell’inclusione per avversare i crescenti processi strutturali e culturali che il mercato del consumo e la passiva riproduzione comportano a svantaggio soprattutto delle classi popolari. CAPITOLO 1 Célestin Freinet era il quinto di otto figli di una umile famiglia contadina di Gars (Francia). Appena diplomato maestro venne chiamato alle armi nel primo conflitto mondiale. Ne uscì traumatizzato e gravemente mutilato nel corpo. Iniziò l’attività di maestro per dare voce e coscienza di sé ai bambini. Nel ’23 si laureò. Dopo aver letto i classici come Montaigne, Rousseau e Pestalozzi, Freinet scoprì le opere più importanti degli autori della ‘scuola nuova’. Così l’anno successivo aderì alla “Langue Internazionale pour l’éducation Nouvelle”. Nello stesso anno partecipò al suo congresso in Svizzera dove incontrò i maggiori esponenti delle “Scuole Nuove”. Da quel convegno uscì soddisfatto perché percepì che quelle esperienze erano di élite. Lui era invece alla ricerca di una pedagogia sia attiva nei principi, nei modi e nelle tecniche che adeguata ad una scuola per tutti. Dalla sua esperienza concreta, iniziata dal togliere la cattedra dalla predella e portarla a livello ed in mezzo ai banchi dei suoi bambini, nacquero una serie di tecniche didattiche tese a superare la barriera che divideva la scuola dalla vita reale. Avviò la pratica della “libera espressione” dei bambini passando poi alla ‘composizione a stampa’ dei loro testi e quindi alla ‘corrispondenza interscolastica’ con altre classi. Tecniche queste, che davano risposta alle sue aspirazioni di una educazione alla libertà. In tale ottica sociale e libertaria ideò ed editò La Gerbe, rivista di bambini per bambini. Nel 1928 costituì il CEL come strumento cooperativo di collegamento associativo e di diffusione delle sue innovazioni didattiche. Ma la sua azione didattico pedagogica laica e progressista trovò a Saint-Paul (Provenza) l’ostilità dell’ambiente ‘bene’ del luogo e, di conseguenza, la contrarietà dell’autorità scolastica. Nel 1934 abbandonò la scuola statale per aprire, l’anno successivo, a Vence una “Scuola cooperativa sperimentale”. A Vence con l’aiuto anche della moglie Elise ampliò quelle che saranno poi denominate le “tecniche Freinet”. Progressivamente allargò la rete dei contatti cooperativi fra maestri/e in Francia e nell’area francofona. Verso la fine degli anni ’30 tentò la costituzione di un “Fronte dell’Infanzia”, a difesa dei diritti e della formazione democratica delle nuove generazioni, ma non trovò corrispondenza negli ambienti della sinistra. La sua azione venne bloccata dalla seconda guerra mondiale. La sua scuola venne chiusa e lui nel ’39-’40 venne arrestato e poi confinato. Finito il secondo conflitto mondiale, ridiede vita alla CEL. Riaprì nel ’47 la sua scuola a Vence e l’anno successivo costituì l’ICEM, quale Associazione professionale docente affiancata alla cooperativa. Nel 1957 a seguito della diffusa adesione alla sua proposta didattico-pedagogica anche fuori dai confini della Francia, costituì, in un incontro internazionale a Nantes, la FIMEM, di cui già l’anno successivo si tenne a Bruxelles il primo congresso. Freinet scomparve nel 1966, a settant’anni. La scuola di Vence continuò la propria attività sotto la direzione della moglie Elise fino alla sua scomparsa nell’81 e poi della figlia Madeleine fino al ’91. Proseguì pure l’attività in Francia sia della CEL che dell’ICEM. Mentre la FIMEM, dopo la fine delle dittature militari nell’America Latina e con la caduta del muro di Berlino, segneranno una continua espansione nel continente latino-americano e in Europa dell’Est con la costituzione di nuove Associazioni freinetiane. La sua opera di azione e di ricerca nel segno della “pedagogia popolare” troverà nuova vita in forme e modi molto variegati sia in scuole pubbliche statali che d’iniziativa privata, cooperativa e non.

CAPITOLO 2 In Italia la chiusura ideologica e l’isolamento autarchico del regime fascista aveva impedito qualsiasi contatto e contaminazione culturale con l’estero e dunque espulso la conoscenza e l’approdo alle esperienze innovative delle “Scuole Nuove”. Caduto il fascismo, si era progressivamente imposta sulla scuola di base una dominante cultura conservatrice e clericale. Contestualmente la sinistra era ancora attardata su una impostazione politico culturale paleo marxiana, che rimandava alle riforme strutturali la possibilità di un cambiamento socio-culturale nella società. Spettò dunque all’iniziativa isolata e singola di un insegnante marchigiano la scoperta di Freinet. Questo maestro/professore, di nome Giuseppe Tamagnini, era nato in una sperduta località dell’Appennino marchigiano, nel 1910. Rimasto orfano di padre, Tamagnini andò a fare il falegname nella bottega del nonno paterno. A vent’anni andò in Cirenaica con le truppe coloniali e nel ’33 lavorò come autista a Bendasi. Rientrato in Italia, mentre lavorava come operaio a Roma, studiò da privatista e si diplomò maestro nel 1935, fu assunto in ruolo quattro anni dopo. Nel 1942 si laureò in pedagogia e un anno dopo si iscrisse al PCI. Dal 1946 al 1964 fu incaricato di esercitazioni didattiche all’Istituto Magistrale di Fano. Nacque così il suo bisogno di cercare delle pratiche scolastiche significative da poter presentare alle sue allieve del Magistrale. Ma la sua ricerca era frustrata dalla realtà, da una scuola rigida, autoritaria e passiva. La Scuola reale d’allora, nonostante gli avanzati ‘Programmi di studio per le scuole elementari’ (adottati nel ’45) continuava nelle sue pratiche didattiche tradizionali, depurate dalla retorica fascista ma immutate per l’impianto pedagogico e semmai condite nella scuola dell’obbligo da un’accresciuta influenza dogmatica clericale, specie nelle campagne. Tamagnini, leggendo un libro di Aldo Agazzi, rintracciò la citazione in due righe di un maestro francese d’orientamento marxista che aveva introdotto in classe la tipografia e impostato un’azione didattico-educativa sul lavoro. Incuriosito scrisse a questo maestro di nome Célestin Freinet. A stretto giro di posta ricevette un pacco con incluso vario materiale didattico e, unite, delle indicazioni sulle relative pratiche educative. Tamagnini comprese che finalmente aveva trovato qualcosa che rispondeva ai suoi desideri. Nacque così una fitta corrispondenza fra i due e la ricerca in loco da parte di Tamagnini di possibili maestri referenti per mettere all’opera quelle pratiche didattiche indicate da Freinet. Grazie all’incontro della maestra Anna Marcucci Fantini nacque la prima vera applicazione della tecnica didattica di composizione e stampa tipografica coi bambini. Fu un successo. Uscì così il primo giornalino a stampa in una classe italiana: La tratta. Alla sperimentazione si unì da subito un altro maestro, Rino Giovanetti. CAPITOLO 3 Nel 1951 Tamagnini promosse un primo incontro per presentare le tecniche della tipografia scolastica e l’esperienza avviata dalla Fantini. L’incontro avvenne al CEIS (Centro Educativo Italo-Svizzero), situato a Rimini. Vi parteciparono una decina di insegnanti che rimasero fortemente presi dalla novità della proposta. Nello stesso anno a Fano, presso l’abitazione della Fantini, si costituì e si registrò formalmente una “Cooperativa della Tipografia a Scuola” (CTS). Nasceva così l’Associazione italiana della pedagogia freinetiana. All’opera si aggiunge Raffaele Laporta e, via via, altri. In breve l’interesse si allargò. Si giunse così al primo Congresso della CTS a Rimini presso il CEIS (1952) con l’intervento conclusivo di Freinet. Dato interessante di quel primo congresso fu che, assieme alle esperienze avviate nella scuola elementare, si ebbero iniziali esempi anche di singoli tentativi di pratiche nella scuola secondaria. Al congresso successivo (Pisa,1953) si ampliò l’ambito della sperimentazione delle tecniche: dalla tipografia a scuola si estese alla corrispondenza didattica e allo schedario didattico. Al 3° congresso (Signa,1954) si precisarono idee e esperienze, si affrontarono nuovi ambiti allargando l’attenzione alla conoscenza del bambino e alle tecniche espressive (pittura libera, incisione, modellaggio). Conseguentemente al successo di questa crescente presenza innovativa e laica nella scuola, si accese l’attenzione critica da parte del mondo cattolico che, in essa, vedeva intaccata la propria totalizzante dominanza culturale sul mondo scolastico. Gli insegnanti CTS erano guardati, nel migliore dei casi con incomprensione, ma generalmente con occhio critico se non addirittura con sospetto dai colleghi.

CAPITOLO 4 Nonostante il clima politico generale e le difficoltà economiche per procurarsi il materiale necessario all’applicazione delle tecniche Freinet, oramai la CTS non era formata solo da singoli associati sparsi per il Paese, ma contava già su una serie di Gruppi territoriali. Il congresso di San Marino registrò, con i suoi quasi 300 partecipanti, la sperimentazione progressiva delle tecniche Freinet in parecchie classi. Fu l’anno in cui entrarono nella vita attiva della CTS Bruno Ciari e Mario Lodi. Le tecniche si erano via via estese e approfondite: il testo libero, la scelta e la messa a punto collettiva del testo, la redazione collettiva del giornalino a stampa di classe, la corrispondenza interscolastica, la libera espressione grafico, pittorica e manipolativa, il calcolo vivente, l’apertura all’ambiente e il suo studio. Naturalmente ben pochi possedevano e gestivano con chiarezza il complesso bagaglio delle tecniche. C’era anche il problema dei contenuti da apprendere, oltre ai metodi da applicare, in una scuola complessivamente molto rigida. Proprio attorno al nodo del rapporto fra metodi e contenuti si aprì un confronto tra gli insegnanti freinetiani da un lato e la rivista pedagogica comunista “Riforma della Scuola”, la quale riteneva che un’azione riservata solo alla didattica fosse destinata a non incidere nella scuola in assenza di riforme strutturali della stessa. All’affollato congresso di San Marino erano emersi una serie di problemi: -

di natura organizzativa di natura pedagogica di natura associativa

Tutto ciò diventava di fatto ancor più urgente di fronte alla cancellazione dei programmi della Scuola Elementare del ’45, ispirati dal deweyano Washburne, con l’approvazione dei ‘Programmi didattici per la Scuola Primaria’ di Ermini, che fanno riferimento ad una filosofia dell’educazione a carattere spiritualistico, che ha come principale riferimento Jacques Maritain. In mezzo a questa crescita di discussione venne la proposta da parte di Tamagnini di creare nella sua casa paterna, situata sulle montagne marchigiane, un luogo e uno spazio estivo per consentire al Movimento di trovare tempi e modi adeguati di incontro e confronto di esperienze e di formazione in un clima di effettiva relazione cooperativa. Gli obiettivi erano molteplici: -

approfondire l’interconnessione fra le diverse tecniche accrescere il numero dei potenziali formatori dell’Associazione offrire uno spazio qualificato di formazione creare una opportunità di crescita di relazioni interpersonali.

In questa esperienza di scambio professionale paritario veniva infranta la storica separazione e incomunicabilità fra docenti di istruzione primaria, secondaria e universitaria. CAPITOLO 5 Nel ’56 venne dato alle stampe un quadernino da parte del MCE intitolato Orientamenti didattici (Sulle Tecniche Freinet). Il senso dell’operazione era chiaro. L’iniziativa rappresentava il raggiungimento di una propria organicità propositiva, la maturazione di un atteggiamento di autonomia nell’elaborazione e di ricerca. Si procedeva così verso il superamento della CTS e si sottolineava la necessità di assumere un atteggiamento duttile, aperto, non appiattito e rigido. Fu questo un modo di porsi che differenziò l’Associazione italiana rispetto a quella francese (ICEM).

Dall’1 al 3 novembre del ’57 ci si riunì per il congresso nuovamente a Fano. Parteciparono oltre la metà dei 130 aventi diritto. Si pervenne all’approvazione della Dichiarazione delle finalità e al testo dello Statuto del MCE. Venne quindi eletto presidente Tamagnini e un Consiglio Direttivo di 19 membri. La svolta nella vita del Movimento era compiuta. Dichiarazione delle finalità del MCE 1. Il Movimento di Cooperazione Educativa è un’Associazione, scaturita da una libera iniziativa di insegnanti… 2. Il Movimento comprende insegnanti di ogni ordine e grado e persone comunque impegnate in attività educative… 3. La cooperazione fra i membri del Movimento… si concreta nello scambio di esperienze, nella ricerca associata e nella elaborazione e sperimentazione di tecniche e strumenti didattici… 4. Attraverso tale cooperazione si tende ad eliminare ogni forma di isolamento degli insegnanti… 5. Il Movimento riconosce altresì nella cooperazione la forma di esperienza educativa degli allievi meglio qualificata… 6. È proprio dello spirito del Movimento tenere presenti ad un tempo le condizioni sociali di fatto in cui l’opera educativa si svolge… 7. Il Movimento è collegato e collabora con organismi di analogo orientamento esistenti in Europa e nel mondo… CAPITOLO 6 A cavallo degli anni ’50-’60 si iniziano a sentire nel paese gli effetti del cosiddetto miracolo economico e delle nuove modalità della comunicazione. Nel ’58 con il convegno di Taranto Il MCE cerca di estendersi al Sud, dove era praticamente assente una sua presenza organizzata. Dalle singole tecniche, la riflessione/ricerca si andava centrando sull’intreccio delle tecniche e sul ruolo dell’ambiente e del bambino con le sue preconoscenze di vita e il freinetiano metodo naturale del tatonner (procedere per tentativi e selezione di errori rispetto all’obiettivo) trovarono quindi nello ‘studio d’ambiente’ un interessante sviluppo nella ricerca e nella elaborazione di una nuova didattica. Tamagnini individuava alcuni punti fondanti a base dell’azione educativa: -

Individualizzazione Socializzazione Operatività Motivazione Concretezza Unità e organicità

Il lavoro di Ciari rielaborava le tecniche freinetiane, secondo l’esperienza maturata in Italia nel primo decennio. La classe diventava una comunità educativa operante e cooperativa, dove processi d’istruzione e modalità di relazione si fondevano in piena serenità partecipativa, operativa e formativa. Nelle situazioni più significative l’aula veniva ad assumere l’aspetto di un laboratorio artigianale strutturato: l’angolo della lettura, quella della composizione e stampa, quello della documentazione e degli schedari, l’atelier per i materiali dell’attività espressiva, lo spazietto riservato all’acquario o al terrario. Le pareti dell’aula diventano la mostra permanente dell’attività in corso: da quella espressivo-pittorica dei gruppi e dei singoli a quella documentaria dell’attività della classe. Il tutto era fondato su un rapporto trasmissivo e giudicante del docente e una documentazione per gli alunni limitata alla lezione dell’insegnante, agli esercizi e all’uso del libro di testo.

Nacquero nel MCE, oltre ai tradizionali incontri, veri e propri stages di studio teorico (nel 1965 venne organizzato il primo ‘corso’ di matematica). Ne seguirono altri negli anni successivi sulla didattica della lingua, delle scienze umane e fisiche, della matematica moderna. Usciranno in tal modo da questa nuova attività di studio-ricerca, le pubblicazioni del MCE “Insiemi e numeri” e “Alla scoperta della logica”. Lavori che, ad esempio, introdussero così nella didattica della scuola italiana la ‘teoria degli insiemi’, più comunemente chiamata ‘insiemistica’. CAPITOLO 7 Il ’68 con la contestazione studentesca del “maggio francese” alle università italiane e il contemporaneo successo della “Lettera a una professoressa” di don Milani portò il movimento ad una frammentazione fra freinetiani e strutturalisti ma anche fra innovatori operanti nel campo delimitato della didattica. In genere per lo più emergeva una divisione fra vecchie e nuove generazioni. L’impatto fu duro e determinò la spaccatura e l’uscita dal MCE da parte della quasi totalità del tradizionale quadro dirigente. Rimasero nel Movimento Pettini, Nora Giacobini, Ciari, Mario Lodi e G. Maviglia. Statuto e Finalità del ’57 furono aboliti e si affermò nell’Associazione l’assemblearismo a tutti i livelli, sul modello delle pratiche del Movimento Studentesco del momento. Emerse la volontà di ricercare l’aspetto politico di ogni azione didattica e crebbe la denuncia del ruolo di classe della scuola. Si andava così smarrendo la prassi della intercomunicazione cooperativa delle pratiche didattiche. Nel 1968 a Montebelluna si svolse la seconda RIDEF, contenuta allora nel numero dei partecipanti, ma significativa per la storia del MCE che così entrava a pieno titolo nel circuito internazionale della pedagogia popolare freinetiana. Nel Movimento emergeva una sensibile diversità nelle esperienze fra l’azione perseguita dai gruppi nelle periferie urbane e quella praticata dai singoli maestri dispersi nel territorio. Lo scossone del ’68 oltre a determinare la diversificazione delle posizioni e delle esperienze rendeva difficile la gestione nazionale dell’Associazione. Ciò nonostante maturarono comunque progressivamente nel tempo con l’inizio degli anni ’70 una serie di positive esperienze: -

Si ebbe l’avvio di un rapporto fra la scuola e le iniziative sociali del quartiere La denuncia della selezione socio-scolastica accompagnata dal voto unico e dall’impegno a non bocciare come antidoto alla discriminazione sociale Il rifiuto del grembiule scolastico quale simbolo di divisa La denuncia del carattere socio-ghettizzante delle classi differenziali, dove venivano collocati i bambini difficili L’impostazione di esperienze di scuole integrate e a tempo pieno L’analisi critica dei programmi e degli ‘stupidari’ presenti nei libri scolastici

Sul terreno metodologico didattico si andò sviluppando in particolare la ‘ricerca d’ambiente’ ed è proprio dalla crescita di questo impegno sociale ed educativo che si giunse all’approvazione della legge nazionale che istituì la scuola sperimentale a ‘tempo pieno’. Nel 1974 i ‘Decreti delegati’ diedero finalmente uno stato giuridico unico ai docenti e consentirono la possibilità alle scuole di attivare la sperimentazione didattica su diretta liberazione del Collegio dei Docenti. Fu all’Assemblea naz. di Brescia del ’74 che si registrò un ricompattamento associativo, sfociato nell’approvazione di un nuovo Statuto che definì l’organizzazione del Movimento e approvò un documento programmatico unitario. 1°- Premessa generale

Ricerca didattica e rinnovamento culturale sono finalizzati alla costruzione di una pedagogia popolare. I militanti MCE si misurano nella costruzione di lotte,di esperienze e nella conquista di spazi per una scuola che sia al servizio dei lavoratori. 2°- Obiettivi operativi Vengono elencati 12 punti quali obiettivi da perseguire tra cui didattica alternativa, educazione permanente, inserimento degli hadicappati, anticipo formativo fin dai nidi d’infanzia, biennio obbligatorio e successivo triennio unitario delle superiori… 3°- Rapporti col Movimento operaio “Il MCE sceglie di collocarsi all’interno del movimento operaio, come organizzazione che interviene nello specifico della scuola e dell’educazione Il Movimento registrò dal ’68 in poi una fase di marcata espansione. Nel 1981 la sede della segreteria naz. si stabilirà definitamente a Roma. Tale trasferimento segna l’evoluzione di un’attenzione complessiva dell’Associazione alla sua gestione e il maturare di un diverso atteggiamento del Movimento. CAPITOLO 8 Nella seconda metà degli anni ’70 nel Movimento si venne determinando un progressivo assestamento. Sull’onda di una crescita costante delle adesioni al MCE si determinarono grandi aspettative e la speranza di pervenire alla costruzione di un ampio movimento di innovazione nella scuola. Dagli allora vertici politici della Sinistra, il MCE veniva criticato per il suo presunt...


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