roma imperiale una metropoli antica a cura di elio lo cascio carrocci editore PDF

Title roma imperiale una metropoli antica a cura di elio lo cascio carrocci editore
Author daniela rocchetti
Course Epigrafia latina
Institution Sapienza - Università di Roma
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Riassunto Roma imperiale unametropoli antica, Elio LoCascioStoria Romana Università degli Studi di Roma La Sapienza 52 pag.ROMA IMPERIALE – UNA METROPOLI ANTICAI – La Popolazione1 Introduzione La città di Roma è stata certamente la più popolata metropoli in tutta la storia dell' Occidente europeo si...


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Riassunto Roma imperiale una metropoli antica, Elio Lo Cascio Storia Romana Università degli Studi di Roma La Sapienza 52 pag.

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ROMA IMPERIALE – UNA METROPOLI ANTICA

I – La Popolazione 1.1 Introduzione La città di Roma è stata certamente la più popolata metropoli in tutta la storia dell' Occidente europeo sino alla rivoluzione industriale, raggiunta agli inizi del XIX secolo da Londra. Roma era, dal punto di vista della sua popolazione, multietnica e multiculturale, questa caratteristica era data dal fatto che tutto ciò che si produceva nell' impero poteva trovarsi a Roma. Roma era popolata da stranieri peregrini e dagli schiavi soprattutto orientali che venivano impegnati come servitù domestica. L' estrema facilità con cui gli schiavi venivano liberati e successivamente divenivano cittadini ha fatto si che l' elemento libertino costituisse la maggior parte della popolazione a danno dei cosiddetti ingenui. I liberti costituivano l'elemento più dinamico della società cioè quelli più interessati a perseguire il proprio arricchimento personale e di ottenere una sempre più rapida ascesa sociale ed erano coloro i quali veniva assicurata un' occupazione (molto spesso nel settore edile) per garantire l' ordine pubblico. I rifornimenti a Roma arrivavano sottoforma di imposta e di canoni in natura, questo privilegio consentiva di alimentare almeno una larga parte della popolazione adulta maschile, in particolare le frumentazioni ci permettono di pervenire a un numero abbastanza attendibile di cittadini romani, attraverso una periodica registrazione di questi Cives Romani a partire dall' età cesariana. 1.2 Le basi documentarie per il calcolo della popolazione di Roma Le cifre che possediamo risultano da una serie di registrazioni di carattere puramente pratico di cui si è curata la conservazione in specifici archivi. Tuttavia ci sono degli aspetti che mettono in discussione l' attendibilità delle informazioni statistiche sulla popolazione: -si tratta di singoli e di una rudimentale macchina statale; -si parla di statistiche su ambiti e non sull' intera popolazione. Ci poniamo così il problema di individuare, a partire da queste cifre indicative di una parte della

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popolazione, la popolazione nella sua interezza. Karl Julius Beloch, nella sua opera complessiva sul mondo greco-romano (1886), individuò tre possibili strade per arrivare a una stima della popolazione di Roma. 1. Individuazione di un numero minimo che era il numero dei beneficiari e delle frumentazioni e delle loro famiglie. 2. Arrivare alla stima di un numero massimo di abitanti, a fornire un supporto documentario è una documentazione materiale risalente al IV secolo che ci consente di individuare il numero di edifici presenti nei 14 rioni: esiste anche in questo caso una controversia relativa alla presenza delle insulae che provocano inattendibilità del numero di abitanti, non per la loro composizione bensì per il principio giuridico romano per cui tutto ciò che è costruito su un area appartiene al proprietario dell'area medesima. 3. Individuare l' ammontare complessivo dei consumi di grano della città e di qui il numero di abitanti che potevano essere alimentati da questo grano. La prima delle tre strade è quella più attendibile da perseguire, cioè quella che ci consente nel corso degli anni di individuare i momenti nei quali c'è stato un aumento della popolazione repentino e quelli nei quali c'è stata una repentina diminuizione della popolazione. 1.3 La popolazione in età repubblicana Il primo dato che può essere considerato attendibile in epoca repubblicana appartiene all' età di Servio Tullio (I sec. a.C.), ossia i Civium Capita che era il numero dei cittadini, maschi adulti che abitavano a Roma e nell' ager Romanus. Le cifre presentano dati estremamente spropositati, si è tentato di avanzare ipotesi che dessero credibilità a questi dati. L' ipotesi più accreditata sostiene che il soggetto dei dati fosse l' analisi dei maschi adulti di Roma e di zona latina, al fine di avere un dato stimato dello stato federale. Fra il VI e V secolo si registra un popolamento della campagna romana (ager romanus), causa di ciò sono le difficoltà annonarie che determinarono l' acquisto del grano in zone più distanti rispetto a quelle limitrofe. Nel IV secolo il centro urbano registra una stagnazione, testimonianza di ciò sono le mura di Grotta Oscura che ridisegnano lo stesso tracciato dopo il crollo causato da un incendio di origine gallica. Successivamente la sottomissione dell' intera penisola e poi l' esito del confronto secolare con Cartagine dovettero avere fra le loro conseguenze la crescita stessa della popolazione urbana. Nel II secolo a.C. , si è cercato di trarre qualche indicazione sulla crescita della popolazione della città dagli acquedotti e dall' accelerazione della loro costruzione, sembra che ad alimentare l' immigrazione siano stati in questo periodo gl' Italici e in particolare gli abitanti delle colonie latine, agevolati dal fatto che i Latini acquisivano automaticamente la cittadinanza romana. L' entità dell' immigrazione a Roma avrebbe impedito alla popolazione libera dell' Italia tra il III secolo e l' età augustea di crescere o addirittura sarebbe diminuita, questo dato però risulta incomprensibile se non si prende in considerazione l' ipotesi di una modificazione dei criteri del censimento tra l' ultima cifra dell' età repubblicana a quella del censimento di Augusto nel 28. Negli ultimi anni del II secolo Roma doveva essere assai affollata molti erano i contadini che avevano perso la loro terra e si trasferivano in città. E' proprio attraverso il numero dei beneficiari delle frumentazioni che possiamo pervenire ai primi dati abbastanza sicuri sulle dimensioni della popolazione (lex Terentia Cassia) del 73. Secondo Cicerone il numero di beneficiari del grano doveva essere di circa 40.000. Una misura di Catone di dieci anni dopo è probabile che ampliasse il numero di coloro che potevano ricevere grano a prezzo politico, è proprio attraverso un calcolo di Catone Plutarco che è possibile pervenire a una stima del numero dei beneficiari:

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MISURA CATONIANA 240 (spesa dello stato per ogni beneficiario) – 95 (prezzo pagato dal beneficiario) = 145 30.000.000 (spesa annua dello stato) : 145 = ca 200.000 BENEFICIARI A questo numero devono aggiungersi i 40.000 provenienti dalla Lex Terentia Cassia. E' ovvio che i beneficiari non provenissero solo dalle tribù urbane, ma devono essere anche immigrati recenti iscritti nelle tribù rustiche. E' in questo scenario che si devono intraprendere gli accenni alla necessità di svuotare la “sentina” che è diventata Roma. Il primo tentativo di risoluzione del problema proviene dalla dittatura di Cesare, attraverso il recensus il numero di coloro che ricevavano il frumento pubblico sarebbe stato drasticamente ridotto da 320.000 a 150.000, in più Cesare avrebbe introdotto il criterio del sorteggio fra coloro che non erano stati censiti per colmare i vuoti lasciati dai morti nel numero dei beneficiari. Si è sostenuto successivamente che il recensus fosse stato un vero e proprio census per l' individuazione della plebe urbana e dove si distinguevano i cittadini romani da quelli delle altre comunità della penisola per cui era stata architettata una procedura decentrata di registrazione. Le finalità del census erano quelle che valevano a risolvere specifici problemi di una città che si avviava a essere fatta oggetto di un programma di ristrutturazione urbanistica “de urbe augenda”. Questa è la prima volta che abbiamo un dato preciso sul numero di beneficiari che continuano a prendere il frumento, ossia 150.000 che sarebbe il numero dei maschi adulti regolarmente residenti a Roma. Abbiamo di conseguenza due dati: prima e dopo la riforma cesariana: 320.000 e 150.000, dunque Cesare ridusse di 170.000 unità i beneficiari del grano, escludendo i neoimmigrati in condizioni precarie a Roma e i Domini Insularum. Se ammettiamo che i 150.000 maschi adulti ammessi alle frumentazioni siano stati tra il 30 e 35% del numero complessivo sarà stato dell' ordine di 430.000 – 500.000. 1.4 La popolazione in età imperiale Suetonio ricorda un altro recensus dei cives Romani compiuti da Augusto fra il 44 e il 2 a.C. , il capitolo 15 delle Res Gastae ci fornisce il numero dei benificiari dei congiaria (libera donazione alla plebe). Questo numero è variabile: mai meno di 250.000 nel 44, 29. 24 e 11 a.C. , è di 320.000 nel 5 a.C., è di poco più di 200.000 nel 2 a.C. I dati che si ricavano dal Res Gastae ci danno un dato plausibile della consistenza e della stessa dinamica della popolazione a Roma dopo il recensus cesariano. Nel 46 i maschi adulti regolarmente domiciliati a Roma erano 150.000, in occasione dei successivi recensus questo numero è gradatamente salito fino ad arrivare a poco più di 200.000 maschi oltre i diciassette anni, vale a dire il numero che la plebs frumentaria aveva raggiunto quando Augusto la chiuse (2 a.C.). Se il numero di maschi adulti ricompresi nella plebs frumentaria nei primi decenni del principato non era superiore a duecentomila, la popolazione libera di condizione cittadina non può essere stata molto più di seicentomila persone. Per quanto riguarda il numero dei liberi di condizione peregrina o agli schiavi possiamo solo dire che deve essere stato cospicuo. I dati provenienti dall' Epitome de Caesaribus confermati da Flavio Giuseppe sull'

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approvvigionamento granaio dalle regioni africane a Roma ci indicano che nel periodo augusteo i 20 milioni di modii di grano consentivano l' approvvigionamento di ½ milione di persone. Tuttavia queste fonti risulterebbero inattendibili perchè è probabile che ci sia stata una modificazione nel ruolo giocato dalle province africane e dall' Egitto nell' approvvigionamento granaio di Roma tra l' età augustea e quella neroniana. Il nostro interrogativo è ora sulla capacità che aveva Roma di riprodursi. Si sostiene che senza una continua immigrazione, Roma sarebbe stata destinata a decrescere, per via di quella che si considera quasi una ferrea legge di natura: quella di una costante e assoluta prevalenza delle morti sulle nascite e di una conseguente tendenza all' estinzione delle popolazioni urbane. Si è tentato di risolvere suddetta questione attraverso una documentazione comparativa appartenente allo studio delle città preindustriali fra il XVII e il XVIII secolo. La teoria dell' urban natural decrease mette in rapporto la mortalità con le nascite e i battesimi, ma non prende in considerazione il fattore immigrazione che causa il surplus delle morti, dal momento in cui è alimentata da persone che non solo vivono in condizioni più precarie dei residenti stabili e hanno minore resistenza alle malattie infettive. L' incapacità di riprodursi riguarderebbe dunque la popolazione degli immigrati precari e temporanei, non coloro che hanno residenza stabile. Il problema si pone anche per l' età imperiale, per la quale non abbiamo più indicazioni di fortissimi movimenti immigratori. Prima di tutto dobbiamo chiederci quanto sia possibile considerare l' esperienza di Roma analoga a quella delle città europee del XVII e del XVIII secolo. Sappiamo che la plebs frumentaria godeva di quelle più favorevoli condizioni che si attribuiscono alla popolazione stabile delle città d' Europa moderna in contrapposizione ai residenti temporanei. La densità abitativa nella città di Roma tra la tarda età repubblicana e il tardoantico dev' essere stato dell' ordine di almeno 40 o 50.000 persone per chilometro quadrato, questo dato configura un paesaggio urbano ad alto rischio di mortalità, ma l'affollamento non dev'essere stato omogeneo nelle varie aree della città, infatti erano difficili da individuare i confini di Roma tanto essa si estendeva nella campagna circostante. Augusto e Traiano tentarono una regolamentazione e una ripianificazione del tessuto urbano (es. ricostruzione delle zone lasciate libere dalla Domus Aurea, dopo l incendio del 64) atte a ridurre l' affollamento e a migliorare i servizi. Le condizioni igenico-sanitarie della Roma imperiale, dopo il programma di riqualificazione, erano certamente non peggiori e presumibilmente assai migliori rispetto agli standard delle concentrazioni urbane preindustriali. A determinare ciò deve essere stata la qualità e la quantità dei servizi in particolar modo gli acquedotti fornivano una quantità media d' acqua per il singolo abitante della città senza alcun possibile confronto con altre realtà preindustriali. Ciò che avrebbe determinato una più elevata mortalità a Roma, sarebbe stata l' incidenza notevolissima della malaria. Le epigrafi cristiane, rispetto a quelle pagane, mostrano il giorno e il mese della morte e dunque consentono di valutare la mortalità nei vari periodi dell' anno. Dall' analisi comparativa delle epigrafi si rileva che la mortalità è piu elevata tra agosto e ottobre. Il suddetto dato risulta tuttavia controverso, vale a dire che la malaria è un fenomeno concretamente esistito, ma l' analisi delle epigrafi non ci consente di valutare la sua incidenza sulla mortalità, dato che l'epidemia sembra riguardare in particolare persone provenienti dall' Agro Romano che venivano a curarsi negli ospedali della città.

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In sostanza, non abbiamo elementi probanti per ritenere in generale le condizioni igenico-sanitarie a Roma così precarie da determinare un costante squilibro fra morti e nascite. Certamente migliori rispetto a quelle delle altre città del mondo antico e della stessa Europa dell' età moderna dovevano essere le condizioni nutrizionali. Augusto creò un' organizzazione tale da fornire approvvigionamenti a tutta la popolazione in forma gratuita o con poca incidenza di prezzo sulla popolazione “non” beneficiaria. La minore fecondità sarebbe dovuta dal fatto che nel rapporto dei sessi all' interno dei residenti di condizione libera ci sarebbe uno squilibrio a favore dei maschi, situazione peraltro analoga nella Roma del XVII e XVIII secolo. Un rapporto dei sessi fortemente squilibrato può coniugarsi con una prevalenza delle nascite sulle morti se il numero di maschi rappresenta la percentuale dominante. In conclusione, la documentazione comparativa non ci consente di arrivare a un dato certo da applicare alla popolazione della Roma antica. Una lunga tradizione di studi ha cercato di costruire tavole di mortalità ricavabili dagli epitaffi per ricostruire delle tavole di mortalità, tuttavia il campione sembra rivelarci dati distorti per i seguenti motivi: – il numero dei morti in età che terminano con 0 o 5 è enormemente più elevato rispetto al numero dei morti delle età intermedie; – i genitori tendono a commemorare i propri figli morti in età giovanile molto più spesso, di qui il numero elevato delle iscrizioni che ricordano morti nelle età tra 1 e 19 anni; – l' eccezionale sovrarappresentazione degli uomini rispetto alle donne. Paine e Storey hanno tentato di rivalutare il dato offerto dalle epigrafi funerari, prendendo in considrazione quelle iscrizioni che recano anche il numero dei mesi e il numero di giorni. Questo piu ristretto campione, tuttavia, non sembra darci una distribuzione per età diversa dal campione complessivo. I due storici indicano che la popolazione di Roma avrebbe sperimentato una mortalità “catastrofica”, analoga addirittura ad alcuni gruppi umani preistorici. Il campione preso in considerazione da Paine e Storey ha come oggetto un periodo abbastanza lungo da non prenderlo come attendibile perchè tende ad occultare la distinzione tra periodi di mortalità normale e periodi di mortalità di crisi. Anche qui basta un elemento della documentazione comparativa per contestare l' ipotesi avanzata da Paine e Storey: nella Toscana tra il 1580 e il 1659 gli anni di mortalità di crisi sono uno ogni nove circa, ciò sta a significare che se anziché poter contare su dati relativi alla mortalità anno per anno avessimo un insieme di dati cronologicamente indistinti per l' intero periodo, costruiremo una tavola di mortalità che sarebbe sensibilmente diversa da quella che sarebbe possibile costruire sui dati relativa agli anni di mortalità normale e sensibilmente diversa da quella che sarebbe possibile costruire sui dati relativi agli anni di mortalità di crisi. Augusto “chiuse” la plebe frumentaria nel 2 a.C. , i meccanismi applicati per i beneficiari della plebs frumentaria sono quelli che ci consentono meglio di individuare se la popolazione si riproduceva o meno. La presenza congiunta di due meccanismi per garantire il numero chiuso della plebs frumentaria ossia il sorteggio e la “vendita” della tessera, sembrerebbero suggerire come sia del tutto probabile che nel corso dell' età imperiale si siano alternati momenti nei quali la plebs frumentaria era in grado di riprodursi e momenti nei quali non lo era. La popolazione della città nel suo complesso sembra essersi mantenuta a livelli standard e

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addirittura crescere nel periodo augusteo, nonostante la stagione della grande immigrazione della tarda età repubblicana fosse ormai chiusa. 1.6 Dall' età di Commodo e dei Severi al V secolo La situazione sembra cambiare negli anni sessanta del II secolo quando grandi scoppi epidemici, presumibilmente di vaiolo, colpiscono l' impero. Le ondate epidemiche che colpirono Roma avrebbero ridotto la popolazione a 650-700.000 persone, una cifra inferiore rispetto a quella di Augusto E' probabile che la popolazione di Roma si sia ulteriormente ridotta nel corso del III secolo per poi registrare un enorme calo demografico nel IV secolo dovuto dalle ondate epidemiche e dai numerosi sacchi che subi Roma. Sono testimonianza di questo calo demografico le importazioni di carne di maiale estremamente inferiori rispetto al passato e l' enorme cerchia muraria considerata inutile per la popolazione di Roma nel IV secolo.

ROMA IMPERIALE – UNA METROPOLI ANTICA II – I grandi servizi publici a Roma I romani sono passati ai posteri per le qualità di amministratori di cui avevano saputo dar prova, sia a Roma che nel resto dell' impero. Per far vivere il milione circa di abitanti che la città eterna comprendeva necessitavano servizi amministrativi adeguati, che spettavano allo Stato Romano e in primis al suo capo, l' Imperator Caesar Augustus. Augusto non creò ex nihilo, magistrature di carattere amministrativo, giudiziario, edilizio ma prese spunto da modelli preesistenti in epoca repubblicana, ebbe però il merito di rendere perpetue delle funzioni concepite originariamente come temporanee. I cambiamenti nello spazio e nell' amministrazione furono profondi, fu il trionfo del nuovo ordine augusteo, di una nuova concezione del potere e l'esercizio di un nuovo tipo di autorità. 2.1 La Prefettura Urbana La prefettura urbana non fu il primo servizio creato dal principe, infatti Augusto aveva precedentemente messo le mani sull' approvvigionamenti di grano a Roma, la cura degli acquedotti, dei lavori pubblici, la manutenzione dell' alveo del Tevere e delle cloache. Il primo praefectus urbi attestato fu Valerio Messala Corvino nominato da Augusto nel 26 a.C. Inizialmente questa carica si esercitava temporaneamente e si procedeva a nominare un prefetto solo in assenza del principe, fino al 13 d.C. data in cui questa carica diventò permanente. La nomina del prefetto urbano spettava all' imperatone e la sua permanenza in carica dipendeva esclusivamente dal volere imperiale. Il principe sceglieva soltanto membri dell' aristocrazia senatoria di rango elevato, quelli, cioè, che avessero raggiunto il rango consolare. Il praefectus urbi era il responsabile supremo della tranquillità a Roma ed era appoggiato da una

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forza militare di 1500 uomini accasermati nel forum suarium. L' attività del prefetto non si limitava a questi compiti di polizia, successivamente gli fu concesso di avocare su alcune cause civili, ma soprattutto si vide affidare una parte della giurisdizione criminale, in questo ultimo campo le sue competenze non cessarono di accrescersi. Se le competenze del prefetto a poco a poco si accrebbero si restr...


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