Virgilio biografia e opere PDF

Title Virgilio biografia e opere
Course Letteratura italiana
Institution Università degli Studi Gabriele d'Annunzio - Chieti e Pescara
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biografia dell'autore e analisi di tutte le sue opere...


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VIRGILIO BIO E OPERE: 1. Vita Publio Virgilio Marone nacque presso Mantova, nel 70 a.C. Studiò grammatica, retorica e filosofia. Dopo la battaglia di Filippi, L’avvenimento segnò l'animo del poeta, che espresse il suo dolore nelle bucoliche I e IX. Nel 38 a.C. entrò nel circolo di Mecenate. Nel 19 a.C. si recò in Grecia per ultimare l'Eneide ed intraprendere studi filosofici, ma si ammalò e morì nello stesso anno. Fu sepolto a Napoli. 2. Opere Le Bucoliche Le dieci bucoliche (dette ecloghe, componimenti scelti) costituiscono la prima opera che può essere attribuita con certezza a Virgilio. Furono composte tra il 42 e il 39 a.C., in esametri.  Bucoliche deriva dal greco (pastore), dunque significa canti di pastori. Esse riprendono quel genere letterario di argomento pastorale iniziato dal poeta greco Teocrito. La contestualizzazione dell'opera è quella di una realtà profondamente drammatica, quella dell'Italia del I secolo a.C., scossa dalla guerra civile. Virgilio aveva assistito da piccolo alla congiura di Catilina, quindi all'ascesa di Giulio Cesare, alla guerra tra costui e Pompeo, al suo assassinio nel 44 a.C. ed infine agli scontri tra i cesariani e pompeiani. Mentre Virgilio scriveva la sua opera, Ottaviano aveva trionfato a Filippi. Tornato a Roma, Ottaviano aveva espropriato i suoi contadini delle loro terre, per ridistribuirle tra i veterani come ricompensa per i servigi da loro resi. L'esproprio delle terre fu per Virgilio un'esperienza drammatica. I temi principali sviluppati nelle Bucoliche possono essere suddivisi in tre categorie: il paesaggio arcadico, il rimpianto del "mondo perduto" e il ritorno alle origini. Il paesaggio appare infatti come un luogo idillico e ideale, in apparente contrasto con la realtà, a sottolineare i valori epicurei tra cui l'atarassia, l'assenza di turbamento che viene ad identificarsi quindi con l'apollinea campagna

Il linguaggio delle Bucoliche è elegante, denso di echi e suggestioni, con il gusto delle raffinatezze formali tipico dell’alessandrinismo.

Le Georgiche Nelle Georgiche domina la vita dei campi, luogo di duro lavoro. Le Georgiche, il poema dell'agricoltura, sono in quattro libri di esametri, e furono composte a Napoli tra il 37 e il 30 a.C. Esse erano in sintonia con la politica di restaurazione morale e di ritorno alla terra portata avanti da Ottaviano. L'esaltazione della campagna qui si pone come vero valore morale. I libro: si apre con la dedica a Mecenate, l'invocazione alle divinità agresti e ad Ottaviano divinizzato. Parla del lavoro dei campi e delle condizioni atmosferiche. Si conclude con la speranza che Ottaviano possa salvare il mondo dalla guerra civile.

II libro: Invocazione a Bacco e descrizione della coltivazione delle piante: le varietà, i metodi. I toni sono festosi. Particolare attenzione hanno la vite, la cui coltivazione si rivela complessa e richiede perizia, e l'olivo, pianta longeva e di semplice coltura. Lodi all'Italia, in quanto terra fertile e ricca di eroi, e alla primavera III libro: parla dell'allevamento del bestiame, e delle frenesie d'amore ed epidemie che non risparmiano nemmeno gli animali. IV libro: parla dell'esemplare organizzazione delle api, e vi è una parentesi sui giardini. Vi è raccontata poi la favola di Aristeo, il pastore che aveva chiesto al dio marino Proteo il motivo della morte delle sue api. Proteo gli aveva rivelato che ciò era una punizione, poiché Aristeo aveva causato la morte di Euridice, l'amata di Orfeo. Aristeo avrà un nuovo sciame della bugonia, la nascita di api nei corpi putrefatti dei buoi. L'autore mostra le api riprendendo la metafora sociale di Cicerone: esse hanno un'organizzazione comunitaria, caratterizzata dalla fedeltà alla casa e alle leggi, dalla condivisione delle risorse e dalla dedizione al lavoro, in una tipica visione stoica della società. Le api, inoltre, sono disposte anche al sacrificio personale per il bene comune e mantengono l'assoluta dedizione al capo: tutti elementi del più puro idealismo augusteo. Con le Georgiche, Virgilio abbandonò la dolcezza consolatoria della natura presente nelle Bucoliche per trasformare la natura in cultura, grazie al lavoro dell'uomo.

Anche qui, come nelle Bucoliche, non troviamo componimenti sciolti ma un vero e proprio poema. I quattro libri che lo compongono possiedono una chiara autonomia tematica, ma sono collegati da un piano complessivo e da sottili riferimenti interni: il primo e il terzo terminano in modo pessimistico, il secondo e il quarto in modo ottimistico. I primi due libri parlano di una natura inanimata (cioè campi e alberi), mentre gli ultimi due si riferiscono ad una natura viva (il bestiame e le api). Virgilio, in alcuni punti, sembra rifarsi a Lucrezio, il poeta latino autore del poema didascalico De Rerum Natura, anche se non condivide pienamente la sua visione della natura.

Appendix Vergiliana L’Appendix vergiliana è una raccolta di poemetti tramandati sotto il nome di Virgilio. Si è discusso a lungo sulla sua autenticità, e secondo alcuni studiosi si tratta di opere giovanili del poeta. ENEIDE L'Eneide (in latino: Aeneis) è un poema epico della cultura latina scritto dal poeta Publio Virgilio Marone tra il 29 a.C. e il 19 a.C. Narra la leggendaria storia dell'eroe troiano Enea (figlio di Anchise e della dea Venere) che riuscì a fuggire dopo la caduta della città di Troia, e che viaggiò per il Mediterraneo fino ad approdare nel Lazio, diventando il progenitore del popolo romano.

Enea è una figura già presente nelle leggende e nella mitologia greca e romana, e compare spesso anche nell'Iliade; Virgilio mise insieme i singoli e sparsi racconti dei viaggi di Enea, la sua vaga associazione con la fondazione di Roma e soprattutto un personaggio dalle caratteristiche non ben definite tranne una grande devozione (pietas in latino), e ne trasse un avvincente e convincente "mito della fondazione", oltre a un'epica nazionale che allo stesso tempo legava Roma ai miti omerici, glorificava i valori romani tradizionali e legittimava la dinastia giulio-claudia come discendente dei fondatori comuni, eroi e dei, di Roma e Troia.

Gli dei presenti nel poema sono:

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Venere, dea madre di Enea che nel racconto figura come sua protettrice e anche come colei che fa sbocciare l'amore tra il capo troiano e Didone Giunone, divinità protettrice di Cartagine e avversa da sempre ai troiani e quindi anche a Enea Giove, garante del Volere e del Fato: è, in questo poema, più che un dio, un'entità astratta assai imparziale che rappresenta l'equilibrio gli altri dei dell'Olimpo (Apollo, Diana, Mercurio, Cupido, Iride, Vulcano, Pallade), la ninfa Opi e divinità minori come le Dire, che sono strumenti per attuare il volere maggiore gli dei marini, Nettuno e Anfitrite col loro corteo di tritoni e nereidi

Inoltre appare Eolo, presentato come il re dei venti, secondo la versione prevalente (e non una divinità vera e propria, come invece in qualche altro testo classico). Il personaggio principale è il principe troiano Enea, eroe pius ossia devoto e rispettoso della religione e dunque uomo caro alla maggior parte degli dei. Enea è un guerriero valoroso e un capo maturo e responsabile. Si sottomette completamente al volere degli dei, si prende cura della famiglia (la sposa, il figlio, il vecchio padre) e dei suoi soldati, è leale e risoluto, ma ha momenti di debolezza, incertezza e dubbio. Per il resto, Enea incarna le virtù dei grandi personaggi romani: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.

Onestà Coraggio Lealtà Giustizia Clemenza Pietas, ovvero devozione verso gli dei e rispetto verso gli uomini Pazienza Alto senso civico ed esaltazione dei valori di cittadino romano (quelli che Augusto stava cercando di ripristinare)

Il poema è stato composto in un periodo in cui a Roma stavano avvenendo grandi cambiamenti politici e sociali: la Repubblica era caduta, la guerra civile aveva squassato la società e l'inaspettato ritorno ad un periodo di pace e prosperità, dopo parecchi anni durante i quali aveva regnato il caos, stava considerevolmente mutando il modo di rapportarsi alle tradizionali categorie sociali e consuetudini culturali. Per reagire a questo fenomeno, l'imperatore Augusto stava tentando di riportare la società verso i valori morali tradizionali di Roma e si ritiene che la composizione dell'Eneide sia specchio di questo intento. Enea infatti è tratteggiato come un uomo devoto, leale verso la sua gente e attento alla crescita di essa, piuttosto che preoccupato dei propri interessi. Egli ha iniziato un percorso che ha portato alla fondazione ed alla gloria di Roma. Con l'Eneide, inoltre, si tenta di legittimare l'autorità di Giulio Cesare e, per estensione, di suo figlio adottivo Augusto e dei discendenti, dato che discendevano dalla Gens Iulia, l'antica gens di Enea. Quando Enea compie il proprio viaggio nel mondo sotterraneo dei morti riceve una profezia riguardo alla futura grandezza dei suoi imperiali discendenti. Si può inoltre rivolgere l'attenzione al rapporto tra Troiani e Greci che si riscontra all'interno dell'Eneide. I Troiani secondo il poema furono gli antenati dei Romani, mentre gli eserciti greci, che avevano assediato e saccheggiato Troia, erano i loro nemici: tuttavia, all'epoca in cui l'Eneide è stata scritta, i Greci facevano parte dell'Impero romano e, pur essendo un popolo rispettato e considerato per la sua cultura e civiltà, erano di fatto un popolo sottomesso. Virgilio risolve questo problema sostenendo che i Greci avevano battuto i Troiani solo grazie al trucco del cavallo di legno, e non con una battaglia in campo aperto: in questo modo l'onore e la dignità dei Romani restano salvi.

Analisi del Capitolo 1 dell’Eneide

Proemio Il proemio riprende la struttura dei proemi omerici. Sono distinte la propositio, che enuncia la materia trattata, e l’invocatio, l’invocazione alla Musa (Calliope). Virgilio però, al contrario di Omero, pone la propositio prima dell’invocatio; questa particolarità verrà ripresa da Ariosto e Tasso nel Rinascimento. L’incipit “Arma virumque cano” condensa in due parole l’argomento del poema: le guerre e le fatiche di un uomo, per volere del Fato. Il proemio enuncia i grandi temi che si toccheranno nel corso del poema: la concezione dolorosa della vita e della storia, l’avversione per la guerra, la predestinazione del potere di Roma sul mondo.

Giunone ostacola Enea scatenando una tempesta Giunone si reca da Eolo e gli chiede di liberare i venti che egli tiene in una caverna, in modo da travolgere le navi troiane. In cambio Giunone offre ad Eolo la più bella delle ninfe, Deiopea, ed Eolo accetta lo scambio. Il poema inizia in medias res, con una scena epica e drammatica: la tempesta è uno dei primi labores di Enea, ed è metafora delle difficoltà della vita. L’episodio è fondamentale per comprendere la dinamica del poema: mette in risalto infatti la pietas di Enea e la sua capacità di superare gli ostacoli. Inoltre, il naufragio serve a giustificare l’arrivo di Enea a Cartagine e l’incontro con Didone. La scena inizia con immagini apocalittiche, per poi giungere a scene idilliache una volta approdati sulle coste africane: è la tecnica del contrasto che Virgilio utilizza spesso nel corso del poema.

Colloquio tra Giove e Venere Venere, preoccupata per il figlio, si reca da Giove e chiede perché Enea è perseguitato, visto che è un uomo pio e devoto agli dei. Gli altri Troiani sono giunti nelle terre loro destinate, mentre Enea è vittima dell’ira di Giunone. Giove rassicura la figlia e le promette che un destino di gloria attende suo figlio e i suoi discendenti. Il colloquio tra Giove e Venere sottolinea che Enea è uno strumento del Fato, e che è destinato a dare vita alla stirpe che governerà il mondo. Segue così la celebrazione di Roma e della gens Iulia, affidata alle parole di Giove che assumono la forma di “profezia post eventum”: l’impero universale predetto da Giove ai tempi di Virgilio è, infatti, una realtà.

Incontro tra Venere ed Enea Giove manda Mercurio a Cartagine in modo che gli abitanti e la regina Didone accolgano in modo benevolo Enea e i suoi compagni. Enea intanto, con l’amico Acate, esplora il territorio; Venere gli si presenta sotto le sembianze di una cacciatrice e gli fornisce informazioni su Didone e Cartagine. Questa scena riprende il topos epico della divinità che appare all’eroe, sotto sembianze umane, per aiutarlo. L’episodio ha lo scopo di introdurre la figura di Didone e la sua triste storia, speculare a quella dell’eroe: anche ella è stata esule e perseguitata, ma ha saputo reagire al dolore. Venere descrive Didone come un personaggio di grande spessore, una donna che ha saputo

governare il suo popolo, nonostante la sofferenza per l’uccisione del marito Sicheo da parte del fratello Pigmalione.

Il tempio di Giunone a Cartagine Rassicurato dalle parole della dea, la quale ha garantito che i compagni sono salvi nella reggia di Cartagine, Enea prosegue il cammino con Acate. Vede la città di Cartagine in costruzione, osserva i bassorilievi del tempio di Giunone, in cui sono rappresentate scene della distruzione di Troia. Infine vede la regina che si siede sul trono del tempio. Nella costruzione di Cartagine Enea osserva come un giorno dovrà costruire la nuova patria, ed invidia i Tirii che già si sono stabiliti. Cartagine dunque rappresenta il futuro, mentre i bassorilievi del tempio di Giunone raffigurano il doloroso passato, ma indicano anche la fama che i Troiani hanno acquisito in tutto il mondo, in virtù della quale Didone offrirà ospitalità.

Nella reggia di Cartagine Didone accoglie Enea e i suoi compagni nel palazzo, e l’eroe invia Acate ed altri compagni alle navi affinché portino alla reggia gli altri naufraghi, il figlio di Enea Ascanio e doni per la regina. Venere addormenta Ascanio/Iulio e lo sostituisce con Cupido, in modo da far innamorare Didone dell’eroe. La regina offre un sontuoso banchetto agli ospiti, allietato dal canto di Iopa, e invita Enea a raccontare l’ultimo giorno della città di Troia. Il banchetto in onore degli ospiti è un topos frequente nell’Odissea, e, come Odisseo alla reggia di Alcinoo narra le sue peripezie, così Enea inizia a narrare le sue sventure. Il libro I inizia con una tempesta e si conclude con un’atmosfera serena. Di nuovo notiamo il gioco di contrasti caro a Virgilio: al destino glorioso di Enea, che ora trova pace e riposo nella reggia, si contrappone il futuro dolore di Didone, che dopo l’incontro con l’eroe comincia a riscoprire i suoi sentimenti di donna.

Libro 2 dell’Eneide: analisi

L’inganno del cavallo Enea racconta ai convitati com’è avvenuta la distruzione della sua patria, sottolineando che ciò è stato voluto dagli dèi e dal Fato. Il modello della narrazione è quello, in flashback, di Odisseo ai Feaci nell’Odissea: Virgilio interrompe la narrazione degli eventi per far raccontare il passato da un narratore interno, Enea. Le notizie riguardanti la caduta di Troia provengono dai miti del ciclo troiano, in particolare dal poema Iliupersis, che narra proprio la distruzione della città dall’inganno del cavallo. Nell’Eneide però l’episodio è raccontato da un vinto, e il tono epico e solenne dell’Iliupersis, poema narrato dai vincitori, diviene qui drammatico e triste.

La strage notturna Mentre tutti dormono dopo i festeggiamenti, Sinone fa uscire gli Achei dal cavallo: Tessandro, Stenelo, Odisseo, Neottolemo (figlio di Achille), Macaone, Menelao, ed Epeo, che ha costruito il simulacro. I guerrieri uccidono le sentinelle e spalancano le porte, irrompono nella città seminando strage e appiccando fuoco. Enea intanto vede in sogno l’ombra di Ettore, che gli ordina di mettersi in salvo e portare con sé i Penati, i numi tutelari di Troia: l’eroe dovrà guidare i Troiani verso una nuova patria, e dovrà preservare il culto degli dèi patri e del sacro fuoco di Vesta. Enea dapprima tenta una resistenza con alcuni eroi; questo episodio tende a sottolineare la crudeltà e l’empietà degli Achei, che non esitano ad uccidere innocenti e a violare templi. La guerra non è, come nei poemi omerici, manifestazione della gloria dell’eroe, ma è fonte di sofferenza e di offesa nei confronti della dignità umana. Emblema della crudeltà achea è Neottolemo.

Enea scappa da Troia Enea assiste pieno di orrore all’uccisione di Priamo, sulla tomba di Achille, da parte di Neottolemo. Pensa allora alla sorte dei suoi cari, e guardandosi intorno vede che i suoi compagni sono morti. Scorge poi Elena, causa di tutti quei lutti, e cova dentro di sé il desiderio di vendetta. Ma appare Venere, che lo esorta a fuggire perché ormai non c’è più niente da fare. Venere, Ettore e Creusa liberano l’eroe dalle responsabilità future e lo proiettano verso la sua missione futura. Tre sono dunque le figure che conferiscono un senso all’azione di Enea, e che rappresentano un punto di riferimento etico in ognuno dei tre momenti dell’episodio: ● ● ● ●

Ettore rappresenta la città guerriera, ed appare nel momento in cui gli Achei ingannatori riescono nel loro intento; Venere, la madre divina, interviene alla fine della battaglia; Creusa, la moglie, appare quando ormai la fuga è in atto. Enea non è più l’eroe guerriero per antonomasia, che non abbandonerebbe mai la sua città in difficoltà, ma è un eroe dal coraggio morale, che si piega al volere divino....


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