Prof. Pontani. Parte greca : la commedia e la storiografia PDF

Title Prof. Pontani. Parte greca : la commedia e la storiografia
Author Sabina Gebbia
Course Introduzione Alla Cultura Classica I
Institution Università Ca' Foscari Venezia
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LA COMMEDIA e ARISTOFANE La commedia è un genere più recente della tragedia. Entrò a far parte dei concorsi drammatici delle Grandi Dionisie circa cinquant’anni più tardi rispetto alla tragedia, nel486 aC. All’incirca nel 440 aC, poi, anche alle feste Lenee fu istituito un agone comico. Ciò naturalmente non vuol dire che prima del 486 aC gli spettacoli di questo tipo fossero assenti dalla vita culturale della città greca; ma il loro inserimento nell’ambito delle feste dionisiache ne sanciva l’ufficialità e riconosceva l’importanza di quella presenza nel tessuto culturale della polis. Durante le Dionisie alle rappresentazioni delle commedie veniva assegnato un giorno, vi partecipavano 5 autori, ognuno di essi portava una sola opera (ridotte poi a tre nel corso della guerra del Peloponneso per via delle condizioni economiche nelle quali Atene versava). Origine della commedia Nella Poetica, Aristotele riconduce l’origine della commedia alle falloforie processioni solenni in onore di Dioniso nelle quali si trasportavano enormi falli (simbolo di fecondità)accompagnando il corteo con canti tipici. Noi conosciamo due radici della commedia: il giambo e la farsa dorica: -il giambo è un metro lirico usato nella tragedia nelle parti del coro. E’ usato anche nella commedia, nelle parti parlate, che sono nella commedia più importanti che nella tragedia (col tempo il coro perde importanza e nel IV secolo si giungerà a produrre due commedie senza la presenza del coro). E’ comunque proprio nella commedia che il giambo trova la sua collocazione ideale essendo il metro dell’invettiva, del ridicolo, che consente la creazione di parodie e doppi sensi. -la farsa dorica. La farsa è una rappresentazione molto elementare basata soprattutto sulla presenza di attori in cui certe caratteristiche fisiche sono fortemente accentuate e ridicolizzate. E’ molto legata all’ambiente dorico e siciliano. Un autore di farse era Epicarmo vissuto a Siracusa; di lui ci sono giunti solo frammenti e titoli. Dai titoli vediamo che scrisse brevi componimenti anche su temi mitologici che probabilmente erano delle parodie. Erano comunque composizioni molto popolaresche, di tono molto basso. Un aspetto importante all’interno delle farse era il coro teriomorfo dove i coreuti rappresentavano animali (abbiamo ampia documentazioni dei cori teriomorfi sulle pitture vascolari). All’interno delle rappresentazioni il coro non solo cantava ma anche parlava. Nelle commedie di Aristofane abbiamo ancora cori teriomorfi in tre commedie: le Vespe, le Rane e gli Uccelli. Etimologia della parola commedia

La parola κωµῳδία (cōmōdìa) sembrerebbe derivare da κῶµος (kômos), “corteo di persone che fanno festa, baldoria”, e ciò spiegherebbe come alla fine di molte commedie vi era uno stato di confusione e allegria. Non è però da escludere l'ipotesi secondo cui la parola derivi da κῶµη (kômē), “villaggio”, il che rimanderebbe all’origine agreste di questo genere, alle feste che si svolgevano nelle campagne per propiziare la fertilità. Già gli alessandrini scandirono la storia della commedia greca in tre fasi: la commedia antica (Arcàia), la commedia di mezzo (Mèse) e la commedia nuova (Nèa). Nella commedia antica (dalle origini fino al IV sec aC) la grande estensione delle parti liriche (cori) e la ricchezza delle invenzioni fantastiche coesistono con una tematica “seria”, ispirata al dibattito politico e culturale della vita contemporanea. L’unico autore di cui siano giunti testi integri è Aristofane. Poche sono la testimonianze della commedia di mezzo (IV-III sec aC) che sembra prediligesse il tema della parodia mitologica. La commedia nuova, fiorita durante l'Ellenismo, esclude i riferimenti alla vita politica contemporanea. I temi della commedia si adattano alla nuova realtà, spostandosi dall'analisi dei problemi politici all'universo dell'individuo. Il maggior esponente della commedia nuova pervenutoci è Menandro (IV-III secolo a. C). Non vi ha alcun rilievo il coro, limitato a semplici intermezzi musicali tra gli atti.

STRUTTURA DELLA COMMEDIA Le prime commedie che noi conosciamo sono già strutturate in parti precise: •

Prologo (informa il pubblico sugli antefatti dell’azione ma spesso anche sulle intenzioni del protagonista)



parodos, cioè l'ingresso nel coro



agone epirrematico



parabasi



esodo (assume in genere carattere di festoso corteo)

episodi e stasimi sono presenti anche nella commedia anche se non sono così ordinati come avveniva nella tragedia e gli episodi sono in genere piuttosto brevi. agone epirrematico: è il dialogo/ scontro tra due personaggi. Questo dialogo in genere rappresenta il clou della commedia, è la sfida centrale tra due realtà che si confrontano (nella tecnica agonale

non è difficile scorgere, accanto al motivo del contrasto, tipico del genere teatrale, anche un certo influsso della coeva arte oratoria- soprattutto giudiziaria- ) parabasi: è l’unico momento in cui, nel teatro attico che noi conosciamo, viene rotta la finzione scenica. In un punto della commedia il coro deposita le maschere, si porta tra gli spettatori discutendo con essi di argomenti attuali. Il coro parla a nome dell’autore. Generalmente la parabasi quindi non ha nulla a che fare con quanto viene rappresentato sulla scena. Questo mostra quanto la commedia sia aderente alla realtà; le trame della commedia, a differenza di quelle della tragedia, non sono dettate dal dio, ma sono trame inventate. Già gli antichi avevano osservato che per scrivere una commedia era necessario uno sforzo di fantasia, di scrittura originale che non necessitava nella stesura di una tragedia. I temi delle tragedia erano mitici , ciò significa che le storie della tragedia erano note al pubblico quindi la capacità autore dell’autore non stava nel sorprendere, nel creare suspense per la trama ma nel creare una costruzione drammatica che fosse persuasiva. La commedia è una storia inventata e normalmente anche i personaggi sono di fantasia anche se sono tipi di persone che si trovano comunemente nel quotidiano (calzolaio, commerciante ecc). Ci sono però delle eccezioni: sotto i panni di un personaggio si può riconoscere un personaggio in vista della vita politica della città. Nel V sec aC per quanto concerne la commedia vige il principio detto parrhesia (παρρησία= dire tutto); esso è la licenza, nell’ambito della finzione drammatica comica, di aggredire verbalmente persone- anche presenti tra il pubblico-, preferibilmente personaggi politici in vista. Tutto ciò si può fare senza che ci siano conseguenze penali anche se si arriva alla caricatura , all’insulto, alla diffusione di notizie private riguardanti il personaggio con l'intento di segnalarne in pubblico la cattiva condotta morale o privata. La commedia quindi, a differenza della tragedia, è strettamente collegata alla realtà, per questo spesso è per noi di difficile comprensione. Un’altra delle garanzie date al commediografo è l’onomastì komodein (ὀνοµαστὶ κωµῳδεῖν) cioè la possibilità di riferirsi a un personaggio senza allusioni ma nominandolo direttamente per nome. Un esempio di questo stile si può trovare negli attacchi di Aristofane a Cleone, a Socrate e ad Euripide. Nel IV sec aC, quando la democrazia ateniese si indebolisce, il ruolo sociale di questo genere drammatico cambia, si abbandonano i grandi temi della politica, si preferiscono argomenti e situazioni riferibili alla vita privata . Uno degli ingredienti salienti della commedia è la parodia( παρῳδία parà- παρα, simile e odè ᾠδή, canto) soprattutto della tragedia. La commedia spesso rielabora episodi che nella tragedia sono importanti, solenni, in chiave comica. La parodia riguardava intere scene ma anche pochi versi. Naturalmente questo pone il problema del pubblico; chi era in grado di comprendere le parodie

delle tragedie? Aristofane conta sulla memoria collettiva, sul fatto che questi poemi tragici rimanevano impressi alla cittadinanza. Stile di Aristofane La genialità di Aristofane sta nell’aver portato al punto più alto alcuni espedienti che sono tipici della commedia che, dal punto di vista stilistico sono la mescolanza costante di un registro alto e un registro basso, di parole magniloquenti e parole volgari, l’uso di parole dialettali, i doppi sensi, l’uso dell’onomatopea (ricordiamo il verso delle rane nello stagno che Dioniso deve attraversare nella sua discesa verso gli Inferi). Aristofane rivendica apertamente di aver fatto compiere al genere comico un passo in avanti avendolo depurato da alcuni dei suoi aspetti più rozzi e avendolo trasformato in un mezzo utile alla città. Leggiamo quanto Aristofane scrive nella parabasi degli Acarnesi, la commedia più antica che possediamo: Da quando il nostro poeta si prende cura dei cori comici, non si è mai presentato agli spettatori per dire che è bravo. Ma i suoi nemici hanno fatto circolare una calunnia tra gli Ateniesi: che prende in giro la nostra Città ed oltraggia il popolo. Perciò, ora si vede costretto a dare una spiegazione agli Ateniesi, i «volubili». Il poeta sostiene di avervi reso molti servigi: è stato lui ad impedire che vi lasciaste troppo ingannare da discorsi ricercati; che prendeste piacere per le adulazioni; che vi comportaste da sciocchi, con le bocche aperte. Prima gli ambasciatori delle città, quando volevano ingannarvi, iniziavano col chiamarvi «coronati di viole». La frase era appena pronunziata che subito, per via di quelle «corone», vi accomodavate sulla punta dei... culetti. E se qualcuno, in vena di adulazioni, chiamava Atene «luccicante», otteneva tutto, grazie a quel «luccicante», ungendovi con un complimento buono per le acciughe. Così il poeta vi ha reso molti servigi, mostrandovi anche a quale razza di democrazia sono sottoposti i popoli delle città alleate.

Il poeta rivendica un ruolo maieutico cioè di educazione della polis, egli sottolinea che nelle sue opere non oltraggia la città, come i suoi accusatori sostengono, le sue frasi che sembrano delle prese in giro non hanno una semplice funzione comica, servono a rendere i cittadini più scaltri, meno disposti ad essere presi in giro dalla retorica del potere…dandovi i migliori insegnamenti.

Aristofane affronta dei temi direttamente legati alla città sia creando delle situazioni grottesche, ambientate all’interno della città stessa, sia creando degli universi paralleli.

Prendiamo la commedia del 423 aC Le Nuvole. Il nome deriva dal coro. Questa commedia rappresenta un luogo preciso di Atene, la scuola dei sofisti, dove essi insegnano e dispensano il loro sapere. Trama: Il contadino Strepsìade è perseguitato dai creditori a causa dei soldi che suo figlio Fidippide ha dilapidato alle corse dei cavalli. Prima di andare in tribunale pensa di rivolgersi alla scuola dei Sofisti, coloro che insegnano ad ottenere ragione anche quando si ha palesemente torto. In questo modo, pensa Strepsiade, il figlio sarà in grado di vincere qualsiasi causa che i creditori gli intenteranno. In un primo momento Fidippide non vuole andare al Pensatoio (phrontistérion) e così il padre, disperato e perseguitato dagli strozzini, decide di recarvisi lui stesso. Appena giunto, incontra un discepolo che gli dà un assaggio delle cose su cui si ragiona in quel luogo: una nuova unità di misura per calcolare la lunghezza del salto di una pulce, oppure la scoperta del modo in cui le zanzare emettono il loro suono. In seguito, finalmente Strepsiade vede il capo della scuola, è Socrate che, appeso in una cesta, contempla le nuvole (caratteristica di Aristofane è di prendere alla lettera la metafora: Socrate è su una cesta= testa tra le nuvole). Il filosofo, dopo un breve dialogo, decide di impegnarsi ad istruirlo; Strepsiade però non riesce a capire nulla dei discorsi pseudo-filosofici che gli vengono fatti e viene quindi cacciato. Fidippide, incuriosito dai racconti del padre, decide infine di andare a visitare il Pensatoio e quando arriva assiste al dibattito tra il Discorso Migliore e il Discorso Peggiore (questa scena è rappresentata nella commedia da due attori che si scontrano nell’agone epirrhematico). Il Discorso migliore (personificazione delle virtù della tradizione), loda la sophrosyne dei tempi antichi e l'educazione che formò i vincitori di Maratona; il Discorso peggiore (personificazione delle nuove filosofie) esalta l'individualismo, l'edonismo e la trasgressione. Fidippide impara la lezione e riesce a mandare via due creditori; il padre è contento, ma la situazione gli sfugge subito di mano: Fidippide comincia infatti a picchiarlo, e di fronte alle sue proteste il figlio gli fornisce una serie di argomentazioni che giustificano il suo comportamento. Esasperato e furioso, Strepsiade dà allora alle fiamme il Pensatoio.

E’ una commedia dagli aspetti farseschi, che affronta un problema molto serio della società ateniese, cioè in che misura la società è in grado di tollerare persone che si occupano del sapere al di fuori di ogni contesto istituzionale e che soprattutto fanno mercato del loro sapere e che annettono alla parola un ruolo così potente. Nella commedia Socrate viene rappresentato come capo dei Sofisti. Questa è un’assoluta forzatura perché Socrate non è mai stato un sofista , del resto il suo motto più famoso è -So di non sapere-; Socrate non vanta alcun sapere e quindi tantomeno potrebbe vendere il sapere ad altri. Però nella percezione dell’ateniese medio, Socrate e i sofisti si ponevano sullo stesso piano: mettevano in discussione le convinzioni diffuse, i valori comuni.

Ventiquattro anni dopo le Nuvole (399 aC), Socrate fu condannato a morte per aver corrotto l’etica comune della città. Nell’Apologia di Socrate, Platone fa un riferimento alle Nuvole sostenendo che questa commedia aveva contribuito a creare malumore nelle classi conservatrici verso Socrate.

Le Rane. Esse formano il coro (che è quindi teromorfo) Trama: Dioniso, dio del teatro, decide di raggiungere l'Ade per riportare in vita Euripide. Tanto Sofocle quanto Euripide, infatti, sono ormai morti (entrambi erano deceduti nel 406 a.C., pochi mesi prima che la commedia di Aristofane fosse rappresentata). L’azione inizia in uno stagno (Aristofane mostra un grande interesse per l’onomatopea e per il verso delle rane) ma poi c’è la catabasi cioè la discesa nell’Ade del dio insieme al suo servo. Dopo una seri di lazzi Euripide viene finalmente trovato, mentre è nel mezzo di un litigio con Eschilo a proposito di chi meriti di sedere sul trono di miglior tragediografo di tutti i tempi: ognuno dei due si ritiene il migliore. L’agone epirrhematico è quindi una gara tra i due tragediografi con Dioniso come giudice: i due autori citano a turno versi delle loro tragedie, e tentano di sminuire quelli del contendente. Alla fine viene portata in scena una bilancia e ognuno dei due autori viene invitato a recitare alcuni suoi versi; la citazione che "pesa" di più ,ed è dunque migliore-ancora metafora presa alla letterafarà pendere la bilancia in favore del proprio autore. Eschilo esce vincitore da questa gara, ma a quel punto Dioniso, che inizialmente intendeva riportare in vita Euripide, non sa più a chi sia meglio concedere questo onore. Decide che sceglierà l'autore che darà il miglior consiglio su come salvare Atene dal declino. Euripide dà una risposta generica e poco comprensibile ("Se adesso va tutto male, forse facendo tutto il contrario ce la caveremo"), mentre Eschilo dà un consiglio più pratico ("Le navi sono le vere risorse"). Infine Dioniso decide di riportare in vita Eschilo. Nel frattempo era morto anche Sofocle quindi viene aggiunta una scena in cui Sofocle sta aspettando di entrare nell’Ade. Eschilo prima di andare, affida a Plutone il compito di riservare il trono di miglior tragediografo a Sofocle, raccomandandogli di non lasciarlo mai ad Euripide.

La commedia è stata scritta da Aristofone nel 405 a.C. mentre Atene stava vivendo uno dei periodi più difficili e incerti della sua storia : la guerra del Peloponneso stava giungendo al termine e la polis era sul punto di perdere la sua egemonia sul mondo greco, tanto militare quanto culturale. Per questo motivo, la città viveva una situazione di forti tensioni interne, poiché varie fazioni si combattevano per ottenere il potere: nel 411 a.C. la forma di governo democratica venne abbandonata e sostituita da un'oligarchia, ma appena un paio d'anni dopo gli oligarchi avevano

perso la fiducia della cittadinanza, e venne restaurata la democrazia. Era un periodo molto incerto e difficile, anche perché nessuno poteva prevedere quale sarebbe stato il destino di Atene se la città fosse uscita sconfitta dalla guerra. Inoltre, i due più grandi tragediografi ancora in vita, Sofocle ed Euripide, erano entrambi morti nel 406 a.C., cosicché sembrava che Atene fosse ormai destinata a perdere il suo primato tanto militare quanto culturale, e che il futuro non sarebbe stato luminoso come il passato. In quest'atmosfera Aristofane scrive una commedia profondamente nostalgica, in cui riportare in vita i morti è l'unico modo per ridare ad Atene gli splendori del passato.

Le Rane è piena di riferimenti a questa difficile situazione, la decadenza di Atene è così evidente che i morti dell’Ade chiamano gli ateniesi “i morti di lassù” ed affermano che la città è caduta nelle mani di persone malvagie e poco affidabili.

Il viaggio di Dioniso assume dunque questa doppia valenza di possibilità di salvezza per il teatro e per Atene, ed è lo stesso Dioniso a dirlo: "Statemi dunque a sentire: io sono sceso quaggiù a cercare un poeta. Per farne che, direte voi? Perché la nostra città possa salvarsi e mantenere il suo teatro". Ma perché un poeta dovrebbe essere preferito ad altre persone, nell'ottica della salvezza della città? Risponde Euripide: "Per la sua capacità e i suoi ammonimenti, e perché rendiamo migliori i cittadini nelle loro comunità". In altre parole, Aristofane vuole affermare che la città per salvarsi deve essere gestita da persone oneste e corrette, e la tragedia concorre proprio a creare questo tipo di persone. La commedia quindi riconosce l’importanza della tragedia.

Delle quaranta commedie attribuite ad Aristofane ne restano undici: •

Gli Acarnesi ottenne il primo posto alle Lenee del 425 a.C.



I cavalieri del 424 a.C.



Le nuvole del 423 a.C. (prima redazione)



Le vespe del 422 a.C.



La pace del 421 a.C.



Gli uccelli del 414 a.C.



Le donne alle Tesmoforie (Tesmoforiazuse) del 411 a.C.



Lisistrata del 411 a.C.



Le rane del 405 a.C.



Le donne all’assemblea (Ecclesiazuse) del 391 a.C.



Pluto del 388 a.C.

Aristofane 450 a.C. circa – 385 a.C. vide sia lo splendore dell’età periclea che la guerra del Peloponneso con tutti i cambiamenti politici che interessarono Atene.

Mentre ne Le Nuvole affronta il tema dei Sofisti e delle nuove filosofie, ne Le Rane affronta proprio il tema del declino di Atene. In commedie come I Cavalieri attacca Cleone esempio del democratico demagogo e populista. Ci sono commedie di Aristofane che vengono classificate come commedie dell’utopia, esse sono: La pace, Gli Uccelli, Lisistrata. Aristofane è il primo grande scrittore utopistico nel senso che ricostruisce luoghi immaginari, situazioni immaginarie che configurano un mondo diverso, generalmente migliore rispetto a quello reale. Vediamo la commedia Gli Uccelli.

Trama: Due Ateniesi abbandonano la loro città natale dominata dalla mania dei processi e da politici senza scrupoli per cercarne un’altra dove si possa vivere in pace. Ma le informazioni ricevute da Upupa, che per il suo continuo viaggiare in quanto uccello ha un’ottima conoscenza della terra, sono sconfortanti, e così decidono di fondarne una apposita chiamata Nefelococcigia (all’incirca “la città dei baggiani fra le nuvole”), sospesa a mezz’aria tra cielo e terra: essa intercetterà il fumo dei sacrifici- di cui gli dei si nutrono- e costringerà gli indifferenti dei a resti...


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