Riassunto \"COSI\' Parlo\' Zarathustra\" PDF

Title Riassunto \"COSI\' Parlo\' Zarathustra\"
Course Storia della filosofia 4
Institution Università degli Studi di Bergamo
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COSI’ PARLO’ ZARATHUSTRA DI NIETZSCHE PREFAZIONE DI ZARATHUSTRA Zarathustra all’età di 30 anni, lasciò il suo paese e se ne andò sui mondi per 10 anni in completa solitudine. Una mattina chiede al Sole quale sarebbe la sua felicità se non ci fossero coloro per il quale esso rispende. Gli uomini attendono il sole ogni mattina e così Zarathustra decide di seguire le azioni del sole, decide di tramontare come fa il sole, verso gli altri uomini. Egli iniziò così il suo cammino scendendo dalla montagna. Quando giunse ai boschi incontrò un vegliardo che aveva lasciato la sua capanna per cercare radici nel bosco. Il vegliardo riconobbe Zarathustra in quanto lo aveva incontrato 10 anni prima mentre saliva sul monte. L’umo chiede a Zarathustra che cosa egli vuole ottenere dagli altri uomini che secondo il vegliardo dormono. Egli rispose che ama gli uomini e vuole portargli un dono mentre il vegliardo ama Dio perché considera l’uomo una cosa imperfetta e l’amore per gli uomini lo uccide. Tuttavia il vegliardo disse di badar bene che gli uomini vogliano accettare il suo dono in quanto sono molto diffidenti verso gli eremiti e non credono che questi vengano da loro per recare doni. Gli uomini non credono nella solitudine e quando di notte sentono qualcuno camminare pensano subito che si tratti di un ladro. Zarathustra chiede al santo che cosa faccia nel bosco e egli rispose che scrive canzoni e le canta ridendo, piangendo e mugolando e in questo modo rende lode a Dio. Allontanatosi dal vegliardo, tra sé e sé, si chiede come sia possibile che quest’uomo non abbia ancora sentito dire che DIO E’ MORTO. Giunto nella città più vicina trovò una gran folla raccolta presso il mercato perché era stato annunciato lo spettacolo di un funambolo. Zarathustra parlò alla gente dicendo che egli avrebbe insegnato loro il superuomo perché l’uomo è qualcosa che deve essere superato. Il superuomo è il senso della terra e gli uomini devono rimanere fedeli alla terra e non prestare fede a coloro che parlano loro di speranze ultraterrene. Un tempo il peccato più grande era il peccato contro Dio, ma ora che egli è morto non ci sono più peccatori così che ora il peccato più grande è quello di peccare contro la terra. Un tempo l’anima guardava al corpo con disprezzo perché essa voleva il corpo orrido così da potersi liberare da esso e dalla terra ma allo stesso tempo l’anima era orrida. Dopo che Zarathustra ebbe parlato così, tutta la gente rise di lui e guardando questa, egli si stupì. L’uomo è una corda tesa tra la bestia e il superuomo, una corda sopra l’abisso; la grandezza dell’uomo è nell’essere un ponte e non una meta: ciò che si può amare dell’uomo è il suo essere una transizione e un tramonto. Dette queste parole, egli guardò di nuovo la folla ridente vedendo che questa non lo capiva. È tempo che l’uomo fissi la sua meta: tutti vogliono le stesse cose, tutti sono uguali. Qui finì il primo discorso di Zarathustra chiamato anche “PREFAZIONE” perché venne interrotto dallo schiamazzo divertito della gente. Ma a un certo punto qualcosa fece ammutolire tutti: il funambolo era uscito da una porticina e avanzava su una corda che era tesa fra due torri sospeso sopra il mercato e la folla; quando fu a metà la porticina si aprì una seconda volta e saltò fuori un arlecchino che raggiunse l’altro e quando fu a un passo da lui gli lanciò un urlo diabolico e lo saltò oltre e questi precipitò nel vuoto e la folla scappò; Zarathustra restò immobile e vicino a lui cadde il corpo. Arrivata la sera la folla si disperse e egli restò seduto vicino al morto dimenticandosi del tempo che passava così che arrivò la notte e egli dunque si alzò e disse tra sé che egli vuole insegnare agli uomini il senso del loro essere: chi è il superuomo. Egli si allontanò dicendo che è arrivato tra gli altri uomini troppo presto. Mentre si allontanava, un uomo gli si avvicinò sussurrandogli di allontanarsi da quella città perché erano in troppi gli uomini ad odiarlo: lo odiano i buoni e i giusti

chiamandolo nemico, lo odiano i fedeli chiamandolo pericolo della folla. Alle porte della città incontrò i becchini che lo illuminarono con le fiaccole e riconoscendolo lo sbeffeggiarono. Dopo aver camminato per due ore nei boschi gli venne fame e così si fermò insieme al compagno morto presso una casa solitaria che aveva ancora la luce accesa. Bussando alla porta della casa comparve un vecchio e a egli chiese di dargli da bere e da mangiare perché CHI DA’ DA MANGIARE AGLI AFFAMATI, DA’ RISTORO ALLA PROPRIA ANIMA. Dopo aver mangiato si allontanò dalla casa e seguì la stelle e poco prima dell’alba si trovò in un folto bosco senza più scorgere alcun sentiero. Pose il morto nel cavo di un albero per proteggerlo dai lupi e si distese in terra e si addormentò a lungo. Alzatosi disse che aveva bisogno di compagni vivi da portare con sé e non compagni morti così si congeda dal compagno morto perché fra un’aurora e l’altra una nuova verità lo ha raggiunto. Così cominciò il tramonto di Zarathustra.

DELLE TRE METAMORFOSI DELLO SPIRITO Le metamorfosi dello spirto sono 3: -

Cammello Leone Fanciullo

Sul cammello grava il peso delle cose e su questo pende lo spirito paziente. Nel deserto lo spirito diventa leone e egli vuole afferrare la sua libertà ed essere signore del proprio deserto; egli qui si cerca il suo ultimo signore e a lui vuole diventare nemico e al suo ultimo dio vuole combattere con il TU DEVI per vittoria perché lo spirito del leone dice IO VOGLIO; il “tu devi” gli impedisce il cammino. Per lo spirito è necessario il leone perché egli sa crearsi la libertà per una nuova creazione e sa conquistarsi il diritto a nuovi valori. Tuttavia il leone deve diventare bambino perché il fanciullo è innocenza e oblio, un nuovo inizio, un gioco, una ruota che gira da sé, un primo movimento, un sacro dire di SI: ora lo spirito vuole il suo volere. Zarathustra dimorava nella città che è chiamata la “Mucca pezzata”. DELLE VIRTU’ CHE DONA Congedata quella città, lo seguirono in molti che si dicevano suoi discepoli. Giunsero così a un crocicchio dove Zarathustra disse loro che voleva proseguire da solo perché era fedele al cammino solitario. I suoi discepoli gli offrirono un bastone sulla cui impugnatura dorata c’era scolpito un serpente che si inanellava intorno al sole. Egli disse ai suoi discepoli: VOI ASPIRATE ALLA VIRTU’ CHE DONA; diventeranno loro stessi vittime e doni e perciò avranno sete di accumulare tutte le ricchezze nella loro anima che è insaziabile perché la loro virtù è insaziabile nel voler donare. Gli uomini costringono tutte le cose a venire a loro e in loro affinché dalla loro fonte riaffluiscano come offerte del loro amore diventando così predatore ti tutti i valori. Zarathustra lo chiama egoismo che è come l’egoismo dei malati, di coloro che vogliono sempre rubare. La nostra mente si eleva verso l’alto e così diviene simbolo di elevazione che sono i nomi delle virtù, di bene e di male, da dove si origina la virtù. Essa è un nuovo bene e male, è un pensiero dominante. Zarathustra per un momento tacque e guadò i suoi discepoli per poi dir loro di rimanere fedeli alla terra con la forza della loro virtù. Fino a oggi lo spirito e le virtù sono volati via e si sono smarriti in cento modi. La terra deve diventare un luogo di guarigione. Egli si allontana da solo e consiglia ai discepoli di stargli lontano e di vergognarsi di lui

perché forse li ha ingannati perché l’uomo della conoscenza deve solo amare i suoi nemici ma anche saper odiare i suoi amici. Egli ordina loro di perderlo e di ritrovarlo perché solo quando tutti i discepoli lo avranno rinnegato, lui tornerà da loro un altro amore. Egli conclude dicendo “MORTI SONO TUTTI GLI DEI: ORA VOGLIAMO CHE VIVA IL SUPERUOMO”. DELLA REDENZIONE Mentre Zarathustra passava su un grande ponte, fu circondato da storpi e mendicanti e un gobbo gli parlò e gli disse che anche il popolo acquista fede nella sua dottrina ma perché gli creda c’è bisogno di convincere gli storpi e quindi ha la possibilità di guarire i cechi e far camminare i paralitici. Zarathustra rispose che se si leva la gobba al gobbo, gli si leva il suo spirito e se si danno gli occhi al cieco egli vedrà troppe cattiverie sulla terra e colui che fa camminare il paralitico gli procure il danno più grosso perché con lui cammineranno i suoi vizi. Dopo aver parlato al gobbo si rivolse ai suoi discepoli dicendogli che egli cammina in mezzo agli uomini come in mezzo a frammenti e membra umane e come frammenti del futuro che egli intravede. In questo consiste il suo sforzo compositivo ovvero di dare unità poetica e raccogliere insieme quello che è frammento ed enigma e orrido caso . La VOLONTA’ è ciò che libera e reca gioia perché VOLERE RENDE LIBERI. Tuttavia però il FU mette in catene anche il liberatore che è imponente contrò ciò che è stato fatto: la volontà assiste di malanimo allo spettacolo del passato. In tal modo la libertà anziché liberare provoca pena e si vendica di non poter volere a ritroso contro ogni cosa che sia in grado di soffrire: la vendetta è l’avversione della volontà contro il tempo e il suo “fu”. Lo spirito della vendetta è stato il migliore oggetto di riflessione da parte degli uomini perché dove c’era sofferenza ci doveva essere sempre una punizione ( = la vendetta chiama se stessa). Nessuna azione può essere annullata come potrebbe essere considerata incompiuta a opera della punizione: questo è l’aspetto eterno della punizione dell’esistenza (l’esistenza deve a sua volta essere eternamente azione e colpa). La volontà è creatrice. Zarathustra dice che è difficile vivere con gli uomini, perché è tanto difficile tacere. DELLA VISIONE E DELL’ENIGMA Zarathustra era su una nave e quando si sparse la voce tra i marinai che egli si trovava lì si manifestò grande curiosità e attesa. Egli raccontò a loro e solo a loro l’enigma che vide: la visione dell’uomo più solitario. Egli racconta il suo cammino di salita della montagna con fatica a causa del suo spirito di gravità, il suo demonio, che lo trascinava verso il basso insieme a un nano, piede zoppo della casa. Al racconto un “nano” gli disse che lanciandosi verso l’alto lanciava una pietra ma ogni pietra lanciata (=pietra della saggezza) non può fare a meno di ricadere su di lui (egli ha lanciato se stesso in alto). Però in Zarathustra c’è il coraggio che uccide ogni scoramento e per questo l’uomo è l’animale più coraggioso perché ha superato ogni altro animale, ogni dolore e il dolore dell’uomo è quello più profondo. Uccide anche la vertigine sull’orlo degli abissi, uccide anche la compassione che è il più profondo degli abissi, uccide anche la morte. Il nano scese dalle spalle di Zarathustra e si sedette su una pietra; dietro di lui si scorgeva un arco co due strade che si incontrano e che mai nessuno ha percorso fino alla fine, due strade che si contraddicono e l’arco è il loro punto di incontro infatti in alto all’arco è scritto “attimo”. Tuttavia tutte le strade dritte mentano perché ogni verità è curva infatti il tempo stesso è un circolo. All’improvviso sentì un cane ululare che si era spaventato dei due perché i cani credono ai ladri e agli spettri. A un tratto Zarathustra si trovò

tra dirupi selvaggi, solo, desolato, stava sognando. Egli vide però un giovane pastore che si torceva con un serpente nero che gli pendeva dalla bocca (forse dormiva e il serpente gli era strisciato in gola). La sua mano tirava forte il serpente, invano. Il pastore morse, sputò lontano la testa del serpente e si alzò con un balzo. DEL PASSARE OLTRE Zarathustra ritornava alla sua montagna e alla sua caverna e giunse alla porta della grande città e un pazzo furioso gli balzò incontro e gli sbarrò la strada. Era lo stesso pazzo che la gente chiamava “scimmia di Zarathustra” perché egli aveva imparato qualcosa dalla sintassi dei suoi discorsi e traeva spesso il tesoro della sua saggezza. Cos’ il pazzo parlò a Zarathustra dicendogli che entrando nella grande città egli non ha niente da cercare ma tutto da perdere. Questa città è l’inferno per un’eremita. Tutti i piaceri e i vizi qui sono di casa ma ci sono anche i vittoriosi con virtù, devozione e adulazione. Zarathustra interrompe il pazzo tappandoli la bocca chiedendogli il perché non sia andato a vivere nel bosco. Egli disprezza il suo disprezzare e siccome ha messo lui in guarda gli chiede perché non abbia messo in guardia se stesso. La gente lo chiama la sua scimmia ma egli lo definisce “suo maiale che grugnisce”. Tutto quello che vuole il pazzo è la vendetta. Questa grande città lo disgusta. Egli dà un insegnamento al pazzo: DOVE NON SI E’ PIU’ CAPACI DI AMARE BISOGNA PASSARE OLTRE. Così Zarathustra passò oltre il pazzo e la grande città. DELLO SPIRITO DI GRAVITA’ Zarathustra dice che la sua lingua è quella del popolo, la sua mano è quella di un folle, il suo piede è quello di un equino, il suo stomaco è quello di un uccello nutrito di cose innocenti e impaziente di volare via. Egli è nemico dello spirito di gravità come è tipico degli uccelli. Quando l’uomo imparerà a volare battezzando la terra come “la leggera”, lo struzzo corre più veloce del più veloce dei cavalli ma anche lui caccia ancora la testa sotto la terra così anche l’uomo che ancora non sa volare. Chi vuole diventare leggero come un uccello deve amare se stesso, di un amore sano e salutare per rimanere con se stessi e non andare a vagabondare. Questo vagabondare si battezza con “amore per il prossimo”. Sin dalla culla ci vengono insegnate le parole “bene” e “male” e ce le portiamo per tutta la vita dicendo che la vita è pesante da portare. L’uomo è pesante da portare perché si trascina troppe cose estranee; in particolare l’uomo forte e paziente perché ha caricato troppe parole e valori estranei su di sé. È difficile portare anche le cose che sono proprie. L’uomo è difficile da scoprire e ancora più difficile è scoprire se stessi ma colui che dice che quello è il suo bene e male ha scoperto se stesso. Egli onora coloro che hanno imparato a dire “io” “si” e “no” e coloro che non lo fanno sono dei maiali che masticano e digeriscono tutto. L’asino ha sempre detto di “si”. Non sopporta i leccapiedi (ha incontrato la scimmia e l’ha definita parassita perché non voleva amare ma voleva vivere d’amore). Egli ha imparato l’arte di attendere se stesso perché questa è la sua dottrina: chi vuole imparare a volare, deve imparare a stare e andare a correre e arrampicarsi e danzare perché non si impara al volo a volare. Infatti per diverse vie e in diversi modi è giunto alla sua verità; tutto il suo cammino è stato un esperimento e un interrogativo. IL MAGO Zarathustra vide un uomo che si agitava come un pazzo furioso e così accorse per soccorrerlo. Sul luogo trovò un vecchio tremate con gli occhi sbarrati così che egli lo sollevò e lo rimise dritto sulle gambe ma fu tutto inutile. Il vecchio cominciò a

lamentarsi e Zarathustra con il suo bastone e con tutte le sue forze lo picchiò. Il mago disse che le sue lamentele erano solo per gioco perché sono proprie della sua arte e lo ha voluto mettere alla prova. Il vecchio recitava la parte del “penitente dello spirito”. L’uomo chiese a Zarathustra che cosa egli cercasse nel suo bosco e egli rispose che cercava un uomo di tutta onestà, un vaso di saggezza, un santo della conoscenza, egli cerca Zarathustra. Egli proseguì per la sua strada. A RIPOSO Non molto dopo essersi liberato dal mago, egli vide un uomo nero con il volto smorto seduto sul bordo del sentiero lungo il quale camminava. Egli disse che in quale luogo sedeva la “tristezza imbacuccata” della specie dei preti. L’uomo vide Zarathustra e si diresse vero di lui chiedendogli di aiutarlo perché si era smarrito. L’uomo non ha più colui che lo guidava e così Zarathustra gli chiede se egli sappia che Dio è morto e egli rispose affermativamente. L’uomo si trova ora senza padrone, a riposo ma non libero. Quest’uomo è l’ultimo Papa. Il cuore dell’uomo volle così che egli cercasse un altro uomo, il più devoto di tutti coloro che non credono in Dio, Zarathustra. Zarathustra si fece riconoscere dal Papa e gli chiese chi sia più senza Dio di lui così che egli possa godere del suo ammaestramento. L’uomo rispose che lo è chi più di tutti lo amava e lo possedeva ma ora lo ha anche perduto più di tutti. Zarathustra chiede all’uomo se è vero che sia morto per compassione e per amore per l’uomo. Il vecchio Papa però non rispose e disse che era un Dio nascosto, pieno di segreti, quando era giovane era anche vendicativo e costruì un inferno per il divertimento dei suoi beniamini ma alla fine divenne vecchio e compassionevole più simile a un nonno che a un padre; era ambiguo e confuso. Meglio farsi un destino con le proprie mani e meglio essere da se stessi Dio. Zarathustra ospita il vecchio nella sua caverna. L’UOMO PIU’ BRUTTO Camminando per montagne o boschi non riusciva a vedere il grande sofferente che chiedeva aiuto. Zarathustra mise piede nel regno della morte dove si ergevano verso l’alto rocce nere e rosse, niente erba, niente alberi, niente canti di uccelli. Era infatti una valle che tutti gli animali evitavano, anche quelli feroci tranne una specie di serpenti verdi che quando diventavano vecchi andavano lì a morire. Perciò i pastori chiamavano quella valle “morte dei serpenti”. Zarathustra sprofondò in un ricordo perché aveva la sensazione di esserci già stato in quella valle tanto che iniziò a camminare sempre più lentamente fino a fermarsi. Alzando gli occhi vide un uomo ma distolse lo sguardo e lasciò quel brutto posto. Ma dal terreno scaturì qualcosa e si sentì la voce di un uomo che disse a Zarathustra di sciogliere il suo enigma dicendo che cosa sia la vendetta contro il testimone ovvero chi è quella voce. Sentite queste parole l’anima fu investita da compassione e cadde a terra ma si risollevò subito. Zarathustra disse alla voce che si trattava dell’assassino di Dio perché non sopportava colui che lo vedeva, è il più brutto tra gli uomini e così si vendicò di quel testimone. Egli aveva ragione, si trattava dell’assassino di Dio e dove egli cammina la strada diviene cattiva, calca a morte tutte le strade e le manda in rovina. A stento è uscito dalla calca dei compassionevoli per trovare Zarathustra, l’unico che oggi insegna. Egli mette in guardia Zarathustra perché ha indovinato il suo migliore enigma e conosce quindi la scure che lo abbatte. Ma Dio doveva morire, vedeva con occhi che vedevano tutto, tutta la sua bruttezza, lo vedeva sempre e perciò doveva morire perché l’uomo non sopporta che un tale testimone viva. Per ringraziarlo di averlo messo in guardia, egli gli fa elogio della sua vita mostrandogli la caverna in cui trova il nascondiglio colui che più vuole nascondersi. Andò così per la sua strada, lento e pensieroso, si domandava ma non era in grado di rispondere facilmente. Quell’uomo amava se stesso tanto quanto si disprezzava ed è uno che ama in grande

e disprezza in grande e questa è elevatezza. Egli ama gli uomini che disprezzano in grande, ma l’uomo è qualcosa che va superato. IL MENDICANTE VOLONTARIO Appena lasciato l’uomo più brutto, egli si sentì solo e molti pensieri gli attraversavano la mente ma mentre saliva iniziò a sentirsi meno solo e al caldo e vide che c’erano delle mucche che parevano intende ad ascoltare con attenzione qualcuno che parlava e non badarono a colui che stava accostando. Avvicinandosi sentì una voce umana in mezzo alle mucche che esortava loro di non avere timore di lui, era un predicatore della montagna. L’uomo, come Zaratustra, cerca la felicità sulla terra e l’uomo disse che dovrebbero imparare da loro a ruminare. L’uomo riconobbe Zarathustra e iniziò a baciargli le mani commuovendosi e le mucche che assistettero alla scena si meravigliarono. L’uomo è il mendicante volontario che vergognandosi della sua ricchezza la buttò lontano da sé. Provava vergogna per i ricchi e fuggì dai poveri per donare loro la sua pienezza e il suo cuore ma essi non lo accolsero così alla fine andò dalle bestie e da quelle mucche. Zarathustra disse all’uomo che aveva imparato come è più difficile dare in modo giusto che prendere in modo giusto e che donare bene è la più suprema arte della bontà. Il regno dei cieli ormai è tra le mucche. L’uomo ha disimparato la differenza tra ricco e povero e da loro è fuggito. Tuttavia l’uomo disse che Zarathustra è buono e migliore di una mucca m...


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