Appunti - Corso integrato della medicina clinica 2 - Trattamento dell\'ipertensione arteriosa - a.a. 2015/2016 PDF

Title Appunti - Corso integrato della medicina clinica 2 - Trattamento dell\'ipertensione arteriosa - a.a. 2015/2016
Course Corso integrato della medicina clinica 2
Institution Università degli Studi di Napoli Federico II
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Appunti - Corso integrato della medicina clinica 2 - Trattamento dell'ipertensione arteriosa - a.a. 2015/2016...


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Trattamento dell’ipertensione arteriosa

PROF GALLETTI CANALE C 09/11/2015

La terapia dell’ipertensione arteriosa è un argomento difficile da affrontare perché è molto vasto. Ho voluto fare riferimento alle linee guida dell’ società europea dell’ipertensione arteriosa e della società europea di cardiologia del 2013 che sono ormai accettate un po’ ovunque. Partiamo proprio da quello che è il punto principale per la terapia dell’ipertensione arteriosa. Tutto parte dal concetto di rischio cardiovascolare globale è da li che partono tutte le linee guida e infatti per fare la diagnosi dell’ipertensione arteriosa si vuole sia il valore e il grado dell’IP quanto il reale rischio sia cardio ecerebro vascolare. Abbiamo visto come si calcola questo rischio cardio e cerebrovascloa, sia il valore e il grado ma anche quanti fattori di rischio sono presenti insieme all’ipertensione arteriosa, ma non basta solo questo perché due elementi sono fondamentali nella stratificazione del rischio cardiovascolari e sono la presenza di danno d’organo o malattia subclinica e per danno d’organo va identificato nell’ipertrofia ventricolare sinistra, nello spessore medio intimale aumentato, nell’insufficienza renale cronica e nell’albuminuria che è il primo marker di danno d’organo. Quindi la presenza di uno di questi 4 indicatori di malattia subclinica aggiunge moltissimo al rischio cardiovascolare globale. A sé stante, poi ,c’è il diabete mellito o l’aver avuto un precedente evento cardio e cerebrovascolare. Ovviamente chi ha gia avuto un infarto o un ictus ha una probabilità e un rischio maggiore di avere un altro evento cardio e cerebrovascolare e allo stesso livello l’aver avuto un evento cardio e cerebro vascolare e il diabete mellito. Quindi sono messi a sé stanti danno d’organo e diabete subito dopo aver avuto un evento cardio e cerebrovascolare. Questi colori che ci indicano il grado di rischio cardiovascolare sono fondamentali per l’approccio terapeutico del paziente(slide).

Quali sono le raccomandazioni? Sicuramente l’ inizio rapido del trattamento farmacologico è raccomandato in pazienti con ipertensione di grado II e III ,quindi in quello di grado I non è necessario iniziare immediatamente il trattamento e anche in quei pazienti di grado II e III se hanno un rischio cardiovascolare globale moderato, non c’è indicazione all’inizio del trattamento farmacologico ma c’è indicazione a monitorare nel tempo questi valori, di attuare variazione dello stile di vita e vedere dopo 6 mesi cosa succede e poi decidere dopo 6 mesi. La riduzione della pressione arteriosa non va ……anche

quando il rischio cardiovascolare globale è elevato ma stiamo in presenza di ipertensione di grado I, cioè l’ipertensione di grado I dove non c’è indicazione ma ci sono altri fattori di rischio o c’è un danno d’organo in quel caso essendo un rischio cardiovascolare elevato va cominciata la terapia antiipertensiva. La terapia dovrebbe essere presa in considerazione anche in quei pazienti a rischio cardiovascolare moderato quando una volta iniziate modificazione dello stile di vita non c’è stata efficacia e quindi dopo 6 mesi è possibile iniziare la terapia. Questo è un evento fondamentale perché non riusciamo più a vedere pazienti ipertesi naive ,cioè alla prima diagnosi di ipertensione. Per fare diagnosi di ipertensione essenziale dobbiamo escludere l’ipertensione secondaria, quindi dobbiamo indagare gli ormoni e tutto quello che causa ipertensione secondaria e per fare questo devo avere un paziente naive; un paziente non può essere in terapia perché se vediamo i valori di renina angiotensina in pazienti in terapia con ACEI, saranno elevati. Ebbene noi non siamo più in grado di fare diagnosi di ipertensione primitiva perché il soggetto che viene scoperto essere iperteso con valori di pressione di 150,148 il giorno dopo è in terapia farmacologica. Ormai c’è questa prassi che appena si trova un paziente iperteso si mette in terapia e quindi diventa difficile discriminare tra ipertensione essenziale e quella secondaria. Oltretutto quando si inizia con un farmaco che risponde male normalmente se ne aggiunge un secondo senza togliere il primo e quindi ci troviamo un guazzabuglio farmacologico incredibile. Per quanto riguarda la presenza del danno d’organo o della malattia subclinica questo influenza l’inizio della terapia e il tipo di terapia. Il danno d’organo possiamo prenderlo come monitor del rischio successivo cardiovascolare, nel senso che il danno d’organo se è un danno d’organo reperebile è di quelli che ci possono monitorare la condizione del soggetto in base all’ aumento del danno d’organo o diminuzione del danno d’organo? Vedete l’ipertrofia ventricolare sinistra sia elettrocardiograficamente sia ecocardiograficamente ha tempi di riduzione abbastanza rapidi intorno a 6 mesi e quindi se noi vogliamo vedere se il rischio cardiovascolare di un paziente iperteso di grado I con ipertrofia ventricolare sinistra ha un’ efficacia dalla terapia che abbiamo messo in atto ,sicuramente dobbiamo aspettare sei mesi. La sensibilità è maggiore quanto maggiore è la specificità del mezzo e quindi è bassa con l’elettrocardiogramma, moderata con ecocardiogramma e alta con la risonanza. Per quanto riguarda l’insufficienza renale è una sensibilità moderata. La possibilità che l ‘insufficienza renale moderata diminuisca nel tempo impiega anni, quindi pur riportando il nostro fattore di rischio a zero non è detto che il danno d’organo ritorni immediatamente a zero, ma continua ad avere un rischio cardiovascolare che continua nel tempo perché non decade immediatamente il danno d’organo. È cosi per quanto riguarda l’escrezione delle proteine urinarie ed è cosi per quanto riguarda il danno arteriolare. Quando instauriamo un terapia farmacologica cosa dobbiamo tendere? Le linee guida sono un po’ contraddittorie su questo argomento ,nel senso che c’è stato un momento di passaggio, intorno al 2009 in cui inizialmente dettato dalle linee guida del 2003, ma principalmente del 2007, era entrato in voi un concetto cioè quanto più bassa teniamo la pressione arteriosa tanto più avremo un vantaggio. Non è cosi e non è stato cosi per cui nelle ultime linee guida del 2013 si è rivisto questa situazione. Sicuramente in nostro target sistolico è 140 e il nostro target distolico è 90. È raccomandato (il target) nei pazienti con rischio cardiovascolare basso e nei pazienti diabetici. Questo è importante(cioè che è raccomandato nei pazienti diabetici) perché fino a due anni fa non era cosi; i pazienti diabetici avevano un target pressorio molto basso cioè 130 di sistolica ,ma si è visto che aumentava la morbilità cardio e cerebrovascolare per cui si è rivista questa situazione, ma le linee guida del 2007 dicevano che il target nei pazienti diabetici era 130 85. Il target (140-90) dovrebbe essere considerato in pazienti con ictus o TIA perché in pazienti che hanno avuto un TIA o ictus sono sicuramente pazienti che hanno bisogno che i valori pressori siano monitorati nel tempo e abbiano un lento progressivo declino nel tempo e si deve ben monitorare quanto una caduta pressoria influenzi un ipoafflusso cerebrale o dell’organo contiguo. In particolar modo in corso di ictus

cerebrale la pressione si cerca di non bloccarla a meno che non si abbia un incremento pressorio marcato e si fa ricordo all’alpha bloccante endovena ,ma quello che si faceva prima cioè abbassare la pressione arteriosa soprattutto nell’ictus emorraggico oggi si è visto che è quanto di più dannoso possa esistere i anche perché c’è un ‘alta regolazione pressoria cerebrale che sale nel corso di ictus, quindi si va ad agire sulla alta regolazione alterata e non è una cosa buona, facciamo più danni che altro. Quanto meno si tiene la pressione sotto i 160 170 e non si tocca assolutamente e si cerca di monitorare il paziente per l ‘ictus e non per la pressione arteriosa. Le grosse novità delle linee guida del 2013 sono sugli anziani perché fino al 2007 cerano sicuramente pazienti da trattare ma il concetto di tenere bassi i valori pressori era da applicare anche agli anziani seppur con moderazione. Questo è stato rivisto in particolare per lo studio OLDEST. che ha chiaramente dimostrato che tutti i clinical trials fatti su pazienti anziani in cui c’era come obiettivo terapeutico il 140- 90 come target, nessun clinical trial riuscirà a portare un paziente anziano a 140 90 perché essendo anziano i ricercatori si sono guardati bene da abbassare la pressione. Per cui tutti i clinical trial che dicevano guardate che la morbilità nei soggetti anziani migliora, migliora, ma con variazioni non diverse da pazienti trattati normalmente ,perché si fa un braccio ad alto impatto farmacologico e un braccio che continua ad andare come andava. Questi due bracci pur avendo effetti diversi avevano gli stessi valori pressori per cui si è rivista quesa situazioni. Le novità quindi sono che un soggetto anziano è al di sopra dei 160 va attuata la terapia farmacologica e non più 140. Il nostro target è tra 140 e 150. Inoltre bisogna considerare che se il soggetto è già in terapia farmacologica ,solamente se ci sono delle buone condizioni cardiocircolatorie il paziente può proseguire la terapia altrimenti va rivista in funzione delle condizioni circolatorie. STILE DI VITA Quando si dice si comincia la terapia farmacologica o non si comincia la terapia farmacologia, le variazioni dello stile di vita riguarda entrambe. Nel senso che se il rischio cardiovascolare è lieve va monitorato lo stile di vista per sei mesi , i in caso di rischio moderato va monitorato per sei mesi e poi attuare terapia farmacologica se non si è raggiunto il target pressorio. Le modificazioni dello stile di vita vanno continuate una volta che si da terapia farmacologica perché in assenza di modificazione dello stile di vita una terapia farmacologica è molto meno efficace o scarsamente efficace. Basta pensare all’asse renina angiotensina poco stimolato perché c’è molto sale e quindi gli ACEI non sanno dove agire. Quando si dice che si deve iniziare immediatamente la terapia non significa solo terapia farmacologica e non modificazione dello stile di vita, ma tutta la terapia cioè modificazione dello stile di vita e terapia farmacologica. Le modificazioni dello stile di vita sono ben individuate e sono: restrizione di sodio a 5g/24h. Più di 5g di sale al giorno che corrispondono a 2 g di sodio fa male al rene. Si cercherà di portarlo a 3g perché il nostro fabbisogno di sodio è 1,5g; la restrizione del consumo di alcool, l’ aumentare l’apporto di potassio( Si parla del rapporto sodio potassio. I reni ancestrali sono creati per gestire molto potassio e pochissimo sodi. Noi abbiamo invertito questo rapporto perché facciamo gestire molto sodio e poco potassio e il rene per fare questo ha bisogno di aumentare la filtrazione glomerulare la pressione intraglomeruare) . E’ raccomandata la riduzione del peso,attività fisica e sospensione del fumo di sigaretta. Il fumo di sigaretta è uno dei maggiori contributori ai rialzi pressori sia acutamente, acutamente è un po’ strano perché la nicotina prima va (non si capisce) ma cronicamente il fumo aumenta la pressione. Quindi abbiamo : Basso rischio: monitoraggio della pressione 6 mesi : non si raggiunto il target  terapia farmacologica

si è raggiunto il target continuare modificazione stile di vita . Medio rischio: uguale solo che cambia il tempo cioè il monitoraggio non è più a sei ma tra tre e sei mesi . Alto rischio e altissimo rischio: Inserire terapia farmacologica dell’ipertensione e degli altri fattori di rischio. È inutile trattare la pressione e non altri fattori di rischio perché l’obiettivo è ridurre il rischio cardiovascolare. Quali sono le indicazioni rispetto al tipo di terapia? Le liee guida sono state abbastanza liberali. Prima si riteneva che la cosa migliore fosse iniziare con bassi dosi di terapia di associazione per avere minori effetti collaterali e una stessa efficaciai. Le ultime invece consigliano anche una monoterapia in pazienti con rischio moderato o basso . Se la monoterapia non ha effetto bisogna sostituire il farmaco perchè un farmaco che non ha effetto va tolto non va aggiunto un altro farmaco perché vedremo che abbiamo definizione di ipertensione in base a quanti farmaci si prendono. Ma se non togliamo il farmaco ci troviamo a 5 6 farmaci e non sappiamo quale non sta agendo. Quindi sostituire con un altro farmaco o nel caso abbiamo usato un farmaco a bassa dose, aumentare la dose.

(per un minuto si è fermato il registratore ma il prof stava spiegando questa slide che vi ho messo e in particolare faceva riferimento all’opzione terapeutica in caso di rischio cardiovascolare elevato). Alla fine però il nostro obiettivo è quello di non raggiungere più di tre farmaci ed è veramente difficile avere un soggetto che fa modificazione dello stile di vita, tre farmaci tra cui un diuretico e non abbia un sordito effetto ipotensivante. FARMACI PER L’IPERTENSIONE

I diuretici tiazidici(idroclorotiazide e clortalidone) , diuretici dell’ansa e gli antialdosteronici. Quest i sono quelli normalmente usati nell’ipertensione arteriosa. L’unica distinzione che possiamo fare per quanto riguarda l’ efficacia, ci sono indicazioni che il clortalidone abbia una migliore efficacia ipotensivante rispetto all’idroclorotiazie, mentre l’idroclortiazide ha una cinetica migliore e ha un efficacia sulle 24 h, cosa che non ha il clortalidone. La furosemide non è un farmaco da usare nell’iperteso perché non ha un grande efficacia ipotensivo benche sia usato nei pronto soccorso con l’ endovena di lasix ,ma va usato in tutti quei pazienti ipertesi che hanno un’alterazione della filtrazione glomerulare quindi con a disopra di 12 14 id creatinina il diuretico di scelta è la furosemide e non più il tiazidico che è controindicato nell’insufficienza renale. Lo spironolattone non è molto usato nell’ ipertensione arteriosa ma ha una grandissima efficacia antipertendiva. Oggi è usato quando i pazienti in corso di terapia diuretica vanno in ipopotassemia o nei pazienti iperaldosteronemici ,ma c’è indicazione precisa nei pazienti con ipertensione resistente. E’ l’unico farmaco che sostituito ad un altro diuretico o aggiunto alla terapia in un paziente con ipertensione resistente, riesce a far calare i valori pressori e a cambiare il profilo di rischio di questo paziente. I beta bloccant. C ‘è molto da dire sui beta bloccanti. Ci sono i β1 bloccanti che sono poco usati; i β2 selettivi che sono controindicati nei pazienti con asma e problemi respiratori perché aumentano il broncospasmo ,quindi si preferisce usare gli α1 β bloccanti. Sono diversi : abbiamo il labetololo che è usato nelle emergenze ipertensive si usa per via endovenosa; il carvedilolo e il bisoprololo. Il loro ingresso è nello scompenso cardiaco ma oggi sono usati nell’ipertensione arteriosa. Le indicazioni dei beta bloccanti oltre le ipertensioni sono : angina o precendete infarto, tachicardia, ipertensione nefrovascolare . Questa ultima sarebbe indicazione precisa per usare un bloccante del sistema renina angiotensina perché viene instaurato un meccanismo di compenso , nel senso che c ‘è una stenosi renale c’è un ipoafflusso e per garantire un buona perfusione all’organo e quindi una sopravvivenza del rene , l’organismo fa salile la pressione e lo fa attraverso la renina angiotensina e perciò è usato un farmaco bloccante il sistema renina angiotensina. C’è solo un problema quando la stenosi è bilaterale e usiamo il farmaco bloccante del sistema renina angiotensina perché il paziente va in insufficienza renale acuta perché non ha modo da garantire un flusso ad entrambi i reni. Quindi prima di dare questo bloccante del sistema renina angiotensina dobbiamo accertarci che l’altra arteria renale funzioni bene o che ci sia un adeguato afflusso altrimenti mandiamo il paziente in insufficienza renale . I giovani sono più indicati ad avere un beta bloccante perché hanno un ipertono simpatico. Gli effetti collaterali dei βbloccanti sono bradicardia , broncocostrizione ecc. I beta bloccanti come i diuretici nel passato sono stati molto demonizzati per i loro effetti negativi metabolici. In particolar modo i diuretici a dosaggi elevati come il clortalidone 50, possono portare ad un aumento della glicemia, cosi come i beta bloccanti si è visto che aumentano la diagnosi di ipotensione arteriosa per cui sono messi un po in discussione in particolare in paziente iperteso con problemi metabolici. Gli α 1 bloccanti classici che sono dei vasodilatatori tra cui si usa molto la doxazosina, il cardiura. Questi sono usati negli ipertesi dismetabolici perché hanno un ruolo importante sul dismetamolismi associati all’ipertensione arteriosa e in partcolar modo alla tolleranza glucidica e all’insulina. Quindi nel paziente iperteso dismetabolico con sindrome metabolica è un farmaco che trova un rilievo. Poi abbiamo la classe di ACEI tra cui il captropil, che è stato il primo ,poi ci sono stati altri con un’emività bassa, poi c’è stato enalapril che aveva un‘emivita di 6 -7 ore e poi abbiamo avuto quelli con effetto a 24 h e quindi hanno un effetto più duraturo e più efficaci. Come sappiamo le indicazioni di ACEI sono particolari tipo di ipertensione ,in particolare nei diabetici in cui l’ACEI o bloccante recettoriale sono i farmaci di prima

scelta e poi si possono aggiungere altri farmaci. Ancora un’indicazione di massima è nei pazienti con protenuria . L’unico farmaco che riesce a ridurre la protenuria è l’ACEI o meglio ancora i bloccanti del recettore dell’angiotensina. Un effetto negativo ce l’ hanno i Ca antagonisti diidropiridinici e un leggero effetto positivo ce l’ha il verapamile . Spesso si fa l’associazione ca antagonista è bloccante del recettore dell’angiotensina che è quella migliore. Quindi in presenza di protenuria si usa Ca antagonista + ACEI o Ca antagonista + bloccante del recettore. Nel passato si faceva un blocco totale del sistema renina angiotensina cioè si dava il bloccante del recettore piu ACEi ma gli effetti sulla proteinuria erano drastici ma anche sulla funzione renale perché ci sono stati molti casi di insufficienza renale. Quindi è stata abolita questa associazione a meno che non ci sia una protenuria tale da compromettere la funzione renale e quindi il rischio di una disfunzione renale è accettato e va monitorato nel tempo. Tra i Ca antagonisti dididropiridinici c’è la nifedipina che è diventato farmaco di urgenza per la crisi ipertensiva . C’è addirittura la nifedipina in capsule ma determinava una forte caduta pressoria . Quìndi la cosa importante è che si preferisce usare una formulazione ritardo che sono delle compressine di 20mgc. Si spezza la compressina ,si fa masticare al paziente la compressina per via sublinguale quindi si ha un buon assorbimento di metà dose di nifedipina e poi far deglutire l’altra metà, perché abbiamo questa caduta con decremento dei valori nel tempo e senza avere oscillazioni che sono terribili per il paziente. E poi ci sono i Ca antagonisti non diidropiridinici che sono usati in caso di tachicardia e scompenso cardiaco e usato poco nell’ipertensione arteriosa. Ci sono poi gli inibitori del SNC come α metl dopa e della clonidina. Questi farmaci sono stati molto usati in passato ma hanno avuto problemi nei pazienti depressi perchè si sono avuti problemi di suicidio ma usati in buona dose e nei giusti casi sono dei farmaci utili, in particolar modo l’alpha metil dopa è uno dei più innocui tant’ è vero che è usato in gravidanza. Mai usare ACEI in gravidanza, infatti non dobbiamo prescriverli in paziente che vogliono avere una gravidanza. Quindi alpha metil dopa è usato in gravidanza come prima scelta e come seconda scelta i ca antagonisci diidropiridinici, mai i beta bloccanti e ACEI. La clonidina invece non può essere mai sospesa perché ha un forte rebound ipertensivo e fa andare il paziente in crisi. È fatta in cerotti quindi ha un dosaggio molto più graduale nel tempo è molto utile nei pazienti che

sono in dialisi e nell’ ipertensione resistente.

Fig :Possibili associazioni tra le diverse classi di farmaci antipertensivi. Linee verdi continue: associazioni da preferire; linea verde tratteggiata: associazioni utili (con alcuni limiti); linee nere tratteggiate: associazioni possibili ma con meno evidenze;...


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