Verismo in musica - Drammaturgia musicale PDF

Title Verismo in musica - Drammaturgia musicale
Author Francesco Izzo
Course Storia della musica
Institution Università degli Studi di Napoli Federico II
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Verismo in musica - Drammaturgia musicale...


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Il Verismo musicale italiano L’identificazione del termine verismo nell’ambito della storia della musica non è affatto scontata, anzi risulta piuttosto problematica. Ciò è dovuto alla complessità che la categoria del vero rivela quando si vuole giustificarne il concetto relativamente all’opera in musica, vale a dire quanto si tentano di individuare le modalità drammaturgico-musicali attraverso cui essa è stata resa in molteplici melodrammi italiani di fine ‘800 e oltre. La difficoltà deriva anche dall’inappropriato atteggiamento incoerente adottato dai critici del tempo che si sono occupati di questo argomento. La musicologia ha manifestato un forte interesse nei confronti del verismo musicale, con numerosi saggi e interpretazioni di studiosi, ma nonostante ciò non si è mai andati oltre la singola opera o produzione dei vari componenti della “giovane scuola”. Pochi sono stati i tentativi di giungere ad una risposta definitiva sul quesito generale di cosa sia il “verismo in musica”. Egon Voss: Studioso, musicologo tedesco, sostiene la tesi dell’inesistenza di un verismo di tipo musicale. Probabilmente l’approccio da critico musicale esclude considerazioni importanti dalla prospettiva letteraria e quindi non si può arrivare ad una conclusione “definitiva” che ci permetta di elaborare una definizione completa del verismo musicale. Lo studio in un certo senso dovrebbe compensare entrambe le prospettive: letteraria e musicale. Con il dramma si registra il passaggio da una dinamica drammaturgica fondata su “affetti astratti”, un’evoluzione che si spiega con il mutamento del genere letterario al teatrale e con la conseguente volontà di Verga di appagare l’aspettativa di un pubblico attratto dalla messinscena di un triangolo amoroso più che dal tema veristico economico (come nel genere letterario). L’introduzione delle classi sociali più basse nel dramma rappresentava il tentativo della borghesia di sfuggire a quel processo di autorappresentazione che la critica del ‘700 aveva permesso a questa classe di ereditare il genere drammatico dall’aristocrazia. Ci si rivolse quindi ad un presente estraneo che permetteva di rinvenire elementi arcaici nelle sfere inferiori della società contemporanea. Il verismo musicale fu una questione di tipologia di soggetti musicati, come “Cavalleria rusticana” che venne da subito classificata come opera verista grazie ai suoi soggetti. L’opera di Mascagni è definita (dal critico Amintore Galli) la prima opera verista italiana, per aver introdotto il soggetto verghiano all’interno di un’opera in musica. Il primo tratto distintivo di un’opera verista divenne quindi il “soggetto”, la tematica precisa di una tragedia verista descriveva una realtà socialmente bassa e di ambientazione coeva. Una delle ragioni che ci aiutano a capire l’affermazione di questa tipologia di soggetti fu la diffusione in Italia di “Carmen” 1875. L’opera si diffuse in Italia a partire dal 1880, il capolavoro di Bizet venne acquistata (i diritti) da Sonzogno che ottenne i diritti di esecuzione e ottenne un discreto successo di pubblico. La Carmen venne etichettata verista per via del soggetto. Un’opera è verista se verista è il suo soggetto che suscita emozioni vere, reali e realizzabili in una dimensione sociale bassa. L’uomo del melodramma è trasformato nel’uomo della vita reale. Il color locale: Necessario per comprendere il verismo è la comprensione del “color locale”, che ci consente di definire il verismo anche da una prospettiva musicale. Non esiste un’opera in generale che racchiuda in sé tutti i tratti caratteristici tecnici e compositivi del verismo: -

La prosa musicale che rinnega le forme chiuse e la regolarità sintattica del periodare melodico La vocalità che tende alla stilizzazione della parola parlata L’urlo o il parlato nei momenti di massima tensione drammatica L’utilizzo della musica di scena in tutte le circostanze in cui si farebbe uso di musica anche nella realtà Il discorso orchestrale che commenta dall’interno l’azione drammatica grazie all’impiego di temi di origine vocale

Secondo Amintore Galli, critico d’arte del tempo, La Carmen è stata probabilmente l’opera che ha introdotto il verismo: un connubio tra realismo e idealismo. L’elemento idealistico era il dramma universale dell’amore di Don Josè per Carmen, quello realistico risiedeva nei ritmi spagnoli, bolero, o canzoni di toreri, cioè (per il critico), la parte decorativa basata su ritmi e canzoni o musiche tipiche dell’ambiente. Per questo motivo, Cavalleria Rusticana viene ritenuta per aspetti tecnici e stilistici “simile” a La Carmen, come tratto distintivo le citazioni di forme popolari costituirono una novità evidente sul piano musicale, grazie all’impiego di canzoni e stornelli ci fu un tratto identificativo del verismo musicale. Mala Vita invece, venne definita, anche se aspramente criticata, l’opera verista di migliore espressione del verismo musicale, in quanto più rigorosa sia nel libretto grazie a un soggetto tipicamente napoletano, sia musicalmente nella partitura, ricreando il folclore musicale napoletano. (fino a pag. 30 ci sono varie analisi) Lo studio è cominciato a partire dal 1890, anno in cui viene rappresentato Cavalleria Rusticana. Per dare un senso agli studi in base alle opere che si avevano a disposizione, come punto di partenza dell’indagine. L’opera verista così inizia in Italia il suo regno, secondo Galli, che fu il primo ad accostare l’opera di Bizet a quella di Mascagni, usando espressioni come: colorito locale, drammaticamente vero, natura veristica del soggetto (La Carmen). L’opera di Bizet segna quindi un progresso nel campo dell’opera in musica, è un’opera decisiva per la nascita del verismo musicale; opera naturalistica che avrebbe dovuto ispirare gli altri compositori che andavano alla continua ricerca degli effetti scenografici, evitando la semplicità. Il segreto risiede nel connubio tra realismo e idealismo, e questi tratti sono rintracciabili nelle scene in cui si propongono i tipici ritmi spagnoli. In quanto sono essenziali per trasportare lo spettatore verso il luogo dell’ambientazione dell’opera che si racconta. Amintore Galli fu il primo critico ad introdurre il termine e il concetto di verismo all’interno della critica musicale. Il verismo fu una reazione alle mode ed ai convenzionalismi coevi. Venne stabilita quindi l’innovazione stilistica della musica in scena come ma Biaggi, un altro critico non era d’accordo, infatti considerava la musica un elemento che non aveva niente a che fare con il vero. Mala vita venne reputato un’opera volgare e plebea. La volgarità dei soggetti non era ben vista, e si sosteneva che il vero non era ammissibile nell’opera in musica. La giovane scuola italiana Un gruppo di compositori autori di melodrammi veristi. Si fa riferimento ad un periodo che parte dal 1892, che vide protagonista la scuderia Sonzogno. Secondo “il Teatro illustrato”, la giovane scuola italiana sono tutti gli autori o compositori che hanno continuato la tradizione nazionale in quanto autori di una musica italianamente intesa e sentita. L’italianità consisteva nella fusione dell’armonia con la melodia, nel far si che l’orchestra segua il dramma, che intoni gli ambienti, caratterizzi i personaggi. La giovane scuola italiana nacque seguendo il modello della scuola francese. ANALISI DELLE OPERE L’analisi delle opere del periodo verista ha come obiettivo principale quello di trovare degli elementi comuni che non è legato soltanto al periodo di realizzazione, ma ai tratti stilistici, elementi drammatici, sia del recitativo che della musica. L’indagine è stata fatta su un periodo storico che va dal 1980 al 1896 (principalmente), individuato come periodo principale del verismo musicale italiano, analizzando le opere dei compositori della giovane scuola italiana (1890-1892). Appartengono a questo studio anche opere come: L’amico Fritz di Mascagni (1891), il birichino di Mugnone (1892). Attraverso la comparazione di queste opere si è potuto analizzare nel dettaglio le caratteristiche di Cavalleria rusticana. Lo stesso è avvenuto analizzando Conchita di Zandonai (1911), e il Tabarro di Puccini (1918) al fine di decifrare i termini dell’evoluzione dell’opera verista dal suo stadio iniziale a quello finale.

CAVALLERIA RUSTICANA Genere: opera lirica Musica: Pietro Mascagni Libretto: Giovanni Targioni-Tozzetti, Guido Menasci, (Libretto online) Fonti letterarie: dalla novella omonima di Giovanni Verga At: uno Prima rappr.: 17 maggio 1890 Teatro: Teatro Costanzi, Roma Personaggi: Santuzza, giovane contadina (soprano) Turiddu, giovane contadino (tenore) Lucia, madre di Turiddu (contralto) Alfio, carrettiere (baritono) Lola, moglie di Alfio (mezzosoprano) TRAMA: A Vizzini, un mattino di Pasqua, il giovane Turiddu, prima di partire per il servizio militare, giura il suo amore a Lola, che dopo un anno si sposa con Alfio, il carrettiere del paese. Così egli, ritornato dalla leva, corteggia Santuzza, che poi trascura per sorvegliare l'abitazione di Alfio, che è andato al lavoro, nella speranza d'incontrare Lola. Però Santuzza, preoccupata da ciò, cerca Lucia, la madre di Turiddu, e le racconta tutto. All'arrivo di Turiddu tra i due giovani scoppia una lite, che al passare di Lola finisce perché Turiddu la segue, mentre si avvia in chiesa. Santuzza, offesa, decide di vendicarsi dicendo ad Alfio, di ritorno dal lavoro, che Lola l'ha tradito. Finita la messa, Turiddu offre da bere agli amici all'osteria della madre. Offre un bicchiere anche ad Alfio, il quale lo rifiuta, e gli morde l'orecchio, sfidandolo a duello. Prima di recarsi alla sfida mortale, Turiddu saluta la madre Lucia e le chiede di avere cura di Santuzza. Il duello finisce con le grida di una popolana che annuncia la morte di Turiddu. La difficoltà sullo studio del verismo è stata quella di individuare una procedura analitica funzionale che non semplicemente si è riuscita a trovare a causa dell’incoerenza stilistica di questo movimento. Le analisi delle opere cercano di trovare dei connotati comuni per definire lo stile verista. 1. In Cavalleria rusticana la messinscena di un SOGGETTO tragico di ambientazione socialmente bassa è un elemento caratteristico verista, di contro nega l’accentuazione del vero a vantaggio del bello nella misucra in cui il meccanismo drammaturgico si poggia su affetti genericamente umani. Drammaturgicamente parlando anche se regredisce a livello stilistico, ha come punto solido la concretezza storico-sociale della vicenda, come narrata nella novella, che si definisce in un immagine esotica e folclorica, veicolata dal melodramma di una Sicilia popolata da primitivi in preda a passioni rozze ed esasperate. Musica e dramma in quest’opera verista procedono in modo molto collaborativo e di pari passo: il canto che sfocia nel parlato o nell’urlo nei momenti di tensione massima, la melodia che a tratti sembra riprodurre il linguaggio verbale, il commento dell’orchestra all’azione con temi di origini vocali, e la musica in scena. Una

vera e propria affinità stilistica tra la tecnica narrativa dello scrittore e quello drammaturgico-musicale del compositore, il che potrebbe conferire a CR un’etichetta di verismo ancora di più consolidata da un punto di vista musicale, al di là delle questione librettistiche. 1.1 La scelta di Verga di precise tematiche è legata soprattutto a questioni di tipo narrativo e di linguaggio, il suo obiettivo era quello di fornire una prospettiva quanto più realista possibile, ma pur sempre bella. La continua ricerca del vero in termini poetici si percepisce nell’impersonalità dell’autore che parla attraverso la lingua dei personaggi protagonisti, in questo modo Verga divenne un narratore interno alla scena, e in alcuni unti la sua voce viene percepita attraverso lampi di discorsi in stile indiretto-libero. La raffigurazione oggettiva della realtà insieme al dialogo raccontato e al racconto dialogato fa sì che la voce del narratore si confonda in modo positivo con quella dei suoi personaggi. Nell’opera di Mascagni è l’ORCHESTRA ad avere un ruolo narrativo, quindi l’impiego in versione orchestrale di motivi vocali intonati in momenti del melodramma precedenti a quelli della loro enunciazione sinfonica corrisponde al momento in cui la voce del compositore si confonde con quella dei personaggi in modo da far sviluppare il dramma autonomamente. La ripresa di temi vocali è un’esigenza espressiva e costituisce uno dei momenti centrali dell’azione. In Cavalleria Rusticana la raffigurazione dei sentimenti che animano i personaggi viene realizzato attraverso l’impiego orchestrale privo di elaborazione sinfonica, cioè che la ricorrenza dei motivi non origina alcun sistema tematico articolato, come accade per la tecnica del leitmotiv (motivi che si ripetono sistematicamente). Analogamente come accade per Verga, anche gli interventi di Mascagni sono definiti come commento interno, affidati ad un linguaggio che non appartiene al compositore-intellettuale ma al compositore che regredisce tra i suoi personaggi e usa l’orchestra per comunicare con i motivi canori. 1.2 L’impiego di musica in scena nella forma di pezzi chiusi che citano brani popolari è un criterio realistico. Mascagni durante la fase di stesura del libretto chiese espressamente di aggiungere dei pezzi lirici in modo da poter comporre un po’ di musica. La difficoltà di inscenare un dramma verista consisteva nell’adattare la struttura tradizionale dell’opera senza tralasciare i suoni contemporanei. Con Verga l’attenzione si sposta verso un’impostazione policentrica: individuo e ambiente s’intrecciano e si fondono nella misura in cui la situazione ambientale interferisce come fattore vincolante con la vicenda principale, inserendola all’interno di un circuito di relazioni, questo cambiamento di prospettiva drammaturgica (viene approfondito il rapporto tra individuo e ambiente, soprattutto in relazione del cambio di ambientazione sociale che il dramma stava subendo) portò Verga ad intervenire sulla funzione del coro dei personaggi non protagonisti, strumento principale dell’impostazione centrifuga finalizzata al decentramento dell’attenzione dello spettatore dalla storia di Santuzza e Turiddu, rappresentano sicuramente anche elementi di “color locale” ma sono utili a far assimilare la vicenda dei protagonisti attraverso la loro funzione di “interferenza”. Verga dovette cedere per esigenze e convenzioni teatrali e del pubblico alla sostituzione della motivazione strettamente passionale con quella economica che viene posta alla base della struttura drammaturgica della novella, mentre gli interventi dei librettisti, cioè l’aggiunta di pezzi lirici richiesti da Mascagni, riguardarono le scene collocate agli estremi del nucleo centrale. Erano i punti che necessitavano di manipolazioni per far sì che il melodramma si adattasse al meccanismo operistico con l’alternanza di parti recitative e ariose. Le arie non risultano essere mai statiche, si alternano con le parti recitate e cinetiche e si configurano come citazioni di forme popolari che ricoprono un ruolo drammaturgico attivo, come nella poetica di Verga. Il CORO viene stilizzato ma è pur sempre un canto contadino e svolge la funzione di interferenza durante i momenti salienti dei protagonisti. 1.3

Da un punto di vista della costruzione delle parti cantate Mascagni riuscì a rimanere ancorato alla tradizione alterando ai momenti di recitativo sezioni dalla cantabilità ariosa, e si proiettò verso una modernità rendendo musicalmente le tendenze realistiche del libretto. Già dall’inizio dell’opera in cui c’è la scena del duetto tra Santuzza e Lucia si percepisce un distacco dalla solita forma duettale, infatti il dialogo tra le due è spesso interrotto da interventi di altri personaggi, alternando quindi sezioni cinetiche e statiche, momenti dinamici e statici, con pezzi chiusi interpretati da altri personaggi completamente distanti dalla vicenda principale. Una forma molto originale che segnò un grande distacco con le altre opere precedenti, anche se restò uno schema e un caso isolato che difficilmente ritroveremo in altri punti della corrente verista. Probabilmente fu frutto anche dell’inesperienza del librettista TOZZETTI, alla sua prima da libr., e soprattutto per via dei tempi strettissimi di composizione del melodramma, e poi la collaborazione tra compositore e poeta avvenuta tramite corrispondenza, con pochissime indicazioni da parte di Mascagni nei confronti del librettista. Il contenuto drammatico da un punto di vista librettistico è fedelmente rispettato, spesso ci sono versi identici e riportati uguali della prosa di Verga. Mascagni ha ritagliato una “solita forma” per i duetti mentre il libretto evidenzia che egli non fu guidato da particolari esigenze formali: dove il libretto “consentiva” una modifica formale essa veniva fatta; l’unica aggiunta fu quella di qualche pezzo lirico e l’unico elemento verista è l’utilizzo di forme popolari, creando il bilanciamento tra la forma chiusa e lo scoppio dell’aria con il suo esplodere naturalistico degli affetti nei momenti di catastrofe. L’uccisione di Turiddu che avviene praticamente dietro le quinte e viene annunciato dal grido di disperazione di Santuzza e Lucia, non è per negare il privilegio dell’aria finale, Turiddu esce di scena con l’addio alla madre che è una riproduzione fedele del dramma e prepara la scena alla PERORAZIONE ORCHESTRALE, che diventa un elemento caratteristico verista, un vero e proprio commento da parte dell’orchestra che ci trasferisce emozioni e sensazioni di un concetto attraverso la musica. La relazione tra parola e musica in CR risulta essere dominata dalla parola, la musica segue la scia creata dai recitativi; la componente musicale esprime liberamente quella verbale (altro tratto verista). Il linguaggio armonico-tonale, l’alterazione degli equilibri armonici e tonali, gli accordi dissonanti, settime diminuite, passaggio da toni maggiori a minori e viceversa. Sono tutti elementi tipici che vanno di pari passo con i diverbi dei personaggi e i loro contrasti dialogici.

MALA VITA Genere: opera lirica Musica: Umberto Giordano Libretto: Nicola Daspuro Fonti letterarie: Malavita di Salvatore Di Giacomo e Goffredo Cognetti At: 3 Prima rappr.: 21 febbraio 1892 Teatro: Roma, Teatro Argentina Personaggi: Vito Amante (tenore) Annetiello (baritono) Cristina (soprano) Amalia, moglie di Annetiello (mezzosoprano) Marco, barbiere (baritono) Nunzia, pettinatrice (mezzosoprano) Popolani e popolane, garzoni, tintori, ragazzi. TRAMA: Nell'anno 1810, a Napoli poco prima delle feste di Piedigrotta. Atto I: Il tintore Vito, amante di Amalia, donna sposata (con Annetiello), è tisico. Per la paura di morire fa voto al Crocifisso di sposare la prima prostituta che incontrerà per redimerla. Dinanzi alla fontana incontra la prostituta Cristina, che gli aveva gettato una rosa dalla finestra del postribolo dove vive. Le propone di sposarlo. Ella accetta, ma Amalia non è disposta a perdere l'amante. Atto II: All'abitazione di Amalia entra Cristina. Amalia le implora di rompere il rapporto con Vito, senza il quale non sa più vivere. Quando Cristina la rifiuta, spiegandole che Vito rappresenta la sua unica speranza per la salvezza, Amalia la minaccia. Cristina esce e poi Vito entra. In un duetto, Amalia seduce Vito, e si baciano mentre Cristina guarda da fuori. Atto III: Cominciano le feste di Piedigrotta con una canzone corale (Ce sta, ce sta un mutto ca dice accussì:, attribuita nel libretto allo stesso Salvatore Di Giacomo). Cristina, disperata, tenta di convincere Vito a mantenere la propria parola e sposarla. Egli risponde che non può resistere ad Amalia, e la lascia. Cristina prega il Signore, rendendosi conto che dovrà tornare al postribolo mentre fuori si cantano le canzoni per feste di Piedigrotta.

2 L’opera di Umberto Giordano non gode di pareri positivi per quanto riguarda la critica del tempo, a causa della “volgarità” di una “bassa” vicenda ambientata tra prostitute, ubriaconi e adulteri di un quartiere napoletano degradato, e per motivi tecnici, in particolare per l’utilizzo di un linguaggio musicale considerato negativo a causa dell’utilizzo di “” (Lenta e composta melodia, per lo più ispirata a motivi liturgici) e sconnesse successioni armoniche. Il verismo di Mala Vita si manifesta su due livelli, individuale del trattamento affettivo dei p...


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