Riassunto - Libro \'\'Storia del diritto moderno in Europa. Le fonti e il pensiero giurdico\'\' - A. Cavanna PDF

Title Riassunto - Libro \'\'Storia del diritto moderno in Europa. Le fonti e il pensiero giurdico\'\' - A. Cavanna
Course Storia del Diritto Medievale e Moderno
Institution Università degli Studi di Salerno
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Storia del diritto moderno in Europa – Adriano Cavanna.Parte Prima:L’età di nascita della scienza giuridica moderna.Sezione Prima:Vicende storiche del concetto di diritto comune nella teoria delle fonti fra medioevo ed età moderna.Capitolo 1. L’IDEA DI EUROPA : REALTÀ E MITOIl “Sacrum Imperium”: com...


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Storia del diritto moderno in Europa – Adriano Cavanna. Parte Prima: L’età di nascita della scienza giuridica moderna. Sezione Prima: Vicende storiche del concetto di diritto comune nella teoria delle fonti fra medioevo ed età moderna. Capitolo 1. L’IDEA DI EUROPA : REALTÀ E MITO Il “Sacrum Imperium”: come struttura politica dell’Europa medievale Utile punto di riferimento per ricostruire le vicende storiche del diritto comune e della codificazione in Europa può essere, seppur con approssimazione, il Natale dell’800. In realtà e sse nascono con la nascita della civiltà europea, che può farsi risalire al breve periodo dell’impero carolingio. Il momento storico preciso può individuarsi nella notte del Natale dell’anno 800, quando il Papa Leone III incoronò Carlo Magno imperatore del Sacrum Imperium, la prima formale e unitaria struttura dell’Europa odierna. L’incoronazione nel Natale dell’800 rappresenta, in realtà, l’ideale continuamento del glorioso ordinamento di Roma: sotto il dominio di un imperatore barbarico potentissimo e il magistero unitario della Chiesa si costituisce un rinnovato impero d’Occidente. Il territorio ricompreso è vastissimo; tutto il Sacrum Imperium infatti, come detto, comprendeva gran parte dell’Europa d’oggi, tranne una piccola parte della penisola iberica, il regno anglosassone e i paesi scandinavi; anche se in questi paesi l’imperatore non esercitava alcun potere ufficiale, vi era un riconoscimento indiretto della sua egemonia e del suo protettorato. In tale periodo, il nome Europa, pressoché scomparso in precedenza, riappare e viene ricongiunto alla persona stessa di Carlo Magno che, dunque, era esaltato come Rex e Decus Europae. Il suo programma era quello di fondare un forte impero franco e cristiano, in opposizione a Bisanzio, L’immagine di Roma e della sua potenza rimaneva ambita, in virtù della tradizione latino/cristiana che la considerava domina mundi, del suo essere città sacra voluta da Dio, e quindi deo coronatus il suo imperatore, e suggestionava la mentalità germanica. Il nuovo impero, dunque, come respublica christiana, voleva rappresentare l’unità civile e religiosa di tutti i popoli occidentali, accomunati da una fede divenuta comune in seguito alla conversione al cristianesimo di quasi tutte le popolazioni germaniche che avevano invaso l’antico impero romano; è, così, frutto di una assimilazione di romanità, germanesimo e cristianità. Anche la Chiesa, quindi, era grande protagonista, depositaria del patrimonio culturale del tramontato mondo antico si pone come superamento totale della crisi di valori sociali e religiosi che fino a quel momento aveva accompagnato l’Occidente. Basti pensare che erano i clerici a parlare in lingua latina, la lingua ufficiale della chiesa, che ovunque gli distingueva e che alla corte dell’imperatore era sempre il latino la lingua per la redazione degli atti ufficiali. Coloro che parlavano latino, i clerici, così individuati, formavano più che una classe sociale, una classe culturale, che aveva salvato dall’insabbiamento la cultura antica. E’ in questo stesso periodo che si avvia un lento processo di raccolta ed elaborazione dei testi giuridici, dogmatici e canonistici; opera che prosegue fino alle soglie del rinascimento cittadino e fa sì che si mantenga viva quell’unità spirituale dell’impero anche oltre il crollo carolingio. L’Europa come fatto spirituale e culturale. La “Respublica Christiana” e il mito di Roma. Dunque, la civiltà europea affonda i suoi primi germogli nell’età dell’impero carolingio. L’Europa è un risultato della storia, non è un fatto meramente geografico. L’area geografica in cui era anticamente ravvisata, il Mediterraneo confinante a nord col Danubio e il Reno e a sud con i deserti africani, non corrispondeva a quella che era l’Europa medievale A termine di un processo storico, risulta essere la fusione perfetta tra la cultura romana e la cultura germanica avvenuta nell’ambito del cristianesimo; una nota espressione dice che l’Europa si è originata da tre colli: “dall’Acropoli, dal Campidoglio e dal Golgota”. Il concetto di unità spirituale europea, con il suo fondamento universalistico, è dovuta soprattutto alla importanza del cristianesimo come religione universale; la Chiesa opera, a tal proposito, un lavoro di rieducazione globale di tutti i popoli, facendo sorgere una coscienza europea unitaria e unificando le genti dell’Occidente latino come comunità di fedeli. Come nota Vismara, un noto storico, la Chiesa non opera una mera influenza o esercita una forza esterna sulla società medievale, anzi è viva e operante in quella società, ne è parte e anima

Questa comune convergenza culturale non si oscurò con la caduta dell’impero carolingio, quando nell’843, col trattato di Verdun, i figli di Ludovico il Pio, successore di Carlo, si spartirono i territori dell’impero. Il successivo impero romano-germanico degli ottoni e degli Svevi si ridusse, geograficamente parlando, alla sola zona italo-germanica, lasciando al suo esterno la zona della Francia e della Spagna che, ovviamente, andavano a formare un’ostilità politica insieme all’impero anglosassone. Dunque, dall’843 in poi, l’Europa non conoscerà mai più un’unità politica integrale. Neppure allora, però, si dissolse quell’unitaria realtà culturale, romano-cristiana di tipo universalistico; anche dopo l’età carolingia ad essa non si sottraeva alcun paese cattolico seppur non rientrante nell’impero dei sovrani tedeschi: era qualcosa di più vasto e comprensivo dello stesso ordinamento imperiale, che superava. La consistenza di tale unità spirituale europea era basata sul mito di Roma su cui faceva perno un ideale impero universale romano e cristiano ed era assorbita dagli ambienti colti d’Europa, in primo luogo dagli ambienti ecclesiastici Il vincolo tra Roma e l’impero non era cessato neppure, quindi, nell’età degli ottoniani e degli Svevi, anzi col concetto di renovatio imperii, era stato rafforzato. La cristianità dunque, in questo periodo, contava più della nazionalità, e faceva sì che l’impero romano-germanico rappresentasse per eccellenza il mondo cristiano non disconoscendogli quella superiore auctoritas che il legame con Roma gli conferiva. Ciò che all’impero si negava era il predominio politico, che a tal proposito passa però in secondo piano poiché mera formula retorica che non impediva di identificare il tutto con la sua parte più rappresentativa quale era la cristianità per l’impero. Però, è anche vero che era la chiesa la vera forza motrice di tutto; supera, infatti, la sfera dell’impero, portatore di un’idea universale piuttosto che di un’effettiva potenza universale. L’impero appare dunque più l’oggetto che il soggetto di quest’esperienza culturale e i successivi scontri tra impero e chiesa tra l’11esimo e 12esimo secolo non saranno altro che tentativi compiuti dall’impero di ritornare ad essere il soggetto principale di un’azione politica e di un’esperienza di potere universale, offuscata dalla cristianità manifestata dalla Chiesa. La Chiesa, quindi, ha sempre agito intelligentemente da protagonista. Con l’incoronazione di Carlo Magno infatti, si era scelta per sempre il suo partner, legandosi alla forza temporale più potente di tutto l’occidente cristiano: legame forte che opererà per secoli sia costruttivamente che distruttivamente a seconda che vi fosse l’idea di una chiesa nell’impero o un impero nella chiesa. In conclusione quindi, la teoria del Sacrum Imperium appare operante sotto più prospettive: come strumento spirituale che la chiesa pone al servizio del proprio magistero evangelico, come base ideologica presupposto temporale della missione della chiesa e veicolo di ingerenza statuale nella sfera spirituale. E’ la concezione medievale della natura cristiana degli ordinamenti temporali: lo stato ha un fondamento religioso legato a valori trascendenti. Terreno ideologico su cui prende vita il fenomeno unitario Europa, originato da una concezione estranea al mondo antico, che non si eclisserà nemmeno quando tale concezione sarà distrutta e sostituita da quella laica dell’organizzazione civile. L’idea di Europa odierna ovviamente non è fondata su una fede religiosa o sull’aspirazione di un ordinamento giuspolitico universale; tuttavia è importante sottolineare che su tali basi si parla di una tendenza di fondo che interessa gradualmente anche il campo del diritto anch’esso interessato da un processo unificante: i carolingi iscrissero sulla “tabula rasa” dell’età barbarica molte domande tra cui la questione relativa alla unità del diritto in tutta Europa. Le risposte giunsero più tardi. Ciò che preme individuare non sono le risposte dell’età carolingia ma è l’ambiente di nascita di un tal contesto capace di generare movimenti e correnti di pensiero di dimensioni europee. Infatti, come scrisse Dawson,” l’importanza storica dell’età carolingia, non sopravvisse a lungo al suo fondatore e non raggiunse mai l’apice per la poca maneggevolezza dell’impero di Carlo Magno che mai ebbe un’organizzazione economica e sociale degna di uno stato civile. Eppure segna il primo emergere della cultura europea”.

Capitolo 2. UNUM IMPERIUM, UNUM IUS. LE ORIGINI MEDIEVALI DEL DIRITTO COMUNE Il dogma universalistico della unità del diritto: un rinvio alle dottrine della scuola giuridica di Bologna.

La concezione del Sacrum imperium, non poteva non trovare una unità omogenea anche nel diritto, un qualcosa che si traducesse in una LEX COMMUNIS per tutti i popoli che l’impero comprendeva storicamente parlando, ciò ebbe una lunga incubazione; solo nel XII secolo, con la nascita della “Scuola di diritto” a Bologna e con il Rinascimento giuridico, troverà piena e completa elaborazione il processo della LEX COMMUNIS. La scuola di Bologna, diventa sede di uno studio scientifico del diritto specificamente autonomo rispetto a quello noto alla tradizione altomedioevale delle artes liberales dell’alto medioevo, fondando i proprio studi su una riscoperta dei testi giustinianei elaborandoli come ufficiale diritto vigente; il diritto romano, secondo i giuristi medesimi, quindi si trova a sovrastare i diritti particolari dei vari popoli. Il diritto romano giustinianeo, quale communis lex, entra quindi nei paesi dell’occidente europeo, ma solo nell’ambito romano-germanico avrà vigore e legittimazione politica-formale e in base alla teoria delle fonti. In tutti gli altri Stati si diffonderà come una forma di cultura e di rispetto nei confronti della prestigiosa interpretazione italiana e della razionalità dei suoi schemi concettuali.

La tradizione della “lex romana” nel Medioevo barbarico e feudale. E’ vero che l’idea di LEX COMMUNIS della respublica christiana è posta in essere dalla scuola di Bologna, ma è pur vero che nell’età carolingia e post-carolingia, storicamente parlando, precedente al XII secolo, ci sono delle tracce e degli elementi di quest’idea. Per cogliere tali tracce basti pensare, da un lato, alla forza suggestiva dell’idea di Roma domina mundi tradottasi nell’idea di respublica dei credenti in Cristo unificata sotto la guida del pontefice e nell’idea dell’unificazione delle molteplicità degli ordinamenti politici sotto il potere dell’imperatore consacrato a Roma. Da un altro lato alla territorializzazione del diritto romano sommerso nel periodo delle invasioni barbariche da una miriade di leggi “personali” che il mito di Roma aspirava a far convergere verso un diritto universale comune a tutti i popoli conviventi sul territorio dell’impero. Fenomeno preparatorio rilevante l’emergere della lex romana, quindi, proprio in questo periodo, tra fine X e metà XI secolo, che vede in Germania il pluralista sistema giuridico della personalità del diritto. Il tutto rafforzato da vari fattori quali una fusione etica e spirituale delle genti latine e germaniche con l’emergere di un linguaggio comune, il comune organizzarsi delle scuole episcopali nelle varie città, la recezione delle stesse norme romane nei testi canonistici e il ricorso ad esse nell’interpretazione e applicazione del diritto longobardo e franco. Questo, a Pavia, capitale del Regnum Italiae, è oggetto di elaborazione scientifica e insegnamento; i giuristi in ciò impegnati, conoscitori dei testi romano-canonici, con questi ultimi lo integrano laddove risulti lacunoso e incompleto. A tutto questo si aggiunse la volontà di AGOBARDO, arcivescovo di Lione, che manifestò un’espressa condanna verso la tanta diversitas legum per un popolo (siamo nel periodo dell’impero italo tedesco, successivo quindi a Carlo Magno) che seguiva interamente l’una lex Christi. In conclusione, tali fermenti non consentono però alcuna saldatura teorica generale tra la renovatio imperii e una conseguente esigenza di renovatio del diritto romano . Saldatura che si dovrà alla scuola giuridica di Bologna e al “rinascimento giuridico” del XII secolo la cui nuova scienza romanistica legittimerà il diritto romano come lex omnium generalis, diritto universalmente valido nella respublica christiana. Ancora una volta l’impero è l’oggetto e non il soggetto dell’operazione; non è lui che ridà vita alla scienza giuridica romana ma è quest’ultima a spiegare i tratti di un impero universale e del suo imperatore, solo conditor et interpres del diritto, sciolto dalle leggi, egli stesso lex animata in terris, signore del mondo: dominus mundi. Le “Quaestiones de iuris subtilitatibus” e il problema dell’unità del diritto nell’età del rinascimento politico medioevale. Nelle Quaestiones de iuris subtilitatibus, trattatello giuridico opera del glossatore Piacentino, trova luogo la razionalizzazione teorica del principio di unità dominante nel medioevo. A fondamento della indiscussa legittimità delle norme dell’impero è richiamata direttamente l’autorità divina. Queste norme sono per eccellenza i precetti romani emanati dai Cesari e dai loro successori per il proprio impero,e il capo dell’impero non può tollerare che le statuizioni, a suo tempo promulgate dagli imperatori barbarici, continuino ad essere osservate come diritto vigente, con la conseguenza che vi siano “totidem fere leges…quot domus” E’ necessario che ci sia un diritto comune discendente, secondo Piacentino, dall’unità dell’ordinamento giuridico. Infatti poiché l’imperium è idealmente, per volere stesso di Dio, l’ordinamento simbolo dell’unità della comunità cristiana, nel duplice aspetto religioso e civile, l’unum ius cioè il diritto romano, non può non essere il diritto universale vigente in tutto l’imperium stesso. La pluralità degli ordinamenti politici: molteplicità e unità nel mondo medievale del diritto. L’autore delle QUAESTIONES trae delle conclusioni che chiudono una fase nella storia dell’unità giuridica europea. E’ questa un’età che, come detto, getta le proprie fondamenta nel 9 secolo e si lega alle vicende politico-culturali dell’impero romano cristiano d’Occidente mettendo a fuoco una cultura giuridica, con un unico IUS, che dominata dalla fede cristiana possa farne di quest’ultimo l’universale in tutto l’impero. Dal XII secolo in poi il concetto di UNUM IUS diventerà poi l’IUS COMMUNE attraverso un processo culturale di cui ne seguiamo i tratti. Al tempo delle QUAESTIONES, alla fine del XII secolo, l’impero appariva, per varie circostanze politiche e spirituali connesse alla crisi del mondo feudale, un mosaico di ordinamenti giuridici particolari tutti volti alla propria indipendenza e ognuno dei quali si reggeva su proprie consuetudini, costituzioni e statuti. La concreta struttura è caratterizzata da una pluralità di ordinamenti giuridici, territoriali e personali, più o meno indipendenti a cui consegue un fenomeno di particolarismo nel mondo delle fonti del diritto. La società si apprestava a vivere un’età di “rinascimento” e il fenomeno più rilevante si riscontra nel sorgere di una civiltà comunale basata sui liberi comuni. A questo rinascimento della società si legano anche dei fatti storici quali la lotta per le investiture conclusasi a Worms nel 1122, la riforma gregoriana della chiesa, le crociate, ma è la nascita della scuola giurista a Bologna e della scienza giuridica fondata sul diritto romano che avrebbe dominato l’Europa per tutta l’età moderna (di cui le Quaestiones sono il prodotto più cospicuo) il più rilevante.

Come conciliare l’unum ius nell’unum imperium con la pluralità di ordinamenti giuridici creatisi entro l’impero stesso? In ambito italiano, tali norme sono rappresentate perlopiù da consuetudini e statuti cittadini. Per esempio nel REGNUM SICILIAE, vasto fino a confinare con lo Stato Pontificio, ritroviamo l’imponente complesso della legislazione sovrana normanno-sveva (le Assise Normanne promulgate nel 1140 dal re RUGGERO II e le Constitutiones Augustales emanate a MELFI nel 1231 da FEDERICO II) norme vigenti in modo preminente e generale. Quanto alle consuetudini locali, la fonte più antica del diritto e da sempre tramandata in via orale, saranno ancora così tramandate per poi nel secolo successivo consolidate, essendo messe per iscritto. Le raccolte scritte di consuetudini, quindi, diventeranno la prima manifestazione della pluralità degli ordinamenti giuridici minori (essendo cittadine), che sono venuti emergendo entro l’orbita dell’impero, in ogni sua parte, e che ora contrappongono le loro norme di convivenza , garantite dalla forma scritta, a quelle cui l’autorità superiore dell’imperatore, dei signori e dei sovrani, tende ad assoggettarle. accanto alla raccolta di consuetudini, vanno crescendo gli Statuti comunali, piccoli codici in cui le nuove comunità politiche particolari, nelle forme ufficiali previste dall’ordinamento di ciascuna, fissano il proprio libero assetto costituzionale e amministrativo, le proprie procedure giudiziarie, le proprie regole di diritto privato. Lo statuto esprime non una volontà normativa e sovrana come quella incarnata nella lex imperiale ma l’autonomia che ciascun ordinamento particolare rivendica entro i propri confini nei confronti della Lex medesima pur riconoscendone la sovranità della sua superiore autorità di intervenire ove lo statuto taccia. Talvolta gli statuti lasciano intatte le CONSUETUDINI gia formatesi in loco, altre volte si sostituiscono ad esse e altre volte ancora sono proprio le stesse consuetudini che, per volontà delle autorità comunali, vengono ufficialmente trasformate in statuto, assumendo la medesima forza cogente di cui sono munite le due tipiche manifestazioni formali della volontà statutaria: - i BREVIA giurati delle magistrature comunali - le DELIBERAZIONI delle assemblee cittadine (“statuta” in senso stretto). La gamma degli statuti si diversifica in moltissime forme; nell’ITALIA CENTRO SETTENTRIONALE, ove lo statuto non si subordina ad una legislazione regia ma presuppone unicamente la concorrenza di quella imperiale,iI codici comunali dei più grossi e potenti centri cittadini, raggiungono nel XII e XIV secolo, una notevole consistenza: sono articolati in più libri, in titoli e rubriche, sottraendo al diritto dell’impero la disciplina di una amplissima serie di rapporti giuridici. Ampiezza minore e minore spazio di incidenza, gli Statuti dei centri minori. Particolari forme di statuti sono gli statuti marittimi in cui i centri portuali raccoglievano le loro consuetudini in materia di navigazione e commercio; gli statuti corporativi ove i associazioni e corporazioni di mestiere portavano le loro consuetudini in materia di organizzazione interna conferendosi una autonoma disciplina di cui il codice è contemporaneamente vincolo e modello. L’unum ius quindi deve ora misurarsi con questa abbondante, normativa impossibile da paralizzare, contenente energie vitali e insopprimibili volte a sottolineare la propria indipendenza, specie a livello comunale, nata come superamento del sistema della personalità del diritto di cui l’autore delle Quaestiones, auspica la fine. Il problema di rapporti tra vecchi e recenti poteri fu superato grazie all’idea centrale dello ius commune. Tale espressione indica il diritto romano imperiale concepito come elemento di un sistema organizzato di fonti giuridiche nel quale esso, come diritto generale e universale, si coordinasse secondo certe regole ai diritti locali e particolari. In tal modo, tramite tali industriosità, l’antico diritto romano è divenuto diritto del presente tornando a rivivere e alimentandogli strati più profondi del pensiero giuridico occidentale. La configura...


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