Riassunti ergonomia dell\'esercizio fisico PDF

Title Riassunti ergonomia dell\'esercizio fisico
Author Alessio Mudaro
Course Scienze dell'esercizio fisico per il benessere e la salute
Institution Università telematica e-Campus
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Summary

ERGONOMIA DELL’ESERCIZIO FISICOProf. Pietro PicernoObiettivo  Il corso fornisce le conoscenze scientifiche riguardanti il rapporto uomo-ambiente in diversi contesti e si pone l’obiettivo di fornire agli studenti nozioni e criteri metodologici per lo studio e la prevenzione delle problematiche relat...


Description

ERGONOMIA DELL’ESERCIZIO FISICO Prof. Pietro Picerno Obiettivo  Il corso fornisce le conoscenze scientifiche riguardanti il rapporto uomo-ambiente in diversi contesti e si pone l’obiettivo di fornire agli studenti nozioni e criteri metodologici per lo studio e la prevenzione delle problematiche relative a postura e movimento umano in diversi contesti di vita, nelle attività motorie e sportive e nel lavoro. Contenuti  6 CFU così suddivisi: 1. Principi generali e presupposti normativi  L’ergonomia come disciplina; ergonomia fisica (iter normativo comunitario e italiano); disturbi muscolo-scheletrici ed elenco malattie… 2. Le norme della serie ISO 11228  Versione originale, 1, 2 e 3; 3. Valutazione del rischio da posture di lavoro incongrue  Versione originale, con ISO 11226 ed EN 1005-4, alternative ad essi (metodo OWAS e REBA); 4. Valutazione del rischio da vibrazioni meccaniche  Vibrazioni, livelli di esposizione giornaliera ad esse, misure preventive e di protezione, valutazioni sperimentali sui livelli… 5. Stima dei carichi lombari durante la movimentazione manuale dei carichi  Richiami di dinamica del corpo rigido, dinamica articolare, modelli biomeccanici; 6. Eziopatogenesi del low back pain  Il low back pain, concetto e tipologie di sollecitazione meccanica, l’unità funzionale spinale, strutture sotto sforzo, LBP: all’origine del dolore… Il termine “ergonomia” deriva dal greco ergon (lavoro) e nomos (norma, controllo), letteralmente “norma del lavoro”. Detta anche scienza del fattore umano, “è la disciplina che studia l’attività dell’uomo in relazione alle condizioni ambientali, strumentali e organizzative in cui si svolge”. Quest’interazione tra uomo e ambiente ha ripercussioni a livello fisico, mentale e sociale, e per questo motivo esistono 3 aree di specializzazione dell’ergonomia: fisica, cognitiva e organizzativa.  L’ergonomia fisica tratta le caratteristiche antropometriche, fisiologiche e biomeccaniche che influenzano le interazioni tra uomo e ambiente in termini di impegno fisico. Si occupa di fare in modo che quest’interazione sia compatibile con le capacità fisiche dell’uomo e ha come obiettivo la riduzione dello stress fisico e l’ottimizzazione della performance fisica.  L’ergonomia cognitiva si interessa dei processi mentali che influenzano le interazioni tra l’individuo e l’ambiente, si occupa di fare in modo che quest’interazione sia compatibile con le capacità cognitive dell’uomo e ha come obiettivo quello di valutare il carico di lavoro mentale nello svolgimento di un compito per la riduzione dello stress psichico.  L’ergonomia organizzativa, infine, riguarda l’ottimizzazione dei sistemi socio-tecnici, delle strutture organizzate, delle politiche e delle strategie che riguardano lo svolgimento delle attività dell’uomo; attengono a questi aspetti fattori relativi a tempi, metodi e ritmi delle attività, il work design, il clima relazionale, la comunicazione. L’obiettivo è l’ottimizzazione dei processi di gestione del lavoro, quindi tempo e risorse umane. Gli obiettivi generali, quindi, sono sostanzialmente due: 1. Adattare il lavoro alle esigenze psico-fisiche dei lavoratori (Odeleschi); 2. Ottimizzare l’interazione e quindi la compatibilità uomo-ambiente dal punto di vista fisico, cognitivo e sociale per rispettare le limitazioni dell’uomo e potenziarne le capacità operative Quindi, l’ergonomia è positiva:  Per il lavoratore, perché aiuta a prevenire malattie del sistema muscolo-scheletrico (DMS) e lo stress psichico;  Per l’azienda, perché migliorare il benessere gestionale e relazionale aumenta la produttività e riduce anche i costi dovuti all’assenza per malattia;  Per lo stato, perché riduce i costi del sistema sanitario.

Le 3 aree di specializzazione si sono definite in tempi diversi durante l’evoluzione della disciplina. In particolare, la “culla” dell’ergonomia è stato l’ambito occupazionale, in quanto l’interazione uomo-macchina è stata la prima necessità da sviluppare che si è presentata con l’industrializzazione. Quindi, tra tutte e 3, l’ergonomia fisica è stata la prima area a prendere forma. Nell’accezione odierna di disciplina accademica, l’ergonomia nasce nel 1949 con la fondazione a Oxford della Ergonomics Research Society, anche se il termine appare per la prima volta nel 1857 in un articolo dello scienziato polacco Jastrzebowski, intitolato “Cenni dell’ergonomia…”. I primi segnali dell’attenzione nei riguardi dell’interazione uomo-ambiente lavorativo vanno ancora più indietro, nel 1717 con Bernardino Ramazzini, professore di medicina che pubblicò un libro dal titolo “Le malattie del lavoro” (ha descritto i DMS lavoro-correlati per la prima volta). Egli ancora oggi è considerato il padre della medicina del lavoro, un vero precursore dell’ergonomia fisica.  Anni ’50  Si sviluppa l’ergonomia militare, grazie alla spinta dell’esercito USA che promuove la nascita della “Human Factors and Ergonomics Society”;  Anni ’60  Si sviluppa l’ergonomia industriale, presente come strumento di innovazione nei settori produttivi più avanzati. Nel 1961 nasce la Società Italiana di Ergonomia;  Anni ’70  Si sviluppa l’ergonomia del terziario, applicata alla valutazione delle postazioni di lavoro e delle condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori;  Anni ’80  Si sviluppa l’ergonomia dell’interazione uomo-computer, che promuove la comparsa di nuove tecnologie quali videoterminali e PC (secondo Zingarelli, “l’ergonomia è la disciplina che studia le condizioni e l’ambiente di lavoro per adattarli alle esigenze psicofisiche del lavoratore”)  Nasce l’ergonomia cognitiva  Anni ’90  Si sviluppa l’ergonomia per il progetto, rivolta all’innovazione di prodotto e dei processi di progettazione e produzione. N.B.  Il termine ergonomia compare per la prima volta nelle normative italiane nel 1994, con il decreto legge n°626 in materia di sicurezza del lavoro. L’ergonomia e l’approccio User-Centered (l’utente al centro del progetto) contribuiscono oggi alla fase progettuale, di sviluppo, realizzazione e uso dei prodotti. Lo User-Centered Design (UCD) è la pratica di progettare prodotti che possano essere utilizzati dagli utenti per gli obiettivi e l’uso richiesti, con la massima efficienza e soddisfazione e col minimo stress fisico e mentale. Esempio  Un oggetto non facilmente utilizzabile dal punto di vista fisico, oppure non sicuro, oppure che implica un grande sforzo emotivo, è definito come un oggetto poco ergonomico. L’ergonomia fisica si occupa di studiare l’esposizione agli agenti fisici a cui è esposto l’individuo nell’ambiente di lavoro (ad es. movimentazione dei carichi, posture incongrue, vibrazioni, movimenti ripetitivi) e i suoi potenziali effetti negativi sul sistema muscolo-scheletrico. Essa, come l’ergonomia in generale, nasce in ambito occupazionale e tra i suoi principali oggetti di studio si trovano i disturbi muscolo-scheletrici (DMS) da sovraccarico biomeccanico lavoro-correlati. In questo senso, la valutazione del rischio riguarda il potenziale sviluppo di un determinato tipo di patologia del sistema muscolo-scheletrico associato all’esposizione di uno specifico agente fisico; di fatti, le caratteristiche rilevanti di questa esposizione sono la sua intensità, durata e frequenza. Ma oltre alla valutazione del rischio, bisogna considerare anche la prevenzione, che riguarda la definizione e l’implementazione di misure per la riduzione del rischio di sviluppare i DMS. Queste si basano sui metodi di lavoro che possono ridurre intensità, durata e frequenza dell’esposizione agli agenti fisici dannosi per il sistema muscolo-scheletrico e, come richiesto dal legislatore, si devono attuare già durante la progettazione degli ambienti di lavoro e la definizione dei processi lavorativi.  Dunque, i DMS da sovraccarico biomeccanico rappresentano patologie a carico delle strutture osteo-articolari, muscolo-tendinee e nervo-vascolari attribuibili all’assunzione di posture incongrue e coatte, all’esposizione prolungata a microtraumi ripetuti come anche alle ipersollecitazioni funzionali (rapporto ANMIL del 2013 di Giovannone).

La nascita dell’ergonomia fisica come materia di studio e la formalizzazione dei DMS come malattie lavoro-correlate sono imprescindibili dalla disciplina normativa della CEE. In altri termini, sia l’ergonomia fisica che i DMS hanno preso forma in seno alla disciplina comunitaria; per cui, la loro presentazione non può prescindere dal ripercorrere l’iter normativo comunitario e dai motivi che hanno portato alla nascita di questo stesso iter. In generale, le problematiche inerenti ai DMS da sovraccarico biomeccanico dovute all’esposizione a fattori di rischio presenti negli ambienti di lavoro, sono da tempo oggetto di disciplina normativa a livello comunitario. È importante tener presente che l’iter normativo degli stati membri dell’UE (tra cui quello italiano) in materia di sicurezza sul lavoro è mosso da direttive CEE; questi Stati sono obbligati a recepire queste direttive e assimilarle in leggi nel proprio impianto normativo nazionale. Nell’ambito delle malattie professionali si assiste ad un cambio di passo tra “vecchie e nuove” patologie, e quindi i DMS si caratterizzano come le patologie del nuovo modo di produzione. Secondo l’INAIL (2006), “nella società attuale si assiste all’evolversi della patologia professionale verso una sempre maggior visibilità delle malattie correlate al lavoro e, in particolare, di quelle legate a movimenti ripetitivi, movimentazione di carichi e posture incongrue. Queste situazioni sono riconducibili, nella maggior parte dei casi, alla carente o nulla applicazione dei principi ergonomici alle attività lavorative”. La rilevanze delle patologie muscolo-scheletriche è emersa in maniera sempre più netta a seguito delle indagini sulle condizioni di lavoro in Europa condotta da diverse agenzie comunitarie, tra cui EU-OSHA (l’agenzia europea per la salute e sicurezza sul lavoro), Eurostat ed Eurofond: da quest’ultima, in riferimento alla seconda inchiesta del 1996, si evince che “i problemi di salute più frequentemente segnalati dai lavoratori comprendevano il mal di schiena, con una media pari al 30%, e i dolori muscolari agli arti nella misura media del 17%”. Si evince inoltre che la media europea di assenze da lavoro dovute a DMS da sovraccarico biomeccanico è del 23%. D’altra parte, un’indagine del 1999 condotta da Eurostat afferma che i DMS riguardano il 53% dei disturbi lavoro-correlati nell’UE15 (quell’anno c’erano 15 membri). Nel 2007, l’indagine “Health and Safety at work in Europe” condotta sempre da Eurostat riporta che in Europa circa il 60% delle malattie professionali è riconducibile a DMS. Secondo Di Stefano e Fontana, “economicamente i costi continuano a crescere e in Europa i DMS colpiscono almeno 100 milioni di persone, rappresentando la metà di tutte le assenze europee da lavoro e per il 60% le incapacità di lavoro permanente. In alcuni Paesi dell’UE, i DMS rappresentano il 40% del costo di risarcimento dei lavoratori, portando ad una riduzione del 2% del PIL dei singoli Stati membri”. Dunque, secondo l’INAIL, “le conseguenze sono pesantissime, da un punto di vista sociale ed economico, per i lavoratori ai quali procurano sofferenza personale e riduzione di reddito, per i datori di lavoro che riducono l’efficienza aziendale e per il Paese perché incidono sulla spesa sanitaria e previdenziale”. Secondo l’ADAPT, “l’evoluzione dei contesti organizzativi, produttivi e del mercato del lavoro hanno indotto necessari cambiamenti nell’approccio al tema della salute e sicurezza: l’attenzione si sposta da una prospettiva a posteriori, centrata sulla riparazione del danno infortunistico, ad una concezione globale di sicurezza che si focalizzi sulla prevenzione diffusa tra tutti gli attori del sistema organizzativo”. Nel 1990 la CEE emana la prima direttiva in materia di movimentazione dei carichi (la 90/269/CEE), che nasce in seno alla cosiddetta “direttiva quadro” sulla sicurezza dei lavoratori del 1989. A questa, sempre in materia di ergonomia fisica, fanno seguito la 90/270 e la 2002/44, rispettivamente per le attività svolte su attrezzature munite di videoterminali e per l’esposizione alle vibrazioni. In particolare, nella 90/269/CEE si possono notare 3 aspetti basilari: 1. Si fa riferimento esplicito al termine ergonomia  “Condizioni ergonomiche” 2. Si parla di rischio di patologia di un distretto muscolo scheletrico per i lavoratori; 3. Si invita il datore di lavoro a prevenire il rischio biomeccaniche con misure preventive specificate in un allegato tecnico.

Soltanto nel 2004 la Commissione Europea avvia la prima fase di consultazioni con le parti sociali in merito ai DMS lavoro-correlati, tant’è che nel testo della consulta compare per la prima volta l’espressione “work-related musculoskeletal disorders ”. Sempre nel 2004, in Italia, i DMS vengono inclusi nell’elenco delle malattie professionali. Si può quindi parlare, in questo contesto, di malattia professionale (detta anche “tecnopatia”), ossia della patologia che il lavoratore contrae in occasione dello svolgimento dell’attività lavorativa a causa della presenza di fattori nocivi presenti nell’ambiente nel quale presta servizio. Si distingue dall’infortunio sul lavoro perché l’infortunio si verifica in modo tendenzialmente immediato e traumatico (la cosiddetta causa violenta). I DMS lavoro-correlati, a differenza delle malattie professionali per le quali è riscontrabile una causa-effetto diretta tra un agente nocivo e la malattia stessa, sono definiti dall’OMS come “malattie ad eziopatogenesi multifattoriale” in quanto riscontrabili anche nella popolazione non esposta e causate, secondo la letteratura medica, da ulteriori fattori quali invecchiamento, traumi pregressi e patologie croniche. Per i DMS in cui si ipotizza un’origine legata all’attività lavorativa, vale la definizione di “malattie lavoro-correlate”, in quanto il ruolo dell’esposizione occupazionale nella genesi del disturbo è considerato solo concausale  I DMS possono essere tecnopatie: dipende dal tipo. Tuttavia, nel 1997 il NIOSH (National Institute for Occupational Safety and Health) ha effettuato una revisione di oltre 600 studi epidemiologici mostrando 3 livelli di evidenza tra diversi fattori di rischio e DMS in determinati distretti del sistema muscolo-scheletrico (collo, spalla, polso, mano...): forte evidenza, normale e insufficiente evidenza di associazione. I fattori di rischio, però, sono rimandabili a specifici agenti fisici che secondo l’EU-OSHA sono identificabili in forza, postura, movimento e vibrazioni  In questi fattori si guardano sempre le 3 caratteristiche dell’intensità, della durata e della ripetitività (o frequenza). Secondo il NIOSH:  C’è un livello di normale evidenza tra posture incongrue e DMS al rachide lombare, tra vibrazioni e sindrome del tunnel carpale, tra forza e DMS, tra movimenti ripetitivi e DMS alla spalla; di contro, c’è un livello di forte evidenza tra posture incongrue e DMS al rachide cervicale, tra movimentazione di carichi e anche tra vibrazioni e DMS al rachide lombare.  Il fattore di rischio la cui relazione con l’insorgenza di tendinite al polso è di forte evidenza è la combinazione di tutti i fattori  Forza, ripetitività dei movimenti e postura incongrua;  Il fattore di rischio la cui relazione con l’insorgenza di sindrome del tunnel carpale è di forte evidenza è la combinazione di tutti i fattori  Forza, ripetitività dei movimenti e vibrazioni L’evoluzione normativa italiana in materia di ergonomia fisica, che si presenta piuttosto frammentata a seconda del diverso grado di recepimento degli indirizzi comunitari, si può suddividere in 3 principali periodi, cui corrispondono altrettanti approcci regolatori:  1ª fase: ante DL 626/1994; 2ª fase: DL 626/1994; 3ª fase: DL 81/2008 Nella prima fase, l’attenzione del legislatore è stata esclusivamente rivolta alla tutela delle fasce considerate più “deboli” della popolazione lavorativa, ossia giovani, genere femminile e lavoratrici madri, fissando limiti per il sollevamento dei carichi e divieti a svolgere mansioni faticose. La vera grande innovazione si è avuta con il DL 626/1994 – “Tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori sui luoghi di lavoro”, che per 14 anni è stata la principale fonte di riferimento in materia e vede per la prima volta utilizzato il termine “ergonomia” in una normativa italiana. I titoli di questo DL rilevanti in materia di ergonomia fisica sono:  Titolo V – “Movimentazione manuale di carichi (MMC), che ci interessa per i DMS da sovraccarico biomeccanico rachide lombare;  Titolo VI – “Uso di attrezzature munite di videoterminali” (VDT), cioè PC e simili, sui requisiti minimi di conformità delle postazioni con videoterminali. Infine, con il DL 81/2008 – “Testo unico in materia di sicurezza sul lavoro e tutela della salute del lavoratore”, si completa la 3ª fase delle norme in materia di ergonomia fisica. Questo DL apporta alcune modifiche e novità rispetto al DL 626: i titoli sono gli stessi con l’aggiunta del Capo III – “Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a vibrazioni” (Titolo VIII“Agenti fisici”).

Il Titolo V del DL 626/1994 recepisce la direttiva comunitaria 90/269/CEE in materia di movimentazione manuale di carichi in modo sostanzialmente immodificato. Esso comprende tre articoli (47, 48 e 49) e un allegato tecnico all’art. 48 (allegato VI) denominato “Attuazione di direttive CEE sul miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro”.  Art. 47: campo di applicazione  “Si intendono per movimentazione manuale dei carichi: le operazioni di trasporto o di sostegno di un carico ad opera di uno o più lavoratori, che comportano rischi di lesioni dorso-lombari, cioè a carico delle strutture osteo-miotendinee e nervo-vascolari a livello dorso-lombare.  Art. 48: obblighi del datore di lavoro  Comma 1: “Il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie o ricorre ai mezzi appropriati…”. Comma 2: “Ridurre il rischio che comporta questa movimentazione, in base all’allegato VI”. Comma 3: “Nel caso in cui la necessità di una movimentazione non può essere evitata, il datore di lavoro organizza i posti in modo che detta movimentazione sia quanto più possibile sicura e sana”. Comma 4: “Il datore valuta la sicurezza, adotta le giuste misure e sottopone alla sorveglianza sanitaria”  Art. 49: informazione e formazione  Comma 1: “Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare sul peso del carico, sul centro di gravità/lato più pesante e sulla movimentazione corretta…”. Comma 2: “Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata, in particolare in ordine a quanto indicato nel comma 1”. L’allegato VI, tra i fattori di rischio lavorativi, considera le caratteristiche del carico (normativa italiana), dell’ambiente di lavoro, lo sforzo fisico richiesto e le esigenze connesse all’attività; invece, tra i fattori di rischio individuali considera l’inidoneità fisica a svolgere il compito in questione, gli effetti personali inadeguati e l’inadeguatezza delle conoscenze o della formazione. 1. Caratteristiche del carico  Troppo pesante (max 30 kg), instabile, può comportare lesioni; 2. Caratteristiche dell’ambiente di lavoro  Dislivelli della pavimentazione, umidità, ecc.; 3. Sforzo fisico richiesto  Eccessivo, brusco movimento, compiuto in posizione instabile…; 4. Esigenze connesse all’attività  Sforzi fisici frequenti, recupero fisiologico insufficiente… Infine, il lavoro ai videoterminali (VDT) è regolamentato sia nel DL 626/1994 dall’art. 50 al 59, sia nel DL 81/2008 dall’art. 172 al 179. Dunque:  Il Titolo VI comprende 10 articoli (da 50 a 59) e un allegato all’art. 58 (allegato VII), che tuttavia non fa riferimento alla valutazione del rischio da sovraccarico biomeccanico; inoltre, l’art. 51 definisce il concetto di videoterminale e postazione di lavoro, mentre nel 52 c’è un richiamo diretto all’ergonomia fisica. N.B.  C’è pure l’allegato XXXV (Capo III), che fa riferimento alla valutazione del rischio di esposizione a vibrazioni meccaniche.  Art. 51: definizioni  Si intende per videoterminale “uno schermo alfanumerico o grafico a prescindere dal tipo di procedimento di visualizzazione utilizzato”; per posto di lavoro “l’insieme che comprende le attrezzature munite di videoterminale…”  Ar...


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