Politica sociale (libro le politiche sociali di Ferrara) PDF

Title Politica sociale (libro le politiche sociali di Ferrara)
Course Politica sociale (l40)
Institution Università degli Studi Roma Tre
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POLITICA SOCIALE CAPITOLO 1. POLITICHE SOCIALI= corpo di interventi che servono per soddisfare bisogni di natura sociale. Queste mirano alla tutela e alla promozione del benessere dei cittadini e a garantire loro migliori condizioni di vita. Le politiche sociali sono rivolte al soddisfacimento di BISOGNI e alla copertura di RISCHI che riguardano o possono riguardare le persone; queste due condizioni possono trovare risposta: -all’interno della FAMIGLIA -nel MERCATO -nel TERZO SETTORE questi tre insieme allo STATO formano il “diamante del welfare”, un sistema di relazioni informali e formali, fra questi quattro punti cardine, che può essere chiamato anche WELFARE MIX. Le politiche sociali si suddividono in:    

Politiche pensionistiche Politiche sanitarie Politiche del lavoro Politiche di assistenza sociale

WELFARE STATE La storia del welfare state europeo può essere suddivisa in cinque fasi principali: -instaurazione: durante questa fase viene introdotta l’assicurazione obbligatoria, questa fu un’innovazione istituzionale di grande portata. Offriva prestazioni standardizzate, fondate su diritti individuali e secondo modalità specializzate, su base nazionale. La Germania fu il primo paese ad introdurla con Bismark; nel 1883 contro le malattie, nel 1884 contro gli infortuni, nel 1889 contro la vecchiaia e l’invalidità. In Italia si avrà nel 1898 quella per gli infortuni. -consolidamento: in questa fase c’è un forte cambiamento, molti paesi cominciano a estendere il raggio d’azione degli schemi, includendo altri segmenti della popolazione. Si passa quindi dalla nozione ristretta di assicurazione dei lavoratori a quella più ampia di assicurazione sociale, che da una definizione più ampia dei rischi e anche dei possibili beneficiari. -espansione: in questo periodo, in tutti i paesi vi fu una costante estensione e un miglioramento della protezione offerta dallo stato; infatti la copertura dei rischi e dei bisogni viene estesa su tutta la popolazione. Si consolidano il modello universalistico e occupazionale. -crisi: in questa fase il welfare state è entrato in una lunga crisi, originata dalle vecchie soluzioni di fronte ai nuovi problemi. Cambiano la struttura demografica e quella familiare; emergono nuovi attori nello spazio delle politiche sociali. -riforma: questa viene chiamata anche “fase della ricalibratura”. C’è un forte cambiamento, nel settore sanitario sono state introdotte misure di contenimento dei consumi, nel settore pensionistico invece le riforme hanno riguardato l’età pensionabile. La ricalibratura può essere funzionale o distributiva.

MODELLO UNIVERSALISTICO (Baveridge) In questo modello gli schemi di protezione sociale coprono tutti i cittadini indipendentemente dalla loro posizione lavorativa. Si sviluppa nei paesi anglo-scandinavi, le prestazioni sono ampie, generose e imperniate sui principi egualitari; finanziate anche tramite il gettito fiscale. MODELLO OCCUPAZIONALE (Bismark) In questo gli schemi di protezione sociale sono invece rivolti ai lavoratori con regole diverse gli uni dagli altri. Si sviluppa nei paesi dell’Europa continentale, le prestazioni sono molto differenziate, agganciate ai ruoli professionali prevalentemente finanziate tramite contributi sociali. Titmuss [approfondisci sul quaderno] ha proposto un’articolazione dei modelli di politica sociale basata su tre distinte opzioni: -modello residuale -modello acquisitivo-performativo -modello istituzionale-redistributivo Da questi modelli le politiche sociali assumono la forma di: -assistenza sociale -assicurazione sociale -sicurezza sociale Esping-Andersen invece propone una tripartizione in tre regimi: -regime liberale -regime conservatore-corporativo -regime socialdemocratico per regime di welfare si intende non solo alle politiche sociali ma anche all’intero sistema di interrelazioni fra queste e il mercato del lavoro da un lato e la famiglia dall’altro; questi tre regimi possono essere valutati su tre dimensioni differenti: demercificazione, destratificazione e defamiliarizzazione. WELFARE STATE ITALIANO: il welfare state dell’Italia non appare diverso dagli altri paesi europei, la particolarità sta nella composizione interna della spesa. Come mostrano i dati (vedi libropag.48) possiamo notare come gran parte della spesa è assorbita dalle funzioni “vecchiaia e superstiti” mentre le altre funzioni come “famiglia e disoccupazione” appaiono sottodimensionate; nessun paese europeo mostra questa distorsione funzionale, inoltre l’Italia risente anche della distorsione distributiva. (guarda quaderno)

CAPITOLO 2. PENSIONE= prestazione pecuniaria vitalizia prevista a fronte dei rischi di vecchiaia e invalidità nonché in relazione al grado di parentela con un assicurato o un pensionato defunto (premorienza). Esistono diversi tipi di pensione a seconda dei casi: 



Nel caso di premorienza possiamo avere la pensione indiretta e la pensione di reversibilità, la prima si ha quando l’assicurato muore prima di essersi ritirato dal lavoro mentre la seconda si ha quando il soggetto è già pensionato. Nel caso di invalidità possiamo avere la pensione d’invalidità previdenziale, corrisposta ai lavoratori assicurati a fronte della perdita della capacità di lavoro a seguito dell’evento



invalidante; e la pensione d’invalidità civile che è rivolta agli invalidi civili (totali e parziali), ai ciechi e ai sordomuti che si trovano in condizioni di bisogno Nel caso di vecchiaia possiamo avere la pensione previdenziale di vecchiaia, quella di anzianità, pensione sociale e pensione di base. (vedi pag.58)

Possiamo dire che con l’espressione POLITICA PENSIONISTICA facciamo riferimento a tutte quelle azioni attraverso cui viene tutelata la vecchiaia; si occupano di questa politica enti pubblici, privati e parapubblici. Per sistema pensionistico quindi si intende quell’insieme di regole e istituzioni preposte a erogare prestazioni vitalizie in denaro a coloro che hanno terminato la carriera lavorativa garantendo agli stessi la sicurezza economica anche nel periodo di quiescenza. Le prestazioni pensionistiche sono finanziate in modi diversi: -finanziamento fiscale: viene associato alla pensione sociale e a quella di base, la gestione delle risorse è affidata all’amministrazione centrale dello stato. -finanziamento contributivo: viene utilizzato per le pensioni previdenziali di vecchiaia e anzianità, qui la gestione delle risorse è più complessa; esistono due alternative che sono il sistema a capitalizzazione e quello a ripartizione. (vedi quaderno) Caratteristico delle politiche pensionistiche sono i tre pilastri fondamentali che sono: 1. Il sistema pensionistico pubblico centrato sull’INPS 2. Il sistema di previdenza integrativa-complementare rivolto ad occupati 3. Il sistema di previdenza individuale L’Italia all’inizio si colloca tra i paesi bismarckiani, nel 1919 viene creato il d.lgs n.603 che porta alla definizione di uno schema obbligatorio per la tutela di vecchiaia e invalidità e alla formazione di una cassa nazionale per gli assicurati. Nel 1939 viene introdotta la pensione di reversibilità e la riduzione dell’età pensionabile (60 anni per gli uomini e 55 per le donne). Durante la fase espansiva si formano i sistemi multipilastro (il sistema pubblico fornisce solo una protezione minima mentre la funzione di mantenimento del reddito dei lavoratori nella fase della quiescenza è affidata agli schemi a capitalizzazione di secondo e terzo pilastro) e monopilastro (il sistema è costituito da schemi assicurativi pubblici, obbligatori, inclusivi, maturi, gestiti a ripartizione e con prestazioni collegate alle retribuzioni). Il passaggio fondamentale è costituito dalla legge 153\1969 che definisce i tratti fondamentali del sistema pensionistico, infatti, nasce un sistema di gestione a ripartizione con pensione retributiva. Tale sistema affida il proprio equilibrio ad un particolare rapporto tra attivi e pensionati; infatti è finanziariamente sostenibile quando restituisce al lavoratore, sotto forma di pensione, i contributi versati capitalizzati a un tasso pari a quello di crescita dell’economia. Se il sistema è troppo generoso verso le generazioni attuali accumola un debito implicito che ricadrà sulle generazioni giovani e su quelle future. Alcuni fattori generano la crisi: -fattori esogeni: aumento disoccupazione, allungamento vita media, ecc -fattori endogeni: abbassamento dell’età pensionabile, ecc A partire dagli anni ’90 sono state adottate delle riforme che conseguono diversi obiettivi come il contenimento della spesa, riarticolazione del sistema pensionistico e apertura di un sistema multipilastro; tra le più importanti ricordiamo:

1. RIFORMA AMATO 1992: misure parametriche sottrattive su pilastro pubblico; con questa si avvia un processo di riordino e stabilizzazione del sistema previdenziale, introducendo tra l’altro l’innalzamento dell’età pensionabile per la vecchiaia (65 anni per gli uomini, 60 per le donne) e prevendendo per tutti i lavoratori una contribuzione pari a 35 anni ai fini dell’accesso alla pensione di anzianità. 2. RIFORMA DINI 1995: introduzione sistema contributivo; istituisce per i soggetti assicurati a decorrere dal 1° gennaio 1996, il sistema di calcolo contributivo basato sui contributi effettivamente versati. I contributi accantonati vengono convertiti in rendita attraverso coefficienti di trasformazione calcolati in ragione dell’età di pensionamento e della conseguente attesa di vita. Dal 1995 in poi c’è stato un susseguirsi di interventi per assestare il sistema pensionistico e metterlo a regime; gli interventi più importanti sono quello di Prodi nel 1997, Maroni nel 2001 e Fornero nel 2011. (guarda quaderno)

CAPITOLO 3. POLITICA DEL LAVORO= riguarda un insieme di interventi pubblici volti al raggiungimento e al mantenimento di un elevato e stabile livello occupazionale. Una delle distinzioni più comuni che viene fatta è tra politiche attive (volte a rendere più efficiente il funzionamento del mercato del lavoro) e politiche passive (di sola tutela del reddito della persona in cerca di occupazione). I principali compiti delle politiche del lavoro sono: 1. Regolamentazione del mercato del lavoro attraverso la disciplina dei rapporti di lavoro 2. Promozione dell’occupazione attraverso misure che favoriscono l’inserimento professionale (sul libro politiche proattive) 3. Mantenimento o garanzia di un reddito contro il rischio di disoccupazione Il modello originario di politica del lavoro prende forma e si consolida dagli anni Cinquanta alla fine degli anni Settanta; quello italiano si basa su tre punti: 1- legislazione sui rapporti di lavoro di stampo garantista 2- sistema di ammortizzatori sociali, incentrato sul pilastro assicurativo (differenziazione tra garantiti, semigarantiti e non garantiti) 3- sistema di monopolio pubblico del collocamento Tra gli anni ’60 e’70 vengono create alcune riforme come: la legge 230\62 con la quale viene disciplinato il contratto di lavoro a tempo indeterminato, la legge 604\66 per il licenziamento individuale, la legge 300\70 che fonda lo statuto dei lavoratori (questa legge fu una risposta alle tensioni sociali e ai forti conflitti che c’erano nell’autunno caldo). Cassa integrazione guadagni ( CIG) è uno schema assicurativo volto a fornire un sostegno al reddito dei lavoratori dell’industria, in caso di sospensioni o riduzioni delle attività produttive per eventi di natura transitoria al fine di preservare il lavoro.

Cassa integrazione guadagni a gestione straordinaria (CIGS) viene introdotta nel 1968, è rivolta ai lavoratori di imprese industriali con più di 15 dipendenti, il cui orario di lavoro è decurtato per via dei processi di ristrutturazione, riorganizzazione o riconversione produttiva. Il provvedimento più rilevante per le politiche proattive è stato l’istituzione del monopolio pubblico sul collocamento e di un rigido sistema di procedure di avviamento al lavoro (legge 264\1949); ma anche riforme come l. 25\55 disciplina dell’apprendimento, la legge 285\77 per l’occupazione giovanile e infine la legge 845\1978 per la formazione professionale. Tra le riforme più recenti ricordiamo: 1. LEGGE TREU 1997: questa legge tocca una serie di materie tra cui l’incentivazione dei contratti di formazione e lavoro, dei contratti a tempo parziale, dell’apprendimento e dei tirocini. La novità è la legalizzazione dei contratti per la fornitura e lo svolgimento di prestazioni di lavoro temporaneo (lavoro interinale). 2. LEGGE BIAGI 2003: questa legge rivisita ed estende la gamma dei rapporti di lavoro nel settore privato soprattutto allo scopo di favorire l’inserimento nel mondo lavorativo dei soggetti deboli e di contrastare la piaga dell’occupazione sommersa. Vengono istituite nuove forme contrattuali come il part-time, apprendistato, lavoro a progetto, ecc

CAPITOLO 4. SISTEMA SANITARIO= insieme delle istituzioni, degli attori e delle risorse, umane e materiali, che concorrono alla promozione, al recupero e al mantenimento della salute. Si compone di vari sottosistemi tra cui: domanda, offerta e finanziamento; questo sistema ha diverse finalità tra cui la promozione del benessere, la guarigione dalle malattie, il sollievo dalle sofferenze e l’impedimento dalla cronicità dalle patologie; le sue attività possono essere suddivise in:    

Prevenzione primaria: mira ad eliminare le cause di insorgenza delle malattie e i possibili fattori di rischio per la salute Prevenzione secondaria: mira ad individuare le malattie in fase precoce e fermare lo sviluppo Diagnosi e cura: mirano a identificare le cause nelle malattie, rimuovere lo stato patologico o ritardarne il decorso Riabilitazione: mira a recuperare le capacità funzionali compromesse della malattia e impedirne la cronicità

Lo stato di salute delle persone non dipende solo dal funzionamento del sistema sanitario, ma ci sono anche altri fattori che condizionano in negativo o in positivo come il patrimonio genetico, i fattori ambientali, i fattori socioculturali, economici e stili di vita, uso dei servizi sanitari. Un sistema sanitario può essere valutato secondo quattro parametri che sono: -efficienza -efficacia -costi -equità

I vari sistemi sanitari dei paesi sviluppati possono essere suddivisi secondo dei modelli istituzionali che sono: sistema mutualistico, servizio sanitario nazionale e assicurazioni private di malattia. In Italia con la riforma del 1978 il sistema sanitario risulta essere pubblico e universalistico, finanziato dalla fiscalità generale e tendenzialmente gratuito. Indipendentemente dal modello che si utilizza vengono garantite due prestazioni importanti che sono l’indennità di malattia e l’indennità di maternità; la prima è una somma che viene pagata in sostituzione della retribuzione dei lavoratori che si ammalano mentre la seconda è una somma a cui hanno diritto tutte le lavoratrici madri e che permette loro di assentarsi per un periodo definito dal posto di lavoro. Quindi possiamo dire che i sistemi sanitari dei diversi paesi si differenziano per diversi aspetti come l’organizzazione, le dimensioni, le regole, ecc ma hanno una cosa in comune, ovvero, gli attori istituzionali che sono: i cittadini, gli organi centrali dello stato e quelli periferici, i soggetti economico-finanziari che acquistano e vendono le prestazioni sanitarie, e le strutture di erogazione dei servizi. L’origine dei sistemi sanitari è collegata ai processi di urbanizzazione, modernizzazione e industrializzazione che si sono sviluppati a cavallo del XIX secolo. In Italia in particolare possiamo dire che originariamente il sistema era ti tipo mutualistico, questo negli anni Sessanta inizia a modificarsi per poi trasformarsi definitivamente nel 1978 diventando universalistico. Tra le riforme più importanti che hanno modificato il sistema sanitario italiano troviamola legge 296\1958 dove si istituisce il ministero della sanità; la l. 132\1968 che si interessa dell’istituzione di enti ospedalieri; e la 833\78 (spiegata in seguito). 1. LEGGE 833\78: questa legge istituisce il servizio sanitario nazionale, porta delle grandi novità come: la tutela della salute come diritto del cittadino e interesse della collettività, garantire la globalità delle prestazioni, prestazioni erogate senza distinzioni tra condizioni sociali o individuali, viene utilizzato un metodo di programmazione discendente. Con questa riforma si dà vita anche al fondo sanitario nazionale per l’universalità del servizio. Dopo questa legge il sistema si articola su tre livelli: stato, regioni, comuni. -stato: definizioni del quadro giuridico- operativo di svolgimento dell’attività di tutela della salute in modo da garantire i principi di uguaglianza -regioni: autonomia gestionale ma non finanziaria, competenze di programmazione e di attuazione. Vengono formate le USL (unità sanitarie locali) -comuni: organizzazione di base dei servizi attraverso le Usl, rette da un’assemblea generale e da appositi comitati di gestione. 2. D.LGS 502\92: con questo decreto si portano delle modifiche essenziali, dei cambiamenti nel percorso di riforma iniziale come, trasformazione delle USL in ASL (aziende sanitarie locali), la riorganizzazione degli enti, l’introduzione del sistema di accreditamento delle strutture private, cambiamento nella configurazione degli organi di gestione delle aziende. 3. D.LGS 299\99: questa, chiamata anche riforma Bindi, tende a ricostruire un unico schema nazionale per l’erogazione dei servizi sanitari tramite: previsione dei LEP, recupero del ruolo dei comuni, rafforzamento del ruolo delle regioni, revisioni della dirigenza sanitaria, introduzione della formazione professionale continua come attività obbligatoria, rafforza l’integrazione sociosanitaria. Quindi possiamo dire che questo decreto ha proceduto ad una razionalizzazione complessiva del SSN.

(Per vedere la schematizzazione del sistema sanitario a livello locale e nazionale guardare sul libro a pag. 218-219)

CAPITOLO 5. ASSISTENZA SOCIALE= con questa espressione si intende l’insieme di interventi rivolti a superare situazioni di bisogno attraverso prestazioni monetarie e servizi sociali tipicamente finanziati tramite la fiscalità generale. Quindi le politiche socioassistenziali sono dei servizi destinati al benessere delle persone che hanno come valore proprio la relazione e la personalizzazione, si qualificano per i connotati della socialità e della relazionalità, presuppongono il rapporto personale e una forma di reciprocità tra chi realizza il servizio e chi lo riceve. SERVIZI SOCIALI: servizi alla persona, sono differenti per ogni comune perché l’autonomia è diversa (anche a livello economico). I servizi sociali sono normativamente definiti su base regionale ma di competenza degli enti locali, in raccordo con le asl. In Italia il primo intervento normativo risale al 1862, quando si stabilì la presenza di ogni comune nelle congregazioni di carità; questi enti rappresentavano i primi organi di assistenza pubblica generica nei confronti dei bisognosi. Nel 1890 viene creata la legge Crispi la quale riconosceva gli istituti pubblici di beneficienza (IPAB), regolandone la costituzione, il funzionamento e l’estinzione. Nel 1925 si ebbe il più consistente intervento nell’ambito dell’assistenza per l’infanzia attraverso l’istituzione dell’Opera nazionale per la maternità e l’infanzia; alcuni anni dopo nel 1937 vennero creati gli enti comunali di assistenza che sostituivano le precedenti congregazioni di carità. Una delle svolte più importanti per il servizio sociale è stata fatta nel 2000 con la legge per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali. 

LEGGE 328\00: si tratta di una legge quadro che tenta di ricondurre entra un’unica cornice i principi e le finalità delle attività di servizio sociale. La legge si propone come: -superamento dell’approccio categoriale, dell’intervento e del finanziamento per settori -affermazione del principio della programmazione nel campo dei servizi sociali come strategia unitaria, organica e condivisa -riconoscimento e valorizzazione dei diversi soggetti privati che si occupano dei servizi sociali (welfare mix)

I servizi sociali è l’insieme di interventi volti a contrastare situa...


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