Archeologia a San Benedetto Po: alle origini del monastero dei Canossa PDF

Title Archeologia a San Benedetto Po: alle origini del monastero dei Canossa
Author Caterina Giostra
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MATILDE DI CANOSSA E IL SUO TEMPO Atti del XXI Congresso internazionale di studio sull’alto medioevo in occasione del IX centenario della morte (1115-2015) San Benedetto Po - Revere - Mantova - Quattro Castella, 20-24 ottobre 2015 TOMO PRIMO FONDAZIONE C ENTR O ITALI ANO DI ST UDI SULL’ ALTO M EDIOE...


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MATILDE DI CANOSSA E IL SUO TEMPO Atti del XXI Congresso internazionale di studio sull’alto medioevo in occasione del IX centenario della morte (1115-2015) San Benedetto Po - Revere - Mantova - Quattro Castella, 20-24 ottobre 2015

TOMO PRIMO

FONDAZIONE

C ENTR O ITALI ANO DI ST UDI SULL’ ALTO M EDIOE VO SPOLETO

2016

ISBN 978-88-6809-114-9

prima edizione: ottobre 2016

© Copyright 2016 by « Fondazione Centro italiano di studi sull’alto medioevo », Spoleto.

Il Congresso è stato realizzato anche con il contributo di

INDICE

Consiglio di amministrazione e Consiglio scientifico della Fondazione Centro italiano di studi sull’alto medioevo pag.

IX

Elenco dei partecipanti ....................................................

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XI

Programma del Congresso ...............................................

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XIII

PAOLO GOLINELLI, Matilde: la donna e il potere ......................

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1

TIZIANA LAZZARI, I poteri delle donne al tempo di Matilde ........

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35

GIUSEPPE SERGI, Matilde di Canossa e Adelaide di Torino: contatti, confronti, valutazioni tipologiche ...............................

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57

AMALIA GALDI, Sichelgaita e le altre. Donne di potere (?) nel mezzogiorno medievale ..................................................

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75

ENRICO BONANATE, La titolatura pubblica femminile canossana: evoluzione e difformità con il contesto italico .......................

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99

VALERIE EADS, What Is a Warrior Countess? .........................

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117

EUGENIO RIVERSI, « Maiorem se facit Italia »: la questione della legittimazione del potere di Matilde nelle fonti narrative e trattatistiche .....................................................................

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133

ANDREA PADOVANI, Matilde e Irnerio. Note su un dibattito attuale ..........................................................................

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199

GIUSEPPE FORNASARI, Canossa tra germanesimo e latinità. Alcune riflessioni .....................................................................

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243

ALBERTO RICCIARDI, Soissons 833 Canossa 1077. Potenzialità e limiti di un confronto .....................................................

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265

VI

INDICE

MARINO ZABBIA, Protagonista di un secolo dimenticato. La fortuna di Matilde nelle cronache medievali ............................... pag.

301

LUCIA CASTALDI, La Vita Mathildis di Donizone di Canossa fra tradizione manoscritta e opportunità politica ........................

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323

MARIA LUISA CECCARELLI LEMUT, La dimensione marittima della Marca di Tuscia ........................................................

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355

CATERINA CICCOPIEDI, Matilde e i vescovi .............................

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371

MARCO VENDITTELLI, « Usque ad Urbem cum comitissa Mathilda pacifice venimus ». La situazione politico-sociale di Roma al tempo di Matilde ..........................................................

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391

GIUSEPPA Z. ZANICHELLI, Donne e libri al tempo di Matilde ......

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427

FILIPPO FONTANA, Aspetti archeologici del controllo del territorio fra l’Alta Val d’Enza e l’Alta Lunigiana. La consorteria dei da Vallisnera e i Canossani ............................................

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447

EDOARDO MANARINI, Ai confini con l’Esarcato: proprietà, possessi e giurisdizioni dei Canossa nel Bolognese orientale .................

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459

RENZO ZAGNONI, Valichi matildici fra Emilia e Toscana: il caso dell’itinerario Reno-Ombrone pistoiese ...............................

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481

ENRICA COZZI, Un ciclo pittorico dell’epoca e nel territorio di Matilde: Acquanegra sul Chiese .......................................

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501

FABIO SAGGIORO, Castelli e Canossa: alcune note sulle politiche territoriali e sulle strutture materiali ...................................

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519

PAOLA GALETTI, Gli spazi del ‘quotidiano’ al tempo di Matilde .

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531

NICOLA MANCASSOLA, Pievi, chiese e monasteri al tempo di Matilde di Canossa ...........................................................

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549

CHIARA MARASTONI - ELENA MONTI, Il contributo dell’archeologia alla lettura del paesaggio abitativo di età matildica nel territorio mantovano ............................................................

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619

SILVIA LUSUARDI SIENA - CATERINA GIOSTRA, Archeologia a San Benedetto Po: alle origini del monastero dei Canossa ............

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645

VII

INDICE

MANFRED LUCHTERHANDT, Architettura matildica? Le Cattedrali padane tra nobiltà, chiesa e comune: il caso di Parma ........... pag.

665

SAVERIO LOMARTIRE, Cicli figurati e scritture esposte: un ruolo per Matilde? ................................................................

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701

XAVIER BARRAL I ALTET, Donne committenti e donne artiste nel romanico europeo: una questione aperta dell’arte medievale .....

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729

ANDREA DEL GROSSO, Le arti del metallo in area matildica tra XI e XII secolo ............................................................

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747

MADDALENA VACCARO, Matilde di Canossa a San Benedetto Po: un mosaico « per ornamento del sepolcro »? ........................

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SILVIA LUSUARDI SIENA - CATERINA GIOSTRA

ARCHEOLOGIA A SAN BENEDETTO PO: ALLE ORIGINI DEL MONASTERO DEI CANOSSA

Il complesso monastico benedettino di San Benedetto Po, nell’Oltrepò mantovano, presenta oggi articolazione e sviluppo architettonico impostati prevalentemente nel Quattrocento, quando l’abbazia fu annessa alla Congregazione di Santa Giustina di Padova; furono poi integrati nel secolo successivo, quando anche Giulio Romano lavorò a Polirone, alla ristrutturazione della chiesa di San Benedetto 1. Solo la basilica e l’oratorio di Santa Maria conservano porzioni dell’impianto e dell’arredo romanico 2; alcuni sondaggi condotti negli anni ’70 al di sotto degli attuali piani pavimentali dei due edifici di culto hanno restituito qualche ulteriore elemento utile alla conoscenza delle loro fasi costruttive medievali 3. Tra il 1989 e il 1994, indagini archeologiche estese – ma purtroppo condotte con modalità stratigrafiche solo su limitate porzioni – hanno interessato la Sala del Capitolo, il chiostro di San Benedetto 1. Il presente lavoro si inserisce nel progetto di ricerca “Alle origini di Polirone: dallo scavo alla storia”, avviato nel 1999 dalla Cattedra di archeologia medievale dell’Università Cattolica di Milano (S. Lusuardi Siena) e i cui primi risultati sono stati presentati nella Giornata di studio tenutasi a San Benedetto Po nel 2002. A breve si prevede l’edizione complessiva della ricerca, curata dalle autrici del presente contributo, la cui stesura si deve a Caterina Giostra. Ringraziamo gli studiosi che hanno in corso di studio le diverse classi di materiali per la possibilità di anticipare dei dati: Alessandra Negri (ceramica grezza); Sergio Nepoti (ceramica rivestita bassomedievale e moderna); Claudia Perassi (monete); Marco Sannazaro (pietra ollare); Roberta Zuech (vetri); Caterina Giostra (metalli e miscellanea). A Dario Gallina si deve la lettura stratigrafica dell’alzato del braccio orientale del chiostro di San Benedetto. 2. P. PIVA, L’abbazia di Polirone nel XII secolo: architettura e vita monastica. Una lettura comparata della documentazione archeologica e scritta, in Arredi liturgici e architettura, a cura di A.C. QUINTAVALLE, Parma, 2007, pp. 53-85. 3. S. LEALI, L’abbazia di San Benedetto Po. Dieci secoli di storia, Suzzara, 1989.

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e in minor misura quelli di San Simeone e dei Secolari (Fig. 1) 4; a queste sono seguiti limitati controlli stratigrafici effettuati dall’Università Cattolica nel 1999 nella Sala del Capitolo e la lettura stratigrafica dell’alzato del braccio orientale del chiostro di San Benedetto. Alla proposta interpretativa di tali interventi, che consentono di ripercorrere a grandi linee gli antefatti e poi di ricostruire la sequenza complessiva del monastero a nord delle chiese dalle origini canossane alla radicale ristrutturazione Quattro e Cinquecentesca, è dedicato il presente contributo 5. In anni più recenti (2006-2008) lavori di riqualificazione delle piazze Teofilo Folengo e Matilde di Canossa antistanti la basilica hanno offerto l’occasione di documentare ulteriori strutture del complesso medievale e moderno a sud e a ovest della basilica, non più conservato in alzato 6. Nonostante i numerosi recenti interventi archeologici in complessi monastici medievali, ci sembra che l’indagine nel cenobio polironiano resti a tutt’oggi significativa a livello nazionale per estensione, anche se le modalità d’intervento lasciano alcune incertezze circa la puntuale ricostruzione della sequenza diacronica, comunque assai articolata. LE

PREESISTENZE TARDO ANTICHE E ALTOMEDIEVALI

Il comparto territoriale polironiano – come è noto, caratterizzato dalla ricchezza di acque e da equilibri ambientali piuttosto 4. Gli interventi di scavo sono stati diretti dalla Soprintendenza Archeologica della Lombardia (dott.ssa Tamassia, con il coordinamento sul campo della dott.ssa Attene Franchini): si vedano le notizie date nel “Notiziario della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia” 1989, 1990-1991, 1992, 1993-1994. 5. Prime riflessioni sono state fornite anche in altre occasioni congressuali (S. LUSUARDI SIENA, C. GIOSTRA, S. Benedetto Po: i dati archeologici circa le origini del monastero dei Canossa, in Il monachesimo italiano dall’età longobarda all’età ottoniana (secc. VIII-X). Atti del VII Convegno di Studi Storici sull’Italia benedettina (Nonantola 2003), a cura di G. SPINELLI, Cesena, 2006, pp. 707-735; S. LUSUARDI SIENA, C. GIOSTRA, San Benedetto Po: l’abbazia di Matilde di Canossa. Archeologia di un grande monastero dell’Europa benedettina, in De re monastica. Cantieri e maestranze nell’Italia medievale. Atti del II Convegno Internazionale (Chieti - San Salvo 2008), a cura di M.C. SOMMA, Spoleto, 2010, pp. 483-498). La prosecuzione dello studio dei materiali ha permesso un avanzamento nella conoscenza del complesso. 6. B. HOWES, San Benedetto Po (MN). Piazze Teofilo Folengo e Matilde di Canossa, in Notiziario della Soprintendenza Archeologica della Lombardia, 2007, pp. 102-106.

ARCHEOLOGIA A SAN BENEDETTO PO

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instabili – già in età romana doveva essere interessato da un popolamento di tipo sparso, in relazione alla navigazione sul Po che dava impulso all’economia locale 7. In età tardo-antica, l’epigrafe di Thomas v(ir) h(onestus) negotiator, morto nel 540 a 25 anni, trovata nel 1785 nella chiesa di San Benedetto con ogni verosimiglianza nel monastero polironiano, rifletterebbe nella zona l’importanza delle attività commerciali legate al fiume 8. Due pulvini marmorei ritenuti provenienti dall’area del monastero, stilisticamente non affini ma entrambi inquadrabili nel VI secolo (Fig. 2) 9, suggeriscono l’esistenza a quest’epoca di un edificio di culto con ricco apparato scultoreo, presso il quale Thomas potrebbe essere stato sepolto.

L’edificio tardo antico e quello altomedievale I saggi condotti nella Sala del Capitolo hanno restituito articolate sequenze murarie – seppure limitate nello spazio – a partire dall’età tardo-antica. Le murature più antiche (Fig. 3), solide e di buona tecnica costruttiva, descrivono due vani di un edificio di una certa imponenza 10; nel saggio condotto all’esterno, nell’adia7. M. CALZOLARI, Il territorio di San Benedetto di Polirone: idrografia e topografia nell’alto Medioevo, in Storia di San Benedetto di Polirone. Le origini (961-1125), a cura di P. GOLINELLI, Bologna, 1998, pp. 1-34. 8. G. LABUS, Museo della Reale Accademia di Mantova, II, Mantova, 1837, pp. 34-37; CIL, V, 4084; ILCV, 673; A. AVRAMEA, Mort loin de la patrie. L’apport des inscriptions paléochristiennes, in Epigrafia medievale greca e latina. Ideologia e funzione, Atti del seminario di Erice (1991), a cura di G. CAVALLO, C. MANGO, Spoleto,1995, p. 45, n. 214; M. SANNAZARO, Viri laudabiles e viri honesti in età tardo antica: alcune considerazioni, in Ceti medi in Cisalpina. Atti del Colloquio internazionale (Milano 2000), a cura di A. SARTORI, A. VALVO, Milano, 2002, p. 285. Il testo recita: Hic r(e)q(uiescit) in pace Thomas v(ir) h(onestus) ne/gotiator pen(i)t(ens) qui vixit ann(os) / pl(us) m(inus) XXV dep(ositus) sub (die) XI / kal(endas) mar(tias) ind(ictione) I[II] / sex(ie)s p(ost) c(onsulatum) Paulini iun(ioris). 9. R. BELLODI, Il monastero di San Benedetto in Polirone nella storia e nell’arte, Mantova, 1905, p. 16. Attualmente, un pulvino è conservato presso una collezione privata locale, mentre l’altro risulta disperso. 10. Il muro a T u.s. 120 è in laterizi e tegoloni frammentari legati da malta, a sacco con paramenti regolari. La termoluminescenza di alcuni campioni prelevati dalla struttura ha offerto una datazione al 290+-130, che rappresenta un terminus post quem per la costruzione dell’edificio.

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cente chiostro di San Simeone, sono state individuate altre porzioni murarie, con ogni verosimiglianza pertinenti anch’esse allo stesso edificio, prolungamento orientale della struttura precedente. Un piano in malta potrebbe costituire un residuo del pavimento. In un secondo momento, l’apertura fra i due vani viene tamponata mediante un muretto in frammenti laterizi legati da argilla 11: il paramento orientale presenta una tessitura regolare, mentre quello occidentale assai disordinata e questo ha portato a ipotizzare che il vano occidentale fosse ormai inutilizzato. In quello orientale invece, su un piano pavimentale in argilla con tracce di focolari si succedono piani in malta con livelli in limo o argilla sottostanti, sui quali si depositano livelli carboniosi, suggerendo un prolungato utilizzo dell’ambiente per attività domestiche o artigianali. I reperti ceramici e vitrei ivi rinvenuti si inquadrano fra il V e il VI secolo, concordando con le indicazioni restituite da analisi termoluminescenti sui laterizi delle murature circa significative attività costruttive – forse anche con laterizi approntati appositamente – e insediative nell’area in particolare nel V secolo inoltrato. All’abbandono dell’edificio, con conseguente crollo delle pareti in laterizi, segue un’esondazione fluviale, documentata da uno strato sabbioso limoso bruno che sigillava il crollo e che è stato riconosciuto anche nei saggi condotti nel chiostro di San Benedetto. L’evento ben si inquadra in un territorio caratterizzato dalla ricchezza delle acque e dall’instabilità idrogeologica, verosimilmente governata con maggiori difficoltà verso la fine del VI secolo, peraltro in concomitanza con un deterioramento climatico e con le vicende politiche della prima fase del regno longobardo 12. Intorno alla prima metà del VII secolo, su strutture e macerie livellate viene costruito un grande ambiente, di almeno m. 12,30 di lunghezza, a quest’epoca non ulteriormente suddiviso (Fig. 4). 11. La termoluminescenza di tegole impiegate nella struttura di tamponamento u.s. 121 ha indicato una data intorno al 400+-100. Un’analisi già condotta in passato su un campione di un laterizio dalle strutture murarie in esame aveva dato come risultato 470+-91. 12. Una suggestione ci viene anche dal ben noto riferimento di Paolo Diacono al “diluvio” del 589 (Hist. Lang., III, 23-24), riconducibile a ripetuti fenomeni esondativi innescati da un peggioramento climatico che provocò un diffuso dissesto idrogeologico in varie regioni della penisola.

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È delimitato da un muro orientato est-ovest, edificato al di sopra delle preesistenze tardo romane, e da un secondo con sviluppo da nord a sud 13; essi vedono l’impiego di laterizi anche prodotti appositamente, come sembrano indicare analisi di termoluminescenza, che orientano appunto per una cronologia al VII secolo 14. Nonostante l’esiguità dei dati renda ardua la puntuale definizione d’uso dell’edificio, l’impegno costruttivo delle strutture murarie sembra segnalare un progetto edilizio di rilievo. Esso potrebbe essere correlato ad una valorizzazione del sito, negli anni successivi alla conquista di Cremona e Mantova ad opera di Agilulfo nel 603, alla contestuale consegna ai Longobardi del castrum quod Vulturina vocatur (Viadana?) e all’incendio dell’oppidum bizantino di Brescello 15. Per buona parte del VII secolo (soprattutto fino a Rotari), il territorio polironiano dovette costituire un’area di frontiera – pur permeabile – e l’isola fluviale un punto nevralgico sul piano strategico ed economico. Da questo punto di vista, nell’VIII secolo il capitolare di Liutprando attesta come i Comacchiesi sostassero a caput Mincio per il loro commercio di sale e spezie, località nei pressi della confluenza del Mincio nel Po, dove è ricordata una chiesa altomedievale intitolata a Santa Maria 16.

La cappella di VIII secolo e le possenti mura successive A quest’epoca, l’VIII secolo, è ascrivibile l’inserimento di una muratura absidata, che ha tagliato alcune strutture dell’edificio preesistente, non sappiamo se mantenendolo parzialmente in uso o comportando una radicale riorganizzazione del complesso 13. L’u.s. 101 presenta un ampio utilizzo di laterizi e tegole frammentari legati da malta sabbiosa poco tenace ed è spessa cm 97; l’u.s. 210 ha analoghe caratteristiche costruttive. 14. Il perimetrale u.s. 101 ha offerto il riferimento 630+-100 e quello u.s. 210 il termine cronologico 600+-100. 15. Hist. Lang. IV, 28. Brescello è già ricordato in Hist. Lang. III, 18-19, lungamente conteso fra Longobardi e Bizantini, con i quali si era schierato il duca svevo Droctulfo (C. AZZARA, Parma nell’Emilia longobarda, in Reti Medievali Rivista, V - 2004/1). 16. M. CALZOLARI, Il territorio di San Benedetto di Polirone: idrografia e topografia nell’alto Medioevo, in Storia di San Benedetto di Polirone. Le origini (961-1125) a cura di P. GOLINELLI, Bologna, 1998, pp. 1-34.

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(Fig. 5) 17. Non è neppure chiaro se fosse occidentale o settentrionale rispetto alla cappella: nel caso della prima ipotesi, la facciata potrebbe essere riconosciuta nel muro rettilineo con andamento nord-sud documentato all’esterno della Sala del Capitolo, individuato in tre distinti tratti e che avrebbe potuto delimitare a est anche altri vani. All’esterno si trovavano due sepolture in fossa terragna, una delle quali conteneva ancora i resti ossei di un individuo maschile adulto 18. Anche per questo complesso l’inquadramento cronologico è ricavato dalla fitta sequenza delle strutture murarie e trova conferma nelle analisi con termoluminescenza, che orientano alla prima metà dell’VIII secolo circa (722+-70), un periodo che segna peraltro l’avvio e il progressivo intensificarsi delle fondazioni monastiche nel Regnum. Si tratta della più antica testimonianza di struttura cultuale nell’area dove successivamente sorgerà il complesso monastico; essa poteva affiancare l’edificio di culto più antico indiziato dai pulvini e dall’epigrafe di Thomas negotia...


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