Riassunto \"La Chiesa e lo sterminio degli ebrei\" R. Moro PDF

Title Riassunto \"La Chiesa e lo sterminio degli ebrei\" R. Moro
Course Storia del cristianesimo e delle chiese
Institution Università degli Studi di Firenze
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Riassunto dettagliato capitolo per capitolo del libro "La Chiesa e lo sterminio degli ebrei" di R. Moro. Utilizzato per l'esame di Storia del cristianesimo e delle chiese del terzo anno del corso di Storia (B040)....


Description

Schema “La Chiesa e lo sterminio degli ebrei”, R. Moro I.

Cattolicesimo e antisemitismo 1. Antisemitismo tradizionale e antisemitismo moderno L’antisemitismo è una lunga tradizione. C’è una separazione profonda ma esile tra antisemitismo moderno e antisemitismo tradizionale, “forzatura storiografica” è pensare che ci sia un collegamento quanto il contrario. 2. L’odio antico L’antisemitismo è un’invenzione moderna (1879), che ha origini lontane, ma la nascita della parola gli dà una connotazione politica/razziale. Il cristianesimo nasce dall’ebraismo, e inizialmente veneravano lo stesso Dio, Abramo e i soliti testi sacri, fino a diventare nel V secolo d.C. la religione ufficiale dell’Impero Romano. Nelle prime comunità i cristiani si sentivano ebrei in stretta osservanza, tanto da considerarsi “giudeo-cristiani”, mentre per gli ebrei i cristiani erano appartenenti ad una setta di un profeta morto, per questo eretici e dovevano essere combattuti. Dopo il Concilio di Gerusalemme, trovata soluzione alla controversia tra giudaizzanti e ellenizzanti, i cristiani erano sempre più pagani e cominciarono a distaccarsi dall’ebraismo. Nella rivalità del rapporto con l’autorità romana e le sue minacce di repressione, la concorrenza nel proselitismo, la controversia teologica sfociarono in un aperto conflitto che si compì nel V secolo. Gli ebrei venivano considerati peggiori dei pagani e si crearono una serie di stereotipi rilevanti nel pensiero antisemita dell’Ottocento e Novecento. I cristiani vedevano delitti perpetrati regolarmente dagli ebrei, come l’idolatria e l’uccisione dei profeti, che avevano una matrice comune nella carnalità ebraica. Oltre a questo, venivano accusati di peccati di sensualità, con l’ebreo carnale, schiavo degli istinti, incapace di attingere alla spiritualità cristiana. Tutto ciò verrà accompagnato dallo stereotipo del popolo servile, per cui solamente una legge può controllare la loro condizione, per cui solo i cristiani potessero essere liberi. Attraverso l’episodio delle seconde tavole della legge di Mosè, esce l’argomento della servitù giudaica, cioè della nazione fatta per la schiavitù. I concetti dapprima soltanto teologici diventano così sempre più politici, tanto che dal IV secolo vengono accusati di deicidio. Anche Girolamo ed Agostino sottolinearono con forza che il cristianesimo deve vegliare sulla sopravvivenza del giudaismo, perché esso è la prova della verità delle scritture e perché la sua dispersione e la sua condizione servile rappresentano la prova dell’adempimento delle profezie di Israele e la sua conversione segnerà la fine dei tempi. Di fronte alle prime restrizioni e le prime violenze, nacquero anche nell’Occidente altomedievale una legislazione che tutelò la loro presenza. I papi protesteranno contro i massacri, ma allo stesso tempo metteranno in guardia i cristiani contro gli ebrei. Dopo l’anno Mille, si registrarono le prime dicerie sugli ebrei e le prime violenze sporadiche. Con le Crociate nacquero le attività commerciali, l’ascesa della borghesia cittadina e la nascita dell’idea di cristianità. Centrale fu l’elemento di punizione contro gli infedeli, e le soldataglie presero di mira gli ebrei facendo scegliere tra battesimo e la morte. Dalla seconda Crociata in poi, le violenze ebraiche di stampo popolare furono continue, anche per via delle nuove accuse che li vedevano come omicidi rituali e profanatori di ostie. La Chiesa si pronunciò sempre per sconfessare queste accuse, ma anch’essa cominciò a introdurre misure di segregazione e discriminazione. Con il III e il IV Concilio Lateranense (rispettivamente 1179 e 1215) si stabilì che i cristiani non potevano essere servitori degli ebrei e si introdusse una prima separazione segnata dal vestiario e si vietavano le usure immoderate e gravi. A tutto questo si lega una conseguenza logica che è data dalla reazione delle comunità ebraiche, connotata da un odio per i cristiani, perpetuata con una rinomina dei luoghi e della cultura

II.

cristiana, e una chiusura in se stessi senza nessun contatto con i cristiani (martirologio ebraico). Con il XIV e le crisi sociali e politiche, gli ebrei furono accusati di tutti gli avvenimenti, e in alcuni luoghi nascono i “flagellanti”, che hanno quasi come unico scopo il massacro degli ebrei. Verranno espulsi e riammessi in alcuni Paesi, benché nasca l’idea che nemmeno il battesimo possa assolvere la contaminazione ebrea. Ne scaturisce un odio talmente acuto che si può consolidare l’antisemitismo nella sua forma classica. La Chiesa della Controriforma concretizzerà l’idea luterana di odio contro gli ebrei con l’istituzione del ghetto, segnando una disuguaglianza giuridica. In Spagna per primi si arrivò ad una concezione ereditaria di antisemitismo. 3. L’antisemitismo dei movimenti cattolici Le trasformazioni avvenute tra 1770 e 1830 portano ad un irrigidimento cristiano nei confronti della necessità di un’unità religiosa. Con Pio VI e l’emancipazione degli ebrei durante la Rivoluzione francese porterà nel corso del secolo a idee di complotto con protagonisti gli ebrei. Roma si opporrà così ad un’ostilità verso l’emancipazione degli ebrei con la reintroduzione delle antiche norme antiebraiche, fino ad appoggiare l’unione tra antiliberalismo, anticapitalismo e antisemitismo portato dalla rivoluzione di Vienna del 1848. Con il 1870 e la caduta del potere temporale, si radicò nella coscienza cristiana una lettura “intransigente” dei fatti, individuando come i colpevoli gli anticlericali, i massoni e gli ebrei, aprendo un periodo per cui l’ebreo era il nemico del cattolicesimo in qualunque Paese ci si trovasse. Adesso più che accuse teologiche, gli vengono rivolte accuse politiche, economiche, nazionali: visti come portatori di scristianizzazione e rivoluzione, detentori del capitale finanziario, vivendo in una solidarietà senza patria e nemica delle nazioni. Verso il 1890 l’antisemitismo sembrava diventare un monopolio cattolico, con la nascita di giornali e giornalisti orgogliosi del proprio antisemitismo. Di fronte agli eventi razzisti di questo periodo, la Chiesa cominciò a fare distinzione tra antisemitismo laico e razzista errato ed un antisemitismo legittimo cattolico. 4. Cattolicesimo e antisemitismo nel nuovo secolo Il periodo della persecuzione nazista nei confronti degli ebrei si collocò in un periodo in cui l’antisemitismo politico aveva ripreso vigore dopo la Grande Guerra, mentre quello cattolico era in un progressivo regresso. Al contempo la Chiesa non fece niente per arginare o frenare questa ripresa razzista antisemita, vedi l’affaire Dreyfus e la non concessione del Santo Uffizio sulla falsità degli omicidi rituali. Non riuscirono neanche a fermare l’ondata di antisemitismo seguita dalla crisi rivoluzionaria russa e i falsi Protocolli dei Savi di Sion, come anche la nascita del “focolare ebraico” in Palestina seguito dalla dichiarazione Balfour. All’interno della Chiesa nacquero anche gli integrali, un gruppo antimodernista e antisettario che vedeva sionismo, bolscevismo e massoneria come parti di un unico diabolico piano. Il Crollo di Wall Street del 1929, alimentò la spinta antisemita, radicalizzando i filoni cattolici, e tutto trovò spunto in movimenti politici che erano spesso appoggiati da sentimenti e visioni cattoliche che vedevano gli ebrei a fianco dei bolscevichi per una rivoluzione mondiale. La Chiesa e lo Stato razziale 1. I cattolici e il razzismo antisemita Dal momento in cui i nazisti presero il potere, nacque un fenomeno nuovo per cui il razzismo antisemita era il contenuto essenziale della politica dello Stato. La Civiltà Cattolica rifiutò ogni difesa della razza o miglioramento della stirpe dopo la promulgazione della legge che rendeva obbligatoria la sterilizzazione a tutti gli affetti da malattie ereditarie. Nessun cattolico si mostrava incline a posizioni razziste e anche in Germania non si accettavano per intero le posizioni antisemite, tuttavia prevalse la strategia per cui non si interveniva per paura che queste persecuzioni si scatenassero contro i cristiani cattolici.

Molti erano però favorevoli ad un antisemitismo di Stato che mirasse a proteggersi contro le infiltrazioni di una minoranza. In una parte del cattolicesimo si pensava che il pericolo giudaico fosse ormai un problema passato, e che la nuova battaglia da combattere era quella contro il nuovo paganesimo, in cui riaffioravano le eresie cristiane. Nasce all’interno degli ambiti anche i più intransigenti discorsi di tolleranza religiosa (vedi L. Sturzo e A. De Gasperi). Ma queste nuove sensibilità sono significative quanto embrionali, poiché nei movimenti cattolici di destra, l’antisemitismo è ancora centrale. Gli ebrei non sono ancora per la generalità cattolica gli antenati della loro fede, bensì i nemici della loro religione. Nell’Europa degli anni dell’avvento del nazismo, il cattolicesimo appare diviso in due grandi filoni in cui lo stesso antisemitismo ideologico e politico tende a divenire sempre più l’oggetto di discussione, di tensione, di divisione tra destra e sinistra. 2. Un tentativo di revisione? La Chiesa di Pio XI e le leggi razziali italiane del 1938 Quando nel 1938 fu varata la legislazione razziale fascista, la Chiesa condannò la negata validità civile dei matrimoni religiosi tra ariani e non ariani, che spettava al Concordato del 1929. Ma il 14 luglio, quando la stampa fascista pubblicò un Manifesto degli scienziati fascisti sulla razza, fece capire alla Chiesa il loro avvicinamento con il razzismo nazista. Il giorno seguente il papa in una udienza a un gruppo di suore dichiarò che tutto lo spirito della dottrina era contrario alla fede di Cristo e incaricò John LaFarge di preparare il testo di un’enciclica sull’unità del genere umano, rivolta alla condanna del nazismo e dell’antisemitismo. Alla fine di settembre consegnò a Roma il testo completo Humani Generis Unitas, al generale dei gesuiti W. Lédochowski. Prima di ciò Pio XI ebbe degli screzi con Mussolini per dei discorsi che lo mettevano in cattiva luce e rischiavano la separazione dello Stato. Nonostante ciò il papa non si fermò e cominciò a condannare l’antisemitismo come incompatibile con la tradizione cristiana e con la Sacra Scrittura. Mussolini si scontrò anche nel settembre 1938 con il vescovo della città di Trieste, in cui questo condannava ancora l’antisemitismo in Italia come ingiusto e non esistente. Tornando all’enciclica, il generale dei gesuiti non trasmise immediatamente il testo al papa, ma il 9 ottobre lo consegnò a padre Enrico Rosa, anziano redattore della Civiltà Cattolica per un giudizio, ma questo morì dopo un mese e mezzo. L’intervento del generale dei gesuiti sembrò un complotto per sabotare l’enciclica, e adesso si sa che lui pensava al vero pericolo come quello comunista e non nazista e voleva evitare la contrapposizione tra la Chiesa e le potenze dell’Asse. Il testo arrivò sulla cattedra del papa solo a fine gennaio 1939 quando le sue condizioni di salute erano peggiorate per poi morire qualche giorno dopo. Il nuovo pontificato si caratterizzò da subito su una linea diplomatica e più morbida, che sembrò sentire meno l’urgenza di una denuncia dottrinale. Pio XII quindi non si sentì di pubblicare la lettera, con la guerra alle porte e decise di archiviarla. 3. Il cattolicesimo e la legislazione antisemita in Europa (1938-1941) Non solo il cattolicesimo italiano, ma anche quello austriaco, francese e ungherese di fronte al successo della legislazione sugli ebrei mostrarono una reazione moderata all’aggravarsi delle misure antisemite in Europa. Rimasero poche e isolate le voci anche in Francia sulle proteste contro l’antisemitismo. In tutto questo periodo l’unica iniziativa concreta presa di fronte alla persecuzione antisemita dal cattolicesimo europeo fu quella di fornire, attraverso la St. Raphaelsverein, aiuto agli ebrei (specialmente convertiti), prima a lasciare la Germania, e poi i Paesi occupati dalle armate tedesche. La Santa Sede cercò anche di far pressione sulle autorità degli Stati Uniti perché abbandonassero la loro passività sulla questione degli ebrei. Mancava in Vaticano la volontà e le risorse per avviare una campagna mondiale in difesa degli ebrei vittime del nazismo.

III.

Chiesa, nazismo e guerra 1. Cattolicesimo e nazismo La Chiesa cattolica tedesca ebbe un atteggiamento assai perplesso circa il movimento nazionalsocialista negli anni della sua scalata al potere, tanto che vennero espressi su di esso una serie di divieti e di riserve ufficiali. Nel corso degli anni, Hitler riuscì comunque a trovare simpatie ed appoggi negli ambienti cattolici conservatori. Il 23 marzo 1933 promise al Reichstag che avrebbe assicurato a entrambe le confessioni cristiane l’influsso che le spettava sul terreno scolastico ed educativo, e lo Zentrum (partito cattolico del Centro) votò a favore della legge che gli conferiva i pieni poteri. Il 28 marzo i vescovi ritirarono i precedenti divieti e già il 7 aprile iniziarono le trattative per un concordato tra Reich e Santa Sede: il primo cercava un allargamento del consenso e la possibilità di eliminare lo Zentrum; il Vaticano cercava invece di tutelarsi. Il passaggio dall’entusiasmo per la conclusione dell’accordo alla preoccupazione dei trattati sottoscritti, avviarono una guerra di posizione tra Chiesa e Stato. I vescovi tacquero di fronte alla Notte dei Lunghi Coltelli del 30 giugno 1934, riconoscendo al nazismo, il baluardo contro il bolscevismo. Ogni rilievo al regime presente nei documenti vescovili dal 1936 veniva considerato dai nazisti come un attacco. A partire dal 1937 è stata via via più decisiva la condanna al fenomeno nazista. Con la visita di Hitler a Roma nel 1938 e la denuncia del nazionalismo esagerato e del razzismo di Pio XI si crearono dibattiti interni alla Curia sulla possibilità di considerare ancora il nazismo come un male minore. L’enciclica Mit Brennender Sorge del 1937, in cui si riaffermava il carattere non cristiano del nazismo, suscitò una stretta repressiva da parte di SS e Gestapo. Con il nuovo pontificato si stabilì che si sarebbe tentato ogni sforzo per vivere in pace con la Germania. Con lo scoppio della guerra, la Chiesa era in una posizione delicata, e i nazisti aumentarono le misure repressive, schedando tutte le attività religiose e assistenziali. Il progetto nel 1941 di condanna da parte dei vescovi delle atrocità disumane dei nazisti, fu impedita dalle cariche più alte dell’episcopato tedesco. 2. Tra complotti e speranze di una mediazione per la pace Tra autunno 1939 e primavera 1940, il papa si prestò come tramite tra inglesi e militari tedeschi che complottavano contro il nazismo, ma fallì e si sgonfiò per l’attacco a occidente tedesco. Questo ci conferma che il papa non simpatizzasse per i nazisti, ma ci fa anche capire come il papa non si rese conto da subito della realtà nazista e che ne prese coscienza solamente col tempo. La Santa Sede quindi si attenne su una posizione di riserbo, e le condanne contro la sterilizzazione e l’omicidio eugenetico fu riservata ai vescovi. Solamente dalla fine del 1941 ci si rese conto dell’impossibilità di trovare un modus vivendi soddisfacente con la Germania nazista, e dopo l’attacco all’Unione Sovietica si fece avanti la speranza che le due potenze si eliminassero tra loro. 3. Guerra e imparzialità vaticana Rispetto alla Prima guerra mondiale, la Seconda fu una forma di guerra più profonda, un conflitto tra intere società e sistemi di valori senza compromessi. La Grande guerra si era giocata su due poli: la “sacralizzazione” del conflitto e la sua protesta religiosa. La Chiesa si muoveva attraverso l’idea iniziale di “guerra giusta” legata alla neutralità della Santa Sede, in quanto questa aveva un carattere internazionale e non poteva prendere posizioni. L’unico interesse del papa stava quindi nel risanamento della società, e se questo veniva rifiutato allora si passava alla via della preghiera e dell’azione assistenziale in favore delle vittime della guerra. Tuttavia dopo la prima morte di massa, l’idea di guerra giusta fu rivista, arrivando a dire che dati i caratteri della guerra moderna c’è un’impossibilità morale di qualsiasi nuova guerra, benché fu subito smentita. Infatti di fronte alla guerra di Etiopia e di Spagna, la Chiesa e i

IV.

cattolici erano tornati a giustificare la “liceità” della guerra. Nel 1939 Pio XII riprese dunque la linea di Benedetto XV durante la Grande Guerra, ma in senso più astratto e rigido. 4. Coscienza cristiana e crimini di guerra Dopo la realtà della “guerra totale” applicata contro la Polonia, si pose subito il problema di denunciare pubblicamente i metodi tedeschi. Il papa, anche sul terreno dei crimini di guerra, scelse di evitare le prese di posizioni pubbliche. Intervenne infatti solo una volta in tutto il conflitto mondiale, nei confronti dell’URSS contro la Finlandia, oppure con minor voce nel 1940 quando espresse solidarietà nei confronti degli Stati neutrali del Belgio, Olanda e Lussemburgo. Anche qui però si evitata di usare la parola “invasione”. Sulla condizione polacca il papa non si espresse, giustificandosi poiché se lo avesse fatto ci sarebbero state ripercussioni su di loro. Il Vaticano si impegnò con decisione per garantire Roma dai bombardamenti, ma non fece niente per le altre città. L’atteggiamento di Pio XII si colloca tra diplomazia e profezia, attraverso una linea che evita ogni denuncia pubblica dei crimini di guerra, ma attraverso i radiomessaggi cerca di indicare ai popoli i contorni di un nuovo ordine internazionale condannando i principi che vi si oppongono. Il Vaticano e la soluzione finale 1. Le informazioni del Vaticano Buona o non buona che fossero le notizie venute dai nunzi e dagli ambasciatori interni alla Chiesa, Roma era a conoscenza della gravità della sorte dell’ebraismo europeo. Già nel 1941 era diffusa la notizia che molti ebrei tedeschi venivano deportati ad est, e a giugno arrivò una denuncia dal papa sulla sofferenza umana parlando delle persecuzioni religiose, pensando comunque che queste persone servissero solo per rafforzare la forza lavoro allo sforzo bellico. Già alla fine dell’anno però si conoscevano i ghetti sovraffollati, le malattie e le epidemie che ne concernevano, i treni che scaricavano il loro carico umano. Per cui tra gli ebrei si era a conoscenza che essere deportati significava essere condannati ad un brutto destino. Nell’estate 1941 erano già iniziate quelle eliminazioni caotiche dei nazisti in territori russi, e i servizi segreti alleati avevano già avuto queste notizie dal loro svolgersi. L’annuncio di Hitler del 30 gennaio 1942 contro gli ebrei confermava i loro sospetti, ma non si sapeva fino a che punto. Dalla primavera 1942 la Jewish Agency for Palestine e il World Jewish Congress cominciarono a diffondere accurati memorandum sulla situazione degli ebrei deportati e delle esecuzioni, ma l’atmosfera generale non cambiava. Dal 25 giugno però molte testate giornalistiche cominciarono a pubblicare dati esatti e attendibili circa lo sterminio degli ebrei progettato dal Reich. La situazione cambiò quando la stampa mondiale titolò sulla notizia delle retate degli ebrei in Francia e in Olanda perché queste notizie non filtravano da lontano come per la Polonia. Tra luglio e agosto cominciavano a trapelare anche le notizie della Soluzione finale, ma anche l’opinione pubblica americana e le cariche più alte non credevano a queste notizie, arrivando a dire che era assurda l’idea dello sterminio degli ebrei. Tra agosto e novembre furono pubblicate le notizie sulle camere a gas, e le richieste tedesche al governo fascista di consegnare gli ebrei croati, facendo rendere conto alle autorità militari e diplomatiche che si trattava dell’eliminazione completa degli ebrei. Anche in Vaticano arrivavano queste notizie, e nell’agosto 1942 il papa era vicino ad una condanna per le atrocità naziste, ma non fu pubblicata. Da settembre si cominciava a parlare di sterminio sistematico. Il governo inglese e il papa preferirono il silenzio pensando che aiutasse gli ebrei. Nonostante questo, il rappresentante di Roosevelt cercava dal papa una condanna per questa situazione, senza successo. A novembre Myron Taylor, il rappresentante USA, era a conoscenza che in Vaticano si ritenevano esatti i massacri in Europa Orientale. Tra fine novembre e dicembre i dubbi degli A...


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