Appunti storia moderna (1492-1848) Carlo Capra TERZA EDIZIONE PDF

Title Appunti storia moderna (1492-1848) Carlo Capra TERZA EDIZIONE
Course Storia moderna
Institution Università degli Studi di Ferrara
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CAPITOLO 1 Fonti e metodi per lo studio della popolazione Nell’ultimo mezzo secolo gli studi relativi alla popolazione e ai meccanismi che ne regolano l’andamento hanno avuto un notevole sviluppo grazie all’interesse nato nei confronti della storia della società e della sua cellula base, la famiglia. L’inglese Thomas Robert Malthus scrisse, alla fine del Settecento, un saggio dal titolo Saggio sul principio di popolazione nel quale manifestò la sua preoccupazione in merito allo squilibrio tra popolazione e risorse alimentari. Secondo Malthus la popolazione, se non controllata, cresceva in progressione geometrica, mentre le risorse alimentari crescevano in progressione aritmetica. A riportare temporaneamente l’equilibrio, sempre secondo la tesi di Malthus, intervenivano di tanto in tanto dei “freni repressivi” che erano costituiti dalle carestie, dalle guerre e dalle epidemie. Questi eventi ristabilivano l’equilibrio in attesa di un nuovo ciclo di incremento demografico. La soluzione più opportuna in alternativa a questi “freni repressivi”, sempre secondo Malthus, era una limitazione cosciente dei matrimoni e quindi della fecondità con i “freni preventivi”. Questa soluzione ovviamente riguardava naturalmente la parte più povera della società. La statistica, cioè la raccolta sistematica dei dati relativi alla popolazione, mosse i primi passi proprio durante l’età moderna. Al XVII secolo o agli inizi del XIX risalgono i primi censimenti modernamente impostati. Prima c’era la numerazione dei fuochi (o nuclei familiari) compiuti a scopi fiscali che erano dei conteggi degli abitanti di città o distretti, che erano finalizzati all’approvvigionamento e alla distribuzione dei viveri. Come il catasto fiorentino del 1427 da cui si ricavano la composizione per sesso e per età, le occupazioni e i redditi. Un’altra importantissima fonte è rappresentata dalle fonti ecclesiastiche, distinguibili in fonti relative allo stato e fonti relative al movimento della popolazione: Le prime consistono negli stati delle anime che sono degli elenchi degli abitanti di una parrocchia redatti casa per casa con lo scopo di controllare l’adempimento del precetto pasquale. Nel 1614 la Santa Sede dettò delle norme precise per la loro compilazione. Questi documenti sono importanti per ricostruire la composizione per sesso e per età e per conoscere le strutture familiari e le forme di convivenza di una comunità. Le seconde sono per lo più dei libri dove venivano registrati gli eventi religiosi fondamentali della vita dei parrocchiani (battesimo, matrimonio, sepoltura). Se questi registri non presentano lacune per un certo periodo ci permettono di ricostruire l’andamento dei diversi eventi nel corso degli anni. Queste fonti, insieme agli stati delle anime, permettono di determinare per i relativi anni gli indici di natalità, mortalità e nuzialità. I registri parrocchiali, utilizzati come fonti dagli storici per studiare le conseguenze di eventi catastrofici, sono diventati delle fonti privilegiate a partire dagli anni Cinquanta del XX secolo, quando dei demografi francesi elaborarono un metodo di spoglio che prende il nome di “ricostruzione nominativa delle famiglie”. Possiamo sintetizzare questo metodo in due punti: a) Si creava una “scheda di famiglia” per ogni matrimonio celebrato nella parrocchia studiata in un determinato arco di tempo; b) Venivano trascritti in queste schede tutti gli eventi demografici desunti dai libri dei battesimi e delle sepolture riguardanti la coppia presa in esame. Questo metodo però presenta degli inconvenienti come, innanzi tutto, il lungo lavoro richiesto anche per il villaggio più piccolo e poi il basso numero delle schede di famiglia che è possibile ricostruire in modo completo (Qui compaiono le Famiglie chiuse-> si sa la data di inizio osservazione, di fine e le eventuali date di nascita dei figli ma sono minori rispetto al totale delle schede matrimoniali). Dopo questo “esperimento” i demografi hanno rimesso in onere o hanno elaborato tecniche diverse, basate sui grandi aggregati anziché sul linkage (= collegamento) attraverso il nome. Ad esempio, la costruzione di piramidi delle età e la costruzione di tavole di mortalità (=è uno strumento per l'analisi statistica della mortalità. Descrive per singole generazioni l'andamento del numero di sopravvissuti dal momento della nascita fino alla morte dell'ultimo e consente di calcolare la speranza di vita). Tecnica della inverse projection-> tecnica che consente il calcolo di fonti di movimento (nascite, decessi, matrimoni) non accompagnate da informazioni sull’entità e la struttura per età della popolazione aggregata per ciascuno degli anni interni ai periodi coperti dalla serie. La popolazione europea nell’età moderna Per il periodo dal tardo Quattrocento agli inizi dell’Ottocento si hanno stime abbastanza attendibili della popolazione mondiale divisa per continenti. Per tutto il periodo più della metà della popolazione viveva nella fascia centro-meridionale del continente asiatico. Queste cifre inoltre mettono in evidenza la crisi demografica che colpì il continente americano con l’inizio della colonizzazione europea e l’arresto dello sviluppo dell’Africa legato allo stesso evento (esportazione di schiavi neri) Per il nostro continente si delineano tre grandi fasi: una crescita demografica generale e continua tra la metà del Quattrocento e gli inizi del Seicento; un forte rallentamento nel XVII secolo, risultato di comportamenti demografici diversificati per grandi aree (espansione). una rinnovata tendenza espansiva nel Settecento che andrà avanti poi fino al XIX secolo. Si discute ancora se questi dati siano il frutto di uno squilibrio tra popolazione e risorse (tesi Malthus), oppure se sia dovuto ad altri fattori quali le epidemie, le carestie, le guerre ed il clima sfavorevole. Bisogna ricordare che nell’età moderna erano pressoché sconosciute le pratiche contraccettive, che iniziarono a diffondersi solo nel tardo Settecento a partire dalla Francia. Potremmo immaginare, con questi presupposti, che ogni coppia di coniugi mettesse al mondo un gran numero di figli, ma nella realtà non era così per tre motivi: In gran parte dell’Europa le donne si sposavano relativamente tardi (tra i 24 e i 26 anni) e quindi gran parte della loro vita feconda restava inutilizzata ai fini della riproduzione, Gli intervalli tra i parti, dopo il primo che avveniva circa un anno dopo le nozze, tendevano ad allungarsi tra i 2 e i 3 anni a causa dell’allattamento prolungato, Era molto frequente la rottura del matrimonio prima che la donna terminasse il proprio ciclo fecondo a causa della morte di uno dei coniugi. In linea di massima un matrimonio durava tra i 12 e i 15 anni e, sempre in linea di massima, potevano nascere 5 o 6 figli. Questo è un numero abbastanza proficuo per garantire un aumento della popolazione, ma si deve tener conto dell’alto tasso di mortalità infantile e giovanile che dimezzava la prole. La storia della famiglia Il comportamento demografico delle coppie rappresenta solo un aspetto della storia della famiglia che negli ultimi decenni è diventata un punto d’incontro di molte discipline. I documenti come gli stati delle anime illustrano non

solo i nuclei famigliari ma anche le dimensioni e la composizione degli aggregati domestici. Per lo studio della popolazione ha avuto un grande successo la classificazione elaborata dal Gruppo di Cambridge, diretto da PETER LASLETT, che ha distinto cinque tipi di aggregati: 1) Famiglia “nucleare”, composta solo da due coniugi ed eventuali figli; 2) Famiglia “estesa”, dove ai coniugi e agli eventuali figli sia aggiunge almeno un altro convivente(ad esempio un fratello o un genitore di uno dei due coniugi); 3) Famiglia “multipla”, caratterizzata dalla compresenza di almeno due nuclei; 4) Famiglie “senza struttura”, alla cui base non c’è un rapporto matrimoniale; 5) I “solitari”, quelli che noi oggi definiamo “single” Laslett, alla fine degli anni Sessanta, avanzò la tesi che durante il periodo dell’Antico Regime fosse predominante il modello di famiglia nucleare, ma man mano che si completavano le ricerche nei vari paesi, il quadro si faceva sempre più complesso. Successivamente lo stesso Laslett, insieme a John Hajnal, distinsero due diversi modelli matrimoniali e familiari : 1) il primo, tipico di molti Paesi dell’Europa nord-occidentale, si basava su tre regole: innanzi tutto sia gli uomini che le donne si sposavano abbastanza tardi ed un numero consistente sia di uomini che di donne non si sposavano affatto. In secondo luogo, gli sposi seguivano la regola della residenza neolocale dopo il matrimonio (mettevano su casa per conto loro) e quindi davano origine ad una famiglia nucleare. Infine, prima del matrimonio un gran numero di uomini e di donne passava qualche anno fuori casa al servizio di un’altra famiglia. 2) Il secondo modello era diffuso soprattutto nell’Europa orientale e meridionale e, a differenza del primo, prevedeva un matrimonio abbastanza precoce e una residenza patrilocale (ovvero la convivenza degli sposi con i genitori del marito) escludendo il servizio prepuziale presso altre famiglie. Per analizzare questi modelli bisogna tener conto anche del fattore economico, in quanto la famiglia non rappresentava solo un’unità di consumo, ma era prima di tutto un’unità di produzione. Le famiglie contadine, quasi ovunque costituivano la maggioranza della popolazione, e assumevano strutture diverse a seconda dei meccanismi ereditari: la divisione del patrimonio in parti uguali tra i figli maschi tendeva a favorire la formazione di famiglie nucleari, mentre la successione al podere di un solo figlio tendeva a favorire la formazione di una famiglia ceppo (cioè alla convivenza dell’erede e della moglie con i genitori di lui). Le dimensioni dell’aggregato domestico andavano anche in base al fondo coltivato (sia di proprietà che in affitto). Le questioni economiche naturalmente non riguardavano solo gli strati bassi della società, ma anzi, nelle élite le questioni patrimoniali tra coniugi, la successione, la dote, assumevano una maggiore rilevanza e complessità. Le famiglie aristocratiche europee e la conservazione del patrimonio Per le famiglie aristocratiche europee, la conservazione della propria ricchezza, incentrata sulla proprietà fondiaria, era una preoccupazione dominante, tanto che tra il XVI e il XVIII secolo si adottarono strumenti giuridici adatti a tale scopo come i : “fedecommessi” => una disposizione mediante la quale chi fa testamento vincola l'erede a trasmettere tutta o parte dell'eredità a un'altra persona per via di discendenza maschile. primogeniture, o maggiorasco => concentrare nel primogenito, in presenza di più figli maschi, il grosso dell’eredità. Con questi accorgimenti le famiglie cercavano di tutelarsi con il rischio di una dispersione del patrimonio. Per le femmine la dote fungeva da eredità anticipatoria ed era commisurata al prestigio della famiglia, ma solo una femmina era destinata a sposarsi le altre prendevano la via del chiostro (convento) oppure rimanevano a vivere in famiglia. La limitazione dei matrimoni, la trasmissione di beni per linea maschile, la destinazione dei figli cadetti alle carriere militari, ecclesiastiche, giudiziarie, e la destinazione delle figlie femmine alla monacazione o al nubilato, erano le basi di una strategia familiare che, tra le altre cose, dava molta importanza alle alleanze matrimoniali e alle reti allargate di parentela agnatizia (parentela tra i discendenti dallo stesso padre) e cognati zia ( acquisita attraverso unioni matrimoniali). Le questioni economiche e i meccanismi di successione non esauriscono gli studi in merito alla famiglia e ai rapporti in essa presenti. Sono stati compiuti molti studi in merito ai rapporti di autorità e di affetto tra coniugi e tra genitori e figli tanto che MICHAEL ANDERSON parlò di “approccio dei sentimenti”. La famiglia in Gran Bretagna fra Cinque e Ottocento Per la Gran Bretagna punto di riferimento in questo ambito, è il libro di LAWRENCE STONE, “Famiglia, sesso e matrimonio in Inghilterra fra Cinque e Ottocento”, nel quale si distinguono tre tipi diversi di agglomerato che si susseguono, o che addirittura si accavallano, tra il Cinquecento e l’Ottocento : Il primo agglomerato è costituito dalla “famiglia a lignaggio aperto” (1450-1630), caratterizzato dalla freddezza dei rapporti tra i coniugi e tra genitori e figli, l’importanza del casato e dal controllo del parentado; il secondo agglomerato è costituito, invece, dalla “famiglia nucleare patriarcale ristretta” (1550- 1700), dove all’accentuazione dell’autorità del pater familias, riflesso del potere assoluto del monarca sulla società, si accompagnano lo sviluppo di legami affettivi tra i coniugi e il grande risalto dato all’educazione cristiana e al disciplinamento della prole; il terzo agglomerato, infine, è costituito dalla “famiglia nucleare domestica chiusa” (1620-1800), la cui peculiarità è l’individualismo affettivo che si esprime in una nuova tenerezza sia tra moglie e marito, sia tra questi e i loro figli. CAPITOLO 2 L’agricoltura dell’Europa preindustriale: risposta estensiva e risposta intensiva Nei secoli successivi al Mille, l’agricoltura europea aveva compiuto notevoli progressi che avevano permesso di sottoporre a coltura i terreni umidi e argillosi delle aree centro- settentrionali del vecchio continente. Le innovazioni più importanti sono: l’aratro pesante dotato di avantreno, di coltro e di versoio; la ferratura degli zoccoli dei cavalli e la loro bardatura con collari fatti in modo da evitare la pressione sulla gola e la larga diffusione triennale (= un anno a frumento o segale, un anno a orzo o avena e un anno a riposo). Nei Paesi mediterranei, però, la scarsità delle piogge e la natura friabile dei terreni, ostacolarono l’applicazione di queste nuove tecniche, infatti rimase la rotazione biennale che lasciava la terra a riposo un anno su due e si utilizzava l’aratro leggero privo di ruote. Tra il 1450 e il 1750 l’organizzazione produttiva nelle campagne non registrò grandi mutamenti. L’incremento demografico del “lungo Cinquecento” comportò un aumento della domanda di derrate alimentari, soprattutto verso i cereali. La carne scomparve praticamente dalle mense dei contadini e, in generale, di tutti i lavoratori manuali, che fino al XX secolo si nutrirono prevalentemente di pane e farinate, accompagnati da legumi e verdure, lardo o pesce salato, uova e latticini in modeste quantità e vino o birra di scadente qualità. Ci si chiede come fosse possibile che l’agricoltura potesse riuscire a sfamare una popolazione in continua crescita. A livello teorico sono possibili due tipi di risposte: una risposta “estensiva” consistente nell’allargamento della superficie coltivata, e una risposta “intensiva”, consistente nell’adozione di tecniche volte ad accrescere la produttività, ossia la quantità di

prodotto per unità di superficie. Fino al XVI secolo prevalse la soluzione intensiva, tanto che, a mano a mano che la popolazione cresceva vennero rimessi a coltura terreni precedentemente abbandonati, e furono bonificate molte aree che fino ad allora erano occupate da foreste e paludi. Ovviamente i terreni così dissodati non sempre erano di prima qualità, nella maggior parte dei casi si trattava di terreni marginali che solo la pressione demografica aveva fatto sì che fossero resi coltivabili. Conseguenza di ciò fu la contrazione della superficie adibita a pascolo, che a sua volta, comportò una scarsità di concime. Anche il clima aveva influito negativamente sui raccolti in quanto nella metà del 400 ci fu una fase di diminuzione delle temperature medie chiamata “piccola glaciazione”. In Europa il rapporto tra raccolto e semente per i cereali panificabili oscillava tra 3:1 e 5:1 e il peso del raccolto per ettaro era sui 4-7 quintali. La fertilità dei campi non è solo funzione della natura dei suoli ma anche di altri due fattori: la disponibilità dell’acqua e il concime. La presenza di una rete irrigatoria fu all’origine della grande produttività della pianura a sud di Milano dove già nel basso Medioevo scomparve il maggese e si diffuse il capitalismo. Le piante foraggere, oltre a restituire alla terra l’azoto sottrattole, rendono possibile il mantenimento all’interno della aziende di abbondante bestiame bovino. La stretta associazione di agricoltura e allevamento e l’adozione di rotazioni che eliminano la necessità del riposo periodico dei terreni sono l’essenza della rivoluzione agricola che ci fu nei Paesi Bassi e poi in Inghilterra. Il regime fondiario dell’Europa centroccidentale In gran parte dell’Europa i secoli del basso Medioevo furono caratterizzati, oltre che dalla disgregazione della feudalità come sistema di governo, anche dall’erosione dei poteri signorili nelle campagne sia per effetto della crisi demografica, sia per la generale tendenza dei signori di monetizzare le prestazioni loro dovute, sia, infine per le rivolte contadine scoppiate tra il Trecento e il Cinquecento. All’inizio dell’età moderna i coltivatori del suolo erano personalmente liberi di sposarsi, di trasferirsi, di disporre delle loro terre qualora ne possedevano. Le corvées erano limitate a poche giornate all’anno e la riserva signorile era stata, per la maggior parte, frazionata in appezzamenti affidati a famiglie coloniche con una serie di patti agrari che andavano dal livello (un canone fisso in natura o in denaro stabilito per un lungo periodo di tempo) al piccolo affitto o alla mezzadria. Bisogna ricordare, però che in alcune zone rimasero dei residui feudali con tutto ciò che comportava a seconda del grado di sviluppo economico : la giurisdizione e il potere di banno che consiste nella competenza del giudice signorile sulle minori cause civili e penali, l’obbligo, per i proprietari di terre, di pagare al signore un censo annuo a cui si aggiungeva una decima feudale. Il forte aumento della popolazione registrato nel XVI e XVIII secolo portò a processi di proletarizzazione, ossia diminuzione in percentuale dei coltivatori autosufficienti, alla moltiplicazione di contadini poveri e alla riduzione del potere d’acquisto dei salari. Oltre ai residui feudali, i contadini erano soggetti anche alla decima ecclesiastica (per lo più percepita in natura subito dopo il raccolto), alle imposte statali e, qualora non fossero stati i proprietari del terreno coltivato, erano soggetti anche al gravoso prelievo rappresentato dalla rendita fondiaria. Per quanto riguarda, invece, i medi e grandi proprietari, ad essi conveniva acquistare nuove terre ed accrescere il prelievo sui coloni. Quindi solo nelle aree particolarmente favorite dal punto di vista ambientale (la bassa pianura lombarda) e dove era minore la pressione sul suolo dei contadini poveri (Olanda e Inghilterra) fu possibile nell’età moderna adoperare le tecniche agricole per accrescere la produttività dei terreni. Il regime fondiario dell’Europa Orientale Le regioni che si trovano ad est di un’immaginaria linea tracciata dalle foci del fiume Elba a Trieste, avevano due caratteristiche che le differenziava dalle regioni più occidentali. Innanzitutto, comprendevano enormi estensioni di terreno pianeggiante e potenzialmente fertile, in secondo luogo erano sparsamente popolate. Al contrario delle regioni occidentali, qui il problema era rappresentato non dalla scarsità dei terreni coltivabili, ma dalla scarsità della forza lavoro. Inoltre, allo stesso tempo, molto più deboli e meno sviluppate erano le città e le comunità di villaggio da un lato e le istituzioni statali dall’altro. In questo contesto la diffusione dell’economia di mercato, che da una parte apriva soprattutto alle regioni affacciate sul mare nuove possibilità di esportazione dei cereali, e da un’altra spingeva i grandi proprietari a procurarsi nuove ricchezze per l’acquisto di prodotti di lusso, agì come uno stimolo ad accrescere la produzione attraverso la via più semplice che era rappresentata dalla coercizione extraeconomica nei confronti dei contadini. La servitù della gleba venne rafforzata dal XV secolo e fu introdotta in aree dell’Europa orientale dove ancora non era conosciuta. Questo processo fu favorito e diretto dai poteri statali la cui base sociale era costituita dalla stessa aristocrazia. Generalmente il territorio agricolo di un villaggio prussiano o polacco era diviso in una o due grandi tenute signorili e un...


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