RIASSUNTO La Letteratura Vista Da Lontano - Franco Moretti PDF

Title RIASSUNTO La Letteratura Vista Da Lontano - Franco Moretti
Author Giulia Giampaglione
Course Informatica
Institution Università degli Studi della Tuscia
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Riassunto "La Letteratura Vista Da Lontano" di Franco Moretti - Einaudi 2005...


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LA LETTERATURA VISTA DA LONTANO - F. MORETTI

In questo saggio si spiega come la letteratura possa essere «vista da lontano», attraverso un metodo di studio che mira a sostituire la lettura ravvicinata del testo (il close reading della tradizione di lingua inglese) con la riflessione su ogget artificiali come: grafici, carte ed alberi. Questi ogget rappresentano un allontanamento rispetto al testo nella sua concretezza: distant reading, dove la distanza è una forma specifica della conoscenza e permette di capire rapporti, pattern (modelli) e forme. Si passa dal testo ai ‘modelli astrat per la storia letteraria’ (tre conferenze di Berkeley nel 2002), modelli trat da tre discipline con cui la letteratura, nel corso della sua storia, ha avuto poco a che fare: i grafici della storia quantitativa, le carte della geografia e gli alberi dalla teoria dell’evoluzione. Dato che l’interesse per lo studio della letteratura sta diminuendo, i grafici, le carte e gli alberi ci mettono davanti agli occhi quanto in realtà sia grande il campo letterario e quanto poco ne sappiamo. GRAFICI Interessante in questo contesto è ciò che Krzysztof Pomian scrive in merito all’atteggiamento degli storici, affermando che essi, prima delle Annales, si comportavano come dei collezionisti perché raccoglievano solo ciò che per loro era raro e curioso, trascurando il banale e quotidiano; la storia era una scienza idiografica cioè avente per oggetto qualcosa che non si ripete. Questo intervento di Pomian può applicarsi alla storia sociale ma non a quella della letteratura, nella quale il collezionista di cose è ancora la figura dominante. Cosa succederebbe se gli storici letterari spostassero l’attenzione dallo straordinario al quotidiano? L’atvità della critica nel campo letterario è minima, se prendiamo l’Ottocento inglese vediamo che un canone di due o trecento romanzi è enorme, ma coprirebbe solo l’1% dei romanzi pubblicati; il close reading in questo contesto non aiuta perché leggere un romanzo al giorno, ogni giorno dell’anno, richiederebbe una mole di tempo non indifferente, ma la questione non è legata al tempo bensì al metodo: non è importante sapere quanto ne sappiamo di ogni caso isolato, perché non si tratta di un insieme di casi isolati bensì di un sistema colletvo. La quantificazione dell’analisi letteraria può assumere diverse forme, ma quella che più ci interessa è legata alla storia del libro. Una buona ricerca quantitativa è tale se innanzitutto c’è cooperazione; un po’ perché ci vuole molto tempo per raccogliere i dati, ma soprattutto perché questi dati sono poi indipendenti dall’interpretazione del singolo ricercatore, e possono dunque essere ripresi da altri, e usati in contesti diversi. Per capire meglio l’ascesa del romanzo (rise of the novel) prendiamo come esempio 5 paesi come: Gran Bretagna, Giappone, Italia, Spagna e Nigeria: in 20 anni il numero di nuovi romanzi va dai 5 ai 10 titoli l’anno il che vuol dire un romanzo ogni mese o 2, per arrivare poi ad un romanzo a setmana. Con un romanzo a setmana ci troviamo di fronte all’ossimoro moderno della ‘novità regolare’: l’inatteso offerto dal mercato per il quale non si potrà farne a meno. A tale proposito è interessante il titolo di un libro, proposto da Gilmore-Lehne: ‘Reading becomes a necessity of life’, il secondo quarto del 700 è di fat dominato da una necessità del romanzo, anche se non mancarono le lamentele secondo le quali i romanzi fanno diventare, pigri, stupidi, pazzi e ribelli. Il decollo del romanzo è dominato da tre fasi:

1. 1°fase dal 1720 al 1770: il romanzo tra il 1720-40 consolida le sue posizioni e si afferma nel sistema culturale, quindi si costituisce il mercato del romanzo;

2. 2°fase dal 1770 al 1820: dominata da una lettura estensiva (tipica del romanzo, leggere molti libri una sola volta e in modo più distratto, a differenza della lettura intensiva che richiedeva un’attenzione maggiore come nel caso dei testi devozionali) che richiede sempre più novità, alcuni lettori che per intrattenersi trovano altri modi come: ristampe di vecchi best seller, classici, libri stranieri, questo perché con l’aumento delle novità annuali, diminuisce la popolarità di vecchi libri, in questi decenni il romanzo diventa la ‘forma del presente’;

3. 3°fase: Inizia intorno al 1820 segnata da un cambiamento della composizione interna del mercato romanzesco, se prima il lettore era un ‘generalista’ cioè leggeva di tutto e a casaccio, con questa fase si segna l’inizio di un ampliamento quantitativo del mercato che diventa più mirato: racconti scolastici, romanzi sportivi, misteri ecc.

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I grafici di fat non sono dei modelli, a differenza delle carte e degli alberi evolutivi non rendono visibile un sistema teorico, la ricerca quantitativa quindi ci offre dei dati e non delle interpretazioni, i dati quantitativi possono dirci ad esempio, quand’è che in Gran Bretagna esce un romanzo al mese. Nel caso del romanzo giapponese dopo l’impennata del 1745, ci furono 3 crisi: una dal 1780-90, negli anni 30 dell’800 (entrambe segnate da motivazioni politiche) fino al 1870: the fall of the novel (Restaurazione Meji: incompatibilità tra tempi della crisi politica e scrittura romanzesca). Il crollo del romanzo toccò anche la Danimarca, Francia, Milano qui il caso è critico: dopo la 1° guerra d’indipendenza furono pubblicati solo 3 romanzi rispetto ai 43 del 1842. L’unica eccezione fu rappresentata dall’importazione dei libri inglesi in India. Oltre al fattore politico, molti storici identificarono la guerra d’indipendenza americana e le guerre napoleoniche come le cause delle crisi del 1775-83 e 1810-17, se le crisi sono eventi singoli la ricerca di cause singole va benissimo. Se invece si tratta delle fasi di un pattern ricorrente allora c’è da spiegare il pattern nel suo insieme o meglio ‘il ciclo nel suo insieme’, questo ha sviluppato una nozione sempre più precisa della molteplicità del tempo come scrive Braudel nel saggio sulla Longue durée : a) la storiografia tradizionale, interessata al tempo, all’individuo ci ha abituati al suo racconto favoloso e drammatico, di breve respiro. B) la nuova storiografia economica e sociale che pone al 1°posto le oscillazioni cicliche; c) la storia di lunga durata. In sintesi, ciò che afferma Braudel è: il breve periodo è tutto flusso e niente struttura, la longue durée tutta struttura e niente flusso, e il ciclo è la regione di mezzo tra le 2, i cicli costituiscono delle strutture temporanee all’interno del flusso continuo della storia. Struttura perché un ciclo comporta ripetizione e forma all’interno della struttura; temporanea perché il suo corso è breve, struttura temporanea è anche un otmo modo di definire il ‘genere letterario’ il quale ha anch’esso una forma che dura nel tempo. Il genere è il tempo di mezzo della storia letteraria: un periodo in cui il flusso si incontra con la forma, dove si incontrano anche le forme egemoni del romanzo inglese sette-ottocentesco:

1.

Romanzo epistolare (1760-1790);

2.

Romanzo gotico (1790-1815);

3.

Romanzo storico (1815-1850).

Ognuna di queste forme prende avvio solo dopo che la forma precedente si è esaurita, fin quando una forma egemone non ha perduto il suo valore artistico, le forme rivali non hanno molte carte da giocare, ad esempio un romanzo storico come ‘Castle Rackrent’ non avrebbe mai potuto godere dell’opportunità offerta a Waverley dal crollo della produzione gotica. Moret e Pasanek hanno consultato un centinaio di studi sui generi romanzeschi inglesi tra il 1740 e 1900: ciò che è emerso sono 44 generi in 160 anni 2/3 di loro si addensano in neanche 30 anni e sono distribuiti in 6 fasi creative: 1766-70; 1789-1791; 1825-30; 1846-51; 1868-73; 1885-88. I generi tendono a scomparire in gruppo, ogni quarto di secolo una mezza dozzina di forme escono di scena, mentre altre fanno la loro comparsa e restano in atvità per 20-30 anni. La storia dei generi romanzeschi è fatta di decenni di soste punteggiate da brevi esplosioni inventive: le forme cambiano, si ripetono, scompaiono, si trasformano in ‘letteratura normale’. Quel che i grafici fanno vedere sono i vincoli e l’inerzia del campo letterario. La scomparsa dei generi in gruppo è la cosa più bizzarra, se un intero gruppo di generi che tra loro sono diversi scompare dal campo letterario la spiegazione non può essere legata a un momento storico preciso come avviene per un singolo genere letterario, la causa dell’avvicendamento deve essere esterna ai vari generi e comune a tut loro, e cioè il pubblico letterario o ancora meglio le generazioni. Il concetto di generazione è discutibile, per capirlo meglio possiamo prendere come riferimento il saggio di Manheim in cui egli afferma che la sfera estetica è quella componente che meglio riflette il mutamento del clima spirituale, e che lo stile generazionale, a prescindere che esca ogni anno o no, dipende dal processo sociale e culturale che lo innesca. Si parlerà di generazione effetvamente esistente solo quando un legame concreto viene istituito tra i suoi membri da un meccanismo di destabilizzazione dinamica. Oggi come oggi un qualche meccanismo generazionale sembra l’unico modo di spiegare la durata di un romanzo, ma il processo di formazione delle generazioni è ancora oscuro. Tornando ai 44 generi romanzeschi e alla loro durata, per gli storici questa forma ha 2 fasi: quella che va dal 1740 al 1780 dominata dal principio trascendente della castità e quella che va dal 1780 al 1820 dominata dalla nozione di buone maniere, 2/3 di loro misurano tra i 25 e i 35 anni. L’eccezione è rappresentata da quelle forme che sono legate alla sfera politica:

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• romanzi giacobini, i quali vogliono riformare i catvi tramite la right reason come afferma Gary Kelly, cioè la ragione che si vuole vera e giusta, a differenza della scelta enigmatica proposta da Marilyn Butler che rappresentò un’occasione mancata a livello formale per il romanzo giacobino, e anti-giacobini della Rivoluzione francese.



Cartismo e controversie religiose degli anni 40;



Romanzi suffragisti (New woman novels) a fine 800.

Se un romanzo vuole intervenire nella sfera pubblica dominata da brevi scrit polemici la ‘right reason’ è una scelta sensata. Vi sono alcuni generi romanzeschi che durano solo dieci anni perché subordinano la loro struttura narrativa alla logica di breve periodo, ma il punto più importante è l’eterogeneità tra domanda e risposta, per capire meglio occorre una riflessione morfologica, la quantificazione pone il problema mentre la morfologia trova la soluzione. Nella storia letteraria è necessario avere problemi privi di soluzione, ci poniamo solo domande di cui già conosciamo le risposte. Perché l’innalzamento etico-estetico del romanzo potesse realizzarsi, secondo Warner dovette prima scomparire il romanzo d’intrigo amoroso è quello che Alliston chiama ‘The Great Gender Shift’: il grande rovesciamento dei generi (1740) cioè la scomparsa dei romanzi centrati sul desiderio femminile in cui si erano specializzate le scrittrici inglesi. Si manifestò un’ostilità nei confronti delle scrittrici donne, tra il 1750 e il 1780 gli uomini iniziarono a pubblicare molti più romanzi rispetto alle donne, ma lo scenario cambia nel corso degli anni 80 quando vi fu un secondo rovesciamento che portò ad una ribalta delle romanziere. Nel 1820 vi fu un terzo shift che sbilancia il campo nuovamente verso gli uomini, il 4° shift di metà secolo vide di nuovo protagonisti gli uomini, il 5° shift fu caratterizzato dall’estromissione degli anni 70. Quindi il ciclo letterario inglese fu diviso a metà: per i romanzi di guerra o ‘nautical tales’ si prediligono autori uomini, mentre per le storie domestiche o ‘ sensation novels’ si prediligono autrici donne. Il romanzo inglese continuò ad oscillare tra uomini e donne senza che nessuno dei due riuscì a conquistarne lo scenario, l’oscillazione ha permesso al romanzo di coinvolgere molti talenti e forme. Per molti storici letterari la differenza tra romanzo e generi letterari sta nel fatto che: il romanzo è la sostanza della cosa quindi giustifica un trattamento teorico di tipo generale, mentre i sottogeneri vengono percepiti come degli accidenti. In senso sincronico e diacronico il romanzo è l’insieme dei suoi sottogeneri, alcuni di essi sono più significativi (romanzo di formazione), o più popolari (gotico), o le due cose insieme (romanzo storico). Le teorie del romanzo hanno ridotto il romanzo a una sola forma di base (il realismo, il romance, il dialogismo, meta-romanzo). I dati quantitativi sono utili perché indipendenti dalle interpretazioni dei singoli ricercatori, allo stesso tempo sono interessanti perché richiedono un’interpretazione che fuoriesce dall’universo quantitativo e suggerisce la necessità di una teoria di un’intera famiglia di forme romanzesche.

Carte: l’Inghilterra del primo 800 era dominata dalla ‘narrativa locale’ di villaggio. L’esempio più importante sono i 5 volumi di ‘Our Village’ (1824-1832) scrit da Mitford, in cui il villaggio di 2 o 300 persone si chiamava ‘Three Mile Cross’ e si trovava nel Bershire. Nel capitolo d’apertura del libro la strada è posta al 1°piano il che offre la prospetva da cui viene visto il villaggio. La 1° raccolta di ‘Our Village’ ha la forma di un sistema solare: il villaggio al centro, intorno 2 anelli narrativi: il primo si colloca a qualche centinaia di metri dal villaggio ed è dedicato ai rapporti personali, di amicizia; il secondo è situato ad un paio di miglia di distanza ed è dedicato al rapporto con la natura e altri eventi come il ‘cricket’ e la festa di primavera (maying). Lo spazio narrativo non è lineare ma circolare. Sul finire dell’800 il paesaggio rurale inglese si trasforma, nel caso di una ‘open-field parish’ (parish: piccola unità corrispondente alle antiche parrocchie ecclesiastiche; open-field: indica che in quella parish non è ancora avvenuta una recinzione delle terre coltivate in comune), come è quella di ‘Our Village’ scrive Barrel: sembra che la geografia cambi a seconda dell’osservatore: per quegli abitanti che di rado vagano la parish essa rappresenta il centro del paesaggio, mentre per coloro che ne escono di frequente la parish non è invece più definita da una geografia circolare, ma da un sistema lineare di coordinate. Nelle ricerche di Barrel, il cronotopo di ‘Our Village’ diventa più chiaro: la narrazione si apre con una prospetva lineare per poi passare ad uno schema circolare, Mitford rovescia la direzione del processo storico e

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trasporta il suo pubblico urbano nella campagna inglese precedente a le enclosure. Questo capovolgimento di prospetva è evidente nelle ‘country-walks’, le passeggiate in campagna, storia dopo storia la narratrice esce dal villaggio, recandosi in direzioni sempre diverse per poi tornare a casa, facendo così essa disegna sulla campagna quegli anelli che sono il cronotopo in cui si riassume lo spazio di tutta la letteratura del villaggio. (le open-field parish promuovevano un senso dello spazio circolare, mentre il paesaggio caratterizzato e delimitato da recinzioni promuovevano una percezione lineare). Nelle passeggiate di Mitford, quella che a Helpstone è la circonferenza in cui gli abitanti si muovono e lavorano viene definita come spazio di svago, le passeggiate o country walks della protagonista sono spensierate, e accompagnate da un levriero di nome May, intorno a lei vi è una campagna decorativa: per una pagina sul lavoro nei campi ce ne saranno altre 30 dedicate a fiori, alberi. La circonferenza di Barrel coincide invece con la cultura delle ‘routine’ giornaliere’ oggi chiamate ‘mentalité’ e che si intreccia con il compimento del lavoro materiale. Quella offerta da Mitford non è mentalité, ma una stilizzazione ideologica: un’ideologia che vuole far distogliere lo sguardo dalla faticosa realtà della vita di campagna. La stilizzazione dello spazio appare anche nello studio di Christaller sulle ‘Località centrali della Germania Meridionale’, la specificità delle città, scrive Christaller consiste nell’offrire servizi specializzati: atvità bancaria, amministrativa, l’offerta di beni culturali e spirituali, i quali, vengono collocati in pochi punti centrali per essere poi utilizzati in più punti dispersi. Più un servizio è specializzato più centrale sarà la sua collocazione all’interno della gerarchia dei centri urbani, attorno a ogni centro ‘G’ dell’ordine più alto con molti servizi specializzati, si estende un’area di mercato esagonale che comprende 6 centri ‘B’ di 2°ordine, con meno servizi specializzati, attorno a ogni centro ‘B’ vi sono i centri ‘K’ di 3°ordine e così via. Nel villaggio emergono figure come: calzolaio, fabbro, falegname, muratore; a Londra e nelle altre città invece: insegnanti di Francese, cappellai, sarti alla moda ecc; quindi da una parte le necessità della vita di ogni giorno, dall’altra frivolezze. È un contrasto bonario ma netto che fa di ‘Our Village’ un esempio di narrazione idilliaca (in Our village il calzolaio, e la locanda sono servizi centripeti, mentre l’acchiappatopi, talpe e uccelli sono esempi del tipo centrifugo più antico). Un mondo autosufficiente è un’altra ragione dell’affinità tra pattern circolare e narrativa di villaggio: un cerchio è una forma semplice, ‘naturale’, in cui il mondo dell’idillio si raccoglie su sé stesso, volgendo le spalle a ciò che si trova al di là dei suoi confini. Il termine ‘idillio’ caratterizza anche un’altra opera, quella di Galt del 1821 intitolata: ‘Gli annali della parrocchia’. La parrocchia in questione è quella di Dalmailing (Scozia), di cui il libro racconta il mezzo secolo che va dal 1760 al 1810: ogni anno un capitolo. Qui emergono 3 spazi dal flusso narrativo: 1° quello della vita quotidiana a Dalmailing pervaso da materiali dell’idillio (nascita, amore, lavoro, matrimonio, morte); 2° congiunge Dalmailing con Irville, Glasgow e Edinburgo e mostra come funziona la gerarchia dei luoghi centrali: scuola a Irville, università a Glasgow, avvocati e medici a Edinburgo. Poiché il mondo di Galt è ancora dominato da semplici bisogni dell’esistenza quotidiana, i luoghi centrali restano ai margini del discorso. Tutt’altro che marginali risultano invece le novità che arrivano a Dalmailing dalle Antille e dal Baltico, qui entra in gioco l’impero coloniale britannico e una geografia della ‘lontananza’: a Dalmailing cose come il rosolio, pappagallo e la cocker-nut (noce di cocco) sono cose che arrivano da un altro mondo, ogget di lusso. Ma nel 1788 a poche miglia di distanza viene costruita una Finlandia di cotone attorno alla quale sorge la città di Cayenneville, e le coordinate spaziali di Dalmailing vengono alterate una volta per sempre, il senso del locale svanisce nel nulla, al suo posto si insedia la più grande rete di relazioni commerciali (CayennevilleGlasgow-Manchester-Londra). Il villaggio non è più al centro ma viene rimpiazzato dal mercato nazionale dell’800 industriale, le cui distanze intermedie vengono traversate ogni setmana da quei prodot che incarnano il ‘nuovo’ inventato dall’800 industriale. Anche ne ‘le Storie di villaggio della foresta nera’ di Auerbach (1843-1853) come in Galt, hanno 3 spazi:

• locale: composto da Nordstetten e dagli altri villaggi della foresta nera, dominato dalla ‘routine’ quotidiana, orizzonte di poche miglia, servizi essenziali tutto racchiuso nello stesso cronotopo circolare delle raccolte inglesi;

• nazionale: composto da Horb, Friburgo, Rottenburg, Stoccarda come luoghi centrali in vari racconti, in cui non troviamo manifattura, servizi e banche ma uffici, tribunali, caserme e prigioni, elementi che rappresentano uno stato ‘come forza repressiva’: tradotta in una determinazione di assicurarsi il monopolio della violenza legitma che mette fuori legge le tradizioni locali, arruola giovani contro la loro volontà e processarli se provano a scappare;



mondiale: ...


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