Sentenza Corte Costituzionale 1-2014 riassunto PDF

Title Sentenza Corte Costituzionale 1-2014 riassunto
Course Diritto costituzionale
Institution Università degli Studi di Trento
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IL PARLAMENTO Almeno fino alla riforma costituzionale siamo in un sistema di bicameralismo perfetto: quindi abbiamo una Camera dei deputati e un Senato. Tuttavia si differenziano in alcune loro caratteristiche fondamentali: – Composizione: la Camera è composta da 630 deputati, tutti elettivi, mentre il Senato è composto da 315 senatori di cui fanno parte gli ex presidenti della repubblica e “5” personalità illustri nominate dal capo dello stato. – Elettorato attivo e passivo: servono 18 anni per votare per la camera e 25 per il senato, mentre servono 25 anni per essere eletti alla camera e 40 per il senato Importanti sono i sistemi elettorali i quali stabiliscono le modalità attraverso le quali si viene a determinare la composizione e quindi la ripartizione dei seggi all'interno delle camere; possono essere di tipo proporzionale, sistema che garantisce una completa ed adeguata rappresentatività di tutti gli indirizzi politici emersi nell'elettorato, comprese le minoranze, tuttavia dall'altro lato non assicurano una solida maggioranza di governo favorendo quindi la formazione di deboli coalizioni governative destinate a sciogliersi nel breve periodo; questo è invece il punto di forza di un sistema di tipo maggioritario, il quale invece assicura maggioranze stabili andando a conferire alle liste o coalizioni di liste premi di maggioranza. [Diritto di voto, art 48 Cost: “il diritto di voto è personale eguale libero segreto, non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza irrevocabile penale e nei casi di indegnità morale indicati dalla legge”] Storia: appena dopo l'entrata in vigore della costituzione il sistema era proporzionale; ma agli con gli scandali di corruzione politica dei primi anni 90 si giunge prima con un referendum popolare all'abrogazione delle disposizioni che impedivano il funzionamento in senso maggioritario della legge elettorale per il Senato, ma non si capiva perché invece per la Camera questa possibilità era preclusa → quindi nello stesso anno si introduce un sistema misto con prevalenza dell'uninominale maggioritario. Queste disposizioni tuttavia vengono abrogate negli anni duemila con la legge n, 270\2005, il “porcellum” il quale introduce un sistema elettorale fondato su liste concorrenti, soglie di sbarramento e premi di maggioranza sia per camera che per senato. In sostanza prevede che: Soglie di sbarramento – per la camera accedono alla ripartizione dei seggi le liste che sul piano nazionale hanno ottenuto almeno il 4% dei voti o quelle liste che hanno ottenuto il 2% ma facenti parti di coalizioni che hanno raggiunto almeno il 10% – per il senato accedono alla ripartizione dei seggi le liste che sul piano regionale hanno raggiunto l'8%, o quelle che hanno raggiunto il 3% ma facenti parti di coalizioni che hanno ottenuto il 20% su base sempre regionale Premi di maggioranza – per la camera le liste che fanno parte della coalizione che ha raggiunto il numero maggiore di voti (o la singola lista) ottengono il “premio di maggioranza” che consiste nell'assegnazione dei seggi necessari per arrivare a 340 in totale; le altre liste invece si vedono ripartiti i restanti 277 seggi proporzionalmente in base ai voti ottenuti. – Per il senato invece si parla di “premi di coalizione” che consistono nell'attribuire alla coalizione\lista che abbia ottenuto il numero maggiore di voti in ciascuna regione il numero di seggi necessari per arrivare complessivamente al 55% dei seggi da assegnare a ciascuna regione. I restanti seggi vengono assegnati sempre proporzionalmente. Liste bloccate – ne per la camera ne per il senato l'elettore non può andare ad esprimere preferenze tra i candidati dalla lista a lui prescelta, i quali risultano eletti nell'ordine di inserimento nella



lista stabilito dai partiti politici stessi ( i quali quindi nel concreto vanno a determinare la formazione del parlamento sottraendo questa possibilità agli elettori) nella presentazione delle liste per la camera i partiti devono depositare il programma elettorale e indicare il capo della forza politica o unico capo della coalizione.

I problemi sono che se da un lato è giustificato mantenere questi criteri di assegnazione dei seggi per la camera, che opera in ambito nazionale, per il senato invece non si trova una spiegazione, dato che i senatori eletti nella stessa regione non hanno alcuna decisione di governo da assumere a maggioranza (dato che in senato la maggioranza è sempre conteggiata su base nazionale) , e in più questi premi di coalizione regionale può essere controproducente dato che si impedisce il formarsi della naturale maggioranza che si produrrebbe con il semplice criterio proporzionale. In più un ulteriore problema è rappresentato proprio dal fatto che gli elettori non possono andare a compiere alcuna preferenza riguardo i candidati parlamentari, scelta che è invece sostanzialmente compiuta dalle forze politiche. → quindi si ritiene che questa legge non sia conforme alla Costituzione, e si arriverà all'importante sentenza della consulta del 2014. questa è anticipata da un contesto politico costituzionale di profonda crisi dei partiti, dato che nessuno di questi si rivelò sufficientemente attivo a livello politico e costituente; la crisi si ripercuote anche nel campo della rappresentanza politica, ci si interroga infatti sulla convenienza di adottare un sistema proporzionale o maggioritario alla luce delle caratteristiche già viste, dovendo appunto sbilanciarsi in favore della fedele rappresentatività dei vari interessi emersi nell'elettorato o a favore della effettiva governabilità. A seguito dei moniti rivolti al legislatore già espressi dalla dottrina e dalla consulta, rivolti appunto a una revisione di questa legge in ordine di eliminare tutti gli inconvenienti causati, la Corte costituzionale stessa trova nel 2014 l'occasione per intervenire in materia:

SENTENZA 1\2014 Giudizio di legittimità costituzionale di: – artt. 4, comma 2, 59 e 83, comma 1, n. 5 e comma 2 del d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361 (Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati) – testo risultante dalla legge 21 dicembre 2005, n. 270 (Modifiche alle norme per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica) – art. 14, comma 1, e 17, commi 2 e 4, del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533 (Testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione del Senato della Repubblica) – testo risultante dalla legge n. 270 del 2005 Per contrasto con: – in riferimento agli artt. 3, 48, secondo comma, 49, 56, primo comma, 58, primo comma, e 117, primo comma, della Costituzione – art. 3, protocollo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848 Il giudizio di legittimità è sollevato dalla Cassazione: tutto inizia con un elettore che conviene in giudizio a Milano la Presidenza del Consiglio e il Ministero dell'interno sostenendo che nelle elezioni politiche del 2006 e del 20008, svoltesi

seguendo i dettami della nuova legge elettorale del 2005, egli non aveva potuto esercitare il proprio diritto di voto seguendo determinati principi costituzionali: – voto personale uguale libero e segreto (art 48) – suffragio universale e diretto (art 56, 58) In più sostiene anche che questa modalità di voto contrastasse con la CEDU. Il tribunale di Milano rigetta le eccezioni preliminari di inammissibilità per difetto di giurisdizione e insussistenza dell’interesse ad agire e, nel merito, respingeva le domande, giudicando manifestamente infondate le proposte eccezioni di illegittimità costituzionale. La Corte d'Appello conferma questa sentenza La Cassazione si concentra innanzitutto sulla sussistenza dell'interesse ad agire dei ricorrenti sostenendo che riguardo l'accertamento di questo tipo di diritto di voto si è formato il giudicato, dato che non avevano nei termini richiesti presentato ricorso incidentale. La corte conferma il giudicato anche per la questione sulla giurisdizione sostenendo che l'azione di accertamento del diritto non poteva che essere proposta che davanti al giudice ordinario, “giudice naturale” riguardante la materia dei diritti fondamentali. Si ritiene inoltre la questione rilevante, dato che l’accertamento della pienezza del diritto di voto non può avvenire se non all’esito del controllo di costituzionalità delle norme di cui alla legge n. 270 del 2005, da cui si ritiene derivi la lesione del predetto diritto. Infine si rileva come sussistente il nesso di pregiudizialità delle questioni di legittimità sollevate rispetto al giudizio principale; peraltro, nei casi di leggi che, nel momento stesso in cui entrano in vigore, creano in maniera immediata restrizioni dei poteri o doveri in capo a determinati soggetti, i quali, pertanto, si trovano per ciò stesso già pregiudicati da esse, come nel caso in esame delle leggi elettorali, l’azione di accertamento rappresenterebbe l’unica strada percorribile per la tutela giurisdizionale di diritti fondamentali di cui, altrimenti, non sarebbe possibile una tutela efficace e diretta. Nel merito, la Corte sostiene che l’assenza di una espressa base giuridica della materia elettorale nella Costituzione non autorizza a ritenere che la relativa disciplina non debba essere coerente con i conferenti principi sanciti dalla Costituzione ed in specie con il principio di eguaglianza inteso come principio di ragionevolezza, di cui all’art. 3 Cost., e con il vincolo del voto personale, eguale, libero e diretto, in più non varrebbe ad escludere la possibilità di sollevare questioni di legittimità costituzionale delle leggi elettorali l’obiezione che, rientrando queste ultime nella categoria delle leggi costituzionalmente necessarie, non ne sarebbe possibile l’espunzione dall’ordinamento nemmeno in caso di illegittimità costituzionale, poiché, in tal modo, si finirebbe col tollerare la permanente vigenza di norme incostituzionali. → si osserva che questa questione di legittimità infatti non mira a far caducare l'intera legge del 2005, ma al contrario punta a ripristinare nel suo contenuto elementi costituzionalmente obbligati e salvaguardare l''idoneità del sistema elettorale (“ripulitura del testo per la presenza di frammenti normativi residui, che può essere realizzata dalla Corte costituzionale, avvalendosi dei suoi poteri (in specie di quelli di cui all’art. 27, ultima parte, della legge n. 87 del 1953) o dal legislatore in attuazione dei principi enunciati dalla stessa Corte”). Censure proposte: . art. 83, comma 1, n. 5, e comma 2, del d.P.R. n. 361 del 1957: nella parte in cui prevede che l’Ufficio elettorale nazionale verifica «se la coalizione di liste o la singola lista che ha ottenuto il maggior numero di voti validi espressi abbia conseguito almeno 340 seggi» (comma 1, n. 5) e stabilisce che, in caso negativo, ad essa viene attribuito il numero di seggi necessario per

raggiungere tale consistenza. → questa fa si che anche maggioranze esigue, non vincolante al raggiungimento di una soglia minima di voti, possano andare a gonfiarsi in maniera spropositata con il conferimento di questo premio. Perciò si andrebbe ad alterare la rappresentanza democratica e ad introdurre un meccanismo irragionevole, dato che i andrebbero a creare coalizioni esclusivamente volte al raggiungimento del premio, ma non garanti di una governabilità stabile e duratura. Si comprometterebbe anche l'uguaglianza di voto e cioè la «parità di condizione dei cittadini nel momento in cui il voto viene espresso», in violazione dell’art. 48, secondo comma, Cost., tenuto conto che la distorsione provocata dalla predetta attribuzione del premio costituirebbe non già un mero inconveniente di fatto, ma il risultato di un meccanismo irrazionale poiché normativamente programmato per tale esito. . Art 17 commi 2, 4 del d. lgs. n. 553 del 1993: nella parte in cui prevede che l’Ufficio elettorale regionale verifica «se la coalizione di liste o la singola lista che ha ottenuto il maggior numero di voti validi espressi nell’àmbito della circoscrizione abbia conseguito almeno il 55 per cento dei seggi assegnati alla regione, con arrotondamento all’unità superiore» (comma 2) e che, in caso negativo, «l’ufficio elettorale regionale assegna alla coalizione di liste o alla singola lista che abbia ottenuto il maggior numero di voti un numero di seggi ulteriore necessario per raggiungere il 55 per cento dei seggi assegnati alla regione, con arrotondamento all’unità superiore» (comma 4) → queste disposizioni non subordinano il raggiungimento del premio di coalizione su scala regionale al raggiungimento di un numero minimo di voti, di conseguenza costituiscono una grave alterazione della rappresentanza democratica. Costituiscono inoltre un meccanismo irrazionale che minerebbe la governabilità in quanto essendoci un premio diverso per ogni regione il risultato sarebbe una sommatoria casuale dei premi regionali che potrebbero andare addirittura a rovesciare l'effettivo risultato ottenuto dalle liste o dalle coalizioni su base nazionale, favorendo cosi la formazione di maggioranze parlamentari non coincidenti, compromettendo così la forma di governo parlamentare (nella quale il governo deve avere la fiducia delle camere) sia l'esercizio della funzione legislativa. Questo articolo, a causa del diverso peso che ogni premio di maggioranza ricopre (è maggiore nelle regioni più popolose), è in contrasto anche col principio d'eguaglianza, dato che altera il meccanismo dell'eguale rappresentatività in relazione alla collocazione geografica degli elettori. . Art. 4, comma 2, del d.P.R. n. 361 del 1957 e, in via consequenziale, l’art. 59, comma 1, del medesimo d.P.R., nonché l’art. 14, comma 1, del d.lgs. n. 533 del 1993: nella parte in cui si introduce il principio del voto di lista, precludendo agli elettori la possibilità di compiere preferenze riguardo al candidato parlamentare. → c'è contrasto con l'art 56 c.1, 58 c.1 che parlano di suffragio “diretto”per l'elezione di parlamentari, art. 48 per cui il voto è personale e libero, art 117in relazione all'art 3 del protocollo 1 CEDU per cui il popolo può scegliere il corpo legislativo, art 49. infatti con questo tipo di scheda elettorale si rende il voto sostanzialmente indiretto, facendo si che i partiti determino la composizione delle assemblee parlamentari, pur in mancanza di un mandato loro conferito direttamente dagli elettori. I ricorrenti hanno chiesto che sia dichiarata l’illegittimità costituzionale delle norme censurate con l’ordinanza di rimessione; nonché che sia dichiarata l’illegittimità costituzionale, per relationem, anche dell’art. 83, commi 1, n. 3 e 6, del d.P.R. n. 361 del 1957 e dell’art. 16, comma 1, lettera b), n. 1 e n. 2, del d.lgs. n. 533 del 1993.

CONSIDERANDO IN DIRITTO Parla la Corte Costituzionale, e si concentra prima di tutto sull' ammissibilità delle questioni di legittimità: si richiama alla sua giurisprudenza, per cui il controllo di legittimità, conformemente alle Norme sulla costituzione e il funzionamento della Corte costituzionale , è un mezzo limitato a quei casi in cui il giudizio a quo possa dirsi instaurato, con un proprio oggetto separato e distinto dalla questione di legittimità costituzionale. Sono poi i giudici a quo che devono verificare l'interesse ad agire delle parti e la rilevanza della questione, cosa che è stata fatta in modo affermativo dalla cassazione. A suo avviso, gli attori hanno, quindi, chiesto al giudice ordinario – in qualità di giudice dei diritti – di accertare la portata del proprio diritto di voto, resa incerta da una normativa elettorale in ipotesi incostituzionale, previa l’eventuale proposizione della relativa questione. Pertanto, l’eventuale accoglimento delle questioni di legittimità costituzionale non esaurirebbe la tutela richiesta nel giudizio principale, che si realizzerebbe solo a seguito ed in virtù della pronuncia con la quale il giudice ordinario accerta il contenuto del diritto dell’attore, all’esito della sentenza di questa Corte. Secondo un principio enunciato da questa Corte fin dalle sue prime pronunce, «la circostanza che la dedotta incostituzionalità di una o più norme legislative costituisca l'unico motivo di ricorso innanzi al giudice a quo non impedisce di considerare sussistente il requisito della rilevanza, ogni qualvolta sia individuabile nel giudizio principale un petitum separato e distinto dalla questione (o dalle questioni) di legittimità costituzionale, sul quale il giudice rimettente sia chiamato a pronunciarsi»: si attesta quindi che nel caso in esame tale condizione è soddisfatta perchè il petitum del giudizio a quo (accertamento diritto di voto), non viene ad essere completamente assorbito dalla sentenza della corte nel giudizio di legittimità, in quanto residuerebbe la verifica delle altre condizioni cui la legge fa dipendere il riconoscimento del diritto di voto. Per di più, nella fattispecie qui in esame, la questione ha ad oggetto un diritto fondamentale tutelato dalla Costituzione, il diritto di voto, che ha come connotato essenziale il collegamento ad un interesse del corpo sociale nel suo insieme, ed è proposta allo scopo di porre fine ad una situazione di incertezza sulla effettiva portata del predetto diritto determinata proprio da «una (già avvenuta) modificazione della realtà giuridica», in ipotesi frutto delle norme censurate. L’ammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale sollevate nel corso di tale giudizio si desume precisamente dalla peculiarità e dal rilievo costituzionale, da un lato, del diritto oggetto di accertamento; dall’altro, della legge che, per il sospetto di illegittimità costituzionale, ne rende incerta la portata. Detta ammissibilità costituisce anche l’ineludibile corollario del principio che impone di assicurare la tutela del diritto inviolabile di voto, pregiudicato – secondo l’ordinanza del giudice rimettente – da una normativa elettorale non conforme ai principi costituzionali, indipendentemente da atti applicativi della stessa, in quanto già l’incertezza sulla portata del diritto costituisce una lesione giuridicamente rilevante. L’esigenza di garantire il principio di costituzionalità rende quindi imprescindibile affermare il sindacato di questa Corte – che «deve coprire nella misura più ampia possibile l’ordinamento giuridico» (sentenza n. 387 del 1996) – anche sulle leggi, come quelle relative alle elezioni della Camera e del Senato, «che più difficilmente verrebbero per altra via ad essa sottoposte». LE QUESTIONI SONO AMMMISSIBILI, la questione è fondata: – leggi elettorali (che decidono la composizione di organi costituzionali) devono essere sottoposte al controllo di legittimità della corte, dato che sono fondamentali per il funzionamento del sistema democratico rappresentativo → diversamente si andrebbe a creare un vulnus intollerabile per l'ordinamento costituzionale.

. Riguardo il premio di maggioranza assegnato alla camera (art. 83 del d.P.R. n. 361 del 1957 ) Abbiamo visto cosa ne pensa la Cassazione, da ciò la corte cost ritiene fondata la questione. La Corte inizia dicendo che la materia elettorale non deve essere irrigidita costituzionalmente, in quanto la sua configurazione resta assegnata al legislatore ordinario. Alla base resta comunque il principio di eguaglianza del voto, per cui si esige che l’esercizio dell’elettorato attivo avvenga in condizione di parità, in quanto «ciascun voto contribuisce potenzialmente e con pari efficacia alla formazione degli organi elettivi», ma tuttavia le volontà degli elettori non si rispecchiano di pari passo al risultato delle elezioni, ma ciò dipende dal sistema elettorale che il legislatore ha deciso di porre in essere. Non c’è, in altri termini, un modello di sistema elettorale imposto dalla Carta costituzionale, in quanto quest’ultima lascia alla discrezionalità del legislatore la scelta del sistema che ritenga più idoneo ed efficace in considerazione del contesto storico. Il sistema elettorale non è tuttavia esente da controllo se considerato manifestamente irragionevole. Nella specie, proprio con riguardo alle norme della legge elettorale della Camera qui in esame, relative all’attribuzione del premio di maggioranza in difetto del presupposto di una soglia minima di voti o di seggi, questa Corte, p...


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