10. L\'ART. 42 C.P - riassunto capitolo manuale Appunti di parte generale diritto penale M. Gallo PDF

Title 10. L\'ART. 42 C.P - riassunto capitolo manuale Appunti di parte generale diritto penale M. Gallo
Course Sistemi giuridici comparati
Institution Università degli Studi Roma Tre
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riassunto capitolo manuale Appunti di parte generale diritto penale M. Gallo Volume I...


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CAPITOLO 10 – L’ART. 42 C.P. 1. COSCIENZA E VOLONTÀ DELL’AZIONE OD OMISSIONE: DOLO, COLPA E PRETERINTENZIONE Gli elementi soggettivi o psicologici sono quelli in base ai quali un determinato fatto può essere addebitato all'agente con conseguente ed eventuale responsabilità penale. Infatti, il reato è un atto giuridico la cui rilevanza dipende dal collegamento reale o virtuale tra il fatto e la coscienza e volontà dell'agente. In altri termini, attraverso l'elemento soggettivo l'ordinamento ricollega l'illecito oggettivo alla coscienza e volontà del soggetto agente. L’art. 42 (rubricato “Responsabilità per dolo o per colpa o per delitto preterintenzionale. Responsabilità obiettiva) prescrive che: “Nessuno può essere punito per un’azione od omissione preveduta dalla legge come reato, se non l’ha commessa con coscienza e volontà. Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come delitto, se non l’ha commesso con dolo, salvo i casi di delitto preterintenzionale o colposo espressamente preveduti dalla legge. La legge determina i casi nei quali l’evento è posto altrimenti a carico dell’agente, come conseguenza della sua azione od omissione. Nelle contravvenzioni ciascuno risponde della propria azione od omissione cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa.” Sembrerebbe che innanzitutto la legge stabilisca tre forme di partecipazione soggettiva dell’agente al fatto: dolo, colpa e preterintenzione. Poi, vediamo che la forma di partecipazione ordinariamente richiesta nei delitti è il dolo, salvo i casi espressamente previsti dalla legge di colpa o preterintenzione. Per le contravvenzioni, invece, si risponde indifferentemente a titolo di dolo o di colpa. Ma quali sono i rapporti tra coscienza e volontà e dolo, colpa e preterintenzione? In generale, la rilevanza penale di un fatto è subordinata alla presenza di elementi che lo riconducono alla coscienza ed alla volontà del soggetto agente. La coscienza e volontà, secondo Gallo, costituisce il segmento iniziale della condotta dolosa, colposa o preterintenzionale del soggetto agente: in altri termini, prima di diventare doloso, colposo o preterintenzionale, un certo comportamento deve essere passato per lo stadio della riferibilità a coscienza e volontà. Di conseguenza, senza tale riferibilità non può darsi né comportamento doloso, né colposo, né preterintenzionale. Gallo, a questo punto, si chiede: se la coscienza e volontà non è che il momento iniziale – e quindi implicito – presente già nel dolo, nella colpa e nella preterintenzione, perché il sistema si è preso la briga di enunciarla? Perché essa ha una doppia funzione: sul piano sistematico la coscienza e volontà attiene al fatto oggettivo, non all'elemento psicologico del reato (volontà colpevole); sul piano dell'analisi strutturale essa fa parte dei criteri di imputazione soggettiva. Abbiamo detto che il fatto penalmente rilevante è un atto giuridico. Ciò che permette di considerarlo tale è il collegamento con la volontà e la rappresentazione umana, quale sua estrinsecazione. Infatti, se questo collegamento manca (l’atto non riferibile a coscienza e volontà), la formula assolutoria sarà “il fatto non sussiste”. Infatti, sia il diritto che il senso comune ravvisano nel fatto non collegato alla coscienza e volontà (ad esempio, l'operaio che per una tromba d'aria cade dall'impalcatura su cui lavora, così uccidendo un passante) non un atto giuridico, ma un mero accadimento à il fatto di reato esiste tutte le volte che la condotta non sia cagionata da forza maggiore (in questo caso l'uomo non agisce, ma è fatto agire).

2. COSCIENZA E VOLONTÀ: CRITERI DI ACCERTAMENTO Qual è il criterio sulla base del quale si afferma la riferibilità a coscienza e volontà? Essa è presente tutte le volte in cui la condotta non sia cagionata da forza maggiore. La forza maggiore può essere intesa quale: forza esterna che per il suo potere irresistibile determina la persona all'inerzia ovvero al compimento di un

atto (tromba d’aria); effetto di una forza umana, costringimento fisico (vedi art. 46 c.p.); la forza che rende completamente impensabile un atto di volontà diverso (incoscienza involontaria). In virtù di questa concezione, si arriva a parlare di coscienza e volontà anche per quei comportamenti non sorretti da un impulso cosciente e volontario, ma comunque rientranti nei poteri di dominio e controllo dell'agente. Insomma, per escludere le possibilità di dominio e controllo della persona, l'atto di volontà volto ad impedire o a controllare la condotta deve essere completamente impensabile o assolutamente irrealizzabile: si deve essere in presenza di forza maggiore. Ciò vale non solo in caso di dolo o colpa, ma anche in presenza di preterintenzione. Occorre fare una precisazione; l’art. 42 comma 3 sembra fare riferimento a modalità d'imputazione diverse da dolo, colpa e preterintenzione. In realtà, l’analisi delle fattispecie che si imputano in virtù del terzo comma dell’art. 42 (cioè dei casi in cui “l’evento è posto altrimenti a carico dell’agente”) rivela che il criterio di imputazione è lo stesso sia in caso di delitto preterintenzionale (art. 584 c.p.) che in ogni altro caso di evento non addebitato a titolo di dolo o di colpa à prima dell'entrata in vigore della Costituzione, il criterio di imputazione diverso dal dolo o dalla colpa era l’accollo per responsabilità oggettiva (bastava che l’evento fosse collegabile alla condotta quale effetto a causa). Successivamente all'entrata in vigore della Costituzione, la regola della personalità della responsabilità penale di cui all’art. 27 ha introdotto un requisito minimo di imputazione soggettiva che concerne l’intera fattispecie penalmente rilevante: ogniqualvolta si debba stabilire quando un evento possa essere imputato a carico dell’agente occorrerà stabilire in primo luogo l’esistenza di un nesso causale, ed in secondo luogo la rappresentabilità di tale evento, alla stregua di parametri di valutazione media integrati con le eventuali maggiori conoscenza dell’agente. La rappresentabilità come requisito minimo di riferibilità a coscienza e volontà andrà accertata utilizzando il criterio dell'id quod plerumque accidit, vale a dire un criterio medio di massime di esperienza (non con riferimento a ciò che in base all’appartenenza ad una determinata sfera tecnico-sociale si può richiedere all’autore del fatto à equivarrebbe ad esigere la colpa)....


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