Riassunto Barilli Dadaismo PDF

Title Riassunto Barilli Dadaismo
Course Storia della moda contemporanea
Institution Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM
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Il Dadaismo - Cap. 10 Duchamp e il ready-made! La più grande messa in discussione dello statuto dell’opera d’arte in età contemporanea è sicuramente quella operata dal francese Marcel Duchamp (1887-1968), come consueto per gli artisti della sua epoca, attraversa una fase fauve-espressionista durante la quale realizza soprattutto ritratti di famiglia.! ! Corrente d'aria sul melo del Giappone! A partire dal 1911 si riscontra maggiore originalità, alleggerisce le figure fino a farle sembrare filiformi (contrariamente alle fig. espressionista che erano caricate, esasperate). Qui la sfera dell'invisibile per la prima volta fa la sua comparsa aprendo in queste prime prove la possibilità di interpretazioni in chiave allegorica.!

! Giovane e fanciulla in primavera, 1911! Dove l’artista accanto ai dati visibili (segni fragili e aerei), sente il bisogno di accettare la chiave ermeneutica e quindi di parlare di un rapporto incestuoso o di un superamento dei sessi, verso un ideale di androginia. !

! Nudo che scende le scale, 1911-1912 Nella successiva fase cubista conferma la sua vocazione a ricercare un allegerimento, introducendo il movimento con l’accorgimento tecnico, ma ingenuo, della successione cinematica di un corpo sorpreso in varie “stazioni” dello spazio, utilizzata anche dai futuristi in quell'anno. ! Però questa pista viene abbandonata subito (avendone scorto il grado di sudditanza al fenomismo ottico), sebbene Duchamp continui la ricerca di nuove dimensioni: tempo, movimento, valori mentali e dimensioni spaziali.!

Il primo vero grande passo rivoluzionario avverrà nel 1913, quando introduce l'idea del readymade inserendo quindi nel campo dell’arte la macchina per vedere se è possibile farne un uso di ordine estetico, oltre che pratico che rispetta le funzioni per cui sono state prodotte. Con ciò si passa dall'idea di arte (creare oggetti visibili, tangibili quindi concreti) a quella di estetica (quando ci si limita ad acuire le facoltà sensoriali); in realtà già nelle esperienze cubo-futuriste si era riscontrato il ricorso a materiali prelevati “tali e quali”, basti pensare al collage o al trompe-l’oeil, ma se in quelle occasioni il loro atteggiamento era quello di introiettare i modelli della macchina, adesso l'artista si trova a gareggiare con essa, tanto che i materiali “reali” collaborano nell'intento artistico “concreto”, quindi sono scelti. Altri dadaisti utilizzeranno “oggetti trovati”, cioè usciti dal

mondo di natura o da quello degli utensili e caratterizzati da qualche grado di bizzarria o stranezza, in modo che abbiano un forte impatto sensoriale (reazioni: bello, brutto, sublime, volgare, provocante). Dall'artistico in questi casi si passa all’antiartistico o meglio all’anestetico, poiché si propone come oggetto esteticamente rilevante un banalissimo prodotto di serie che sembrerebbe invece il più possibile anonimo e irrilevante. Tanto che tutto può divenire opera d’arte (basta volerlo, emanare un’intenzione), quello che conta veramente è che tali oggetti vengano straniati su altri binari senza che nulla muti nel suo aspetto fisico ma solo nel suo valore estetico." In alcuni casi può essere utile anche un “aiuto” di natura fisica (detti perciò ready-made aiutati) per esempio La Ruota di bicicletta viene rovesciata e posta a testa in giù, l’Attaccapanni viene appeso molto in alto nei locali espositivi, l’Orinatoio viene spostato rispetto alla sua collocazione consueta, mentre per esempio lo Scolabottiglie non subisce spostamenti. Quello che conta infatti non è lo spostamento materiale, ma quello concettuale che non può mai mancare e fa sì che le macchine vengano sradicate dalle loro fondamenta attraverso l'arma dell'ironia e dell'umorismo; spesso inoltre le macchine si caricano di allusioni sessuali il che contribuisce ad abbassarle ulteriormente (sinonimi di atti di masturbazione) tanto che, per concludere, si può dire che le macchine vengono contestate due volte prima abbassandole al livello della vita sessuale (macchine celibi, sterili, improduttive e ideale di androginia) e poi impedendo loro di funzionare anche sotto questa stessa logica in modo da riaffermare ulteriormente la loro inutilità.!

L’artistico, l’estetico, il noetico! Quello che conta soprattutto è l’allargamento del campo estetico: ogni evento può ricevere un’intenzione. Duchamp non fa differenza fra l’immagine pubblicitaria o progettuale degli oggetti stessi, come nel caso di Macinino da caffè, un prospetto pubblicitario di gusto quasi cubista (trucchi assonometrici, ostentazione di plasticità scolastica, chiaroscurale); verso la fine del decennio si avvicina anche ad altri stati fisici della materia come quello fluido e gassoso con Aria di Parigi (altro non è che un’ampolla piena d’aria presa da Parigi). Ancora più interessante sarà il lavoro attorno ai significati linguistici creando doppi sensi e ambiguità; l’esempio più noto e clamoroso è la Gioconda di Leonardo, l’azione è molto più sottile di quanto non possa sembrare a primo impatto poiché non è solamente la profanazione di un capolavoro acclamato, ma è l'opera d'arte che in se scade a merce divenendo prodotto di consumo popolare (come sarà poi nell’ideologia della Pop Art) e quindi come oggetto banale. Le cinque lettere a caratteri cubitali sotto l'opera (L. H. C. O. Q.) inseriscono un motto di spirito, un’omofonia intraducibile in altre lingue che ha come significato la frase ironica "ella ha caldo al culo" attribuendo alla sua sublime figura un appetito sessual-libidico. I baffi, attributo maschile, rientrano nella strategia di androginia e rendere “celibe” questa macchina leonardesca." Discorso analogo può essere fatto per Belle haleine, eau de voilette (1919), dove ritorna il gioco linguistico poiché haleine sta a significare fiato magari puzzolente, andando a profanare il mito classico di Elena; anche in questo caso torna l’idea di androginia poiché sull’etichetta del profumo Duchamp pone una foto di se stesso, travestito con tanto di veletta (minimo lapsus rispetto all’ “acqua di violetta”); questi “giochi” con la lingua sono particolarmente importanti perché riesce a saldarsi con il territorio dei letterati, che considerano irrilevante l’aspetto grafico (fisico, manuale) della scrittura, e prendono in considerazione i suoni delle parole.!

! Il programma di Duchamp consiste nel non sporcarsi le mani con le pratiche “artistiche”, ma di approfittare il più possibile delle macchine preesistenti, spesso sfruttando anche effetti e risultati aleatori/casuali (forze e processi che hanno già deciso per noi, ma che sono capaci di autocontestarsi), per esempio nel 1914 sperimenta di far cadere dei fili lunghi esattamente un metro lineare per studiarne le curve e sinuosità e ripete qualcosa di simile registrando la proiezione di un rettangolo di tessuto sottoposto al soffio di una corrente d’aria (Pistone di corrente d’aria). ! Tutte queste sperimentazioni tecniche, mentali, estetiche confluiscono nell’ultima e più impegnativa opera, cioè La sposa messa a nudo dai suoi scapoli, anche (meglio conosciuta come Il grande vetro) dove ancora una volta si afferma protagonista la tematica libidica e quella del gioco di parole (difficile da rendere in italiano), l’anche nel titolo cerca di rendere il francese même che a sua volta è omofono di m’aime e lascia subito trasparire la chiave erotica. All’opera lavora fino al 1923 quando il vetro (il cui utilizzo è volto a cancellare qualsiasi indicazione spaziale e evitare di esprimersi sulle tre dimensioni e sulla quarta di tempo-movimento) che la costituisce si incrina, ma l’autore non se ne rammaricò (preziosa collaborazione del caso).! L’opera è suddivisa in una parte superiore legata al mondo femminile e in particolare della sposa, fatta consistere in un sistema di provette e tubicini capillari (punto d’arrivo della riduzione imposta agli aggregati del p. Cubista); dalla sposa parte un velo affidato a soluzioni ricavate per buona parte proprio dallo sfruttamento del vento, quasi con fedeltà all’occasione naturale e verosimile, che vuole che lo strascico giochi all’aria (quadro di garza -> belle e libere fluenze di gusto decisamente informale). Altro ricorso al caso e alla sua imprevedibile bellezza ricercato poco sotto il velo della sposa attraverso una raggiera di spari. ! La zona sottostante è caratterizzata da macchine da un lato definite con esattezza ingegneresca, ma dall’altro votate ai soliti fini di contestazione dal basso, lubrica e volgare. Sia nella slitta, sia nella macinatrice di cioccolata si possono intravedere altrettante macchine metaforiche relative ad atti di masturbazione, come dire che i due regni non vogliono o non possono incontrarsi, il rapporto resta di contemplazione distanza, facendo sì che questa macchina ritrovi il piacere di funzionare a vuoto, poiché l’esperienza sessuale non si può consumare.! Dopo questa realizzazione gli interventi di Duchamp saranno sempre più rari poiché non conosce compromessi e non vuole adattarsi ai cambiamenti come altri faranno (es Picabia, Man Ray): la sua lezione sarà finalmente compresa appieno solo dopo la ribalta internazionale del 1967.!

Picabia e Man Ray! Accanto a Duchamp in questi anni si muove anche il parigino Francis Picabia (1879-1953) e uno statunitense, Man Ray; terzetto pendolare al di qua e al di là dell’Atlantico; i soggiorni newyorkesi giovarono ad aprire la ricerca alle più varie esperienze e pose le premesse per il futuro decollo dell’arte statunitense. ! Picabia trascorrerà quasi tutta la sua carriera nella sua ombra, rivolta a riprenderne i più tipici passaggi e a offrirne delle varianti (utile ruolo di cassa di risonanza); già dalla fase fauve-espressionista si nota una vicinanza, anche tematica (comune proposta di una possibile fusione e riconciliazione dei sessi), fra i due (Adamo ed Eva, 1911); anche lui passerà per il cubismo analitico (complessa e ricca tarsia di incastri policromi) ma con una finalità esteriore puramente ottica (Apollinaire parla di cubismo orfico); successivamente anche lui assottiglia pezzi ed ingranaggi delle macchine, uscendo dal generico repertorio dei tasselli tutti uguali, per offrire un ordito più sofisticato di bielle e tubature. Seguirà l’amico anche per le scelte estreme come quella di non produrre più, con le proprie mani, macchine “concorrenziali” riprendendo quelle “già fatte” affiggendo loro la degradazione comico-umoristica, in questo processo è più scoperto e sfacciato. ! In Ecco la donna, viene proposto un banale disegno progettuale relativo al funzionamento di un pistone equiparandolo alla macchina femminile e alla sua destinazione sessuale; della stessa natura sono anche i ready-made (rifacimenti chiassosi e pittoresco di macchine in pianta con scritte volte a rivelarne le chiavi metaforiche di lettura): Parossismo del dolore, Il ragazzo carburatore, Parata amorosa dove è molto più esteriore con mosse che Duchamp gioca in modo enigmatico e di buon gusto.!

Sotto Picabia troviamo riuniti i più importanti principi del dadaismo: il ricorso al caso, l’assunzione ingegnosa di “oggetti trovati”, il ritrovamento di motivi iconici risaputi (volto, albero, paesaggio) ma ottenuti per vie insolite es. La donna dei fiammiferi, Piume, I centimetri (tutte degli inizi del terzo decennio).! Picabia, data la sua pasta meno eroica, più affabile e sottomessa al premere delle influenze, si mette in linea col clima del richiamo all’ordine, ma lo fa in modo ingegnoso, salvando l’anima, introducendo profili e sagome molto convenzionali, ma sovrapposte fra loro, svuotandole di materia e rendendole trasparenti, tenendo fede al rifiuto delle dimensioni tradizionali dell’immagine.! Più acuto e inventivo sarà invece lo statunitense Man Ray (1890-1976), un tema che in particolare lo ispira è quello della danza trattata con una specie di Cubismo sintetico, con superfici sforbiciate, campite a colori compatti e gioiosi e allo stesso tempo provviste di profili aguzzi, dentati, che ricordano macchine, ingranaggi (ispirati alla fisica dilettosa e paradossale come in D. e P.); un esito straordinario è quello di Le porte girevoli dove da vita ad un linguaggio interamente autonomo, affidato a pure entità geometriche, l’irrisione alleggerisce la pesantezza dei meccanismi che aspirano a vincere la staticità e a sfondare verso altre dimensioni. Tale ricerca

dell’altro è affidata dall’artista a mezzi diversi da quelli tradizionali. Nel 1919 ci fu un superbo ciclo di lavori che sfruttano uno strumento come l’aerografo (non sconosciuto ai mezzi grafici) ma confinato a usi tecnici e artigianali; l’artista ci dà già dei negativi, dove dovrebbe trovar posto l’inerzia della materia si apre un’assenza, mentre l’atmosfera circostanze prende consistenza, diviene visibile.! Nel 1917 segue le orme duchampiane abbandonando le tecniche grafiche pittoriche a favore del ready-made. Come Picabia, si diverte con questi oggetti, li aiuta in modi ingegnosi e umorosi a esplorare possibilità inventive sorprendenti, rivolte in genere a contestare le funzioni che quegli oggetti avrebbero in sé e per se; esempi: il Fermacarte-Priapo (banale fermacarte aiutato, con qualche ritocco può divenire un simbolo fallico); il Regalo (1921, un normale ferro da stiro vede la sua funzione principale sconvolta e contestata da uno sbarramento di chiodi aguzzi, laceranti).! Il tratto più caratteristico della sua arte sta nell’indifferenza di alternare i mezzi artistici con quelli della fotografia, per questo i suoi ready-made sono detti di “secondo grado”, mediati dalla fotografia, l’aiuto viene effettuato in una fase preliminare e poi fissato dalla fotografia, come L’enigma di Isidore Ducasse dove anticipa l’idea di coprire, fasciare (stadio preparatorio, fissato poi dalla fotogafia), cancellare un oggetto, introducendo un gioco ambiguo tra riconoscibilità e irriconoscibilità. !

Scoperte tecniche: ! Il “rayogramma”: una sera dimentica degli oggetti su di un foglio fotosensibile che viene poi sviluppato; questo dà vita a una tecnica che elimina la mediazione ottico-prospettica della camera e del suo controllo sulle cose, queste agiscono per se stesse ma nello stesso tempo subiscono lo “spaesamento” che è insito nel rovesciamento dal positivo al negativo, gli oggetti assumono grazie alle ombre un candore spettrale.! La “solarizzazione”: tecnica similare, ma più tarda (utilizzata negli anni trenta), ottenuta con un’esposizione prolungata dei soggetti alla luce, da cui deriva un alone fotomatico ai loro contorni, come evidenziati da un sottile pulviscolo, in generale si può dire che i suoi ready-made sono aiutati ma con la caratteristica di non rinunciare mai alla bidimensione. ! Man Ray, come Picabia, non coglie la virtù prima di Duchamp, cioè quella di controllare i propri interventi e far sì che siano efficaci, sorprendenti e di buona lega; inoltre non resiste all’attrazione delle mode, del ritorno all’ordine senza però abbandonare le tecniche alternative del ready-made e gli incroci e ibridazioni reciproche.!

Il Dada zurighese! Altro ambiente decisivo è Zurigo, soprattutto a partire dal 1915-16, attorno al Cabaret Voltaire aperto nel febbraio del 16 da Hugo Ball con la compagna Emmy Hennings e frequentato da Tristan Tzara (1896-1963) Marcel Janco, Hans Richter, Richard Hülsenbeck e Hans Arp; fu proprio nel corso di una di quelle serate che sarebbe stata concepita la parola "dada" aprendo a caso una pagina di vocabolario oppure a imitazione di quelle parole elementari e regressive del linguaggio infantile che costituivano il lessico dei poemetti di Ball. ! (opere più arretrate di quelle parigine, seppure il trio era più attivo a New York)! I manifesti di Tzara che rappresentano l'equivalente teorico di quello messo in pratica da Duchamp. Tzara è forse il responsabile del volto negativo, quasi nichilista con il quale si presenta a prima vista il Dadaismo e dietro al quale si cela il progetto di allargare l’”estetica”, la sensibilità dell'uomo contemporaneo portandolo ad avvalersi di ogni mezzo (anche tecnologico senza

tuttavia fidarsi mai). La negazione e la "sospensione del giudizio" appaiono quasi come una specie di igiene mentale, ma con attenzione a non andare a creare un nuovo dogma/religione, sarà questa la sostanziale differenza di fondo fra il Dadaismo di Tzara e il Surrealismo di Breton, che invece cerca di razionalizzare e raccogliere tutti questi rifiuti sparati a raggiera e incentrandoli sull'inconscio freudiano.! Nel Manifesto del signor Antipyrine (forse l’espressione più riuscita dei suoi intenti) arriva a prendersela con “l’amore della novità”, dichiarandolo principio invecchiato e ribadendo che è contro ogni principio e a favore della contraddizione continuata e capillarmente praticata; ciascuno è libero di fare “l’arte che gli pare” e di conseguenza “qualunque opera pittorica o scultorea è inutile” (convincimento in nome del quale Duchamp stava praticando da tempo i suoi ready-made). Tzara è il primo risoluto predicatore dell’opportunità di giungere a una “morte dell’arte”(anche nei panni suadenti delle avanguardie) a vantaggio della vita (che è ben più interessante). Tale principio può portare alla rinuncia di ogni atto non soltanto “artistico” (uso tecniche grafico-pittoriche), ma più in generale di ogni pratica “estetica” (tramite mezzi nuovi, fotografia, ready-made, oggetti trovati e i loro vari incroci). Tzara giunge ad affermare che Dada non è affatto moderno, è piuttosto il ritorno è una religione dell’indifferenza, quasi buddista”. Alla pesantezza dell’arte occorre contrapporre una leggerezza di tecnica capaci di stimolare le ragioni impalpabili dei sensi e della mente; infatti Tzara dice ancora: “ Dada è un microbo vergine, che si insinua con l’insistenza dell’aria in tutti gli spazi che la ragione non è riuscita a colmare di parole e di convenzioni.” (Tecniche come quella di Man Ray dell’aerografo appaiono pertinenti allo scopo). In TZara non manca la consapevolezza che le resistenze maggiori alla liberazione incondizionata di cui si fa portatore vengono dal “sesso pudibondo”, ma si guarda dall’erigere a sistema un programma di liberazione dell’eros, perché il Dadaismo non è ancora Surrealismo.! Chi avesse assistito a delle serate presso il Cabaret non avrebbe notato una vera rottura rispetto alle serate futuriste. Soprattutto nel ruolo assegnato alle espressioni verbali-fonetiche (in diretta continuità con il Futurismo e le loro serate che culminavano con la declamazione poemetti paroliberi) poiché Ball (in modo più approfondito di Marinetti -> poemetti che simulavano il progresso e il dinamismo del mondo delle macchine) si accorda l’insegnamento di Tzara e fa subire al linguaggio una specie di “collasso” col proposito di riportarlo alle origini, con una serie di balbettii propri della lingua dell’infanzia, con la predominanza di vocali e il sapore di una cantilena.! Meno innovative le performance cabarettistiche di Ball e Emmy Hennings che accompagnavano le declamazioni, interessante invece il successivo silenzio a cui entrambi si dedicano dopo l’esperienza Zurighese (interno alle prospettive Dada).! Janco e Ritcher appaiono molto incerti e confusi, lontanissimi dalla disciplina mentale di Duchamp, caratterizzati semmai da un non-allineamento rispetto agli altri ismi allora circolanti.! Ritcher sarà più teorico, riprende l’immagine di microbo che utilizzò anche Tzara, infatti disse: “come oggi accade ai batteri o agli insetti, una volta che il pubblico si era assuefatto a un’arma di sterminio bisognava pur inventatene un’altra.” In conclusione si può dire che Dada sente perennemente la necessità di essere autocritico, di non fermarsi su una “posizione”, ma andare sempre oltre e cercare l’“altro”.!

Arp, Ernst !

Apporto in termini plastici preciso e controllato viene dall'alsaziano Hans Arp. Importante il soggiorno a Parigi delle 908 dove viene in contatto con la scultura di Maillol (tipica espressione dell’Art Nouveau) e ispirata ai motivi curvilinei dei vegetali e degli animali: arte organicistica legata a compiti illustrativi e a tema del nudo femminile, benché risolto in chiave sintetica, e con un’accentuazione monumentalistica. Arp distilla certi ritmi biomorfi a cui assegna uno sbocco concreto e li pone alla base di una formatività autonoma, volta a ricreare i fenomeni della vita più che a rappresentarli. Egli si allinea inconsa...


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