Sparta. Storia e rappresentazione di una città greca PDF

Title Sparta. Storia e rappresentazione di una città greca
Course Antichità e istituzioni greche
Institution Università degli Studi di Milano
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Sparta - Storie e rappresentazioni di una città greca

RIASSUNTI

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CAPITOLO I° IMMAGINI DI SPARTA

Erodoto (Storie, III, 46) narra della richiesta d’aiuto rivolta dai Sami agli Spartani (in occasione della rivolta contro Policrate del 524 a.C.), che risposero in maniera, appunto, “laconica”, pur acconsentendo > è un passo significativo, che lascia intuire una diffusa immagine degli Spartani improntata alla sobrietà. In questa chiave vanno letti anche i Detti degli Spartani di Plutarco > Sparta come città austera e bellicosa, dove sin dalla nascita l’individuo è sottomesso allo Stato, ma è una visione limitata e stereotipata che ha portato all’idealizzazione della città e dei suoi costumi. Tale idealizzazione fu favorita dagli Spartani, ma si diffuse in ambito differente, cioè nei gruppi oligarchici ateniesi verso la metà del V secolo a.C. > “miraggio spartano”, che si manifestò sotto diverse forme ed atteggiamenti: 

“Lacomania” > Spartani = semidei;

  

Elogio ragionato (ma con critiche); Nostalgia dell’antica Sparta; Desiderio di emulazione.

Dall’altro lato rappresentazione negativa di Sparta basata sempre su stereotipi (ad esempio agli Spartani furono rivolte accuse di doppiezza) > straordinaria battaglia ideologica sulla rappresentazione di Sparta e degli Spartani.

IL MITO DI FONDAZIONE: DORI ED ERACLIDI

Per molte fonti la fondazione della città avvenne in occasione della calata dei Dori nel Peloponneso, ma in realtà la zona era abitata precedentemente > ruolo di grande rilievo sia nei poemi omerici che nel patrimonio mitico > dinastie di Tindaro (detronizzato dal fratellastro Ippocoonte e poi reinsediato da Eracle) e di Menelao-Oreste-Tisameno (cui, insieme ad Elena e ai Dioscuri, erano riservati culti cittadini). Sulla calata dei Dori ci sono diverse varianti, elaborate nel corso del IV secolo a.C. e riportate da Diodoro Siculo e Pseudo-Apollodoro > secondo la versione più generale, in seguito alla morte di Eracle gli Eraclidi sono scacciati dal Peloponneso per mano di Euristeo, ma fanno ritorno con l’aiuto dei Dori > era molto importante, per gli Spartani, l’identità dorica, come si evince in Tirteo. Gli Spartani si dicono infatti discendenti da Eracle e da Doro > Egimio, figlio di Doro, adotta Illo, che fallisce il ritorno nel Peloponneso poiché fraintende un oracolo secondo cui il ritorno degli Eraclidi sarebbe dovuto avvenire “alla terza messe” > Illo interpretò il tutto come “al terzo anno”, ma in realtà il significato era “alla terza generazione”. Il ritorno è completato dunque tre generazioni dopo dai tre fratelli Temeno, Cresfonte e Aristodemo, che si spartiscono il territorio: la Laconia va ad Aristodemo, che diviene re di Sparta, anche se, secondo una tradizione più diffusa, muore prima di insediarsi > i fondatori della città sarebbero dunque Euristene e Procle, capostipiti delle due famiglie reali, Agiadi ed Euripontidi. Il patrimonio mitico è centrale nella narrazione spartana > da un lato ne glorificava la potenza militare, dall’altro ne legittimava le conquiste, secondo quel tipico filone di racconti mitici intesi a giustificare la presenza di un determinato popolo in un determinato territorio.

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LA FONDAZIONE POLITICA DELLA CITTÀ: LE LEGGI DI LICURGO

Altro evento essenziale (per i concetti di kosmos ed eunomia) sono le leggi (la cosiddetta Grande Rhetra) di Licurgo, considerato un “secondo fondatore” della città, in precedenza priva di un buon governo (i Dori erano conquistatori, non legislatori) > Licurgo, col suo intervento, fa di Sparta la migliore città della Grecia. Per quanto riguarda la datazione, importante è Tucidide, che pone le leggi di Licurgo oltre 400 anni prima della Guerra del Peloponneso > se ne può ricavare una cronologia approssimativa: 

XII/XI secolo a.C. = fondazione della città;



IX/VIII secolo a.C. = leggi di Licurgo.

Sul personaggio di Licurgo molte controversie tra gli autori antichi, che lo collocano tra l’età dei primi re eraclidi e l’istituzione dei Giochi Olimpici (776 a.C.), cui Licurgo avrebbe contribuito > gli studiosi moderni, invece, pongono la sua storicità in dubbio > personaggio fittizio, creato forse nel VI secolo a.C. (nessuna menzione in Tirteo), che offuscò le figure degli altri legislatori (come Egimio, Euristene o Procle). Infatti, tanto l’esistenza di un suo culto divino, quanto l’etimologia del nome (“creatore, facitore di luce”), quanto infine la tradizione storica antica fanno ipotizzare che si trattasse, originariamente, di una figura eroica/divinità solare reimpiegata poi nella funzione di reggente/legislatore. Era di sicuro una figura centrale, tanto che entrambe le dinastie lo rivendicavano a sé proprio in qualità di reggente/tutore, come si evince da Erodoto, per cui è un Agiade, e Simonide, che lo definisce invece un Euripontide > nel IV secolo a.C. quest’ultima tradizione (che lo vedeva figlio di Eunomo, nome che richiama l’eunomia) finì per imporsi definitivamente. Anche alle leggi è attribuita un’origine divina > stando a varie fonti, Licurgo le ottenne da Apollo a Delfi, ma secondo un’altra tradizione si sarebbe recato a Creta per studiarne e copiarne il sistema legislativo e introdurlo poi a Sparta > entrambe le versioni sono riportate da Erodoto: «Τὸ δὲ ἔτι πρότερον τούτων καὶ κακονομώτατοι ἦσαν σχεδὸν πάντων Ἑλλήνων κατά τε σφέας αὐτοὺς καὶ ξείνοισι ἀπρόσμικτοι. Μετέβαλον δὲ ὧδε ἐς εὐνομίην· Λυκούργου τῶν Σπαρτιητέων δοκίμου ἀνδρὸς ἐλθόντος ἐς Δελφοὺς ἐπὶ τὸ χρηστήριον, ὡς ἐσήιε ἐς τὸ μέγαρον, ἰθὺς ἡ Πυθίη λέγει τάδε· "Ἥκεις, ὦ Λυκόοργε, ἐμὸν ποτὶ πίονα νηὸν Ζηνὶ φίλος καὶ πᾶσιν Ὀλύμπια δώματ᾿ ἔχουσι. Δίζω ἤ σε θεὸν μαντεύσομαι ἢ ἄνθρωπον· ἀλλ᾿ ἔτι καὶ μᾶλλον θεὸν ἔλπομαι, ὦ Λυκόοργε". Οἱ μὲν δή τινες πρὸς τούτοισι λέγουσι καὶ φράσαι αὐτῷ τὴν Πυθίην τὸν νῦν κατεστεῶτα κόσμον Σπαρτιήτῃσι· ὡς δ᾿ αὐτοὶ Λακεδαιμόνιοι λέγουσι, Λυκοῦργον ἐπιτροπεύσαντα Λεωβώτεω, ἀδελφιδέου μὲν ἑωυτοῦ, βασιλεύοντος δὲ Σπαρτιητέων, ἐκ Κρήτης ἀγαγέσθαι ταῦτα. Ὡς γὰρ ἐπετρόπευσε τάχιστα, μετέστησε τὰ νόμιμα πάντα καὶ ἐφύλαξε ταῦτα μὴ παραβαίνειν. Μετὰ δὲ τὰ ἐς πόλεμον ἔχοντα, ἐνωμοτίας καὶ τριηκάδας καὶ συσσίτια, πρός τε τούτοισι τοὺς ἐφόρους καὶ γέροντας ἔστησε Λυκοῦργος. 66 Οὕτω μὲν μεταβαλόντες εὐνομήθησαν, τῷ δὲ Λυκούργῳ τελευτήσαντι ἱρὸν εἱσάμενοι σέβονται μεγάλως».

«Ancor prima, tra tutti i Greci, erano stati gli Spartani ad avere presso di sé leggi peggiori, e non intrattenevano rapporti con gli stranieri. Passarono a un buon ordinamento in tal modo: Licurgo, uomo illustre tra gli Spartiati, si recò a Delfi, per l'oracolo; appena entrò nei penetrali, subito la Pizia gli disse così: “Sei giunto, o Licurgo, al mio ricco tempio, tu caro a Zeus e a coloro che abitano le dimore dell'Olimpo. Dubito se proclamarti dio o uomo; ma credo piuttosto un dio, o Licurgo”. Alcuni dicono che, oltre a questo, la Pizia gli dettò anche l'ordinamento che ora vige a Sparta; come invece riferiscono gli stessi Spartani, Licurgo lo introdusse da Creta quando era tutore di Leobote, il figlio di suo fratello, che era re degli Spartiati. Appena infatti ne assunse la tutela, riformò tutte le leggi e fece attenzione a che non si trasgredissero. Licurgo poi creò le istituzioni militari, le unità giurate, le unità di trenta uomini e le mense comuni, inoltre gli stessi efori e i geronti. Con queste riforme, essi ricevettero un buon ordinamento e, dopo aver fondato un santuario a Licurgo quando morì, gli tributarono grandi onori». (Storie, I, 65-66)

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Per il resto, Licurgo è rappresentato con i tratti tipici del legislatore mitico (come ad esempio la volontà di mantenere immutate le proprie leggi) > nella storia spartana è infatti il legislatore per antonomasia, padre di tutte le leggi della città, il cui abbandono porta alla rovina (crisi di IV secolo a.C.) > “uso politico” della figura di Licurgo per legittimare riforme o leggi. Emblematico il caso dei cinque efori, prima attribuiti a Licurgo, poi al re Teopompo (VIII-VII secolo a.C.), e infine aboliti in età ellenistica da Cleomene III proprio poiché avevano perso la loro “matrice licurgica”, che li rendeva altrimenti intoccabili. In sintesi, Licurgo è un personaggio fittizio che la tradizione ha reso così importante da “sovrapporlo” alle leggi spartane > per tale motivo si parla di “Sparta licurgica” = particolare fisionomia delle istituzioni cittadine su cui è costruita l’immagine idealizzata della città, in termini di governo (re, anziani ed efori), austerità ed agogé (educazione collettiva e militare).

SPARTA, CRETA E LA COSTITUZIONE MISTA

Similarità tra le leggi cretesi e spartane > secondo la tradizione Licurgo, giunto a Creta, fu allievo di Taleta di Gortina (poeta e musico), insieme all’altro celebre legislatore Zaleuco di Locri > critiche di Aristotele, che nella Poetica considera Taleta posteriore alla Grande Rhetra (datandolo al VII secolo a.C.). Ad ogni modo, la tradizione antica vedeva una correlazione tra Creta, Sparta e Locri in base al principio dell’eunomia, ma è un rapporto prettamente ideologico > per gli storici è inverosimile una “costituzione cretese” (vista la moltitudine di “città-stato” a Creta), dato che molte somiglianze politiche sono tratti comuni di molte città greche (ad esempio efori spartani = kosmoi cretesi o pritani ateniesi) ed infine vi sono differenze tra pasti comuni cretesi e sissizi spartani > ai primi infatti, differentemente da Sparta, potevano partecipare anche i servi. Al di là delle somiglianze e di una possibile ascendenza dorica comune, fu probabilmente la buona fama delle leggi cretesi a creare, tramite un processo di emulazione, un legame col sistema politico spartano poi enfatizzato dalla tradizione (Erodoto), pur con critiche (Tucidide) volte appunto all’emulazione, interpretata come mancanza di originalità. A tali critiche si rispose affermando l’originalità delle istituzioni di Sparta, che sarebbero anzi state importate a Creta dalle colonie spartane (come Litto) e poi diffuse nell’isola, anche se Eforo di Cuma riaffermò a sua volta la priorità cretese. Degli ordinamenti spartano-cretesi parlano anche Platone, nella Repubblica (dove costituiscono il modello più vicino a quello utopico prospettato) e nelle Leggi (nell’ultimo dialogo, infatti, gli interlocutori sono un uomo di Sparta e uno di Creta), e Aristotele, che nella Politica li paragona e li loda per la loro “costituzione mista” (argomento di grande fortuna, trattato, nell’antichità, anche da Polibio e molti altri). Secondo tale “costituzione mista”: re = monarchia; anziani = oligarchia; efori = democrazia, anche se alcuni (tra cui Platone) ritenevano questi ultimi quasi dei tiranni e individuavano invece l’elemento democratico nella vita spiccatamente comunitaria. Queste tre istituzioni spartane, inoltre, erano comunemente associate, dalla tradizione, alle tre virtù spartane per antonomasia, vale a dire il coraggio in battaglia (andreia), la temperanza (sophrosyne) e la concordia civile (homonoia).

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GLI SCRITTI SULLA COSTITUZIONE DEGLI SPARTANI

Riflessioni sul concetto di politeia che si inseriscono nell’ambito dell’esaltazione di Sparta, soprattutto negli ambienti oligarchici ateniesi ostili alla democrazia > uno dei primi compositori di un’opera sulla Lakedaimonion Politeia (genere di grande successo) fu Crizia (autore anche di un’elegia celebrativa di Sparta), che faceva parte del circolo di Socrate (di vedute filo-oligarchiche) e divenne uno dei Trenta Tiranni > influenze sull’opera di Senofonte (l’unica Lakedaimonion Politeia pervenutaci integralmente). Il capostipite di tale genere letterario sarebbe Tibrone, un ufficiale spartano di IV secolo a.C., il che s’inserirebbe nella tradizione storiografica spartana costruita attorno alla figura di Licurgo (anche i re Pausania II e Lisandro sarebbero stati autori di libelli) > è più probabile però che si tratti di uno pseudonimo di Senofonte per garantire maggiore circolazione della sua opera senza essere preso di mira dagli ambienti democratici. Per le sue vedute oligarchiche e la partecipazione al governo dei Trenta Tiranni, Senofonte fu infatti esiliato nel 401 a.C. a Scillunte (località peloponnesiaca) > vita a contatto con gli Spartani e Agesilao, per il quale compose un encomio. Nella sua Lakedaimonion Politeia (di datazione incerta) Senofonte afferma che la città è potente grazie ai suoi epitedeumata (“pratiche sociali”, trattate nei primi 10 capitoli) introdotti da Licurgo: tra di essi vi sono norme di matrimonio, generazione dei figli, sistema educativo spartano a gradi d’età, vita comune, sfera economica e magistratura = agogé, percorso che va dalla nascita alla tarda età > organizzazione delle età della vita cruciale a Sparta. Senofonte insiste sulla diversità tra la vita spartana e quella degli altri Greci > Sparta è nettamente superiore (anche a Creta), una sorta di mondo a parte, che viene però sorprendentemente sconfessato tramite una dura critica ai costumi “deviati” degli Spartani suoi contemporanei, che non obbediscono più alle tradizioni o alle leggi divine > preludio della crisi. Nella seconda metà del IV secolo a.C. analisi sulla crisi repentina di Sparta, città prima ritenuta quasi perfetta > ne parla Aristotele sia nella Politica che nella Lakedaimonion Politeia (ora perduta, ma diffusissima nell’antichità), probabilmente divisa in due parti (come la Athenaion Politeia) > nella prima si trattava delle origini della città (Dori, Eraclidi, Licurgo, prime fasi dell’ordinamento spartano), nella seconda dei costumi della città (legati, sempre, alle età della vita). Celebre anche la Lakedaimonion Politeia di Dicearco di Messene (di scuola aristotelica), talmente apprezzata dagli Spartani da essere annualmente letta per decreto di legge a Sparta davanti ai giovani. La produzione di opere su Sparta conobbe un incremento in età ellenistica, ma se ne hanno perlopiù frammenti > importante la figura di Sosibio Lacone (scrittore di opere di carattere antiquario e di genere miscellaneo che trattano argomenti vari, come culti e tradizioni civiche) accanto ai più noti autori della scuola stoica, tra cui spicca Sfero di Boristene (autore di opere su Sparta e aiutante di Cleomene III nell’ambito delle riforme), annoverato, insieme ad altri nomi celebri, nei Deipnosofisti di Ateneo di Naucrati. UNA BREVE PANORAMICA DELLE FONTI

Altre opere su Sparta oltre a quelle incentrate esclusivamente sulla sua costituzione > tra le fonti più antiche Tirteo e Alcmane analizzano i diversi aspetti della società e cultura spartana di VII secolo a.C. Tirteo > varie elegie che incitavano i giovani al combattimento e all’obbedienza, tra di esse spicca un componimento narrativo intitolato Eunomia > in essa si narra dell’arrivo dei Dori, della costruzione di un ordine politico e della conquista della Messenia.

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Alcmane > Parteni di ambientazione aristocratica (accenni a personaggi delle famiglie reali) dove viene descritta la vivacità culturale della Sparta arcaica anche sotto un punto di vista femminile. Nel secolo successivo abbiamo Simonide di Ceo, autore, su committenza degli stessi Spartani (proverbiale era la sua avidità), di elegie e threnoi in cui celebra le imprese militari di Sparta contro i Persiani. La fonte principale su Sparta è però quella costituita dalla storiografia di V secolo > Erodoto, nelle Storie, copre il periodo compreso, all’incirca, tra 540 e 478 a.C., ma apre comunque vari excursus sulla storia più antica della città basandosi sulle tradizioni orali (sia ufficiali che familiari) raccolte nel corso del suo viaggio a Sparta (Storie III, 55) > grande ricchezza di materiale, ma scarsa affidabilità. Altra fonte è la Guerra del Peloponneso di Tucidide, principalmente per gli eventi tra 431 e 411 a.C., ma vi sono anche ampi excursus sulla pentecontetia (il cinquantennio che va dal 478 al 431 a.C., descritto anche da Diodoro Siculo nella Biblioteca Historica) > dati politico-evenemenziali sull’azione spartana durante la Guerra del Peloponneso, ma anche aspetti della mentalità e delle istituzioni spartane. Abbiamo poi Senofonte > Elleniche, in cui è coperto il periodo compreso tra 411 e 361 a.C. > racconto della storia greca secondo il punto di vista degli Spartani (Senofonte infatti, a partire dal 401 a.C., aveva vissuto da esule al loro fianco). Tra gli altri storici di età classica vanno ricordati Carone di Lampsaco (V secolo, autore di un’opera sulle magistrature spartane intitolata Pritani dei Lacedemoni) ed Eforo di Cuma (IV secolo, autore di 29 libri di Storie a partire dalla calata dei Dori fino al 346 a.C.), al quale si deve il primo tentativo di razionalizzare la tradizione sulla storia spartana > preso a modello da molti autori successivi (come Diodoro Siculo. Autore di I secolo a.C.). Riferimenti alla storia spartana anche in Platone (era filo-spartano > nipote di Crizia e allievo di Socrate), che, pur con qualche riserva (sistema troppo orientato alla guerra), vede l’ordinamento spartano come modello per le città ideali tratteggiate nella Repubblica e nelle Leggi. Al contrario, il democratico Isocrate ha una percezione negativa di Sparta, tuttavia alterna a volte, nelle sue Orazioni, giudizi altalenanti e positivi sulla città rivale per eccellenza. Aristotele, dal suo canto, non idealizza Sparta e nella Politica ne effettua un accurato esame di sistema politico e istituzioni, concludendo che entrambi sono alla base sia dell’ascesa che del declino della città. Dal IV secolo in poi marginalità di Sparta nelle fonti (prima per l’egemonia tebana, poi per l’ascesa della dinastia di Macedonia, infine per il dominio degli Antigonidi, cui seguì quello di Roma), anche se Polibio, nelle Storie, descrive i numerosi tentativi della città di ottenere l’egemonia, a discapito della Lega Achea, nel periodo tra III e II secolo a.C. Tra le fonti tarde notevole è il lavoro di Plutarco e di Pausania il Periegeta nell’ottica di un’ampia riflessione sulla grandezza passata di Sparta nell’epoca del dominio di Roma. Tra le opere di Plutarco (I-II secolo d.C.) riguardanti Sparta si segnala la Vita di Licurgo, accostato a Numa Pompilio (anche se, per le poche informazioni sul legislatore spartano, l’opera, per necessità, è strutturata come una delle tante Lakedaimonion Politeiai), mentre meno importanti risultano essere le altre Vite “spartane”, come ad esempio quelle di Lisandro/Silla, di Agesilao/Pompeo, dei re Agide e Cleomene/Tiberio e Gaio Gracco e, forse, di Leonida. Di Plutarco vi sono poi i Moralia, contenenti i Detti degli Spartani (3 sezioni: detti dei singoli individui, detti delle donne e Instituta Laconica, su istituzioni e costumi di Sparta) > forse era una sorta di “officina” di Plutarco alla base delle Vite “spartane”, oppure materiale interpolato con informazioni “esterne” ricavate da altre fonti (vista la natura “sfuggente” dell’opera).

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Venendo a Pausania (II secolo d.C.), nella Periegesi della Grecia (opera su luoghi e monumenti dell’antica Grecia) i libri III e IV sono dedicati a Laconia e Messenia > descrizione, con annessi miti, leggende e aneddoti, dei diversi monumenti delle città, ma risulta impossibile ricostruirne gli itinerari e la topografia. Ciò induce ad alcune osservazioni sulla documentazione archeologica ed epigrafica: in primo luogo, l’archeologia spartana ha conosciuto uno sviluppo tardo > veri e propri scavi solo nei primi del Novecento ad opera della British School at Athens, quindi solo scavi brevi e “di emergenza” (ad esclusione della Laconia Survey, indagine archeologica di superficie condotta negli anni ’80 da un team anglo-olandese) a causa della scarsa urbanizzazione della città > poco interessante per gli archeologi. Venendo all’epigrafia, troviamo fonti consistenti solo in età tarda > ricostruibile l’epoca romana, ma perdute le fasi più antiche (maggiormente interessanti per la storia spartana), viste anche le pochissime iscrizioni di età arcaica e classica, perlopiù di carattere pubblico > da ciò si deduce che era assente la volontà di autorappresentazione tramite epigrafi esposte su steli e monumenti. Vi è poi la scarsità di nuovi ritrovamenti > studi spartani basati perlopiù su un continuo processo di invenzione e ...


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