Serpenti e Colombe (riassunto) PDF

Title Serpenti e Colombe (riassunto)
Author Benedetta Giuliani
Course Scienze della Comunicazione
Institution Libera Università Maria Santissima Assunta
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Serpenti e Colombe (riassunto) Oltre le contrapposizioni In economia si sta verificando un fenomeno curioso: tra gli studiosi che si occupano di reciprocità, alla teoria non fa seguito la prassi. Tra di loro, infatti, si registra una crescente incomunicabilità. Una visione pluralista della società civile è la migliore via per far sì che la società sperimenti più forme di reciprocità. Considererò anche la cooperazione del contratto come una forma di reciprocità, quella motivazionalmente più semplice perché non richiede gratuità o benevolenza, ma pur sempre reciprocità, un incontro di interessi che svolge però un ruolo fondamentale nella costruzione del civile. Tutti coloro che vivono in organizzazioni sanno che la forma di reciprocità dei contratti è indispensabile perché si possano sviluppare altre forme meno condizionali, come l’amicizia. Perché non riusciamo a cooperare? Fin da Adam Smith, gli economisti hanno compreso che l’economia porta sviluppo economico e umano quando riesce a far scattare qualche forma di cooperazione. D’altro canto, parlare di reciprocità e di cooperazione è interessante in contesti dove esiste sempre la possibilità reale della non-cooperazione o di comportamenti di non-reciprocità che minacciano e magari sfruttano la reciprocità di altri. Oggi la Teoria dei giochi offre una grammatica molto potente per cercare di comprendere le ragioni della difficoltà di cooperazione tra soggetti razionali. Questa difficoltà è incorporata nel cuore stesso della teoria economica, cioè nell’idea di razionalità economica, le cui caratteristiche ci vengono ben rappresentate dalle assunzioni, che restano spesso implicite, del “gioco” non a caso più famoso in economia: il cosiddetto Dilemma del prigioniero. Il gioco rappresenta l’interazione (non ripetuta), tra due (o più) individui, che possiamo chiamare A e B, che si trovano a scegliere indipendentemente l’uno dall’altra la mossa ottima in una situazione di interdipendenza, in cui ciascuno sa di avere di fronte un soggetto identico a sé, con le stesse preferenze, conosce la struttura del gioco (ovvero la struttura di ricompense associata agli esiti), e sa che il suo risultato dipende anche dalla mossa che farà l’altro/a. Può essere utile ricordare che l’esito dilemmatico dipende sostanzialmente da due ipotesi. La prima è l’individualismo, cioè il ragionamento in termini di “quale scelta è ottima per me” (e non, ad esempio, quale è la scelta ottima “per noi”). La seconda ipotesi è la strumentalità, vale a dire che l’azione viene posta in essere per massimizzare un risultato (il pay-off) distinto dall’azione stessa; il comportamento, quindi, non è in se stesso fonte di utilità, non ha un valore intrinseco. Giocare è solo uno strumento per conseguire al meglio obiettivi (utilità) non legati all’interazione stessa. La reciprocità senza benevolenza La caratteristica base della“prima forma di reciprocità”, la “reciprocità senza benevolenza”, consiste nel fatto che ai soggetti non è richiesto di sacrificare qualcosa del proprio interesse personale: la cooperazione emerge sulla sola base dell’interesse, della convenienza, cui vanno aggiunti requisiti istituzionali. Questa forma di reciprocità può scattare in due tipi di interazioni: - Dove esistono le condizioni istituzionali (enforcement = Perché la cooperazione dei contratti possa funzionare è necessario che i contratti siano “enforceable” (attuabili), che esista cioè un “una terza parte”, esterna rispetto ai giocatori, indipendente e con sufficiente forza, che, all’occorrenza, faccia applicare le sanzioni previste dal contratto) per poter stipulare un contratto, o un contratto sociale;

- Quando il gioco si ripete tra gli stessi giocatori. Riguardo il primo punto, il contratto è una strada importante per uscire dai Dilemmi del prigioniero. Hobbes nel XVII secolo, Ralws nel XX, lo hanno ben capito e descritto con potenti teorie politiche la logica del contratto sociale come conseguenza razionale di soggetti che danno vita un sistema di enforcement (in Hobbes il “Leviatano”) che limita loro la libertà individuale ma che consente loro di cooperare quando individualmente avrebbero l’incentivo a non farlo senza adeguata rassicurazione da parte degli altri. Tutta la teoria giuridica da millenni ha capito che quando nelle comunità umane ci sono le condizioni per stipulare contratti, perché esistono sistemi di enforcement la vita civile fiorisce, e con essa diritti e libertà. La prestazione di A verso B richiede necessariamente e logicamente la prestazione, di eguale valore, di B verso A: se B non “reciproca”, A non esegue la sua prestazione, e se l’ha già eseguita può rivolgersi al giudice perché la controparte la esegua. Questa forma di reciprocità ha quindi bisogno di civiltà. Una seconda possibile via d’uscita dal Dilemma del prigioniero e dalla sua predizione di non-cooperazione, è la ripetizione del gioco tra gli stessi soggetti. In generale, perché emerga la cooperazione non occorre ipotizzare che il gioco duri eternamente, ma più semplicemente che in un nessuna fase del gioco gli agenti sanno che stanno giocando l’ultima mano. In questo tipo di interazioni la struttura del gioco non è la stessa di quella del contratto: qui non ci sono le garanzie delle sanzioni, e non c’è anonimità. Siamo piuttosto all’interno di realtà dove le interazioni sono personalizzate, c’è apprendimento specifico, ma dove il contratto con enforcement (esterno ai giocatori) non può essere siglato. La cooperazione può emergere dalla sola considerazione razionale degli interessi reciproci. La reciprocità-amicizia Nella vita economica e civile si sperimenta anche una seconda forma di reciprocità, il cui paradigma è quello dell’amicizia (philia). Questa forma di reciprocità richiede una certa dose di sacrificio e di rischio, e il rapporto non è solo un mezzo per raggiungere interessi “esterni” al rapporto stesso, ma ha per i soggetti un valore in se stesso. Nessuno, infatti, negherebbe che anche nelle faccende economiche ci può essere posto per un tipo di reciprocità diversa da quella del contratto. È questa una forma di reciprocità che troviamo spesso in tante forme di economia sociale, nel volontariato, ma anche nei gruppi di lavoro. Se, ad esempio, nelle imprese non si crea tra i vari attori uno spirito di amicizia, l’entusiasmo del sentirsi parte di un destino comune, difficilmente queste imprese saranno dei luoghi di vita buona e duratura. Le principali caratteristiche di questa seconda forma di reciprocità: - Equivalenza: La reciprocità esige l’adeguatezza della risposta e non l’equivalenza matematica. Affinché un rapporto di amicizia duri nel tempo c’è bisogno che ciascuno percepisca di non “essere sfruttato” dall’altro. Ecco perché Aristotele associa l’amicizia alla giustizia che deve essere presente in tutte le forme di amicizia, rappresentandone così una sua caratteristica costitutiva. - Uguaglianza: gli amici, per essere tali, debbono essere su un piano di uguaglianza. È questa la ragione in base alla quale Aristotele nega che ci possa essere vera amicizia tra un uomo libero e uno schiavo, tra un adulto e un bambino, tra un uomo e una donna, o tra l’uomo e Dio: “se una delle parti è separata da una grande distanza, come avviene nel caso di Dio, l’amicizia non è più possibile” - Libertà: il principio di libertà è il principio fondativo di ogni umanesimo fondato sui mercati. -

Non-transitività (o elettività): l’amico sceglie il proprio amico, e viceversa. L’amicizia è dunque elettiva, non universalistica. La incondizionalità-condizionale. La logica della reciprocità-philia non è né puramente condizionale né puramente incondizionale, poiché se è vero che il “primo passo” della philia che mi spinge ad aprirmi all’altro non è condizionale, al tempo stesso se l’altro non reciproca la cooperazione si interrompe. Questa reciprocità fa “il primo passo”, compie un atto di fiducia ex-

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ante, ed è capace di perdonare, ma per la continuazione del rapporto di reciprocità nel tempo è necessaria, anche nell’amicizia, la risposta dell'altro. La disposizione conta. In un rapporto improntato alla philia, non si calcolano costi e benefici del singolo atto, si soprassiede anche davanti a comportamenti scorretti, si è disposti a perdonare: l’amicizia però si interrompe quando nella controparte vediamo cessare la disposizione di voler essere nostro amico, a voler cioè continuare il rapporto di amicizia. Le intenzioni contano. Un altro punto di distinzione tra questa forma di reciprocità e quella “senza sacrificio”, è il ruolo essenziale delle intenzioni o delle motivazioni sottostanti l’azione. Nella reciprocità del primo tipo, è irrilevante il perché l’altro sceglie di cooperare con me. Nell’amicizia, invece, i “perché” sono quasi tutto. Certamente contano molto nel tipo più alto di amicizia nella teoria di Aristotele, l’amicizia di virtù. Aristotele, infatti, definisce la philia come una categoria complessa e molto ampia . In particolare, egli ne individua tre tipologie: amicizia di piacere, amicizia di utilità e amicizia di virtù . La vera distinzione si ha tra l’amicizia di piacere e l’amicizia di utilità da una parte, e amicizia di virtù dall’altra. Infatti ciò che accomuna i primi due tipi di amicizia è il suo essere tendenzialmente strumentale, egocentrica e non interessata alle motivazioni sottostanti: il rapporto di amicizia non è un fine in sé ma un mezzo perché l’individuo ottenga piacere o utilità; e per questa ragione le amicizie di utilità o piacere sono considerate da Aristotele sempre provvisorie e instabili. Nella nostra classificazione, i primi due tipi di philia appartengono alla prima forma di reciprocità (quella senza sacrificio). Diversa è invece l’amicizia di virtù, che rappresenta il tipo perfetto di amicizia: “L’amicizia perfetta, invece, è l’amicizia degli uomini buoni e simili per virtù”. Essendo questo tipo di philia una faccenda di virtù essa richiede che si vada oltre il calcolo di convenienza, oltre l’opportunismo in termini di piacere e di utilità, e che il rapporto di amicizia abbia un certo valore intrinseco. L’amicizia di virtù, comunque, resta una faccenda di disposizione e quindi di intenzioni sottostanti l’azione concreta. L’amico è considerato un valore, un fine, e non un mezzo: a condizione, però, che sia amico e che abbia intenzione di restare tale in futuro. L’identità conta. Nell’amicizia l’identità è essenziale.

La reciprocità incondizionale Questa terza forma di reciprocità si caratterizza per il suo essere una reciprocità incondizionale, un’espressione che per la teoria sociale contemporanea è di fatto un ossimoro, poiché la reciprocità é dagli studiosi sempre associata ad una forma di condizionalità. L’elemento chiave che consente di trovare una ragionevolezza a tale comportamento é il concetto di ricompensa intrinseca, che corrisponde alla soddisfazione (utilità o felicità) che l’attore ottiene dall’azione stessa, prima e indipendentemente dal suo risultato (il quale invece dipende anche dal comportamento degli altri con i quali il soggetto interagisce). Secondo la letteratura psicologica su tali fenomeni, un soggetto ottiene una ricompensa intrinseca da un comportamento quando non gli è possibile, logicamente , distinguere l’attività che svolge dallo scopo per il quale sta svolgendo. Una reciprocità incondizionale è dunque un comportamento non condizionato dalla risposta reciprocante degli altri nel momento della scelta, ma condizionato dalla risposta degli altri nei risultati che ottiene. In altre parole, è mosso da una logica di reciprocità incondizionale chi segue una logica di comportamento indipendentemente dalle scelte degli altri, ma la cui felicità (utilità, nell’impoverito linguaggio dell’economia tradizionale) dipende anche dalla presenza o dall’assenza della risposta reciprocante.

La reciprocità delle reciprocità Associazione della: 1. prima forma di reciprocità alla strategia C (cauta) 2. philia alla strategia B (coraggiosa) 3. terza forma alla strategia G (gratuita) -

C quando incontra un altro soggetto inizia la relazione con una mossa di non cooperazione; dal secondo turno in poi risponde “colpo su colpo”, in base all’osservazione del comportamento che la controparte ha seguito nel turno precedente. È una strategia cauta perchè non si lascia sfruttare da chi gioca la strategia N (non coopera mai), ma è di reciprocità perchè se incontra una strategia cooperativa al primo turno, dal secondo può iniziare la cooperazione-reciprocità.

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B è anche una strategia “colpo su colpo”, ma diversamente da C inizia cooperando al primo turno: se la sua controparte defeziona al primo turno, il costo che paga è basso, perché dal secondo turno cesserà la cooperazione; se invece trova da subito una strategia cooperativa, la reciprocità inizia già dal primo incontro. G coopera sempre: se incontra una strategia di reciprocità sperimenta da subito la reciprocità, se invece incontra una N è disposta a “lasciarsi” sfruttare fino alla fine del gioco.

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Convinzione che l’essere umano è un animale ideologico, che anche in maniera culturale apprende, imita, e nel tempo un comportamento che “far star male” chi lo pratica tende ad essere meno seguito in una data popolazione. Il punto chiave del ragionamento è che lo “star male” dipende da molti fattori, non tutti materiali, molti di tipo simbolico e psicologico. La reciprocità, le reciprocità tra diversi, giochi identitari nei quali riusciamo ad immaginare e a praticare più forme di reciprocità: saranno questi la sfida principale dalla quale dipenderà la qualità del civile delle nostre democrazie....


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