IL Borghese DI Franco Moretti PDF

Title IL Borghese DI Franco Moretti
Course Letteratura italiana
Institution Università degli Studi di Napoli Federico II
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IL BORGHESE DI FRANCO MORETTI Che fine hanno fatto i borghesi? Nell’epoca del massimo splendore del capitalismo, quando questa forma economico-politica è parsa quella vincente, la classe che se n’è fatta fautrice, la borghesia, è sparita dal lessico corrente. Dov’è finita? Moretti la va a cercare nella letteratura; Nel primo capitolo Moretti propone una nuova e brillante interpretazione di Robinson Crusoe attraverso lo studio di tre parole chiave (utile, efficienza, comfort) e di due stili (il ritmo della continuità e la produttività dello spirito). Il romanzo di Defoe è il risultato della «creazione di una cultura del lavoro» (p. 37) e rispecchia il successo della borghesia come classe sociale; ciò è rappresentato dallo «stile dell’utile. La prosa è addirittura il «vero eroe di questo libro»: un eroe per caso, ammette più volte Moretti, promosso al rango di protagonista in modo preterintenzionale. Nel secondo capitolo Moretti si focalizza maggiormente sul discorso letterario attraverso un’analisi della metamorfosi della trama, dei “riempitivi” e dei processi di razionalizzazione del reale. Il ritmo del romanzo deve rispecchiare la logica razionalizzante della vita borghese e deve portare questa realtà dell’Ottocento nel romanzo. La produttività di questa classe socio-politica rigetta le sorprese, le avventure e i miracoli (p. 69), mentre ricerca la “serietà del secolo”: «affidabilità, metodo, accuratezza, “ordine e chiarezza”: realismo» (p. 73). Moretti fa riferimento alla Realpolitik e al Realismus der Stabilität: i romanzi ottocenteschi cercano «compromessi tra sistemi ideologici diversi» (p. 78) – il conservatorismo e l’esistenza borghese –; sul piano letterario ciò consiste nella ristrutturazione razional-capitalistica della trama dei romanzi secondo il tempo regolatore dei riempitivi e nella dialettica tra l’esperienza individuale e la logica neutrale del discorso libero indiretto. Il terzo capitolo (Nebbia) affronta il tema che impersona esteticamente il tentativo di nascondere la morale borghese nel romanzo ottocentesco e la marcia trionfale del capitalismo (p. 95), la cui forza alla fine farà scomparire il borghese. Attraverso uno studio dell’architettura gotica, Moretti legge nella “nebbia” della narrativa vittoriana il tentativo di risolvere le contraddizioni sociali sul piano letterario secondo uno schema estetico, per il quale l’aggettivo perde la sua funzione descrittiva per assumerne una epistemologica (p. 108). Nel quarto capitolo (pp. 119-137) egli arriva a identificare i luoghi periferici della cultura borghese nei romanzi del secondo Ottocento: ad esempio, la “roba” di Don Gesualdo è cifra del sentimento avido e irrazionale del borghese, che ora si trova a lottare contro un potere politico (l’Ancien Régime) che ne opprime lo sviluppo.

Nell’ultimo capitolo Moretti affronta l’area grigia dell’universo sociale borghese attraverso le azioni dei personaggi di Ibsen; queste non sono altro che lo specchio dell’«irrisolta dissonanza della vita borghese»: se prima della rivoluzione industriale la «prosa è lo stile del borghese, un modo di vivere nel mondo», uno «stile che comprende gli inganni delle metafore, e se li lascia alle spalle» (p. 150), dopo l’industrializzazione la borghesia diventa la classe dominante, e lo stile della prosa è sostituito dalla «poesia dello sviluppo capitalista»: la tragedia, meglio del romanzo, riesce a esprimere il sentimento borghese tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, cioè la sua incapacità di risolvere «l’impotenza del realismo borghese davanti alla megalomania capitalista» (p. 154) “Ibsen è l’unico scrittore che guarda il borghese in faccia e gli chiede: Allora, dopotutto, che cosa hai portato al mondo?” Madame Bovary (1857), ci sono scene in cui “non accade nulla di straordinario. È un momento qualsiasi di un’ora che ritorna regolarmente. Non accade nulla, ma il nulla è diventato qualche cosa di pesante, di oscuro, di minaccioso”. MADAME BOVARY Charles Bovary, rimasto vedovo di una donna che non amava, sposò Emma Rouault, figlia di un contadino e vissuta in un convento dove si era appassionata di letteratura cavalleresca. Questa, sposatasi per sfuggire alla misera vita da campagnola, si ritrovò a vivere una monotona vita matrimoniale. Charles era un brav’uomo ma non capiva ciò che veramente appassionava la donna e non sapeva come renderla felice. Un giorno, invitata a un ballo al castello de La Vaubyessard, capì che la vita lussuosa e passionale era quello che desiderava. lI marito, notando che la moglie si annoiava, decise che era meglio trasferirsi, pensando che questo avrebbe giovato alla moglie incinta. Così da Tostes si spostò a Yonville, dove Emma mise al mondo una bimba di nome Berthe che lasciò subito nelle mani di una balia. Fu proprio nel visitare la figlia che la donna conobbe un giovane studente di giurisprudenza, Léon Dupuis, con cui condivideva molti interessi. Emma se ne innamorò, ma rimase spaventata da questo sentimento. Quando Lèon se ne andò a Parigi per motivi di studio, la donna conobbe Rodolphe che la fece sua con ingannevoli parole, fino ad escogitare una fuga insieme che all’ultimo momento l’amante fece saltare con una lettera trovata da Emma in un cesto di albicocche. I.

Capitoli: 1-9 Descrizione di Charles; decisione della madre di fargli sposare una vedova di quarantacinque anni; visita a casa Rouault; morte della moglie; nozze con Emma; flashback sul’infanzia di Emma; prime vicende di vita matrimoniale, trasferimento a Yonville; attesa di un bimbo. II. Capitoli: 1-15 Arrivo alla locanda Leon d’Or ed incontro con Léon;

nascita di Berthe; incontri casuali con Léon; convinzione di Emma di essersi innamorata di Léon; partenza di Léon e disperazione di Emma; incontro con Rodolphe Boulanger; dichiarazione di amore di Rodolphe; inizio della relazione; timore di Emma di essere scoperta; tentativo di riavvicinarsi al marito; ripresa della relazione con Rodolphe; lettera di addio di Rodolphe a Emma; depressione di Emma; ritorno di Léon. III. Capitoli: 1-11 Ripresa della frequentazione; lezioni di pianoforte ed incontri in albergo con Léon al giovedì; sudditanza di Léon nei confronti dei capricci di .Emma; decisione di Léon di abbandonare Emma perché la relazione non compromettesse la sua carriera; spese eccessive di Emma; inizio del dissesto economico e tentativi di Emma di arginarlo; Emma si avvelena e muore; funerali di Emma; scoperta di Charles della lettere di Léon e dei messaggi di Rodolphe; morte di Charles con una ciocca di capelli di Emma fra le dita. Contrasto tra illusione e realtà; tra vita sognata e frustrante normalità; adulterio come mezzo alternativo per raggiungere felicità illusorie, coltivate attraverso letture. Contrasto tra la sensibilità di alcuni e la piatta mediocrità del ceto sociale di appartenenza. Destino infelice per chi non si adegua all’ambiente in cui vive. II.

Inizialmente insoddisfatta della vita noiosa in casa con il padre vedovo, poi delusa e insofferente del grigiore e della monotonia della vita coniugaie con Charles ,infastidita dalla propria condizione sociale, la protagonista ha le velleità della persona mediocre, che coltiva sogni impossibili e ambizioni che, però ,ha ricavato dalla lettura di libri che si degradano in lei a livello della mediocrità piccolo-borghese, si irrigidiscono in luoghi comuni, angusti e ridicoli. Nutritasi nell'adolescenza di letture sentimentali e di romanzi melodrammatici, aspira ad un amore e a una vita eccezionali, tra salotti e ambienti mondani e lussuosi , come quelli delle eroine romantiche di cui ha letto. Essa viene così a rappresentare quello che dal suo nome è stato, appunto, definito "BOVARISMO"; l'atteggiamento di chi ha un'immagine di sé diversa da quella reale e trasferisce sul piano

dell'immaginazione l'aspirazione ad una vita intensa e appassionata. L'insoddisfazione , il fastidio per la propria condizione la portano a coltivare sogni impossibili e a attribuire fascino e attrattiva ad un mondo fittizio nel quale cerca di evadere dalle proprie aspirazioni frustrate. "Madame Bovary sono io" :questa famosa frase attribuita a Gustave Flaubert è densa di significato. Nei sogni romantici della protagonista piccolo-borghesedi provincia, Flaubert proietta le componenti romantiche che sono presenti nella sua personalità , come nella società culturale e letteraria del suo -' tempo; vuole annientare il carattere velleitario, fantastico e sognante del Romanticismo (proiettando lo nella figura della protagonista) ,prendere le distanze da esso e, allo stesso tempo, criticare una parte di sé....


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