Storia DELL\' Estetica - riassunto libro di Nietzsche \"Il crepuscolo degli idoli\" PDF

Title Storia DELL\' Estetica - riassunto libro di Nietzsche \"Il crepuscolo degli idoli\"
Course Storia dell'estetica
Institution Università di Pisa
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riassunto libro di Nietzsche "Il crepuscolo degli idoli"...


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STORIA DELL’ESTETICA IL CREPUSCOLO DEGLI IDOLI FRIEDRICH NIETZSCHE INTRODUZIONE: In quest’opera si attaccano gli ideali, l’opera rappresenta una fisiologizzazione del pensiero di Nietzsche che ha al suo interno il concetto di décadence. La decadenza nella filosofia ( a partire da Socrate), nella religione e nella morale ( cristianesimo), nella politica (democrazia e socialismo) e nell’arte e nella letteratura. La decadenza di cui parla Nietzsche è prima di tutto una decadenza fisiologica, il carattere fisiologico è il carattere preponderante dell’opera. La decadenza dei valori, dei costumi, con l’avvento della ragione, altro non sono che conseguenze di questo stato fisiologico. IL PROBLEMA DI SOCRATE: Decadenza è, secondo Nietzsche, il ricorso costante ed esclusivo alla ragione, il rifiuto di tutto ciò che nell’uomo è istinto e vita, nella possibilità per l’uomo di dominare la realtà attraverso La Sapienza e la scienza. In questo senso Socrate sarebbe responsabile non solo di tutta la filosofia metafisica ma anche dell’atteggiamento illuministico delle scienza moderna che, per Nietzsche, ha portato al massimo degrado la civiltà occidentale. Con Socrate il gusto dei greci degenera e favore della dialettica, con ciò viene sconfitto il gusto aristocratico e con la dialettica la plebe rialza il capo, si sceglie la dialettica solo quando non si ha alcun altro mezzo. Essa può essere solo un’estrema risorsa nelle mani di chi non ha altre armi. La dialettica per Nietzsche rappresenta quasi una mancanza di rispetto nei confronti della forza, ovunque vi sia autorità, il dialettico, che porta le proprie ragioni sventolandole in pubblico, viene trattato come buffone. Socrate fu quel buffone che si fece prendere sul serio, Nietzsche era convinto che la fisionomia rivelasse l’animo delle persone, quindi un Socrate mostruosamente brutto esteriormente non poteva che ricondurre ad una bruttezza interiore. L’arma della dialettica di Socrate aveva sedotto le menti dei giovani, risvegliando l’animo competitivo di quest’ultimi, nel volersi sopraffare. Nessuno era ormai signore di se stesso, l’unica cosa che contava era la ragione. Socrate si poneva come medico, volendo riportare attraverso la ragione alla virtù la decadenza Ateniese.

Tuttavia la sua morale non fu altro che un errore che spinse del tutto verso la decadenza ed a una vita discendente. Da questo deriva il concetto di ironia Socratica, per Nietzsche l’ironia è una forma di vendetta. Socrate l’attuava perché da plebeo qual’era voleva vendicarsi dei grandi che andava affascinando. LA RAGIONE NELLA FILOSOFIA: L’errore dei filosofi è quello di crederei tributare un onore ad una cosa quando la destorcizzano, possiamo distinguere due idiosincrasie. La prima idiosincrasia è la mancanza del senso storico, l’odio verso il divenire, essi credono solo a ciò che è, ma se tutto ciò che vedono, diviene, deve esserci un’illusione. L’illusione sta nella percezione dei sensi i quali sono anche immorali oltre che ingannevoli e perciò bisognerebbe liberarsi dei sensi ingannevoli e della storia, negare tutto ciò che presta fede ai sensi. Ma Nietzsche afferma che i sensi non mentono, è solo quello che non facciamo della loro testimonianza che introduce on essi la menzogna, i sensi sono raffinati strumenti di osservazione, e solo tramite la loro testimonianza possediamo ogni scienza. La seconda idiosincrasia riguarda il scambiare l’ultima cosa con la prima, determinare i concetti sommi come “causa sui”, ponendo quindi ciò che si trova alla fine di un divenire come punto iniziale. I valori superiori sono di primo grado ( bene, vero, perfetto), tutto ciò non può essere divenuto, in questo modo si arriva all’idea di Dio. Il concetto finale viene posto come causa in sé.. Nietzsche quindi prende in considerazione il problema dell’errore, che nell’antichità veniva mostrato della prova che le cose “divenissero” e che quindi non “erano” nel senso dell’essere. Oggi il pregiudizio della ragione ci costringe a stabilire unità, identità, durata, causa, essere, necessitati dell’errore. Si arriva così a credere alla volontà come causa, all’io come essere, come sostanza e si proietta la fede nell’io come sostanza di tutte le cose. Al principio vi è l’errore che la volontà sia qualcosa di agente, che sia una facoltà, mentre essa è soltanto una parola. L’errore sta ne presupporre che questo mondo sia un mondo superiore, e non un mondo inferiore, come invece è vero. Nietzsche esonerato allora la propria visione in quattro posizioni: 1. le ragioni che definiscono questo mondo come “apparente” ne attestano la realtà. Un’altra realtà è infatti indimostrabile 2. le caratteristiche attribuite all’essere, sono in realtà quelle del nulla. Si è costruito un “mondo vero” sulla base della sua contraddizione con quello reale: è infatti un mondo apparente,

creato dell’illusione della morale. 3. il favoleggiare di un altro mondo non ha senso, a meno che noi non vogliamo vendicarci della vita, con la fantasmagoria di un’altra vita, “migliore” 4. separare il mondo in “vero” e “apparente” sia alla maniera del cristianesimo sia a quella di Kant, è solo una suggestione della decadenza, è un simbolo di essa. Che l’artista stimi l’apparenza della realtà, non è l’obiezione contro questa preposizione. L’apparenza è in verità la realtà, l’artista tragico non è pessimista, dicendo si al mondo anche quando esso è problematico e orrido, egli risulta dionisiaco. La storia dell’errore è da intendersi nel vizio dei filosofi di aver sempre doppiato il mondo, un mondo “terreno” falso, infido e senza importanza e un mondo “celeste”, il mondo dell’essenze. Questa separazione del mondo è soltanto una suggestione della decadenza, un sintomo di vita declinante. MORALE COME CONTRONATURA: Pe tutte le passioni c’è un tempo in cui esse sono solo funeste e un tempo in cui si spiritualizzano. Annientare le passioni semplicemente per la loro stupidità e per prevenire le spiacevoli conseguenze che ne deriverebbero vuol dire attaccare alla radice la vita. Il concetto di “passione spiritualizzata” non era concepibile per il cristianesimo, la chiesa primitiva combatteva gli intelligenti a favore dei poveri di spirito, essa combatte la passione con l’estirpazione di ogni senso, la sua “terapia” è il castrassimo. Attaccare le passioni alla radice significa attaccare la vita, la prassi della chiesa è ostile alla vita. La spiritualizzazione della sensualità è chiamata amore, ed è una grande vittoria nei confronti della chiesa, così come la spiritualizzazione dell’inimicizia, poiché mentre la chiesa vuole annientare i propri nemici, per gli immoralità si deve godere dell’avere dei nemici, perché si è fecondi soltanto a prezzo di essere ricchi di contrasti. Non si ricerca più la pace dell’anima come desiderio cristiano ma l’azione in ogni sua manifestazione. La morale contro natura si svolge contro gli istinti della vita, come condanna di questi ultimi, ogni naturalismo della morale, ogni morale sana, è dominata da un istinto di vita. La morale contro natura, ovvero ogni morale praticata fini ad oggi, si svolge contro gli stessi istinti della vita, è una condanna di essi. Quando parliamo di valori, parliamo sotto l’ispirazione, sotto l’ottica della

vita: la vita stessa ci costringe a stabilire dei valori. La morale sana è quella dominata da un istinto della vita, un certo imperativo della vita viene adempiuto con la regola del “tu devi” e del “ tu non devi”, un certo intralcio ed una certa ostilità sul cammino della vita vengono in tal modo tolti di mezzo. Dare un immagine fisa dell’uomo nei valori è ingenuo in quanto la realtà ci mostra una mirabile ricchezza ti tipi. Il moralista che afferma “l’uomo dovrebbe essere così” non cessa mai di rendersi ridicolo. La morale in quando condanna è in se un errore specifico, in ‘idiosincrasia di degenerati. L’occhio dell’immoralità è aperto contro tutto ciò che viene rifiutato dal delirio del prete, della sua malata ragione e tra vantaggio dalla specie ripugnante del bigotto e del prete. Nietzsche critica la morale cristiana perché fondata sulla “negazione della vita”, il cristianesimo è una religione che mantiene gli uomini nel “senso di colpa” per le azioni che, in realtà, sono espressione della vita. Il risultato della morale cristiana è l’addomesticameto totale” dell’uomo. Il prete, in particolare, è la figura che domina sui veri valori, egli reprime la vera natura umana e gli oppone modelli che sono “contro natura”. Nietzsche critica la morale cristiana perché è l’espressione di secoli di “addestramento mentale” e propone l’arrivo di un Anticristo che le ponga fine e faccia vincere un rinnovato “amor fati”. I QUATTRO GRANDI ERRORI: 1) ERRORE DELLO SCAMBIO DI CAUSA ED EFFETTO —> Non c’è un errore più pericoloso, Nietzsche lo chiama “ il caratteristico pervertimento della ragione”. Oggi è sacralizzato e porta il nome di “religione” o di “morale”, la formula universale che sta alla base di religione e morale dice “ fa questa cosa, trascura quest’altra e sarai felice”, Nietzsche ritiene che questo sia il peccato originale della ragione per lui si capovolge il paradigma morale secondo cui bisogna fare delle cose e non farne delle altre, così da essere virtuosi e raggiungere la felicità, in quanto la virtù è per Nietzsche conseguenza di una vita felice. Laddove la chiesa e la morale dicono che un popolo va in rovina a causa del vizio e del lusso, Nietzsche dice che se il popolo va in rovina degenera fisiologicamente, ne conseguono vizio e lusso. 2) ERRORE DELLA CAUSALITÀ —> Si è sempre fondata la casualità sulle verità interiori, anche se queste ultime non si sono mai dimostrate reali. Credevamo di essere noi stessi, nel nostro volere, la casualità. Le cause di un’azione si credevano ricaricabili alla coscienza e ritrovatili come “motivi”. Questo progressivamente

in 3 diversi sensi: la volontà come causa, la coscienza come causa e l’io come causa. Il mondo interiore è colmo di immagini ingannevoli e di fuochi fatui e la volontà e una di questi. 3) ERRORE DELLE CAUSE IMMAGINARIE —> Per noi non ci si può mai limitare a sentirci in questo o in quel modo, abbiamo sempre bisogno di trovare una causa, ridurre l’ignoto al conosciuto alleggerisce, appaga ed infonde un senso di potenza quindi non solo si cerca come causa una determinata specie di spiegazioni ma si scelgono quelle più abituali. Una spiegazione qualsiasi è meglio di nessuna spiegazione. l’istinto causale è condizionato e stimolato dal sentimento della paura. Cerchiamo pertanto una specie di causa che ci liberi e ci rassereni. Morale e psicologia appartengono alla psicologia dell’errore: in ogni caso si cambia la causa con l’effetto. 4) ERRORE DEL LIBERO ARBITRIO —> Il libero arbitrio è solo il peggior trucco del teologi che mira a responsabilizzare l’umanità e assoggettarla a sé. Le responsabilità vengono cercate da chi vuole punire e giudicare, si spoglia il divenire della sua innocenza e si riconduce un qualsiasi essere fatto in modo alle volontà. Per l’immoralista il teologo è il peggior nemico, in quanto con il concetto dell’ordine etico del mondo, continua ad appestare l’innocenza del divenire, per messo di pena e colpa. Gli immoralisti vogliono togliere dal mondo il concetto di colpa e di pena. Nessuno da all’uomo le sue proprie caratteristiche. La fatalità della sua natura non può essere districata dalla fatalità di tutto ciò che fu e che sarà. Siamo stati noi ad inventare il concetto di scopo, non esiste nella realtà. QUELLI CHE MIGLIORANO L’UMANITÀ: Nietzsche esige dai filosofi che si pongano al di la del bene e del male, poiché non esistono per nulla fatti morali, essa è solo una falsa interpretazione di determinati fenomeni. Il giudizio morale non va mai preso alla lettera in quanto tale esso richiede sempre un controsenso. In tutti i tempi si è voluto migliorare gli uomini, questo “miglioramento” rende l’uomo malato, maldisposto verso se stesso, colmo d’odio verso gli impulsi vitali. Nella lotta contro la bestia renderla malata è l’unico modo per infiacchirla, questo processo è detto addomesticamento. Altro caso è la morale dell’allevamento, il più grande esempio è dato dalla morale indiana, consacrata in religione come “legge Manu”, stabilisce che bisogna allevare quattro razze:

1. una sacerdotale 2. una guerriera 3. una di mercanti e contadini 4. una di servi Anche qui l’unico mezzo è rendere l’uomo innocuo e indebolito. La morale dell’addomesticameto e quella dell’allevamento sono degne l’una dell’altra nei mezzi con cui si imposero: per fare della morale si deve avere l’assoluta volontà del contrario. Ma tutti i mezzi con cui l’umanità sino ad oggi ha dovuto essere resa morale, sono stati fondamentalmente immorali. SCORRIBANDE DI UN INNATUALE: Perché vi si arte è necessaria una cosa fondamentale: l’agrezza, essa si presenta in primis come ebrezza sessuale, al pari vi è l’ebrezza per tutte le grandi brame. L’essenziale è nell’ebrezza il senso dell’aumento della forza e della pienezza, in questo modo si fanno partecipi le cose, le si costringono a dipendere da noi. Questo processo si chiama idealizzare, il punto focale sta nel poter proiettare fuori i tratti principali così da far sparire gli altri. L’uomo in quanto stato trasforma le cose fino a che esse rispecchino la sua potenza, questo trasforma ciò che è perfetto in arte, nell’arte l’uomo gode se stesso come perfezione. I concetti di apollineo e dionisiaco vanno entrambi intesi come specie dell’ebrezza: • ebrezza apollinea —> eccita l’occhio così che acquisti la forza della visione • ebrezza dionisiaca —> in questo stato l’intero sistema degli affetti è eccitato e potenziato in modo che questo scarichi in una volta tutti i suoi mezzi espressivi e proietti fuori la forza del rappresentare ogni specie di mimica e di arte da commedianti. L’essenziale sta nella facilità della metamorfosi, nell’incapacità di non reagire. L’uomo dionisiaco possiede nel massimo grado l’istinto del comprendere e dell’indovinare, l’arte della continuazione. Si trasforma costantemente. Nasce un sentimento anti- Darwin perché per quanto riguarda la lotta per la vita Nietzsche sostiene che essa è più asserita che provata, si verifica ma come eccezione. Le specie non crescono in perfezione: i deboli tornano sempre a soverchiare i forti, essi hanno spirito mentre i forti se ne sbarazzano. Per spirito s’intende la tutela, la pazienza, l’astuzia, la simulazione.

Gli uomini più spirituali, i più coraggiosi, vivono in maggior misura le più dolorose tragedie: ma essi onorano la vita proprio perché essa oppone loro la sua grandissima inimicizia. L’uomo si rispecchia nelle cose, considera bello tutto ciò che rimanda alla sua immagine, nulla però che l’uomo valga come modello di bellezza. Il senso di potenza, di volontà, di coraggio, cadono con il brutto e si elevano con il bello, il brutto viene compreso come un accenno e un sintomo delle degenerazione. Schopenhauer è l’ultimo tedesco da prendersi in considerazione, egli è l’erede dell’interpretazione cristiana, solo che egli seppe approvare ancora in senso nichilistico quello che il cristianesimo aveva ripudiato: i grandi fatti culturali dell’umanità. Per Schopenhauer lo scopo dell’arte è quello di inclinare alla rassegnazione, questa è la grande utilità della tragedia. Per Nietzsche invece l’artista partecipa in una condizione impavida dinnanzi allo spaventoso ed al problematico. La innovazione che opera Nietzsche è questa: il nostro addolcimento dei costumi è un corollario della decadenza, la durezza e la terribilità dei costumi è un sintomo della sovrabbondanza di vita. Le età forti e le culture aristocratiche vedono nella compassione, nell’amore del prossimo, nella mancanza di personalità e di consapevolezza di sé, qualcosa di sgradevole. L’uguaglianza è intrinseca alla decadenza: il baratro tra uomo e uomo, tra classe e classe, la molteplicità dei tipi, la volontà di essere sé stessi, di spiccare sugli altri sono ciò che è proprio di ogni età forte. Il valore di una cosa sta in ciò che si paga per essa, in quel che essa ci causa. Cos’è la libertà? É avere la volontà di essere autoresponsabili, diventare indifferenti agli senti, alle avversità. La libertà deve essere qualcosa che si ha e non si ha, qualcosa che si vuole, che si conquista. Nietzsche parla di ritorno alla natura inteso come andare in alto, verso l’eccelsa, libera e tremenda natura e naturalità che gioca e può giocare con i grandi compiti. QUELLO CHE DEVO AGLI ANTICHI: Nietzsche conclude parlando del mondo antico, non si impara dai greci perché la loro maniera è troppo estranea. C’è solo un piccolo numero di libri antiche che contano nella sua vita e i

più celebri non sono tra questi, il suo stile ambisce ad essere romano, esso è per lui nobile par excellence. Nietzsche critica Platone, lui sconvolge tutte le forme dello stile, è uno dei primi decadenti, è noioso. Egli è anticipatamente cristiano, con il concetto del “bene” come supremo, Nietzsche definisce la sua filosofia come “alto ciarlatenismo” o idealismo. La terapia di Nietzsche contro il platonismo fu Tucidide ed il Principe di Machiavelli, essi hanno la volontà di non crearsi delle mistificazioni della realtà e di vedere la ragione nella realtà. Contro la tendenza ad abbellire i greci ed a idealizzarli, Nietzsche, pone come cura Tucidide, secondo lui è uno dei pensatori più ricchi di pensieri segreti, in lui la cultura dei sofisti ( ossia dei realisti) giunge alla sua compiuta espressione. La filosofia greca come decadenza, Tucidide come il grande compendio. Il coraggio nei confronti della realtà distinte Tucidide a Platone. Platone è un codardo, si rifugia nell’ideale; Tucidide ha il dominio di sé, di conseguenza tiene sotto il suo dominio anche le cose. Nietzsche è inoltre il primo a comprendere l’antico istinto ellenico, ricco e straripante. Osserva questo fenomeno chiamatile con il nome di Dionisio e ritiene sia spiegabile solo sulla base di eccesso di forza. Con i misteri di Dionisio i greci si garantivano la vita eterna. La vita vera come sopravvivenza collettiva attraverso la procreazione. Nelle feste dionisiache è religiosamente sentito il più profondo istinto vitale, quello dell’avvenire della vita, dell’eternità della vita. Soltanto il cristianesimo fondato sul risentimento contro la vita ha fatto della sessualità qualcosa di impuro: ha gettato fango sul presupposto della vita. Il sentimento tragico, frainteso da Aristotele e dai pessimisti, diceva si alla vita persino nei suoi problemi più oscuri e gravi. La volontà di vivere che si allieta nel sacrificio della propria inesauribilità. Tutto questo è dionisiaco, tutto questo è tragico. Essere noi stessi oltre il terrore e la compassione. PARLA IL MARTELO: Immaginando il dialogo tra diamante e carbone, Nietzsche intende sottolineare che, anche se essi sono fatti dello steso elemento, sono del tutto dissimili. Mentre i deboli essi del carbone chiedono al diamante perché non è molle, perché non è come loro, il diamante rivolge la domanda contro di loro, chiedendogli perché essi non sono duri. Nietzsche si riferisce agli uomini deboli che, al posto di cercare di essere

forti, trovano l’errore nella stessa forza. Come proprio dei decadenti e della morale cristiana, essi rinnegano il diamante come simbolo di durezza. Il diamante, l’uomo forte, continua dicendo che essi non potranno mai vincere finché non saranno duri, perché solo coloro che hanno la forza vincono. Solo la forza crea davvero, poiché solo le cose più forti, più dure, sono le più nobili. Egli sorte quindi i fratelli deboli a diventare forti....


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