Riassunto- Sessualità e Nazionalismo PDF

Title Riassunto- Sessualità e Nazionalismo
Course Storia contemporanea
Institution Università degli Studi di Napoli L'Orientale
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Storia ContemporaneaUniversità degli studi di Napoli “L’Orientale”“George L. Mosse- Sessualità e Nazionalismo””Il libro si occupa di nazionalismo, sessualità, Stato e nazione, indicando le relazioni tra il nazionalismo, la più forte ideologia dell’età moderna e la rispettabilità ovvero sia gli usi e...


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Storia Contemporanea Università degli studi di Napoli “L’Orientale”

“George L. Mosse- Sessualità e Nazionalismo” ”

Il libro si occupa di nazionalismo, sessualità, Stato e nazione, indicando le relazioni tra il nazionalismo, la più forte ideologia dell’età moderna e la rispettabilità ovvero sia gli usi e costumi ritenuti decenti e adeguati sia l’atteggiamento nei riguardi della sessualità. Il moderno nazionalismo, come la rispettabilità e la sua collegata idea di sessualità iniziano ad emergere e a definirsi nel XVIII secolo; il nazionalismo ha fornito un sostegno costante ed essenziale allo sviluppo dell’idea di rispettabilità che ha influito su concetti che hanno condizionato la nostra società quali l’ideale di virilità, il ruolo femminile e ha stabilito chi fossero gli integrati che accettano le regole sociali e gli estranei che vengono considerati malati o anormali. La sessualità è l’oggetto principale della ricerca perché è determinante per il comportamento umano e poiché condiziona la nozione etica di rispettabilità, sia ancora perché incide sulla sensibilità estetica. Il concetto di sessualità ossessionò la società borghese e il nazionalismo: all’inizio venne ammesso, poi frenato, quindi deviato dal dato fisico agli ideali di bellezza di entrambi i sessi. Il volume è dedicato, in particolare, alla Germania perché lì il tentativo di dirigere e controllare la sessualità raggiunse gli estremi con l’operazione nazionalsocialista di rigenerazione della rispettabilità, ma si occupa anche dell’Inghilterra che funge da paragone e contraltare: due nazioni protestanti che furono condizionate, significativamente, dalla ripresa evangelica del XVIII secolo. Pietismo ed evangelicalismo ebbero importante incidenza sulla nozione di rispettabilità che si allargò a tutto il continente e divenne patrimonio di tutte le classi sociali, non più esclusiva del movimento borghese che l’aveva adottata all’inizio; ma fu in Germania ed in Inghilterra che si strinse questa santa alleanza che guardò al controllo della sessualità come elemento indispensabile della rispettabilità e addirittura irrinunciabile per l’esistenza stessa della società borghese. Gli usi e costumi, come pure le norme sessuali, subirono mutamenti tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo. Quello che ognuno considera come un comportamento sessuale o anche di altro genere, normale o anormale, è un prodotto dello sviluppo storico e non una legge universale. Ad esempio è stato dimostrato recentemente che l’omosessualità era tollerata e anche rispettata in influenti importanti circoli dell’alto medioevo e solo in seguito considerata un pericolo per la Chiesa e lo Stato. Anche la parola di Dio subì dei cambiamenti: nel 1782 Sarah Kirby Trimmer curò un commento della Bibbia consono al nuovo ideale della rispettabilità; altri ne seguirono tanto che il termine “bowdlerizzare” entrò nella lingua inglese con significato di espurgazione di un libro, con omissioni o modifiche delle parti ritenute indelicate; Thomas Bowdler curò l’edizione del Family Shakespeare, nel 1807, da cui eliminò quei brani “che non potevano essere letti per decenza ad alta voce in una famiglia”. Soltanto due secoli fa, alcune abitudini che oggi guardiamo con perplessità, erano comuni all’aristocrazia e non solo; continuavano ad essere in vigore modelli convenzionali di comportamento ma la rispettabilità che determina le attuali nozioni di sessualità, si basa su atteggiamenti non sempre accettati prima dell’ultimo secolo lo stesso concetto di rispettabilità fece parte del nuovo complesso di atteggiamenti nei confronti del corpo e della sessualità che trionfò solo nel XIX secolo. La rispettabilità finì per regolamentare anche i modelli di comportamento che non avevano a che fare con la sessualità, quali i comportamenti a tavola, fondandosi su un atteggiamento coerente nei riguardi del corpo, delle sue qualità sensuali e delle sue funzioni sessuali: la decenza si riferiva sia al modo di stare a tavola, sia al decoro relativo alla moderatezza, alla purezza e alla pratica della virtù. Gli usi e costumi moderni furono in gran parte il risultato del risveglio religioso del tardo seicento e del settecento; questo processo fu accelerato dalla affermazione del pietismo in Germania e dell’evangelicalismo in Inghilterra e coincise col trionfo delle classi medie oltre a essere congeniale alle loro esigenze e paure.

Le classi medie caratterizzarono il loro stile di vita sull’ideale della rispettabilità che era strettamente legato alle loro attività economiche: con la rispettabilità, e lo stile di vita basato su frugalità, devozione al dovere e freno delle passioni, esse si distinguevano dalle classi inferiori, considerate indolenti, e dall’aristocrazia, ritenuta dissoluta. Di questo stile di vita si appropriarono le classi medie ma poi divenne proprio dell’intera società, stabile ed ordinata. L’evoluzione della rispettabilità iniziò molto prima, ma il risveglio religioso del XVIII secolo le assegnò un ruolo importante sia per quell’epoca che per il futuro: il libertinaggio della società di corte mise in risalto il comportamento casto e puro che i pietisti e gli evangelici predicavano. Anche la morale e la teologia cattolica condannavano gli eccessi ma quando lo facevano si riferivano all’atto sessuale individuale, senza ricavarne conseguenze sulla personalità nel suo insieme o sul modo di vita; la teologia morale si concentrava sugli atti sessuali che impedivano la riproduzione: lo spreco di sperma o l’aborto, questi erano condannati come peccati capitali, gli altri comportamenti sessuali erano trattati con maggiore indulgenza e comprensione. Il protestantesimo si era diviso in molte componenti nazionali e religiose, sia durante che dopo la riforma, e non aveva mantenuto quella severa unità di fermezza morale che aveva sostenuto la ribellione contro il papato; il risveglio del protestantesimo creò un fervore morale che unì luterani, anglicani e calvinisti contro il mondo non redento; evangelicalismo e pietismo non coinvolsero tutti protestanti, e probabilmente nemmeno la maggioranza delle rispettive nazioni, ma il loro dinamismo e l’attrazione che esercitarono sulle classi medie, modificarono il clima morale dell’Inghilterra e del settentrione protestante della Germania. Il comportamento divenne un’espressione della pietà interiore, della moderazione e del controllo delle passioni che il risveglio religioso predicava e che ben si addicevano allo stile di vita delle classi medie. August Hermann Francke, uno dei fondatori del pietismo tedesco, nel 1722 invitava gli studenti a rifuggire dalla conversazione e dalle curiosità oziose durante i loro viaggi per allontanare ogni pretesto di dare scandalo; atteggiamenti e atti indecenti andavano evitati, così come la risata superflua; intrattenimenti profani e ornamenti personali furono condannati. L’evangelismo inglese coltivava un sentimento di santità di tutte le relazioni consuete e di ogni comune dovere della vita: le relazioni sessuali furono private di ogni sensualità, matrimonio e famiglia dovevano basarsi sulla comune pratica della pietà; i peccati dovevano essere espiati con l’auto-concentrazione sulla propria vocazione. Evangelismo e pietismo fornirono un codice etico intensamente emozionale alle rispettive nazioni. La rivoluzione francese confermò questo risveglio morale e religioso perché fu considerata da molti inglesi e tedeschi come il giudizio di Dio che puniva le dissolutezze della nobiltà; le guerre contro la rivoluzione e Napoleone intendevano difendere patriottismo e moralità che ormai stavano determinando la direzione della nuova autocoscienza nazionale. Le guerre scatenarono crociate puritane che dovevano sostenerle, circoscrivere la rivoluzione al paese d’origine e insieme diffondere la verità evangelica, nonostante che in molte crociate gli evangelici fossero in minoranza. In Germania, la coscienza nazionale, riaccesa dalle guerre di liberazione contro Napoleone, si legò anche al progresso dei costumi: il simbolo della Prussia sconfitta da Napoleone, fu la regina Luisa, esempio di verginità e purezza; nel 1810, alla morte, quest’ultima, venne considerata una santa laica e la sua maschera funeraria venne stilizzata in un quadro detto della Madonna prussiana. Gli ideali di mascolinità e virilità diffusero l’immagine del maschio tedesco come inseparabile dalla moralità delle classi medie; questi ideali trovarono nelle guerre della rivoluzione francese l’occasione per esprimersi. La realtà della rivoluzione francese era ben diversa dall’idea di vizio che ne avevano i suoi nemici: i giacobini erano dei puritani non diversi dagli evangelici e dai pietisti (Saint-Just sosteneva che la Repubblica era una forma di governo basata sulla virtù); prostituzione e pornografia erano combattute, perché i giacobini ritenevano che l’eliminazione del giudizio fosse parte della difesa della rivoluzione e della nazione. Robespierre proponeva rigore morale e accusava i girondini di non volere altro che la felicità e di essere dediti solo al piacere. I giacobini, diversamente dai loro avversari, restavano nell’ambito della tradizione illuminista: il corpo umano non era considerato con vergogna ma era tracciata con precisione la distinzione tra virtù e vizio e tra comportamento normale e anormale; essi infatti abbandonarono l’idea iniziale di riconoscere per legge l’uguaglianza legale ai figli legittimi.Marianna, simbolo della rivoluzione, era

inizialmente rappresentata come parzialmente svestita, ma venne ben presto rivestita e ritratta serena; larivoluzione segnò una tappa del radicamento della rispettabilità in Francia, e, nella reazione che scatenò, incoraggiò la pratica della virtù tra i suoi nemici. Un altro contributo all’affermazione della rispettabilità venne dal romanticismo: la rinascita romantica dell’ideale medioevale portò un’immagine di ordine che si contrapponeva al caos della modernità; la cavalleria fu definita, da Sir Walter Scott, come le libertà individuale al servizio dell’ordine sociale. I romantici confusero la propria idea di rispettabilità con le abitudini in vita di un’epoca molto più semplice (come si vede in Ivanhoe e Robin Hood): l’idea di ordine proposto era un modello cui aspirava la borghesia e che vedeva minacciato dagli estranei che rifiutavano la rispettabilità e la società ordinata. La rispettabilità cominciò a irrobustirsi nei primi decenni del nuovo secolo e trionfo nel corso di una generazione: “La buona società odia le scenate, bandisce, come cattive maniere, ogni eccentricità dei modi e l’eccessivo esibizionismo nel contegno”; un trionfo così rapido si dimostrò anche duraturo, la prima guerra mondiale non cambiò lo stato delle cose e la rispettabilità continuò ad essere un fondamento della società. La rispettabilità che aveva accompagnato il trionfo della borghesia servì a legittimare e distinguere le classi medie da quelle inferiori dell’aristocrazia e, nel XIX secolo, offrì quella stabilità in mezzo ai continui mutamenti che la stessa borghesia aveva causato: l’industrializzazione era disorientante per cui servivano strutture stabili, che offrissero sicurezza, quali la natura, la nazione o la fede religiosa. La battaglia ottocentesca per il controllo del sesso fu un aspetto dello sforzo di fronteggiare i risultati dell’industrializzazione e dell’agitazione politica; per imporre la moderazione la società aveva bisogno di rafforzare le tecniche dei medici, degli educatori e della polizia; il punto d’appoggio ideale per contenere gli ardori sessuali fu il nazionalismo che fece propri usi e costumi della classe media e diffuse la rispettabilità di tutte le classi sociali sebbene queste si disprezzassero e odiassero l’un l’altro.

L’idea di virilità servì per tutelare l’ordine costituito contro i pericoli che la modernità portava alla distinzione tra normale e anormale; incarnò anche il simbolo della vitalità spirituale e materiale della nazione perché la virilità esortava alla forza fisica e mentale, ma sempre tenuta sotto controllo: le energie dell’uomo dovevano essere sempre sottomesse ad un più alto ideale. Anche le donne ricoprirono un ruolo simbolico nella mistica della nazione, incarnando Germania e Marianna, ma in un ruolo sempre più pacato che dinamico, che richiamava l’immutabilità piuttosto che il progresso: la donna ideale forniva la scena sul quale gli uomini avrebbero forgiato il destino delle nazioni. La virilità si modellò sull’ideale di bellezza maschile nato con la riscoperta della Grecia del XVIII secolo; al contrario la donna, nell’iconografia inglese o tedesca, si rifece a rappresentazioni della vergine Maria. Un altro ideale su cui si forgiò la virilità fu quello aristocratico della cavalleria che fece proprio come modello di comportamento ed esempio di virtù eterne in un mondo in cambiamento. La virilità fu un concetto borghese che si formò durante le guerre della rivoluzione francese quando moltissimi volontari delle classi medie misero alla prova la loro, arruolandosi volontari. Essa rafforzò la divisione del lavoro, non solo quell’economica ma anche quella sociale e sessuale; i ruoli dei sessi dovevano essere chiaramente differenziati al punto che nemmeno i bambini potevano sfuggire ed infatti anche per loro venne creata una sfera a parte. Divisione del lavoro all’interno della famiglia e distinzione tra mascolinità e femminilità furono riaffermati come imperativi dell’epoca moderna. La borghesia aveva generato un dinamismo sociale che la spaventava e per ovviare al quale era necessaria un’ordinata divisione del lavoro e una vita familiare stabile: il cemento che saldò le diverse istanze in conflitto fu l’ideale della rispettabilità. Chiunque attaccasse le norme di comportamento borghese o trasgredisse i limiti di ruolo maschile femminile era da considerare un anormale e perciò minaccioso per la società così come gli stranieri, non appartenenti alla tribù, i criminali abituali, i pervertiti sessuali e gli ebrei. La perversione sessuale fu vista come un pericolo per la sopravvivenza della classe media ben peggiore delle agitazioni delle classi inferiori e molto di più dell’arroganza dell’aristocrazia: gli omosessuali, ad esempio, si pensava che violassero la distinzione dei sessi ma anche che vivessero un eccesso sessuale che sconvolgeva il delicato equilibrio tra le passioni; interessante a questo proposito una citazione di Baden-Powell, una frase rivolta ai suoi boy scout: “l’energia che l’animale primitivo ripone quasi esclusivamente nel sesso si è rivolta

nell’uomo verso tutt’altre attività, come l’arte, la scienza”; un omosessuale sarebbe dunque un primitivo e, nel primo Ottocento, venne associato a ogni tipo di ribellione; in Inghilterra, ad esempio si riteneva fornissero aiuto e ospitalità al nemico, durante le guerre della rivoluzione francese. Anche la Chiesa cattolica cambiò atteggiamento nei confronti dei pervertiti: la teologia, prima che la virilità fosse diventata così importante, non si era preoccupata di tracciare una linea immutabile tra normale e anormale, l’omosessualità era un peccato contro l’ordine divino e quindi contro natura, le pratiche omosessuali portavano al castigo divino sotto le forme di ribellioni, rivoluzioni e altre catastrofi naturali come la distruzione della città di Lot ma nessuna crociata era mai stata intrapresa contro questo vizio. Il termine omosessuale fu coniato dalla medicina e solo lentamente, nella seconda metà del XVIII secolo, sostituì il più tradizionale “sodomita”; i teologi morali cattolici, comunque, avevano spesso evidenziato il fattore biologico dell’omosessualità, indagando se un atto omosessuale avesse imitato le posizioni di quello eterosessuale, quale ruolo avesse ricoperto l’individuo e se un atto fosse stato consumato o meno: pur nel quadro di una globale condanna del vizio contro natura, il cattolicesimo graduava la valutazione del peccato. Nella “Theologia Moralis” Alfonso Maria de’ Liguori, pur concordando con i protestanti sul rifiuto della nudità del corpo, come occasione di vizio, investigava gli atti e i comportamenti arrivando a graduare le pene; quest’opera divenne il manuale dei confessori cattolici che, di conseguenza, furono molto meno netti dei teologi protestanti; questi ultimi non erano interessati a tutte queste finezze che rischiavano di indebolire il limite tra normale e anormale. Calvino, in un commento al libro di Isaia, ammoniva che Dio avrebbe punito non solo le mogli dissolute ma anche i loro mariti e lo Stato che avesse tollerato questi comportamenti; ogni atto sessuale fuori dal matrimonio oppure a scopo non procreativo era assolutamente condannato ed era un peccato anche solo immaginarlo; anche il protestantesimo fornì casistiche di istruzioni pratiche per il miglior comportamento possibile ma il suo realismo morale, circa quel che lo Stato e i suoi governanti dovevano fare, contrastava nettamente con i categorici imperativi sul comportamento e sui pensieri, dell’individuo. Pietismo ed evangelicalismo trovarono, dunque, una tradizione consolidata di inflessibilità quando emersero e contribuirono a tirare ulteriormente la cinghia: il rigore morale che era la chiave di volta della rispettabilità contribuì a differenziare l’intensità della morale borghese protestante ed i paesi cattolici; la “permissività sessuale” di Liguori scandalizzò i protestanti e fu usata come attacco contro la Chiesa cattolica, accusata di logorare la fibra morale del popolo tedesco e di minare, quindi, la prosperità della nazione. Nella seconda metà del XIX secolo anche la Chiesa cattolica era diventata molto più rigorosa nei confronti di ogni comportamento potenzialmente pericoloso per la santità del matrimonio e della famiglia: nel 1909, in Belgio, i vescovi si pronunciarono contro ogni forma di coitus interruptus, presto seguiti da altre chiese nazionali; i vescovi tedeschi lottarono contro il declino delle nascite poiché avere figli era insieme un dovere cristiano e patriottico. La Chiesa cattolica comunque fu sempre più tollerante nel definire un’effettiva colpevolezza; al contrario della rigidità di evangelici e pietisti, sostenuta dalla corporazione medica, anzi, nel XIX secolo, furono i medici a stimolare la consapevolezza dell’omosessualità come problema sociale, essi si sostituirono, almeno in parte, ai ministri del culto nel ruolo di custodi della normalità. Due citazioni a confronto, la prima da da “The Lancet” (1819): “siamo responsabili dell’impiego della nostra specifica autorità nel promuovere la purificazione e il benessere della società”, questo il direttore di una rivista medica; la seconda da Proust: “il mio confessore non poté trovare nulla da dirmi, mentre il dottore mi disse che ero malato”. medicalizzazione dell’omosessualità, nel XIX secolo, contribuì a tracciare un limite netto tra sessualità normale e anormale, la medicina legale aiutò giudici e giuria nel tentativo di rinforzare le leggi contro la sodomia, delineando uno stereotipo da usare per identificare gli omosessuali. All’inizio dell’Ottocento l’illuminismo aveva favorito la depenalizzazione dell’omosessualità, il codice napoleonico del 1810 puniva solo seduzione di minori o violenza, ma verso fine secolo ci fu un nuovo inasprimento; l’Inghilterra che aveva ignorato il codice napoleonico, mantenne la pena di morte per gli omosessuali fino al 1861, la Scozia fino al 1889; in Germania alcuni Stati come la Baviera seguirono l’esempio del codice napoleonico, altri come la Prussia, non lo fecero: qui la pena di morte fu abolita nel 1851 ma rimase la punizione con la prigione e la perdita dei diritti civili (legge del Reich nel 1871). L’abolizione della pena di morte in Inghilterra fu seguita, nel 1885, dal Criminal Law Amendment che puniva, come oltraggio al pudore, le pratiche omosessuali commesse sia in pubblico che in privato: questo

inasprimento come quello prussiano, non ebbe né motivi religiosi alla base né medici, era il senso di giustizia della gente a richiederlo. La scienza medica giustificò la criminalizzazione dell’omosessualità, come aveva fatto in precedenza la Chiesa, e cercò di identificarla creando uno stereotipo ad uso delle corti di giustizia: questo statuto medico determinò la maniera stessa in cui la società percepiva l’omosessuale; lo stereotipo venne costruito recuperando precedenti nozioni sulla devianza sessuale. Secondo il ...


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