Riassunti pedagogia PF24 PDF

Title Riassunti pedagogia PF24
Course Informazione,media e pubblicità
Institution Università degli Studi di Urbino Carlo Bo
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RIASSUNTO DI APPUNTI ESLIDE 2018/2019 PERSUPERARE L'ESAME DIPEDAGOGIA PF24 UNIURB,Prof. MARIA CHIARAMICHELINIPedagogia Università degli Studi di Urbino Carlo Bo 51 pag.PEDAGOGIAARGOMENTO 1. - Presentazione del corsoChe cos’è la pedagogiaDal greco p aidagogos: colui che guida il bambino. Con il termi...


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RIASSUNTO DI APPUNTI E SLIDE 2018/2019 PER SUPERARE L'ESAME DI PEDAGOGIA PF24 UNIURB, Prof. MARIA CHIARA MICHELINI Pedagogia Università degli Studi di Urbino Carlo Bo 51 pag.

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PEDAGOGIA ARGOMENTO 1. - Presentazione del corso Che cos’è la pedagogia Dal greco paidagogos: colui che guida il bambino. Con il termine pedagogia intendiamo le teorie relative all’educazione, cioè la riflessione sui problemi della formazione. Inizialmente la disciplina era rivolta solo ai bambini, oggi è riferita a tutte le età della vita. E' diventata la disciplina che si occupa della formazione dell'uomo e della donna, quindi per estensione, sapere sull’educazione. Al suo interno c'è il Life Long Learning: apprendimento per tutta la vita. La pedagogia come scienza Tutto ciò che è umano non si può considerare come scientifico in quanto non ripetibile, per cui sarebbe scientifico solo ciò che può essere riprodotto uguale nelle stesse condizioni, sotto i medesimi input. Pedagogia come sapere dotato di una propria struttura e di una propria logica, da padroneggiare per operare in maniera professionale in ambito educativo. Pedagogia come scienza non meramente empirica, ricavata dall’esperienza, ma corredata di un nucleo filosofico, forma di pensiero ordinata rispetto al proprio oggetto. Sapere critico-razionale (costruito sull’integrazione di una dimensione filosofica entro una struttura scientifica): scienza non meramente empirica ricavata dall’esperienza, ma corredata di un nucleo filosofico, forma di pensiero ordinata rispetto al proprio oggetto e sapere attivo, volto a garantire l’unità, teoria - prassi educativa. Fondamento della pedagogia come disciplina: unità teoria/prassi ----> Soggetto/oggetto (io/ mondo), momento d’intervento attivo del soggetto sull’oggetto, ma anche la retro-azione del secondo sul primo. In questo modo, l’io, cambiando il mondo, trasforma indirettamente anche sé stesso. Unità di sapere e fare.

STORIA DELLA PEDAGOGIA! Si intende porre attenzione sull'evoluzione della pedagogia per passare da sapere di senso comune a scienza comune. • I° fase: Educazione informale (funzione dell’organismo sociale); Sapere di senso comune sull’educazione→ Sapere tacito disponibile al senso comune, educazione informale. Es: nella civiltà contadina la funzione educativa veniva svolta spontaneamente nelle famiglie patriarcali. É un organismo sociale in cui la funzione educativa era parte dell'organismo stesso. Quando la famiglia non riusciva ad insegnare, si aveva l'analfabetismo. • II° fase: Dalla pedagogia popolare alla pedagogia come filosofia dell’educazione In un certo momento è emersa l'esigenza di interpretare la riflessione sull'educazione, quindi non considerare tacitamente la funzione educativa, ma occorreva una riflessione formale

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sull'educazione. Questa è una fase in cui si differenziano le funzioni. In questo periodo storico nasce la storia. L'educazione diventa formale. La scuola progressivamente acquisisce uno spazio specifico e diventa depositaria di un compito educativo. In questo modo si riflette sistematicamente e formalmente sull'educazione. Si avvia una riflessione sugli SCOPI EDUCATIVI - teorizzazione scopi - normatività (norme) dell'educare = La riflessione che nasce ha un carattere normativo, siamo cioè di fronte all'emergere del PARADIGMA DELLA FILOSOFIA DELL'EDUCAZIONE. La prima riflessione sistematica sull'educazione ha il corpo della filosofia. Limiti di questa riflessione: noi separiamo l'agire educativo dal pensare l'educazione per cui la filosofia educazione studia le norme e i principi a cui si ispira l'educazione; chi agisce nella pratica, affronta i problemi della pratica per cui si appoggia al senso pedagogico educativo comune (questo è un sapere comune che rappresenta una risposta quando una risposta filosofica non c'è). Es. 1) quando l'educatore si trova di fronte a problematicità (bullismo, accoltellamenti) se io penso a filosofi educazione come un sapere astratto, non vi trovo risposta, quindi mi appoggio al senso comune pedagogico... nasce così la pedagogia generale. 2) l'alzarsi in piedi quando entra il prof ha un'origine di senso comune. • III° fase: Paradigma delle scienze dell’educazione Emerge il paradigma delle scienze dell'educazione: il fatto educativo appare sempre più nella sua complessità. Il fatto educativo esige una progressiva specializzazione dei saperi per cui i punti di vista sul singolo fatto può far riferimento a diversi di tipi di sapere. Es. un sapere che ha preso molto piede nella pratica è quello della psicologia. Negli ultimi decenni si è affermata come scienza e quindi ha fatto sentire il suo punto di vista circa i fatti educativi, così come la biologia (neuroscienze). Questi punti di vista che si sono affermati come saperi specializzati, hanno offerto contributi di grande peso anche ai fenomeni educativi. Saperi educativi (biologia, neuroscienze...)--> dicono la loro sui fenomeni educativi. Purtroppo questa cosa che dovrebbe essere una ricchezza, genera invece grandi problemi:! 1. Unitarietà. Es: Un bimbo entra a scuola e ha grandi problemi, La suola interpella lo psicologo per capire i comportamenti del bimbo. Lo psicologo chiede al medico. Si crea una frammentazione degli interventi che difficilmente portano all'unitarietà.! 2. Funzionalismo dei saperi con progressiva abdicazione da parte della pedagogia. La pedagogia rischia di diventare una ancella di queste altre scienze. Allora a cosa serve l'insegnante a scuola? Il medico gli dice a che ora il bimbo deve prendere il farmaco, l'allenatore chiede no compiti... Il docente abdica la propria funzione a tutti questi saperi che intervengono nei fatti educativi. Siamo di fronte a una criticità: 1) non c'è bisogno dell'educatore; 2) la pedagogia ha un ruolo specifico e diverso per cui non è possibile abdicare a nessun altro avvalendosi del contributo delle altre scienze. La soluzione dei problemi nasce dall'invenzione delle pratiche da parte

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dell'insegnante. Questa invenzione crea la possibilità di risolvere il problema quando l'insegnante vorrà. • IV° fase: Pedagogia come scienza autonoma E’ quella che stiamo vivendo. Non è una stagione nella quale i vari passaggi passati sono scomparsi: c'è sempre la tendenza all'emergere di queste criticità: ad esempio la separatezza tra riflessione e pratica non è stato risolto oppure l'idea che l'educazione sia un sapere tacito di senso comune, è ancora irrisolta (es: il genitore ritiene di essere capace di educare i propri figli). Questa fase è caratterizzata dalla necessità di integrare nell'educazione componenti filosofiche e scientifiche. Es. le neuroscienze oggi mi spiegano cosa sono i neuroni specchio e mi provano la loro utilità, ho bisogno di recuperare la ricchezza di questo contenuto ma queste scoperte vanno coniugate con una componente filosofica, con i principi che originano sapere educativo. Per favorire questa integrazione è necessario superare i dogmatismi di tipo metafisico che quelli di tipo empirici. I dogmatismi sono il contrario della pedagogia intesa come scienza. Il sapere della pratica non può dettare il sapere teorico. Per essere autonoma la pedagogia come scienza, abbisogna, come tutte le scienze, di un proprio oggetto specifico e di una metodologia di ricerca. Pertanto per affermare la pedagogia come scienza, dobbiamo individuare l' oggetto (l'educazione) e identificare i metodi di ricerca con particolare riguardo al problema della coniugazione tra teoria e prassi. Quali sono in tal senso i caratteri confacenti alla pedagogia come scienza? • SAPERE CRITICO RAZIONALE Dobbiamo affrontarla come un sapere critico e razionale e per farlo dobbiamo costruire una conoscenza filosofica all'interno di una struttura scientifica; dobbiamo superare i dogmatismi. I docenti non possono insegnare la propria disciplina come se fosse una credenza. Se voglio, come educatore, insegnare storia, matematica, geografia..., non posso assumere il dogmatismo perchè in questo modo insegno il mio sapere non come sapere critico e razionale, ma come credenza. Ma la credenza non è sapere scientifico perchè priva di logica scientifica, accettata acriticamente. Il sapere scientifico è messo in discussione. Gli allievi devono esplorare le varie posizioni anche scientifiche di qualcosa e confrontarle. • SAPERE ATTIVO La pedagogia come scienza è un sapere attivo. Si esce dalla filosofia dell'educazione per recuperare il carattere attivo della scienza pedagogica: la scienza pedagogica autonoma è finalizzata a garantire l'unità tra teoria e classe educativa. Il sapere pedagogico privo di precisione, di rigore di carattere critico ma condotto approssimativamente sulla base del senso comune è pessimo. La scienza pedagogica è chiamata ad un rigore a cui tutti gli educatori devono ispirarsi. Se entriamo in un'ottica di insegnamento routinario non staremo dalla parte del sapere critico. La pedagogia come scienza ha una propria

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strutturare e una propria logica da adoperare per agire in modo professionale. Non è ricavata solo dall'esperienza. E' un sapere che pur venendo dall'esperienza è corredata da un nucleo filosofico. Pertanto è un sapere critico razionale, vale a dire che è un sapere che si è costruito nell'integrazione tra dimensione teorica e scientifica. E' un sapere attivo che unisce: TEORIA → Storicamente è una rappresentazione oggettiva e speculare ella realtà capace di dare soluzione ai problemi. Oggi la teoria non è la mera rappresentazione della realtà ma una interpretazione di un certo aspetto della realtà e il prospetto di certe ipotesi a soluzione di quella realtà. Quindi la teoria è un costrutto molto più limitato di quello che era un tempo. La teoria pedagogica NON è la rappresentazione del fatto educativo. Noi possiamo interpretare un aspetto parziale e sentito della realtà in forma teorica. Es: quali sono le cause del cyberbullismo? Noi possiamo studiare e analizzarla studiando o guardando i fatti... Ci faremo alla fine un'idea teorica di cosa sia ma non potremo pensare che quella sia la realtà, ma solo una rappresentazione teorica che facciamo noi!! La teoria è un costrutto parziale e selettivo. PRASSI EDUCATIVA → La prassi nella interpretazione di Preti del ’75 praxis è un rapporto attivo con la realtà sorretto da una volontà di modificarla in determinati aspetti. La prassi è tale se sostenuta da una intenzionalità. Se non c'è intenzionalità (opportunità che io ho deciso di cogliere) non saremo di fronte ad una prassi. Parliamo di prassi quando siamo di fronte ad azione ma anche a retroazione: nell'agire lasciamo anche che l'oggetto emani la sua incidenza sul soggetto. L'esperienza intesa come anni di servizio in un determinato ruolo sia indice di capacità. Insegnanti collaudate possono non permettere più ai loro allievi di retroagire modificandoli. Quindi in questo caso non siamo di fronte alla prassi educativa.

ESEMPIO DI STORIA DELLA SCUOLA: La storia della scuola sullo sfondo della storia dell’educazione. Ripensando all’esempio di don Lorenzo Milani Don Lorenzo Milani fu un prete si è trovato in questa comunità di ragazzi provenienti da famiglie deprivate. I ragazzi non sapevano parlare l'italiano e quindi la prof. Di scuola media non faceva che registrare la loro inadeguatezza e li bocciava condannandoli a lavorare nei campi, allevare animali etc... Don Lorenzo Milani in questa realtà porta dentro un nucleo totalmente diverso. La scuola deve rimuovere ostacoli culturali e ideologici. Don Lorenzo prepara i ragazzi in un modo differente, usando lavoro cooperativo, usando il giornale... Don Lorenzo Milani scrive poi un libro rivolto alla professoressa indicando che la sua metodologia non era corretta. La professoressa impartiva a tutti lo stesso insegnamento, peccato che solo pochi potevano apprendere efficacemente. Ciò che determina il successo dipende fortemente dall'intenzione del docente nel credere che il ragazzo possa migliorare da un certo livello. Se l'insegnante ritiene che quel ragazzo non possa conseguire più di tanto i risultati, questo determina un minor progresso del ragazzo. Il

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successo dipende dal grado di aspettativa positiva dei docenti. Insegniamo ai ragazzi ai diventare sovrani!!

ARGOMENTO 2. - Esperienza ed educazione Esperienza ed Educazione - John Dewey! “Esperienza ed educazione” sono le due parole chiave del libro scritto da Dewey nel 1938. Dewey da vita al movimento dell’educazione progressista, che si rivelerà molto importante per le politiche educative e per le istituzioni formative del suo tempo, tanto da portarle ad avere una svolta di tipo democratico, giungendo all’attivismo. L’attivismo è un movimento che pone l’attenzione sugli scopi sociali in educazione e sui problemi di tipo logico e psicologico dell’apprendimento. Le posizioni teoriche e pratiche di Dewey pongono l’esperienza concreta dell’uomo me base fondamentale della cultura e della conoscenza. L’esperienza è interazione fra soggetto ed oggetto, fra organismo ed ambiente, relazione, transazione, in cui i termini non sussistono mai per sé, ma solo nei termini della relazione stessa. L’esperienza rinvia sempre a situazioni problematiche in cui l’uomo è coinvolto nel suo sforzo di adattamento e di evoluzione, e rispetto a tali situazioni, lo strumento fondamentale di cui il soggetto dispone è la ragione, intesa come attività simbolica di ricerca e di indagine, svolta secondo un metodo proprio, fatto di ipotesi e sperimentazioni, un processo che orienta il processo educativo. L’educazione deve essere incentrata su forme di attività pratica, sociale e culturale; le istituzioni e la scuola devono essere in grado di riprodurre esperienze foriere di cambiamento. Educare significa accrescere l’ambito dell’esperienza del docente e del discente, del ragazzo e dell’adulto, dell’alunno e dell’insegnante. Secondo Dewey l’educazione è “ricostruzione e riorganizzazione dell’esperienza che accresce il significato dell’esperienza stessa e aumenta l’abilità di dirigere il corso dell’esperienza stessa”. In Esperienza e educazione, Dewey contrappone la sua posizione a quella dei conservatori che criticavano le “scuole nuove” e auspicavano il ritorno alla tradizione e al principio di autorità come fondamento pedagogico. *ATTIVISMO PEDAGOGICO: Dewey parte dalla concezione del bambino come soggetto attivo e protagonista nei processi di apprendimento. Si tratta di quel metodo, che ha come scopo la creazione di una scuola non convenzionale, non impostata sul nozionismo e sull’ascolto passivo degli insegnanti o lo studio individuale come erano state le scuole sino ad allora. L’idea di Dewey è quella di creare una scuola secondo la psicologia dell’alunno e non del maestro. La nuova pedagogia, deve mirare al medito e abbandonare il contenuto prefissato, puntando non solo allo studio dei fatti della storia passata ma anche e soprattutto all’analisi dell’azione futura. Le nozioni sono fini a se stesse in quanto mutevoli, ciò che conta è la ricerca e lo sviluppo delle capacità. Dewey è il pedagogista del learning by doing, imparare facendo, imparare attraverso il fare.

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Dewey sostiene che l’apprendimento attraverso il fare aiuta il fanciullo ad organizzare la sua conoscenza e non si può sostituire con lezioni frontali o con l’apprendimento di un testo. I libri sono certamente uno strumento utile per apprendere, ma l’esperienza deve essere affiancata ai testi. In questo modo l’apprendimento non diventa un semplice strumento per superare un test, quanto un bagaglio che risulta utile nella vita reale. Il learning by doing sviluppa anche la creatività e la motivazione degli alunni. A Dewey non interessa l'attività in senso materiale, apprendere è qualcosa in più, è un qualcosa che lega l'educazione a quella che è l'esperienza di vita dell'alunno. * Educazione tradizionale ed educazione progressiva Dewey in primis, chiarisce che intende porsi di fronte a due diverse interpretazioni del termine educazione: e mette a nudo le differenze fondamentali tra un’educazione autoritaria (educazione tradizionale, che pone al centro un sapere statico e predefinito, da lui criticata) ed un’educazione progressiva (democratica ed innovativa, che pone al centro l’allievo colto nella sua individualità).

- Le scuole tradizionali impongono programmi e metodi di apprendimento che “rimangono estranei alle capacità effettive dell’alunno”, pongono un sapere statico, codificato una volta per tutte e staccato dall’esperienza, e questo nel contesto di una società in cui “il cambiamento è la regola e non l’eccezione” gli allievi sono docili, ricettivi ed obbedienti, l’insegnante è il tramite, mette gli allievi in contatto con il materiale;

- Le scuole nuove, progressive, al contrario, dedicano grande attenzione alle effettive capacità degli allievi, tentando di svilupparne le potenzialità e propongono un sapere legato all’esperienza e da questa risalgono dinamicamente alle teorie. L’allievo con i suoi interessi, desideri, bisogni è protagonista attivo del proprio percorso di crescita, è attivo, interessato, coinvolto nella risoluzione di problemi concreti, collaborativi. Conoscere significa modificare l’oggetto, la realtà, il pensiero, interagire con il mondo, apprendere non significa ricevere passivamente delle nozioni ma elaborare attivamente delle idee. La scuola tradizionale è accusata da Dewey di trasformare gli alunni in uditori passivi, la lezione tradizionale vuole che l’alunno ascolti e metta in pratica le consegne del docente. Invece, la proposta Deweiana è quella di considerare l’esperienza concreta come il mezzo attraverso il quale avviene l’apprendimento. Il pensiero di Dewey si basa su una concezione dell’esperienza come rapporto tra uomo ed ambiente, dove l’uomo interagisce con ciò che lo circonda. L’educazione deve aprire la via a nuove esperienze ed al potenziamento di tutte le opportunità per uno sviluppo ulteriore. L’esperienza è realmente educativa nel momento in cui produce l’espansione e l’arricchimento dell’individuo conducendolo verso il perfezionamento di sé e dell’ambiente. In questo senso, l’obiettivo dell’educazione non è più la trasmissione di conoscenze, ma è un metodo di apprendimento che spinge l’allievo ad affrontare le situazioni che la vita gli pone ed

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apprendere da esse. Dewey insiste molto anche sulla figura del docente, uno dei cambiamenti più rilevanti. L’educatore è infatti colui che deve allestire l’ambiente educativo, deve cioè creare in aula delle situazioni che favoriscano, sollecitino, promuovano questo processo attivo da parte dell’allievo. Adottare scelte metodologiche dell’insegnamento, costituisce e favorisce l’apprendimento dell’allievo, il quale elabora, con un suo processo interiore una forma mentis. Tra le strategie metodologiche rientrano, la cooperazione, il problem solving (il risolvere i problemi), l’organizzazione del tempo, delle lezioni, la somma totale del tempo dedicata ad una attività. L’insegnante è quindi tenuto a compiere una scelta metodologico - didattica ed una scelta organizzativa. L’educatore deve essere in grado di giudicare quali attitudini avviano di fatto ad un aumento di crescita e quali altre l’ostacolano. La sua responsabilità è quella di conoscere in che modo utilizzare la situazione circostante, fisica e sociale, per estrarne tutti gli elementi che debbono contribuire a promuovere esperienze di valore. Per tale ragione, l’educazione progressiva esige dall’insegnante una maggiore difficoltà rispetto al sistema tradizionale che non prestava attenzione a questi aspetti perché aveva a che fare solo con...


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