Riassunto kennedy - Ascesa e declino delle grandi potenze PDF

Title Riassunto kennedy - Ascesa e declino delle grandi potenze
Author Anonymous User
Course Relazioni internazionali
Institution Università degli Studi di Firenze
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riassunto dettagliato...


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“Ascesa e declino delle grandi potenze” Di Paul Kenn Kennedy edy Introduzion Introduzione e Questo è un libro sulla potenza nazionale e internazionale nel periodo moderno (post – rinascimentale). Si concentra sull’interazione tra economia e strategie, tutti gli stati dominanti all’interno di ogni sistema internazionale hanno sempre cercato di incrementare il loro benessere e la loro potenza, per diventare o restare ricchi e forti. I conflitti militari sono esaminati nel contesto del mutamento economico. In questo periodo, il trionfo di una grande potenza, o il crollo di un’altra, è stato di solito il risultato di una lunga guerra combattuta dalla sue forze armate; ma è stato anche la conseguenza di un’utilizzazione più o meno efficienti delle sue risorse economiche in tempo di guerra e del modo in cui l’economia di quello stato è migliorata o peggiorata, relativamente alle altre nazioni principali, durante gli anni che hanno preceduto il conflitto vero e proprio. La tesi che si sta per avanzare può essere riassunta così. La forza relativa delle nazioni dominati negli affari mondiali non è mai costante, a causa dell’ineguale tasso di crescita tra le diverse società e i progressi tecnologici e organizzativi che possono avvantaggiare una società piuttosto che un’altra. La ricchezza è in genere necessaria per sostenere la potenza militare, così come la potenza militare è necessaria per conquistare e proteggere ricchezza. Se una percentuale eccessiva di ricchezza viene destinata a scopi militari, a lungo andare questo può portare a un indebolimento della potenza nazionale. Allo stesso tempo, se uno stato si estende eccessivamente dal punto di vista strategico corre il rischio che i potenziali benefici di un’espansione esterna siano inferi alle spese da sostenere. Tuttavia, se si lasciano da parte le teorie e si guarda all’evidenza storica dell’ascesa e declino delle grandi potenze negli ultimi cinquecento anni, è chiaro che si possono trarre alcune conclusioni generalmente valide. Per esempio, si può individuare una relazione causale tra i cambiamenti avvenuti col tempo negli equilibri economici e produttivi generali e la posizione occupata da singole potenze nel sistema internazionale. Analogamente, l’evidenza storica indica che esiste una connessione, a lungo termine, tra l’asce e la caduta economica di una grande potenza e la crescita e il declino della stessa come importante potenza militare. Questo non dovrebbe sorprendere, poiché scaturisce da due fatti in relazione tra loro. Il primo è che le risorse economiche sono necessarie per sostenere un vasto apparato militare. Il secondo è che, nell’ambito di un sistema internazionale, la ricchezza che la potenza sono sempre relative. Il fatto che una nazione sia oggi potente e ricca o meno, non dipende dall’abbondanza o dalla solidità della sua potenza e delle sue ricchezza, ma principalmente dal fatto che i suoi vicini ne possiedano di più o di meno. Questo non significa che la potenza economica relativa di una nazione debba aumentare e diminuire parallelamente a quella militare. La maggior parte degli esempi storici qui analizzati suggeriscono l’esistenza di un percettibile “ritardo” tra l’andamento della forza economica relativa di uno stato e l’andamento della sua influenza militare e territoriale. Chiaramente, una potenza economicamente in espansione potrebbe preferire arricchirsi piuttosto che spendere generosamente in armamenti. Invece, le grandi potenze in declino relativo reagiscono invariabilmente spendendo di più per la “sicurezza”, privando quindi i settori produttivi di potenziali risorse e complicando i loro problemi a lungo termini. 1

Un’altra conclusione generale che si può trarre dai cinquecento anni qui esaminati è la stretta correlazione tra l’esito finale delle principali guerre di coalizione per il dominio europeo o mondiale e il quantitativo di risorse produttive mobilitato da ciascuna parte. Una guerra lunga ed estenuante si trasforma alla fine in una prova per le capacità relative di ciascuna coalizione. Tuttavia, si possono operare queste generalizzazioni senza cadere nella trappola del determinismo economico. Nonostante l’interesse dominante nel tracciare le maggiori tendenza negli affari del mondo durante gli ultimi cinque secoli, questo libro non sostiene che l’economia determini ogni evento.

Strategia ed economia nel mondo pre – indus industriale triale L’ascesa de dell mondo occidentale Nell’anno 1500, data di demarcazione tra le epoche pre – moderna e moderna, gli abitanti dell’Europa non avrebbero mai immaginato che il loro continente fosse destinato a dominare gran parte del mondo restante. A differenze degli imperi ottomano e cinese, e del dominio che i Mogol avrebbero instaurato in India, non vi fu mai un’Europa unita in cui tutte le parti riconoscessero l’autorità di un solo capo, secolare o religioso. Al contrario, l’Europa era un’accozzaglia di piccoli regni, principati e città – stato. Né si può dire che l’Europa avesse compiuto progressi paragonabili a quelli delle grandi civiltà dell’Asia nel campo della cultura, della matematica, dell’ingegneria, della navigazione o della tecnica in generale. È corretto concludere che, verso la fine del quindicesimo secolo, tutti i grandi centri delle civiltà mondiali si trovavano circa allo stesso livello di sviluppo. L’impero ottomano, la Cina (dinastia Ming), l’India (dinastia Mogol), e l’insieme degli stati europei erano tutti molto più avanzati tecnologicamente e militarmente della comunità sparse d’Africa, America e Oceania. La Cina Ming Di tutte le civiltà dell’epoca pre – moderna nessuna appariva più progredita, nessuna veniva giudicata più raffinata di quella della Cina. Ciò che risultava sorprendente era il suo notevole sviluppo tecnologico rispetto all’Europa. Non sorprende scoprire, infatti, che i cinesi si erano dati al commercio e all’esplorazione via mare. Le più note spedizioni ufficiali oltremare furono le sette crociere a largo raggio intraprese tra il 1405 e il 1433 dall’ammiraglio Cheng Ho. Queste flotte toccarono porti dalla Malacca a Ceylon, fino all’ingresso del Mar Rosso e a Zanzibar. Ma la spedizione cinese del 1433 fu l’ultima in assoluto: tre anni dopo un editto imperiale bandì la costruzione di vascelli d’altomare. Nonostante tutte le opportunità che si presentavano oltremare, la Cina aveva deciso di voltare le spalle al mondo. Esisteva una ragione strategica alla base di questa decisione. Le frontiere settentrionali dell’impero erano di nuovo minacciate dai mongoli, ed era sembrato prudente concentrare le risorse militari in quell’area più vulnerabile. Tuttavia, non sembra che questi ragionamenti fossero stati riconsiderati nel momento in cui, più tardi gli svantaggi derivati dalla drastica riduzione della marina divennero evidenti: nell’arco di un secolo, la costa cinese diventò oggetto degli attacchi dei pirati giapponesi, ma non vi fu alcuna ricostruzione della marina imperiale. La difesa territoriale era tutto ciò di cui v’era bisogno pensavano i mandarini. In un clima di “restaurazione”, l’influente apparato amministrativo si preoccupava di conservare e di reintegrare il passato, non di creare un futuro più prospero basato sull’espansione e il commercio d’oltremare. Secondo il codice confuciano, la guerra era in se stessa una deplorevole attività e le forze armate erano necessarie per il timore di attacchi dei barbari o di rivolte interne. L’avversione dei mandarini per l’esercito e la marina si accompagnava ad una 2

diffidenza nei confronti del mercante. Spesso essi intervennero contro i singoli mercanti, confiscando le loro proprietà o mettendo al bando le loro attività. Analogamente , le grandissime conquiste tecnologiche nel periodo Ming furono intraprese per fini di stato, poiché la burocrazia aveva suggerito all’imperatore che si trattava di opere necessarie. Di conseguenza, la Cina nel periodo Ming fu una terra molto meno prospera e intraprendente di quanto non lo fosse stata sotto la dinastia Sung, quattro secoli prima. Neppure il fatto che, dopo il 1644, ai Ming succedettero i più energici Manchu poté arrestare il costante declino. Il mondo musulmano L’impero ottomano si trovava allora in uno stadio intermedio del suo sviluppo e, essendo vicino, era di conseguenza molto pericoloso per il cristianesimo. Gli stati musulmani formarono per tutto il sedicesimo secolo le forze in più rapida espansione nel panorama mondiale. Non solo i turchi ottomani si stavano spingendo a Occidente, ma anche l’impero persiano stava godendo di una rinascita di potere, benessere ed erudizione. Il re di Kabul, islamico, entro da conquistato in India da nord – ovest e diede inizio all’impero Mogol nel 1526. Ai segni secolari di espansione musulmana bisogna aggiungere l’enorme aumento di fedeli in Africa e nelle Indie. Ma la maggior sfida musulmana all’Europa moderna era rappresentata dai turchi ottomani, o meglio, dal loro formidabile esercito e dal migliore equipaggiamento d’assedio dell’epoca. Già all’inizio del sedicesimo secolo i loro possedimenti si estendevano dalla Crimea e dall’Egeo fino al Levante. Intorno al 1529, i turchi assediavano Vienna. Tuttavia, il confine si stabilì in Ungheria settentrionale e il Sacro Romano Impero venne mantenuto; ma da quel momento in poi i turchi rappresentarono un costante pericolo ed esercitarono pressioni militari che non poterono mai essere completamente ignorate. Quasi altrettanto allarmante fu l’espansione della potenza navale ottomana (vennero fermati nella battaglia di Lepanto). L’impero ottomano era molto più di una macchina militare. In qualità di èlite conquistatrice, gli ottomani avevano instaurato un’unità di fede, cultura e lingua ufficiali su un’area più grande dell’Impero Romano e su un vasto numero di popolazioni assoggettate. Per secoli, prima del 1500, il mondo dell’Islam aveva sopravanzato l’Europa culturalmente e tecnologicamente. La tolleranza nei confronti di razze differenti aveva portato al servizio del sultano molti greci, ebrei e pagani dotati di talento. Ciononostante, anche i turchi ottomani erano destinati a vacillare, a chiudersi in se stessi, e a perdere l’opportunità per dominare il mondo, sebbene questo divenisse evidente soltanto un secolo dopo il simile declino Ming. Già nella seconda metà del sedicesimo secolo l’impero appariva troppo esteso strategicamente, inoltre l’imperialismo ottomano, non rendeva molto dal punto di vista strettamente economico. Nemici esterni non possono comunque fornire una spiegazione completa. L’intero sistema, soffrì progressivamente di alcune della conseguenze della centralizzazione, del dispotismo e di un atteggiamento ortodosso nei confronti dell’iniziativa privata, del dissenso e del commercio. La mancanza di espansione territoriale e del relativo bottino dopo il 1550, accompagnata da un incremento dei prezzi, spinse gli insoddisfatti giannizzeri al saccheggio interno. Tasse sempre più alte danneggiarono il commercio e spopolarono le città. I costi della guerra e la perdita del commercio con l’Oriente durante la lotta contro la Persia intensificarono la disperata ricerca da parte del governo di nuove entrate, che al contrario diedero maggiori poteri agli esattori senza scrupoli. Anche la forze armate erano diventato un bastione del conservatorismo. I giannizzeri erano lenti a modernizzarsi e dopo la sconfitta di Lepanto, non si diedero a costruire nuove e più grandi navi come quelle europee. Ragioni di ordine tecnico aiutano a spiegare queste decisioni, ma il conservatori culturale e tecnologico giocò il suo ruolo. 3

Tali considerazioni sul conservatorismo possono essere espresse con maggiore energia nei confronti dell’impero Mogol. Il sistema era debole al centro. Un’èlite di conquistatori musulmani sovrastava un’enorme massa di contadini poveri per lo più devoti all’induismo. Nelle città vi erano un notevole numero di mercanti, attivissimi mercati e una predisposizione tra le famiglie indù nei confronti dell’industria, del commercio e del credito. Tuttavia, l’assoluta rigidità dei tabù religiosi indù congiurava contro la modernizzazione: esistevano i più profondi ostacoli sociali ad ogni forma di cambiamento. Oltretutto, sotto la dominazione Mogol, la corte fu un centro di notevoli sprechi e poteva essere mantenuta solo tramite la creazione di una sistematica macchina da saccheggio. Gli esattori depredavano senza pietà contadini e mercanti; qualunque fossero stati i livelli del raccolto o del commercio, il denaro doveva entrare. In cambio di questo colossale tributo annuo, la popolazione non riceveva nulla. È chiaro, che la cause della decadenza dell’impero Mogol erano molto più interne che esterne. Due “outsider”: Giappone e Russia Nel sedicesimo secolo, in Estremo Oriente, il Giappone faceva passi avanti mentre il suo vicino cinese cominciava ad atrofizzarsi. La geografia diede un primo vantaggio strategico ai giapponesi, dal momento che l’insularità forniva una protezione dalle invasioni via terra. Il potere era nella mani di signorie feudali basate su clan e l’imperatore non era che una figura di scarsa importanza. Questa non era la situazione ideale per il commercio, ma in realtà affaristi giapponesi accettavano di buon grado la possibilità di scambiare beni con i visitatori portoghesi e olandesi dall’Occidente. Nel 1598, la guerra civile minaccio il Giappone; ma nel giro di pochi anni tutto il potere venne a consolidarsi nella mani di Ieyasu e dei suoi compagni shogun del clan Tokugawa. Il Giappone dei Tokugawa possedeva le caratteristiche delle “nuove monarchie” che erano sorte in Occidente durante il secolo precedente. La grande differenza era la rinuncia da parte degli shogun all’espansione per mare, e a quasi tutti i contatti con il mondo esterno. Il principale motivo a monte di questo era la determinazione del clan Tokugawa a conseguire un dominio incontrastato; gli stranieri erano quindi considerati come potenziali sovversivi, così come lo erano gli altri feudatari. Tuttavia, la pace a livello nazionale fu positiva per il commercio interno. Come la dinastia Ming, lo shogunato Tokugawa scelse deliberatamente di tagliarsi fuori dal resto del mondo. Questo può non aver ritardato l’attività economica in se stessa, ma recò danno al relativo potere dello stato giapponese. Il regno moscovita (Russia), distanziato geograficamente dall’Occidente era nondimeno profondamente influenzato dal suo retaggio europeo, se non altro attraverso la chiesa russa ortodossa. Grazie ai cannoni e moschetti europei, la Russia poté affermarsi come uno degli “imperi della polvere da sparo” e di conseguenza espandersi. L’espansione coloniale a sud e a est ai danni di tribù e canati venne resa molto più facile da questo vantaggio militare e tecnologico. Nonostante la superiorità militare non vi fu nulla di scontato nell’espansione dell’impero russo. Più erano le popolazioni conquistate, maggiori erano le possibilità di dissenso e di rivolta interni. I nobili in patria erano spesso riottosi; il canto tartato in Crimea rimase un forte nemico e la minacce da Occidente erano ancora più temibili. Un’ulteriore debolezza stava nel fatto che, nonostante determinati elementi presi a prestito dall’Occidente, la Russia rimase tecnologicamente arretrata ed economicamente sottosviluppata. Gli eccessi del clima, le enormi distante e le scarse comunicazioni furono in parte la causa di questo, ma vi contribuirono anche gravi carenze sociali. Tuttavia, nonostante tutto ciò, la Russia continuò 4

ad espandersi, imponendo sui nuovi territori la stessa potenza militare e lo stesso governo autocratico che venivano adoperati per ottenere obbedienza dai moscoviti. Dall’Europa era stato preso a prestito quel tanto sufficiente a dare al regime le forze armate in grado di preservarlo, mentre ogni possibilità di modernizzazione sociale e politica in senso occidentale era avversa; gli stranieri venivano separati dai locali. A differenza degli altri regimi dispotici, l’impero degli zar sarebbe riuscito a sopravvivere e la Russia sarebbe un giorno assurta al grado di potenza mondiale. Il “miracolo europeo” Una caratteristica dell’Europa nel sedicesimo secolo era la sua frammentazione politica; per mille anni dopo la caduta di Roma, l’unità di base del potere politico era stata piccola e circoscritta, in contrasto con la costante espansione della religione e della cultura cristiana. Di questa varietà politica l’Europa doveva ringraziare la sua geografia. Il paesaggio europeo era molto irregolare, con catene di montagne e grandi foreste che separavano i centri popolati sparsi nelle valli; inoltre, il suo clima cambiava notevolmente da nord a sud e da ovest a est. Questo ebbe alcune importanti conseguenze. Contemporaneamente rese difficile la costituzione di un’autorità unica e ridusse al minimo la possibilità di un’invasione del continente da parte di una forza esterna. Al contrario, questo paesaggio mutevole favorì la crescita, e la persistenza, di autorità decentrate. I differenti climi dell’Europa davano prodotti differenti, adatti ad essere scambiati; e col tempo, quando si svilupparono la relazioni commerciali, tali prodotti venivano trasportati sui fiumi e sui sentieri che attraversavano le foreste tra una zona abitata e l’altra. Probabilmente la caratteristica più importante di questo commercio era che consisteva di prodotti all’ingrosso che servivano ai bisogni della crescente popolazione europea del quindicesimo secolo. Anche in questo la geografia ebbe un ruolo cruciale, dal momento che il trasporto fluviale di questi beni era molto più economico e l’Europa possedeva molti fiumi navigabili. Il fatto di trovarsi circondati dal mare fu un ulteriore incentivo per la vitale industria navale. Il regolare scambio di merci su lunghe distanze favorì via via la diffusione di cambiali, di un sistema creditizio e di rapporti bancari a livello internazionale. La stessa esistenza di un credito mercantile indicava una basilare prevedibilità delle condizioni economiche di cui commercianti privati avevano fino ad allora raramente goduto in ogni parte del mondo. La conseguenza politiche e sociali di questa indipendente e incontrollata espansione del commercio erano di grande importanza. In primo luogo, non vi era modo di sopprimere completamente gli sviluppi economici. Il fatto basilare era che in Europa non esisteva alcuna autorità unificata che potesse fermare efficacemente lo sviluppo commerciale. Oltretutto, in Europa vi erano sempre alcuni principi locali disposti a tollerare i mercanti e le loro attività, anche quando altri li depredavano e scacciavano. Per questo motivo, banchieri, mercanti d’armi e artigiani diventarono membri indispensabili della società europea. Gradualmente la maggior parte dei governi europei entrò in un rapporto di simbiosi con l’economia di mercato, assicurandole un ordine interno e un equo sistema legale, e ricevendo sotto forma di tasse una parte dei crescenti profitti derivanti dal commercio. Probabilmente l’unico elemento che avrebbe potuto condurre a un governo centralizzato sarebbe stato un importante passo in avanti nella tecnologia militare da parte di uno stato, tale da schiacciare tutti i rivali. Fu in questo lungo periodo (1450 – 1600) che, gli “imperi della polvere da sparo” si consolidarono in altre zone del mondo. Dal momento che, inoltre, fu nell’Europa del tardo medioevo e dell’inizio dell’era moderna che vennero adottate nuove tecniche di combattimento più spesso che altrove, non era improbabile che uno di questi passi avanti permettessi a una determinata nazione di dominare i propri rivali. Già intorno al 5

1500, i re di Francia e Inghilterra avevano raggiunto un monopolio dell’artiglieria all’interno dei loro stati ed erano perciò in grado di schiacciare un suddito troppo potente anche se si riparava dietro le mura di un castello. La semplice esistenza di rivali, e di animosità tra contendenti, era evidente nel resto del mondo, ma non aveva di per se stessa impedito la conclusiva unificazione. L’Europa era diversa per il fatto che ognuna delle potenze rivali era capace di garantirsi l’accesso alle nuove tecniche miliari, in modo tale che nessuna potenza possedette mai il margine di vantaggio determinante. Dire che il decentrato sistema di stati europei era un grosso ostacolo per la centralizzazione non è una tautologia. Poiché esisteva un certo numero di entità politi...


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