Riassunto \"Identità Etnica. Storia e Critica di un Concetto Equivoco - Ugo Fabietti PDF

Title Riassunto \"Identità Etnica. Storia e Critica di un Concetto Equivoco - Ugo Fabietti
Course Antropologia culturale
Institution Università degli Studi di Milano-Bicocca
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IDENTITÀ ETNICA - FABIETTI PREFAZIONE! Culturalismo = modo in cui la cultura può essere giocata sullo scenario politico, ideologico, e persino venduta! Business dell’etnicità = etnicità come forma di organizzazione dell’identità di un gruppi in vista di questo genere di vendita.! INTRODUZIONE! Conflittualità etnica = idea che ci siano gruppi differenti perchè in possesso di tratti differenti, che competono per imporsi sugli altri per “selezione naturale”.! Si cerca di vedere invece l’identità etnica come una nozione culturalmente creata, non naturalmente creata, che sta a significare definizioni del sè e dell’altro collettivi che hanno le proprie origini in rapporti di forza tra i gruppi.! Etnicità e nazionalismo sono trattate in modo così stretto che sono visti come sinonimi. Tre idee:! - modernista = nazionalismo completamente slegato dall’appartenenza “etnica” precedente! - Primordialista = entrambi sarebbero istanze che riflettono i principi fondamentali di aggregazione degli esseri umani: senso dell’identità e della socialità e senso dell’ostile per il diverso! - Perennista = ci si chiede se il nazionalismo non derivi comunque da configurazioni etniche! - Strumentalista = etnicità fattore strumentale per far scontrare gruppi per accesso alle risorse! - Situazionista = si ritiene più importante il processo di formazione dell’idea di “noi” etnico come risultato di una serie di circostanze che hanno formato il sentimento identitario.! Quella situazionale è la prospettiva “giusta” o “antropologica”, che porta ad interrogarsi sulla fenomenologia etnica.! Ci si definisce con nomi che significano “esseri umani” o “gente”, mentre gli altri vengono definiti come “non uomini” o “mostri” (in-group o out-group). In alcuni casi questi nomi sono il risultato quindi di un’imposizione dall’esterno, di una rappresentazione esterna data dall’elaborazione culturale da parte di un gruppo dominante.! Questi elementi con cui classifichiamo gli altri ci sembrano poi dei confini invalicabili del “diverso”, e ciò porta alle discriminazioni:! - razzismo classico = diversità culturale associata ad un elemento naturale! - Razzismo moderno (culturale o de-biologizzato) = relativismo culturale estremo, crea le culture umane come universi assolutamente distinti ed incomunicanti, senza cercare di creare delle gerarchie, poichè le gerarchie si creano naturalmente sulla base del principio della differenza.! Anche l’antropologia è relativista, ma nel senso che si sospende il giudizio: la critica è che anch’essa ha favorito una visione “discontinua” delle culture, dividendo l’umanità in nazioni, etnie e tribù.! Etnia ed etnicità sono costruzioni simboliche, prodotto di circostanze sociali: le realtà che cercano di “congelare” sono in realtà mutevoli. Si cerca l’enfatizzazione di elementi culturali attraverso un vero e proprio processo di produzione dell’identità etnica, e nel momento in cui essi verranno anche leggermente cambiati, ci sarà una ridefinizione dei tratti.! Anche se prodotti culturali, le etnie hanno una loro ontologia, ossia rivestono importanza per coloro che vi si riconoscono.! Senso dell’identità che viene creato si fonda spesso sulla rimozione dell’identità storica, poichè tutte le culture sono il frutto di interazioni, scambi e influssi esterni (non esistono culture pure). Le etnie pretendono infatti di essere realtà eterne e naturali.! 1 - SGUARDI IN QUESTIONE! Antropologie spontanee = quelle spontaneità che enfatizzano le differenze tra noi e gli altri! Antropologia scientifica = operazioni che hanno lo scopo di costruire degli oggetti di riflessione di tipo antropologico, ossia società e culture umane. Ciò è creato dalla ragione etnologica, che crea differenze anche laddove non ci sono. Non bisognerebbe partire dalla distinzione per ragionare

sulla differenza, ma capire le condizioni della produzione di queste differenze (sguardo neutro e di comprensione).! Intelletto etnologico (ragione etnologica) contrapposto a ragione antropologica (intelletto vs ragione). Intelletto estrapola indebitamente, ragione sorveglia l’attività mettendo a posto. Intelletto infatti produce un’esagerazione della cultura, che porta a discorsi orientati verso l’esclusione: per questo bisogna sospendere il giudizio, cercando di non affrettarci a dare conclusioni definitive.! Etnia = ethnos, contrapposto a polis, ethnos raffigurava un popolo dalle istituzioni indistinte, contrapposto a polis ossia popolo omogeneo per leggi e costumi. Etnia infatti diventerà la “nazione per difetto, incompiuta”.! Nazione sfocia nell’idea di razza, ossia gruppo chiuso con determinate caratteristiche che ha un suo territorio originario. Etnia viene utilizzato a significare (erroneamente) la mescolanza di più razze = Ernest Regan infatti considerava la nazione come un progetto senza alcuna base razziale, ma l’etnia comunque ha una sua realtà ben definita: la nazione, nata come accordo politico dal desiderio di “stare insieme”, azzererebbe le differenze etniche.! L’etnia comunque aveva una sua “realtà”, che ha portato alla creazione dell’etnologia “scientifica”, ossia alla categorizzazione, alla creazione di leggi che stabilissero cosa era cosa.! Il nazionalismo poi produsse il concetto di “nazione”, che diventò il criterio in base alla quale definire l’identità dei popoli: si cercò di categorizzare i popoli, creando contrapposizioni tra gruppi enfatizzando le differenze, prevenendo qualsiasi progetto di “unità” delle popolazioni dominate (epoca del colonialismo). Questo portò alla “mosaicizzazione” della realtà etnografica, e gli studiosi cercarono ossessivamente le differenze tra le etnie, “creando” le differenze (anche religiose).! L’antropologia invece cerca di presentare il mondo come costituito da una pluralità di culture senza gerarchia = relativismo culturale. Ogni giudizio è basato sulla propria esperienza, sui concetti della propria cultura: da premesse culturali diverse, ci saranno conclusioni “culturali” diverse. Stando a ciò, le culture non sarebbero “traducibili” secondo altre culture.! Questa degenerazione può sfociare nella chiusura intellettuale, o per contro in aporie: se tutto è relativo, anche la verità è relativa.! Concetto di cultura è recente, nata in gran parte grazie al nazionalismo, ossia al diritto dei popoli di poter creare delle comunità indipendenti (cultura nazionale). Ma il concetto di cultura è nato anche prima, attraverso quella che viene chiamata “antropologia spontanea”: i nomi etnici dei popoli racchiudevano degli status, significavano qualcosa, racchiudevano la “cultura” del popolo. Ogni appellativo era differenziale e oppositivo, si cercava di distinguersi dal vicino, cercando di affermare la propria superiorità: manifestazione di etnocentrismo.! Questi appellativi e questa memoria in ogni caso sono tramandati da pochi soggetti: il cosiddetto “centro” capace di imporre la sua egemonia alla “periferia”, una “grande tradizione” contrapposta ad una “piccola tradizione”, avvenuta grazie alla scrittura (alcune culture non ci sono più perchè non ci sono soggetti che tramandano la memoria delle stesse).! Ogni società quindi ha una cultura che è risultato di influenze esterne ma anche di processi propri, ossia da una dinamica del di dentro e una del di fuori, da un “livello interno” e da uno “esterno”.! Quello esterno è dovuto dall’attribuzione di determinate caratteristiche da parte di un osservatore “scientifico”, caratteristiche che vengono considerate come “esaustive” della natura di queste società, anche se non è poi realmente così, poichè è stato provato che alcune società hanno subito delle trasformazioni che molto spesso sono frutto di sollecitazioni periodiche provenienti dall’esterno.! Identità = particolare sentimento di appartenenza condiviso / comune sentire che un osservatore esterno suppone che un certo gruppo possieda (identità sentita o assegnata = volto duplice).! Identità etniche sono il prodotto di una costruzione simbolica e storica, e servono da “suture”, per colmare dei vuoti: quando si parla troppo di identità ci sono dei problemi.! L’identità serve per sintetizzare la volontà di distinguersi, di essere diversi, di riconoscersi in collettività, in società.!

Le rappresentazioni che le popolazioni hanno di loro stesse sono spesso frutto di un “effetto di ritorno” dello sguardo etnologico. I popoli studiati restituiscono infatti all’etnologo l’immagine che lui stesso ha dato (importante quindi la dialettica tra esterno ed interno nella produzione dell’etnia)! Ogni società infatti, ogni cultura, etnia locale dev’essere pensata come un elemento di una serie di relazioni: solo prendendo in considerazione la rete di rapporti che si può comprendere gli elementi singoli che interagiscono nella rete.! 2. CULTURA, TRIBÙ, ENTIA: IMBROGLIO, ILLUSIONE, FINZIONE! La cultura è un concetto in crisi. All’inizio si parlava di cultura come raffinatezza, conoscenza come caratteristiche dell’individuo “colto”, poi arrivò “cultura” come termine collettivo, la cui definizione più famosa è di Tylor: importante nella sua definizione è che esistono tante culture quante sono le società umane, quindi è possibile compararle in quanto ogni gruppo sociale ha la propria. Boas contribuì alla definizione di cultura andando contro la maniera degli evoluzionisti, dicendo che la cultura era un “insieme di tratti”, comparabili e non da considerarsi su una gerarchia “evolutiva”.! Gli antropologi però dimenticano che, se considerano comunque le culture su un piano di parità, la loro comparsa è data da un diseguale rapporto di forza tra gruppi diversi, e soprattutto non sono dei “frutti puri”, ma sono qualcosa che è sempre sottoposto a processi di “contaminazione” da parte di altre culture (Clifford). Inoltre James Boon dice che l’etnografia ha prodotto un’esagerazione delle culture, che ha portato a produrre delle cose isolate e circoscritte, non comunicanti. Wagner invece dice che la cultura è semplicemente un’invenzione degli antropologi, in quanto la cultura è formata sulla base di come gli antropologi vedevano i popoli che studiavano (“varianti imperfette” della cultura occidentale): comunicando si inventa la cultura.! Tribù: origine latina, costituita da più gentes, ossia più gruppi di parentela, che però non erano imparentate tra loro, ma che si riconoscevano come discendenti di un unico antenato. Anche questo termine entrò in crisi, poichè nato dallo sguardo pregiudiziale dell’antropologo: alcuni gruppi infatti, anche se avevano stessa lingua e cultura, non si sentivano della stessa tribù, come poteva succedere il contrario.! La tribù quindi non esisteva in virtù di qualità oggettive, ma in virtù di un’unità ideologica, chiamata “coscienza dell’unità”. La tribù quindi è un concetto illusorio.! Il concetto però è servito a distanziare un modello di società “tribale” dalla società “civilizzata”, quindi a creare una distinzione tra “noi” e “loro” e a creare una similarità tra “loro”.! Il concetto di etnia fa la stessa cosa, cristallizzando “l’uomo” in una serie di isolati discontinui.! Esso ha un carattere di “finzione”, ossia qualcosa a cui si è data una forma: esso indica una serie di elementi che “accomunano”, ma che ci aiutano anche a operare un discorso di “distinzione”.! La finzione dell’etnia dovrebbe significare un “come se”: quando una finzione viene presa per vera, ossia quando il “come se” diventa “è”, la finzione perde il suo uso regolativo e diventa costitutivo, ossia l’idea diventa realtà illusoria. ! La nozione di etnia è stata utilizzata in senso costitutivo, creando una prospettiva di tipo illusorio, anche a causa del fatto che le finzioni, come tutti i concetti, hanno una base linguistica che le veicola e ne determina il senso. Questo porta a due conseguenze:! - visione frammentaria della realtà umana! - Applicazione di questa prospettiva ad un uso “politico”! Questo uso politico è veicolato dagli interessi localistici di certi strati sociali: gli italiani per esempio, non sono un’etnia, nè un’insieme di etnie ma un insieme di gruppi, tradizioni, forme di scambio. Non ci sono delle caratteristiche oggettive che ci accomunano veramente, ma un senso di appartenenza comune che nasce da una serie di pratiche e di codici condivisi che sono sottoposti a continua riformulazione. Lo sbaglio è considerare “il gruppo italiano” o “i gruppi italiani” come identificabili sulla base di tratti oggettivi, immutabili. Queste affermazioni di etnicità corrispondono a intenzioni politiche ben precise che in certe circostanze, trovano risonanza presso vari strati della popolazione: etnia è un concetto ricorrente per stabilire delle differenze tra gruppi con finalità di tipo politico).! Perchè? Il concetto serve sia a stigmatizzare gli altri, i diversi da sè, sia per indicare se stessi con scopi autocelebrativi (rifiuto dell’altro perchè diverso, rivendicazione del diritto per sè perchè appartenente ad un’etnia. Cultura è un termine solo “migliorativo”, mentre etnia ha questo duplice significato.!

Per capire quanto poco la cultura o l’etnia serva a poco per riflettere la supposta identità originaria, esempio degli ebrei del Gargano. La vera storia è completamente ignorata dai discendenti di questi “ebrei”, e la storia “finta” è diventata la realtà per questi discendenti. Il mito ha reso “veri” questi ebrei, quando in realtà hanno solo voluto esserlo.! 3. LINGUA DELLE ORIGINI E CULTURE AUTENTICHE! Omogeneità linguistica spesso associata ad omogeneità culturale, sociale ed etnica, quindi storia delle lingue = storia delle etnie.! Modello dell’albero genealogico ha portato a far derivare da un’unica lingua, secondo una logica di inclusione progressiva, tutte le derivanti. Questo modello però non tiene conto che le lingue non cambiano solo per “derivazione”, ma anche per “contatto” e “scambio”. ! Trubeckoj ha infatti criticato questo modello, soprattutto per l’uso negativo e politico che se ne faceva (nazismo), e ha stilato una serie di criteri secondo il quale una lingua poteva essere definita “indoeuropea”: questo non stava a significare però il fatto che la lingua derivava da una fonte comune, ma solo il risultato di un processo di incontro e selezione di singoli termini, ma anche di forme verbali, grammaticali e sintattiche. Questo processo “complesso” della formazione delle lingue richiama un po’ la critica “semplicistica” che viene fatta alla formazione dell’etnia.! Esempio dei kafiri/nuristani: gli antropologi dissero che essi parlavano tutti la stessa lingua, in realtà si scopri che essi parlavano delle lingue mutualmente incomprensibili. Questa somiglianza forse è dovuta dai “prestiti” che c’erano tra le diverse lingue dei diversi gruppi, ma ancora più differenti sono le questioni riguardanti la loro religione, economia, organizzazione sociale. Conclusione: impossibile definire i kafiri come realtà omogenea, poichè profondamente disomogenei sul piano linguistico e culturale.! Però in tempi recenti venne ufficialmente riconosciuta la “cultura nuristana”, con la creazione di una sezione nel museo di Kabul, gli etnografici parlavano dei nuristani come un’etnia precisa e i turisti apprezzavano le creazioni dell’arte nuristana “autentica”. Sotto questa pressione quindi è normale che sia nata la “coscienza etnica” che associa tutti i cosiddetti kafiri/nuristani.! Quindi: carattere dialettico dell’identità etnica come interazione tra livello interno ed esterno, ma importante soprattutto questa formazione dell’idea di “noi” contrapposta a idea di “loro”.! Idea di lingua originaria non lontana dall’idea di una cultura originaria: l’originario rimanda al “puro”, “incontaminato”, quindi “autentico”. Ma esiste una cultura autentica?! Questa ricerca dell’autentico corrisponde ad una sorta di reazione all’invasione del Capitale anonimo, che porta al riscoprire delle radici autentiche, di ridare vita ad una propria identità minacciata dall’anonimato.! Si forma quella che Rousseau chiama “politica del riconoscimento”, in base alla quale ognuno dev’essere riconosciuto nella propria identità, che è unica. Questa ricerca della “differenza” porta però al rischio di relativismo assoluto, ossia di creare realtà mutualmente esclusive, senza soffermarci sulla dimensione “negoziale”, “dialogica”. Questo relativismo rischia di sfociare nel neorazzismo: l’elogio della differenza porta infatti al rifiuto della differenza (da eterofilia ad eterofobia).! Un problema è causato dall’uso del presente etnografico, che porta al considerare l’oggetto della ricerca come fuori dal tempo, sottraendolo quasi alla dinamica storica che lo ha prodotto, dandogli un carattere “autentico”.! Esempio dei Kaunitoni: abitanti delle isole Fiji che secondo il mito arrivarono dall’Africa (lago Tanganika) su una canoa. I britannici infatti inventarono il mito di Kaunitoni, conferendo l’arrivo via mare l’aura dell’evento storico attendibile: questo mito, che doveva supportare l’immagine di questo popolo come appartenente ad un determinato stadio culturale, divenne invece efficacemente assimilato dalla cultura locale, diventando il “punto zero” storico. Quel modello di società inventato dagli antropologi divenne “autentico” anche per i fijiani.! Ma questo mito dovrebbe essere considerato un errato frammento di storia, “inautentico”? No, esso fa parte della cultura che gli antropologi studiano, un esempio di come esse siano sottoposte a continua invenzione e ricostruzione in un rapporto dialettico tra “centro” e “periferia”.! Questo studio dei popoli altri rifletterebbe un riflesso sulla produzione di un’immagine autocelebrativa della società europea in forte espansione: popoli extraeuropei visti come

“primitivi” e attardati dal punto di vista evoluzionistico. Il crollare del paradigma evoluzionistico però non fece crollare questa idea che gli “altri” rappresenterebbero “noi” in un tempo anteriore. Oltretutto siamo noi stessi “occidentali” che cerchiamo di creare “autenticità” nei popoli altri: Clifford ci spiega infatti come dei prodotti dei popoli del Sud del mondo possano diventare capolavori artistici, oggetti d’arte “tribale”.! Criterio dell’autenticità infatti porta sia alla “ricerca delle radici”, sia alla “macchina per fabbricare l’autenticità”. Nel primo caso si parla di reazione all’invasione del Capitale anonimo, nel secondo caso invece l’autenticità è funzionale all’allargamento potenzialmente infinito del mercato occidentale: infatti come esiste un mercato di “oggetti tribali” esiste anche un “mercato delle etnie”. Esse si presentano sulla scena sociale come gruppi in concorrenza per ottenere benefici, potere, in virtù del fatto di essere quello che sono, ossia diversi dagli altri. In questo si attua l’oblio della memoria, si dimentica la storia o si inventa “in funzione” del presente.! 4. IL CULTURALISMO PROTEIFORME! Culturalismo = atteggiamento che consiste nella radicalizzazione della differenza culturale in termini identitari, creando l’idea del “possesso” di una cultura solo per coloro che le appartengono.! Cultura è un termine in crisi: infatti dopo le prime definizioni, esse cominciarono a diventare più deboli, questo perchè il termine è “fuoriuscito” dall’antropologia, entrando in linguaggi diversi, spesso anche “minacciosi” per la stessa antropologia. Comprendere la cultura ormai consiste nel parlarne con finalità diverse da quelle di chi persegue una forma di conoscenza specifica, ossia dagli interessi che muovono i soggetti che prendono la parola.! Tradurre, comprendere e “comparare” le culture è difficile ma possibile. La cultura infatti va “spiegata” attraverso analisi particolari (attraverso l’etnografia), ma nei contesti “esterni” non avviene completamente ciò: invece di essere “spiegata”, la cultura “spiega”, perchè è concepita come una cosa, come un oggetto che racchiude, categorizza e sostiene la tesi dello scontro di civiltà. La cultura in un certo senso “spiega”, ma prima dev’essere “spiegata”.! Due motivi del perchè la cultura viene usata in questa maniera: decentramento della produzione culturale e degerarchizzazione del campo culturale. Entrambi sono la conseguenza del collasso di sfere di produzione culturale prima separate, che ha portato alla proliferazione di disaccordi e interpretazioni sempre più diverse (esempio del web, ognuno può dire la sua). Se questo “miscuglio” di idee ha convinto gli studiosi che le culture non siano più così circoscritte, e il termine è andato scemando di significato, “fuori dall’antropologia” è invece accaduto il contrario, considerando la “cultur...


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