Riassunto ADHD E Learning Disabilities. Metodi e strumenti di intervento. PDF

Title Riassunto ADHD E Learning Disabilities. Metodi e strumenti di intervento.
Author Daniela Ierovante
Course Psicologia della disabilità
Institution Università della Calabria
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Summary

ADHD E LEARNING DISABILITIES.ADHD è la più recente etichetta diagnostica per indicare uno specifico disturbo dello sviluppo che implica difficoltà di controllo dell’attenzione, impulsività e iperattività. Una delle caratteristiche principali del Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività è la ...


Description

ADHD E LEARNING DISABILITIES. ADHD è la più recente etichetta diagnostica per indicare uno specifico disturbo dello sviluppo che implica difficoltà di controllo dell’attenzione, impulsività e iperattività. Una delle caratteristiche principali del Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività è la disattenzione. I bambini con ADHD presentano una maggior distraibilità che potrebbe essere dovuta al fatto che si concentrano maggiormente su aspetti diversi dal compito assegnato. Inoltre, si ritiene che l’attenzione sostenuta sia quella principalmente compromessa. Tale difficoltà si manifesta non solo in compiti noiosi e ripetitivi, ma anche durante l’attività ludica, come ad esempio, attraverso un continuo interrompersi per iniziare nuovi giochi. L’altra caratteristica è costituita dall’iperattività e può essere associata al disturbo di attenzione. Essa si manifesta attraverso un livello eccessivo di attività motoria e/o vocale. Essi manifestano eccessivo movimento, inappropriato rispetto alla situazione, come muovere le gambe, lanciare oggetti o spostarsi da una posizione all’altra della stanza. Insieme all’iperattività, spesso compare anche l’impulsività, definita un’incapacità di inibire i comportamenti e una difficoltà nel dilazionare la gratificazione. Un’altra conseguenza dell’impulsività è il non pensare alle conseguenze delle loro azioni. Sembra che essi sappiano cosa fare, ma che non siano in grado di applicare in maniera adeguata le loro conoscenze. I bambini con ADHD manifestano comportamenti come: agire senza riflettere, non rispettare i turni né nella conversazione e né nelle attività ludiche. Anche la manifestazione delle emozioni avviene in maniera immediata, prepotente e senza essere filtrata. Per questo motivo, spesso, questi bambini vengono giudicati come rudi e insensibili, con conseguenti problemi nell’instaurare relazioni mature e durature con i pari.

CAP. 1  IL DISTURBO DA DEFICIT DI ATTENZIONE/IPERATTIVITA’ 1. L’ADHD: caratteristiche principali ed etichette diagnostiche. Solo all’inizio del 900, grazie alle osservazioni di Still su un gruppo di bambini che presentavano “un deficit del controllo morale ed un’eccessiva vivacità e distruttività”, si ebbe una prima descrizione, nella quale, appunto, si ebbe un’attribuzione dei comportamenti irrequieti e distruttivi ad un carente sviluppo del controllo morale.

Solo in tempi più recenti si ebbe un cambiamento, dovuto al DSM, in quanto nella seconda edizione, questo disturbo venne menzionato per la prima volta con il termine “Reazione Ipercinetica del Bambino”. Il termine ipercinesia andava a sottolineare la grande importanza data all’aspetto motorio più che a quello cognitivo. Nel DSM-III, si dava invece la definizione di “Sindrome da Deficit di Attenzione”. Inoltre, si ebbe una distinzione tra Disturbo di Attenzione con o senza Iperattività. Perciò, vennero posti sullo stesso piano l’eccessiva attività o l’irrequietezza, i problemi di attenzione sostenuta, il comportamento impulsivo e lo scarso controllo. L’ultima descrizione venne data nel DSM-IV. I sintomi e i criteri diagnostici. A. Presenza dei sintomi in 1, o in 2, o in entrambi. 1. Se 6 (o più) dei seguenti sintomi sono persistiti per almeno sei mesi con un’intensità che provoca disadattamento e che contrasta con il livello di sviluppo: DISATTENZIONE:  Spesso non riesce a prestare attenzione ai particolari o commette errori di distrazione nei compiti scolastici, sul lavoro, od in altre attività;  Spesso ha difficoltà a mantenere l’attenzione sui compiti o sulle attività di gioco;  Spesso non sembra ascoltare quando gli si parla direttamente;  Spesso non segue le istruzioni e non porta a termine i compiti scolastici, le incombenze, o i doveri sul posto di lavoro (non a causa di un comportamento oppositivo o di incapacità di capire le istruzioni);  Spesso ha difficoltà a organizzarsi nei compiti e nelle attività;  Spesso evita, prova avversione, o è riluttante ad impegnarsi in compiti che richiedono sforzo mentale protratto (come i compiti a scuola o a casa);  Spesso perde gli oggetti necessari per i compiti o le attività (per esempio, giocattoli, compiti di scuola, matite, libri o strumenti);  Spesso è facilmente distratto da stimoli estranei;  Spesso è sbadato nelle attività quotidiane. 2. Se 6 (o più) dei seguenti sintomi di iperattività-impulsività sono persistenti per almeno sei mesi con un’intensità che provoca disadattamento e che contrasta con il livello di sviluppo: IPERATTIVITA’:  Spesso muove con irrequietezza mani o piedi o si dimena sulla sedia;  Spesso lascia il proprio posto a sedere in classe o in altre situazioni in cui ci si aspetti che resti seduto;

 Spesso scorrazza e salta dovunque in modo eccessivo in situazioni in cui ciò è fuori luogo (negli adolescenti o negli adulti, ciò può limitarsi a sentimenti soggettivi di irrequietezza);  Spesso ha difficoltà a giocare o a dedicarsi a divertimenti in modo tranquillo;  È spesso “sotto pressione” o agisce come se fosse “motorizzato”;  Spesso parla troppo. IMPULSIVITA’:  Spesso “spara” le risposte prima che le domande siano state completate;  Spesso ha difficoltà ad attendere il proprio turno;  Spesso interrompe gli altri o è invadente nei loro confronti (per esempio, si intromette nelle conversazioni o nei giochi). B. Alcuni dei sintomi di iperattività-impulsività o di disattenzione che causano compromissione erano presenti prima dei 7 anni di età. C. Una certa menomazione a seguito dei sintomi è presente in due o più contesti (ad esempio, a scuola – o al lavoro – e a casa). D. Deve esserci una evidente compromissione clinicamente significativa del funzionamento sociale, scolastico o lavorativo. E. I sintomi non si manifestano esclusivamente durante il decorso di un disturbo generalizzato dello sviluppo, di schizofrenia o di un altro disturbo psicotico, e non risultano meglio attribuibili a un altro disturbo mentale (ad esempio, disturbo dell’umore, disturbo d’ansia, disturbo dissociativo o disturbo di personalità). La più recente edizione del DSM ha previsto la possibilità di individuare 3 sottotipi del disturbo di base della categoria dei sintomi predominanti:  Prevalenza di sintomi nella categoria “disattenzione”, si parlerà di sottotipo disattento;  Prevalenza nella categoria “impulsività-iperattività”, si parlerà di sottotipo iperattivo-impulsivo;  Se presenta allo stesso modo i sintomi di entrambe le categorie, si parlerà di sottotipo combinato. L’ADHD coincide con la definizione di Sindrome Ipercinetica contenuta nell’ICD10.

Esso distingue il Disturbo dell’Attività e dell’Attenzione e la Sindrome Ipercinetica della condotta. Quest’ultima diagnosi compare nel caso in cui il bambino manifesti comportamenti aggressivi. L’ICD non ammette la possibilità di diagnosi associate, ma preferisce descrivere una specifica sindrome per le diverse tipologie di disturbi. Inoltre, secondo il DSM-IV, i sintomi devono comparire prima dei 7 anni, mentre per l’ICD-10 prima dei 6, ma entrambi richiedono che il disturbo sia pervasivo, ossia che comprometta più aspetti della vita quotidiana e che pregiudichi il funzionamento scolastico e sociale. 1.2 Differenze tra sottotipi di ADHD. Dagli studi è emerso che il sottotipo disattento sembra essere più timido, più apatico, più ansioso e più confuso rispetto al sottotipo iperattivo con la tendenza ad avere un tono dell’umore basso. Il sottotipo iperattivo-impulsivo ed il sottotipo combinato sembrano essere più impulsivi, avere più problemi di autocontrollo e nelle relazioni con i coetanei ed è possibile riscontrare una maggior presenza di aggressività e perciò di ricevere una seconda diagnosi di disturbo della condotta o disturbo oppositivo-provocatorio. 1.3 Sintomi secondari e fattori che influenzano il disturbo. Le caratteristiche primarie dell’ADHD sono la difficoltà attentiva, l’iperattività e l’impulsività, tuttavia vi è spesso la presenza di altri fattori che spesso accompagnano il disturbo o che ne costituiscono la conseguenza. Di solito questi bambini tendono ad essere isolati o comunque a non avere dei facili rapporti con i compagni di classe e/o di gioco. Anche negli sport spesso si manifestano delle difficoltà: difficoltà a rispettare le regole, a collaborare, a partecipare a sport di squadra e ad entrare a far parte di un gruppo. Tutte le esperienze negative che può sperimentare un bambino con ADHD, unitamente ai continui rimproveri che può ricevere sia a scuola sia in famiglia, spesso portano, di conseguenza, ad un abbassamento dell’autostima, che si riflette in una scarsa opinione di sé, legata alle ripetute esperienze di insuccesso ed alla difficoltà nella valutazione dei propri risultati in base allo sforzo compiuto.

2. Epidemiologia Secondo il DSM, i pazienti con ADHD sono circa il 5%, quindi 1 su 20. Secondo l’ICD-10 sono meno del 2%. Viene rilevata una prevalenza di incidenza della sindrome nei maschi rispetto alle femmine. Si ritiene che l’inferiore incidenza del disturbo nella popolazione femminile sia dovuta ad una limitata manifestazione di iperattività da parte di queste e quindi ad un minore, o per lo meno più tardivo, riconoscimento del problema.

L’iperattività, essendo più presente nei maschi, renderebbe più facile ed immediata la manifestazione del problema. Uno studio ha preso in considerazione uno dei più vasti database sulle ragazze con ADHD ed ha identificato più similarità che differenze tra i due sessi in termini di caratteristiche principali del disturbo. Le differenze riscontrate riguardavano il fatto che le ragazze avevano maggior probabilità di far parte del sottotipo disattento rispetto al sottotipo iperattivoimpulsivo, una minore probabilità di avere in associazione una diagnosi di Disturbo Specifico dell’Apprendimento o un Disturbo Oppositivo Provocatorio.

3. Evoluzione dell’ADHD Sia il DSM che l’ICD, definiscono l’ADHD una patologia persistente, perché anche se è considerata una patologia dell’età evolutiva, persiste per tutta la vita. L’evoluzione dell’ADHD si può suddividere in 5 fasi:  Prima della nascita: si valutano i fattori di rischio di insorgenza del disturbo;  Primi 3 anni: i genitori riferiscono che essi siano soggetti difficili sin dalla nascita, infatti risultano molto irritabili, inclini ad un pianto inconsolabile, poco tolleranti alla frustrazione e con difficoltà di sonno ed alimentazione;  Età della scuola dell’infanzia: prevalgono gli aspetti di iperattività motoria. A seconda della situazione, il comportamento appare più o meno problematico: nelle situazioni di gioco libero, in cui c’è ampia possibilità di movimento, egli non mostra particolari difficoltà, mentre in contesti in cui si richiede il rispetto di determinate regole, il bambino fatica a rimanere negli schemi;  Età della scuola elementare: le difficoltà aumentano a causa della presenza di una serie di regole che devono essere rispettate e di compiti che devono essere eseguiti. Le difficoltà principali emergono durante il primo anno, in cui il bambino fatica molto ad accettare anche le regole più basilari.  Preadolescenza: l’iperattività tende a diminuire, ma spesso si trasforma in un senso di irrequietezza interiore. Ciò contribuisce allo sviluppo di atteggiamenti problematici come prepotenza e labilità dell’umore che contribuiscono a rendere difficili i rapporti interpersonali;  Adolescenza: le normali difficoltà emotive dell’adolescenza diventano veri e propri problemi con cadute in episodi di depressione, ansia e bassa autostima (dovuto anche all’aver già avuto episodi fallimentari, soprattutto nella relazione tra pari).

4. Eziologia Ci sono stati numerosi tentativi per trovare quale sia la causa dell’ADHD, ma si è concluso che essa dipenda da vari fattori: biologici e ambientali, in quanto le cause innate determinano la genesi del disturbo, ma l’espressione dei sintomi dipende dall’ambiente che determina la gravità e la persistenza degli stessi. - Fattori biologici: coinvolgimento di specifiche aree cerebrali  Corteccia prefrontale destra: si occupa dell’organizzazione e della pianificazione dei comportamenti ed è implicata nella capacità di inibire risposte inadeguate e di resistere alle distrazioni;  Nucleo caudato e il globo pallido: sono importanti per ciò che riguarda il controllo dei movimenti automatici;  Cervelletto: ruolo importante nella pianificazione del movimento. Sembrerebbe, quindi, che questo deficit non sia imputabile a un danno cerebrale, ma a disfunzioni nello sviluppo cerebrale, molto probabilmente determinate a livello genetico. Un ruolo importante è costituito dalla dopamina, in quanto c’è una minore presenza e perciò diminuisce la capacità di inibire comportamenti inadeguati. Barkley parla di fattori legati all’ambiente:  Condiviso: status della famiglia, regime alimentare e clima famigliare;  Non condiviso: fattori di natura biologica non ereditari, come le modifiche fisiologiche verificatesi dopo la nascita del bambino e tutte le esperienze personali che rendono unica la vita di un individuo. FATTORI DI RISCHIO:  Presenza di disturbi psicologici nei familiari, in particolare l’ADHD stesso;  Abuso di sigarette e alcool della madre durante la gravidanza;  Assenza di un genitore o educazione non adeguata;  Atteggiamenti critici e/o direttivi della madre durante i primi anni del bambino. FATTORI PROTETTIVI (aiutano a limitare gli esiti negativi):  Elevato livello di scolarizzazione della madre;  Buona salute del bambino dopo la nascita;  Buone capacità cognitive del bambino;  Stabilità familiare.

CAP. 2  LA COMORBIDITA’ CON I DISTURBI DELL’APPRENDIMENTO. DSA: gruppo eterogeneo di disordini che si manifestano con significative difficoltà nell’acquisizione ed uso di abilità di comprensione del linguaggio orale, espressione linguistica, lettura, scrittura, ragionamento o matematica. Questi bambini sviluppano anche delle difficoltà scolastiche, in quanto spesso sussiste una comorbidità (associazione tra disturbi) con un Disturbo Specifico dell’Apprendimento, caratterizzati da due aspetti: la specificità e la discrepanza. Specificità: consiste nel fatto che il disturbo interessa uno specifico dominio di abilità in modo significativo ma circoscritto, lasciando intatto il livello intellettivo. Discrepanza: indica la differenza tra abilità nel dominio specifico interessato (deficitaria in rapporto alle attese per l’età e/o la classe frequentata) e l’intelligenza generale (adeguata per l’età cronologica). I bambini con DSA presentano quindi un’intelligenza nella norma o ance superiore alla norma, ma una caduta specifica ed importante in un’area specifica di apprendimento. Le ricerche dimostrano una tendenza generale del bambino con ADHD ad avere una prestazione peggiore rispetto ai bambini senza disturbi, anche se in maniera differente a seconda della disciplina presa in considerazione e a seconda della prevalenza dei problemi attentivi o di quelli relativi all’impulsività. Spesso, i DSA potrebbero essere la conseguenza dell’ADHD, in quanto l’impulsività e la scarsa capacità di attenzione potrebbero interferire con l’apprendimento delle conoscenze scolastiche o viceversa, i continui insuccessi scolastici potrebbero causare una perdita di interesse per la scuola ed una maggiore difficoltà nel seguire le lezioni per le quali non si possiedono le conoscenze di base. Inoltre, i due disturbi potrebbero essere compresenti nel momento in cui il bambino inizia a frequentare la scuola elementare a causa di una compromissione neurocognitiva preesistente. È importante effettuare una ricostruzione dello sviluppo dell’alunno per verificare l’esistenza di precoci difficoltà di apprendimento scolastico prima della comparsa delle caratteristiche di ADHD e viceversa. 1.1 ADHD e abilità di lettura. Per dislessia si intende un disturbo che comprende una specifica e significativa compromissione nello sviluppo delle capacità di lettura, non semplicemente spiegata dall’età mentale, da problemi di acutezza visiva o da inadeguata istruzione scolastica.

Esistono diverse ipotesi che hanno cercato di spiegare la comorbidità tra i due disordini: 1° IPOTESI  Pennington ritiene che un bambino che presenta un disturbo di lettura evidenzia anche sintomi di disattenzione e iperattività a causa della frustrazione che il primo disturbo comporta e non a causa dell’associazione con l’ADHD vero e proprio. 2° IPOTESI  Rucklidge e Tannock ritengono che esista un terzo disordine indipendente sia dalla dislessia che dall’ADHD, dato dalla loro combinazione. Hanno verificato che i bambini con ADHD + dislessia presentano, in alcune prove, delle prestazioni peggiori sia rispetto ai bambini solo con ADHD, sia rispetto a quelli solo dislessici. Willcutt non sosteneva questa ipotesi, ritenendo che i bambini con ADHD + dislessia presentavano la combinazione delle problematiche presenti nei bambini con solo ADHD e dei bambini con solo dislessia, perciò veniva esclusa l’ipotesi di un sottotipo di disturbo indipendente. 3° IPOTESI  “Ipotesi dell’eziologia comune” che affronta il problema della comorbidità tra ADHD e dislessia dal punto di vista genetico. Ne deriva che entrambe siano dei disturbi ereditabili e che questa comorbidità sia dovuta principalmente ad influenze genetiche comuni. 1.2 ADHD e abilità di scrittura. 1° STUDIO  è stato preso in considerazione un gruppo di 32 studenti, di età compresa tra gli 8 e i 13 anni, di cui 10 con ADHD, 11 con disturbo di attenzione senza iperattività e 11 senza nessun problema. Gli autori si sono proposti di accertare la differenza della leggibilità della calligrafia, attraverso la valutazione della maturazione percettivo-motoria, e di verificare l’espressione scritta nei tre gruppi presi in considerazione. La prova di scrittura consisteva nella stesura di 3 brevi componimenti su 3 diversi argomenti. Le variabili prese in considerazione erano: le abilità generali di scrittura, la produttività, la complessità di parole e la leggibilità. I risultati hanno mostrato che, per quanto riguarda la leggibilità della calligrafia, il gruppo ADHD aveva una prestazione peggiore rispetto a quella del gruppo di controllo. Per quanto riguarda le prove di scrittura, si è riscontrato una prestazione generale migliore del gruppo di controllo rispetto al gruppo ADHD. 2° STUDIO  è stata verificata la velocità di scrittura di 48 bambini della scuola elementare, con una diagnosi di ADHD, confrontandola con quella di altrettanti bambini della stessa età e dello stesso genere, senza nessun disturbo.

Il compito consisteva nello scrivere i numeri da 0 a 9 e le lettere del proprio nome per un minuto. I risultati non hanno dimostrato nessuna differenza significativa tra i due gruppi in nessuna delle due prove. Pertanto gli autori hanno concluso che la fluidità di scrittura non è un problema specifico dei bambini con ADHD. I bambini con ADHD scrivono meno perché hanno difficoltà nella produzione del testo. 3° STUDIO  è stata studiata la velocità di scrittura e la correttezza ortografica, in ragazzi con ADHD di scuola secondaria di primo grado. È emerso che nella prova di dettato i ragazzi ADHD hanno compiuto molti più errori rispetto al gruppo di controllo ed hanno scritto più parole inappropriate. Hanno commesso più errori riguardanti le doppie e gli accenti; invece, per quanto riguarda la velocità di scrittura, i due gruppi non si sono differenziati. Re, Pedron e Cornoldi ipotizzano che le difficoltà di organizzazione e di pianificazione tipiche di questi bambini rendano difficile per loro produrre idee, organizzare concetti e scriverli. Per questo motivo i bambini con caratteristiche ADHD hanno scritto meno, organizzato in modo non adeguato il testo, usato il vocabolario limitato e compiuto molti errori. È stata svolta un’ulteriore ricerca, per verificare se un supporto durante la pianificazione del testo potesse aiutare i bambini. Il compito proposto era quello di scrivere una lettera in due condizioni sperimentali diverse: nella prima senza nessuna facilitazione e nella seconda con l’utilizzo di uno schema-guida da seguire che aveva lo scopo di decomporre in fasi il processo di scrittura e di aiutare il bambino nella pianificazione del testo. I risultati hanno dimostrato che i bambini con ADHD riuscivano a migliorare la prestazione sotto diversi aspetti nella condizione con ...


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