Relazione del libro matrioske seguendo i punti PDF

Title Relazione del libro matrioske seguendo i punti
Author Giulia Di Francesco
Course Laboratorio di calligrafia
Institution Università degli Studi Suor Orsola Benincasa
Pages 5
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Summary

va beneeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeerelazione seguendo lo schema della prof peeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee ciao djjdnj djdjcn djcncnd cjcnjd dcijdnkjx din...


Description

Laboratorio di pratiche di lettura DI FRANCESCO GIULIA 111009683 Leggere un libro non è soltanto un modo per trascorrere il tempo. Le pagine dei libri contengono parole, storie, sentimenti capaci di trasferire nel lettore emozioni, fargli scoprire mondi inesplorati e inimmaginabili. Leggere libri fa bene perché aiuta anche a esprimersi meglio, stimola l’immaginazione, rilassa, da un lato ci fa staccare con la realtà, dall’altro ci aiuta a conoscerla meglio. I libri aiutano a conoscere meglio se stessi, a scavare più fondo anche senza volerlo, aiutano a ritrovare la strada..ad affrontare paure e ad accettare verità, quelle crude, dure.. che sono lì..bloccate e nascoste dentro di noi, accantonate perché non abbiamo la forza di affrontarle e di considerarle. La lettura inoltre, come dimostrato da diversi studi scientifici, ha anche dei benefici per la psiche e la salute delle persone. Degli studi hanno dimostrato che stimolare la mente aiuta a prevenire o rallentare lo sviluppo di malattie come l’Alzheimer e la demenza senile. Mantenere il tuo cervello sempre attivo e impegnato serve a non fargli perdere colpi. Come tutti gli altri muscoli del corpo anche il cervello ha bisogno di fare esercizi per mantenersi in forma. Questo romanzo ‘’matrioske’’ è come se ci facesse viaggiare dentro noi stessi, quasi come una seduta da uno psicanalista oserei dire. Una galleria di madri imperfette (madri negate, madri ablate, madri oblate) allo specchio di figli meravigliosamente imperfetti. Un gioco, un gioco di finzione letteraria. Un gioco che aiuta a vivere. Una menzogna che aiuta a vedere la verità e dare senso al reale. Nella confusione allucinata tra letteratura e vita, un dialogo impossibile tra personaggi della narrativa europea, un intricato labirinto di sentieri emotivi sulle tracce delle madri. Un percorso da vertigine, al confine tra salute e malattia, memoria e oblio, medicina e narrazione. Un viaggio nel continente del materno, mosaico di paesaggi interiori contaminati dal quotidiano, itinerario agli estremi confini del femminile. Raccontati, per farne testamento, da una misteriosa madre di carte e da un suo figlio di sogno. Questo romanzo, estremamente complesso nella sua unicità, affronta molteplici temi inserendoli nella storia di una famiglia formata da finte madri e finti figli. Ci sono numerosi flashback e flashforward che rendono possibile conoscere i protagonisti nel profondo amandoli, odiandoli e riconoscendosi in loro. Dunque il lettore si trova tra letteratura e realtà ripercorrendo non solo le vicende complicate dei personaggi ma anche il loro stato d‘animo. Il titolo anticipa uno dei temi sviluppati nel corso della storia, esso è una metafora che racchiude il significato della

maternità in tutte le sue sfacettature.Con il termine MATRIOSKA, in lingua russa, si definisce il caratteristico insieme di bambole di legno di diverse dimensioni, ma di identiche fattezze, ciascuna delle quali è inserita in una bambola di formato più grande. Il pezzo più piccolo, quello più interno, si definisce “seme”; la bambola più grande, quella visibile all’esterno, si chiama “madre”, e allude alla capacità generativa e quindi creativa della persona. Ciascuno di noi è un insieme di parti più o meno visibili al mondo, più o meno disponibili alla consapevolezza personale, arricchite e definite in misura diversa, facilmente raggiungibili o sepolte in profondità.Alcune di loro, come il “seme”, rappresentano il nostro nucleo di partenza più antico, un modo di funzionare e di agire “bambino” e istintivo. E’ una parte che proteggiamo dagli sguardi indiscreti, che si nutre di silenzio e di emozione, che una musica o un profumo spesso risveglia, che è saggia e libera come solo un bambino sa e può essere. Altre parti che stanno nel mezzo, più accessibili e superficiali, consapevoli ma non troppo, si svelano e si rivelano nelle proiezioni, in quella che spesso consideriamo la nostra identità certa e costante, fatta di credenze, copioni, ricordi e ruoli, esperienze di noi stessi e del mondo. La “madre”, la faccia esteriore che quotidianamente offriamo agli sguardi altrui, è spesso pura immagine e adattamento sociale, è ciò che gli altri vedono e mi rimandano di me. E’ una parte corrazzata e dipinta, meglio definita, ostenta certezze, colori ben distribuiti e fattezze marcate. Ciascuno vede di noi quello che desidera o si aspetta di vedere e ci rimanda aspetti, giudizi, considerazioni, carezze positive o negative che nel tempo vanno a sedimentarsi e a formare la nostra personalità. Quindi la MATRIOSKA è una metafora pregna di significati. “Si può considerare, quindi, che matrioska sia un diminutivo di matrena ovvero “matrona” e che rappresenti simbolicamente la figura materna e la generosità ad essa correlata, in cui si identifica spesso – anche nella cultura occidentale – nella fertilità della terra”. La matrioska sembra un gioco. Ma il gioco è una forma altissima di comunicazione. Il romanzo inizia con un titolo di giornale nel quale viene riportato un incidente mortale avvenuto tra una macchina e un treno ma solo continuando la lettura sarà possibile capire chi è la vittima. Inizialmente troviamo Vera, donna, casalinga, moglie e madre; tutti i ruoli che non accoglierà da subito nella sua vita. Ha già due figli e ormai quarantadue anni quando scopre di aspettarne un terzo; ha paura del “rigurgito di femminilità”, crede che ormai il suo fisico non si riprenderà più. Vera è una donna che vive per gli altri, non pensa a sé stessa e l'unico modo che ha per evadere è leggere. Durante tutto il romanzo, la letteratura è un tema ripetuto, qualcosa che unisce, che consente ai personaggi di esprimersi e soprattutto che

permette ai lettori di comprendere la storia nella sua interezza. Più volte i personaggi si riconoscono in protagonisti di altri libri, in questo caso Vera, si identifica in Ulrich de “L’uomo senza qualità” alienato dal reale estraneo rispetto ad un mondo ambiguo. Parlerà infatti più volte della sua convinzione che scrittura e mondo siano due universi distinti e di come lei sia riuscita ad unirli. È possibile cogliere come il personaggio di Vera muti durante il suo percorso. Inizialmente, infatti, non riesce a far propri quei ruoli nominati precedentemente. Comincia ad avere delle visioni, lei più giovane e lei più anziana; durante una delle sue visioni, le viene fatta una domanda, ovvero quando si diventa davvero madre. Questo quesito è molto importante perché lo si ritrova più volte durante la lettura. Viene riproposto a madri diverse e soprattutto ha risposte diverse. Molte donne sono nate per essere madri, altre vedono la maternità come un peso, una gabbia. Vera non si sentiva all’altezza di questo ruolo, anzi si sentiva quasi in colpa perché dedicava poco tempo ai suoi figli ma nonostante questo era attenta a ogni dettaglio. Proseguendo nella lettura troviamo Marco. All'inizio come bambino e successivamente come uomo e marito. Marco è un amico d'infanzia di una delle figlie di Vera, Roberta. Il suo ambiente familiare è tossico, al punto che la madre lo abbandonerà lasciando una lettera nella quale anche lei, come Vera, si domanda quando si diventa madri e per lei questa è una "condizione di essere". Lei non si sente madre, anzi, vede la maternità come un nemico della femminilità. Marco cercherà di capire questo comportamento cercandolo nella letteratura, come suggerito proprio da Vera, lui la considera un modello materno e femminile da seguire e vede in lei un rifugio.. Vera era donna e aveva sviluppa in sé l’essere madre, a differenza di Enrica, mamma di Marco, che diventando madre aveva perso se stessa e per questo decide di partire in cerca della donna che era e che vorrà essere. Una volta adulto, Marco sposerà Sara: moglie, traduttrice e anch’essa madre insoddisfatta, Non ama più il suo lavoro come una volta, si distacca dal marito e comincia a sentire la maternità come un peso. Comincia a credere che sua figlia, Miriam, voglia volontariamente farla sentire in difetto e le dà la colpa di averle portato via la sua femminilità a causa della gravidanza. Anche lei si chiede come e quando si diventa madri. Lei non si sente madre e comincia anche a non sentirsi più moglie né donna. Comincia a prendere dei farmaci e grazie a questo giustifica i suoi comportamenti. Per Sara la notte è un incubo, i suoi pensieri viaggiano e si sente sopraffatta. Anche in questo caso il tema della letteratura viene ripreso, infatti Sara si sente come Nora di "Casa di bambola" (ella abbandona il marito). Nei libri, inoltre, aveva spesso ritrovato spiegato il suo stato d'animo associato alla depressione, ma si rifiutava di ammetterlo perché per lei farsi aiutare era come una sconfitta. Con il tempo, i farmaci la resero più pigra e distante fino al punto in cui, a causa di essi, arrivò a dimenticare la figlia in macchina.

Successivamente incontriamo un'altra donna, la figlia più piccola di Vera, Camilla. Lei ama viaggiare e programma i suoi viaggi attraverso la letteratura. Per lei questi però non sono semplici partenze, bensì fughe portate da un’insoddisfazione. Nonostante con il tempo Camilla fosse diventata molto importante per la sua famiglia, da piccola era cresciuta con l'idea di doversi conquistare l'amore dei suoi familiari ma ad oggi è diventata il fulcro principale della sua stessa famiglia, un vulcano di positività e vitalità. Inoltre, una volta adulta e ormai sposata, scopre di essere affetta dalla sindrome di Kallman e di essere quindi sterile. Qui troviamo una condizione diversa rispetto a quelle delle altre donne di cui si è parlato poiché mentre per le altre diventare madre aveva quasi annullato il loro essere donne e la loro femminilità, a Camilla questa condizione l'aveva portata a sentirsi più fragile e meno donna, e nonostante il marito Alonso non l'avesse mai fatta sentire in colpa, percepiva la sua insoddisfazione nel non poter diventare padre, quindi decidono insieme di adottare un bambino. Dalla lettura di questo libro si evince il legame non solo al tema della maternità e delle femminilità, ma anche un legame con la letteratura vista come un rifugio o la narrazione come liberazione, sfogo, ricerca di problemi e cure. Questo perché spesso nella lettura di qualsiasi testo ci troviamo in una sorta di finzione che non è menzogna, piuttosto un esercizio di allontanamento per comprendere meglio il mondo, sé e gli altri. Come accade nel gioco, la finzione aiuta a ridurre lo stress, smaterializzando la realtà e rendendola meno invadente psicologicamente cioè meno pesante e più semplice da sostenere e ha anche la funzione di prevedere esisti altrimenti inimmaginabili, quindi apre la mente. La finzione letteraria è dunque una vera simulazione della vita, rendendola quasi migliore, ed è proprio tramite questa finzione che ognuno può esplorare i confini dell’infinito vivendo situazione e storie diverse, aumentando la nostra consapevolezza e il nostro bagaglio culturale, di vita, di esperienze, di gioie e dolori. La letteratura conquista così un ruolo centrae nella spiegazione del funzionamento della mente, infatti i protagonisti di questa storia utilizzano la lettura come un vero e proprio strumento terapeutico che può essere definita come medicina narrativa che grazie alla competenza narrativa, fortifica la pratica clinica, per riconoscere, assorbire, interpretare essere sensibilizzati dalle storia della malattia, utile per i medici e terapisti a migliorare l’efficacia di cura. I terapeuti utilizzano le storie come terapia: raccontare e raccontarsi, e gli analisti ci dicono che l’efficacia sarò tanto maggiore quanto più i soggetti empatizzando o si identificano con i personaggi delle finzioni. La narrazione del paziente e di chi se ne prende cura è un elemento imprescindibile della medicina contemporanea, fondata sulla partecipazione attiva dei soggetti coinvolti nelle scelte. Le persone, attraverso le loro storie, diventano protagoniste del processo di cura. Quindi il racconto di sé è già

terapia. E’ proprio invitando il lettore a narrare la propria storia e a riformularla che funziona la maggior parte dei libri di autoaiuto, l’obiettivo è quello di trasformare una memoria traumatica in memoria narrativa. Ciò che più mi ha colpito in questo libro è stata la condizione di maternità voluta o negata. Prima di leggere questo libro credevo che ogni donna avesse dentro di sé l’istinto materno, ma leggendo queste storie, ciò che provano queste donne, mi ha fatto capire che questo sentimento non è presente in tutte le donne, e che se sboccia non lo fa in egual modo. Ora riflettendo credo che la maternità non è istintiva, ma dipende da diverse condizioni ambientali e individuali intorno alla donna e che se ci fosse un istinto materno non ci sarebbero non solo infanticidi e abbandono di bambini piccoli, ma anche il modo in cui le donne si prendono cura dei propri piccoli sarebbe uguale per tutti, in tutto il mondo e non cambierebbe nel tempo. Quindi è sbagliato pensare ogni donna nasca con lo scopo di diventare madre, fare la madre non è una cosa istintiva, è un cosa che apprendiamo attraverso i contatti e i modelli sociali, quindi se non desideriamo avere un figlio o se non possiamo averlo non dobbiamo sentirci snaturate perché fare la madre non è una questione di naturale....


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