Arte e archeologia del mondo romano riassunto torelli menichetti grassigli PDF

Title Arte e archeologia del mondo romano riassunto torelli menichetti grassigli
Course Archeologia e storia dell'arte greca e romana
Institution Università degli Studi di Palermo
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Arte e archeologia del mondo romano riassunto torelli menichetti grassigli...


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Arte e archeologia del mondo romano di Torelli, Menichetti, Grassigli

La questione dell’arte romana: un dibattito del XX secolo

La questione dell’arte romana è stata posta in chiave moderna per la prima volta ad opera di Alois Riegl e Franz Wickhoff, fondatori della cosiddetta ‘Scuola di Vienna’ (inizi del XX sec.), facendola assurgere a disciplina autonoma; la critica ufficiale, infatti, a quei tempi privilegiava manifestamente la cultura greca e in particolare il momento della sua ‘perfezione’ costituito dall’arte classica del V e IV secolo a.C., la cultura figurativa romana era, per loro, soltanto il punto d’arrivo della lunga decadenza dell’arte greca. Secondo Wickhoff, i contributi più rilevanti apportati grazie all’arte romana, sarebbero stati la ricerca della spazialità, da lui individuata negli sfondi dei rilievi storici, e l’introduzione del paesaggio nella pittura (in realtà, oggi sappiamo che sono entrambi conquiste dell’arte ellenistica). Riegl, invece, nel 1900 con il suo scritto intitolato “Industria artistica tardoromana” pone le fondamenta che permettono una lettura stilistica delle opere d’arte romane.

Più tardi il recupero e la ricostruzione dell’ Ara Pacis e l’allestimento della colossale Mostra Augustea della Romanità, voluta da Mussolini nel 1938 per il bimillenario della nascita di Augusto, (romanesimo sostenuto dal regime a fini puramente propagandistici), contribuirono da un lato allo sviluppo di scavi e ricerche archeologiche, dall’altro a lasciare in ombra ogni novità e le posizioni più moderne, sia nel campo della storia dell’arte sia nell’ambito della metodologia della ricerca archeologica, che fin lì si erano raggiunte. In particolare si ignorarono del tutto le conquiste delle scuole storico-artistiche austriaca e tedesca, come anche le innovazioni nelle tecniche di indagine e di scavo elaborate nel mondo anglosassone (una situazione di stallo che si protrarrà fino alla seconda metà del secolo ventesimo). Le innovative tesi affrontate dagli appartenenti alla ‘Scuola di Vienna’ vennero riprese successivamente da Ranuccio Bianchi Bandinelli (di formazione crociana). Dopo il suo libro-manifesto “Storicità dell’arte classica” (1942) approderà a posizioni più mature con : “L’arte romana al centro del potere” (1969), “La fine dell’arte antica” (1970), “Etruschi e Italici prima del dominio di Roma” (1973) e con l’ultima raccolta postuma di saggi “Dall’ellenismo al medioevo” (1978). Secondo Bandinelli l’arte romana è caratterizzata da un bipolarismo strutturale che si attua tra arte del centro (=Roma) e quella di periferia (=’arte plebea’, dei ceti subalterni). La cultura artistica della Cisalpina costituì un importante cerniera tra l’ufficialità del centro e l’arte delle province, ne fu un prolifico interprete Achille Mansuelli. All’attività di quest’ultimo, proseguita dalla sua scuola, si deve la classificazione sia delle architetture che delle produzioni di scultura decorativa e di arti minori, sollevate finalmente dalla penombra cui l’aveva condannata l’arte ufficiale promossa dalla capitale. Notevole importanza ha avuto, pure, l’indirizzo metodologico perseguito da Salvatore Settis in relazione allo studio delle iconografie e alla storia culturale. Fuori d’Italia le novità più importanti provengono dalla Germania dove a partire dagli anni ’70 si è verificata una vera e propria rinascita di studi sull’arte romana. In particolare Paul Zancher, si dedica all’arte augustea, espone il concetto di Bildprogramm (‘programma iconografico’), ovvero il progetto organico di immagini, legate al messaggio che il committente intende trasmettere con l’opera d’arte. A Klaus Fittschen si deve la sistemazione della ritrattistica romana e della classe dei sarcofagi, con l’introduzione del concetto di Bildnispropaganda, ovvero di propaganda realizzata

con il ritratto. Tonio Holscher ha, invece, innovato gli studi sul rilievo storico romano, si distingue anche per il concetto di Bildsprache (linguaggio delle immagini), di cui propone un’analisi dei sistemi semantici messi in campo dall’arte romana (“Il linguaggio figurativo romano come sistema semantico” del 1987). Le nuove tendenze esposte sin qui relativamente all’Italia e alla Germania si riproducono in Francia, Inghilterra e Stati Uniti, dove però assumono le sfumature proprie delle rispettive tradizioni culturali. Ad esempio in Francia, il forte insediamento tenuto dall’antropologia nella cultura dominante, fa porre l’accento soprattutto sulla costruzione delle mentalità e sul contributo della psicologia sociale manifestato negli indirizzi all’origine dei messaggi visivi; mentre un posto speciale è occupato dagli studi di architettura romana, in particolar modo quelli fortemente innovativi di Pierre Gros. Sollecitati dal processo di globalizzazione, oggi, si nota, nella comunità scientifica internazionale, un panorama abbastanza unitario negli orientamenti degli studi della storia dell’arte romana.

1. La formazione della civiltà romana nell’Italia protostorica

Alla fine del secondo millennio, tra l’età del Bronzo finale e la prima età del Ferro, particolare rilievo assumono le aree dell’Etruria, del Latium vetus (comprendente un territorio collocato tra il basso corso del Tevere, il promontorio del Circeo e i colli Albani) e della Campania, ove assistiamo a un precoce sviluppo delle forme urbane seppur con differenze di comparti territoriali, modalità, cronologia ed esiti finali. Nel corso del Bronzo medio l’area tirrenica del Latium vetus e quella esistente tra l’Etruria fino alla Calabria, mostra i segni di una occupazione territoriale capillare basata su siti difesi entro cui si praticava la lavorazione dei metalli e dove iniziano a circolare beni prestigiosi di provenienza soprattutto egea. Si avvia, dunque, un processo di accumulo di ricchezza e di differenziazione sociale, testimoniato dalle nuove e più complesse forme delle costruzioni abitative (ad esempio a Monte Rovello, presso Allumiere, o a Luni sul Mignone, presso Blera), e dal ritrovamento di numerosi ripostigli contenenti vari oggetti di metallo, come nel caso di Coste del Marano (fig. 1, costituito da 148 pezzi in bronzo, rinvenuto nel 1880). Verso il 1000 a.C. assistiamo a un generale abbandono di gran parte dei villaggi dell’età del Bronzo e alla formazione di abitati più estesi che coincidono sostanzialmente con i principali futuri insediamenti di età storica, si suole, infatti, indicare questa fase come ‘protourbana’. Agli inizi dell’età del Ferro emergono comunità importanti a Gabii, a Lavinium, a Roma, a Crustumerium, Fidene, Ardea, Satricum, Tivoli e Tusculum. Le divisioni regionali, già intraviste nella fase precedente, giungono ora a piena maturazione (fig. 2), si stabiliscono aree culturali ben precise: quelle di Golasecca e dei Liguri a nord-ovest e quella Atestina a nord-est della penisola; la cultura laziale e quella villanoviana, dislocate lungo la fascia tirrenica centro-meridionale; più all’interno l’area sabina confinante con quella laziale e le culture umbra e falisco-capenate che assumono il corso del Tevere come principale confine rispetto al mondo etrusco-laziale; le culture medio-adriatiche; la cultura delle tombe a fossa che interessa gran parte dell’Italia meridionale; l’area iapigia, ove si svilupperanno le culture della Daunia, della Peucezia e della Messapia; i Siculi nell’area nord-orientale, i Sicani nella parte centromeridionale e gli Elimi nel settore nord-occidentale, mentre in Sardegna persiste la cultura nuragica con caratteristiche megalitiche. Si iniziano a costruire villaggi formati da capanne con pianta variabile, da rotonda a rettangolare, di dimensioni maggiori rispetto alle precedenti, occupano per lo più aree strategicamente funzionali al controllo di territori fertili, di corsi d’acqua, di risorse minerarie, di luoghi di scambio come le zone portuali costiere. L’area villanoviana si espande verso nord, più esattamente nell’area emiliana con il caposaldo di Felsina-Bologna, nell’area romagnola ove emerge il centro di Verrucchio, e verso sud in Campania nel territorio di Capua e nell’area tra Pontecagnano e Sala Consilina. Proprio la gestione

della terra produce un altro importante cambiamento, ovvero l’affermarsi della proprietà privata della terra, gestita da famiglie, patriarcali o mononucleari. Nascerà di conseguenza una revisione dei rapporti sociali, che, però, ancora non comporta una sostanziale disuguaglianza tra individui, ciò è dimostrato grazie ai ritrovamenti nelle necropoli appartenenti alla prima età del ferro; in particolare nell’area Villanoviana, ove ricorre per lo più il tipico ossuario biconico per la deposizione delle ceneri del defunto (es. fig. 3). Non mancano, comunque, le prime differenziazioni di categorie sociali come dimostrano la fig. 4, una tomba che dovette appartenere a un personaggio di alto rango sociale, visto il suo complesso corredo funebre, e la fig. 6, tomba contenente un calefattoio (=praefericulum, vaso con alto sostegno sormontato da una scodella più ampia al centro e da altre più piccole agli angoli), importante indicatore di rango sociale alto, infatti solitamente, questo oggetto, serviva per le offerte nei sacrifici alla dea Ops Consiva . Testimonianza di uno status sociale elevato lo è anche la fig. 5, un’anfora in bucchero, da Cerveteri, derivata dalla forma attica, che ci indica l’assunzione da parte di queste aristocrazie tirreniche del cerimoniale greco legato al vino (=simposio). In questo senso va segnalato anche l’uso precoce di urnette a capanna (fig. 7 e 8) destinate solo a pochi individui, di entrambi i sessi, nel quadro delle necropoli laziali e villanoviane. Questa situazione di equilibrio si manterrà fino alla metà dell’VIII sec. a.C., quando l’accumulo sempre maggiore di ricchezze permetterà ad alcuni gruppi sociali di creare le basi materiali e ideologiche delle aristocrazie etrusche e latine. Già nel corso del IX sec. a.C. il mondo greco, a partire dall’Eubea, da Corinto, dall’area cicladica, si inserisce nella fitta rete di rapporti commerciali e culturali che si estende da un capo all’altro del Mediterraneo. Ne conseguirà un vero e proprio movimento di colonizzazione che porta popolazioni greche a stabilirsi sulle coste dell’Italia meridionale e della Sicilia, a partire dai decenni attorno alla metà dell’VIII sec. a.C., alimentando un profondo processo di acculturazione e di intensi scambi con le comunità indigene dell’Italia antica. Questi primi scambi consistono principalmente di beni materiali (alimenti, tessuti, materie prime…) e di schiavi, insieme alle merci, inoltre, transitano, uomini, artigiani e conoscenze di tecniche di lavorazione che daranno origine a numerose influenze (fig. 9, cratere etrusco-geometrico attribuito all’euboico Maestro di Cesnola o alla sua cerchia, 730-710 a.C.). Alcune delle prime influenze recepite dalle popolazioni italiche sono: quella del consumo cerimoniale del vino, come precedentemente accennato, il modo di concepire la polis greca, la tecnica della scrittura adottata alla fine dell’VIII secolo a.C., dal mondo latino ed etrusco (si basa sull’alfabeto calcidese della colonia greca di Cuma), inoltre, risentono degli influssi greci anche la formazione delle radici di alcune importanti strutture religiose, dei rituali del potere, del trionfo del culto degli antenati, della definizione di figure mitologiche e di divinità (fig. 10, carrello rinvenuto in una tomba femminile, funzionalmente assimilabile al praefericulum, deriva tipologicamente da prototipi ciprioti e levantini; e fig. 12, pianta del tempio di Satricum, attesta come nel corso del VIII sec. a.C. una religiosità più strutturata venisse praticata in luoghi, non più all’aperto, ma in luoghi sacri ben definiti).

2. Roma e il Lazio tra reges e principes

Tra la seconda metà dell’VIII e la fine del VI secolo a.C. giungono a maturazione alcuni processi già avviati nella fase precedente: l’emergere e il consolidamento delle aristocrazie, la strutturazione piuttosto definitiva della forma urbana. A cavallo tra VII e VI sec. a.C. si afferma un nuovo spazio adibito al commercio ovvero l’emporion. Ad esempio a Gravisca, presso Tarquinia, e nel foro Boario a Roma, le attività commerciali e artigianali si svolgono, ora, di preferenza sotto la protezione di una divinità e nell’ambito del suo santuario (fig. 1, tessera hospitalis che attesta come nella prima metà del VI sec. a.C. esistessero rapporti commerciali gestiti da aristocratici etruschi attivi nei maggiori mercati tirrenici; erano due placchette combacianti,

ognuna conteneva il nome di una delle due parti che avevano stipulato l’accordo). Il monopolio commerciale delle aristocrazie sarà ben presto interrotto dalla nascita di nuove figure, come l’ emporos, il navigatore-commerciante di professione. Nel corso del VI sec. a.C. la città arriva ad inglobare, entro la sua pianta urbanistica, direttamente l’area commerciale. Attraverso i canali dello scambio e del commercio transitano una quantità ingente di materiali preziosi provenienti soprattutto dall’area siro-ittita, neo-assira, siro-fenicio-palestinese fino all’Egitto e all’Arabia, tanto che questo periodo, compreso tra il 720 e gli inizi del VI sec. a.C. assume il nome di ‘orientalizzante’. Questi materiali preziosi corrispondono ai cosiddetti Keimelia, denotano il prestigio e il potere dei capi aristocratici (= principes), e li rinveniamo all’interno delle loro tombe (es.: grandi candelabri in bronzo, coppe e patere in oro, argento, fibule, oggetti esotici in avorio, ambra o pasta vitrea, uova di struzzo decorate, contenitori per spezie e profumi, tessuti e arredi lussuosi). La cerimonia funebre si presenta, ora, come una delle principali manifestazioni del potere aristocratico, non si tratta solo dell’apprestamento della tomba ma di un complesso di atti che va dall’esposizione del corpo del defunto al trasporto e alla sepoltura. Questa sequenza, ritmata da gesti e atti rituali, darà vita a veri e propri ludi che si svolgono in appositi luoghi presso la tomba. Il più delle volte il defunto era cremato al modo degli eroi omerici e le ossa collocate in un prezioso tessuto entro un’urna. Esempi: tomba Bernardini (fig. 2-3), tomba Barberini di Praeneste e tomba da Acquacetosa Laurentina (fig. 4-6, è una delle tombe più ricche rinvenute in area laziale in età orientalizzante, vi trovano sistemazione un carro nuziale e un trono ligneo, un corredo di 123 vasi funzionali a trasportare, ad attingere e al consumo del vino; apparteneva ad una donna di rango, ovviamente, aristocratico). L’altro grande segno della presenza aristocratica sul territorio è costituito dalle nuove residenze che assumono forme monumentali a palazzo (es.: fig. 7, palazzo di Murlo, era organizzato intorno ad un’ampia corte porticata, forse delimitata agli angoli da 4 torri, vi erano una serie di ambienti di servizio, quali magazzini e stalle, e un santuario per il culto degli antenati, fig. 9; fig. 8, palazzo di Acquarossa; fig. 10-13, lastre fittili decorate a rilievo raffiguranti momenti cruciali della vita del princeps e soggetti mitologici, spesso compaiono Enea o Eracle, che sottolineavano e giustificavano la discendenza del loro potere direttamente dal rapporto esistente tra loro e gli dei o antenati; queste lastre decoravano le corti palatine delle regiae etrusche e laziali del VI sec. a.C. così come i coevi edifici templari). Una misura del prestigio è data dall’antichità della propria stirpe fino a sconfinare nel mondo degli eroi del mito greco, come mostra bene l’ heròon di Enea a Lavinio (fig. 14, identificato nel luogo di una sepoltura principesca del secondo quarto del VII sec. a.C., forse appartenente al re fondatore di Lavinio). Da qui discendono anche la regolamentazione del diritto di possedere le imagines maiorum e il nomen gentilicium (=praenomen + nomen), ovvero nome individuale insieme al nome della gens di provenienza. Un’altra fonte del potere è fornita dai modelli del potere regale di cui si appropriano i principes attraverso uno stile di vita imitante la regalità orientale o quella dei re appartenenti al mondo omerico. Tutto questo paesaggio del potere aristocratico è destinato a scomparire tra VI e V sec. a.C. in significativa coincidenza con la definitiva strutturazione delle città. Gli autori antichi ci hanno tramandato diverse date relativamente alla fondazione di Roma: per Eratostene si tratterebbe del 1184 a.C., Ennio scende al 1090, Timeo al 814, gli annalisti romani, invece, hanno elaborato la data del 754 a.C., in realtà si tratta solo di una data convenzionale, Roma antica sorgerà a poco a poco dopo un lungo processo scandito da varie fasi e incontri di varie popolazioni (dal punto di vista mitologico, l’atto concreto della fondazione della città veniva immaginato attraverso il fondatore Romolo che, a seguito dell’esito favorevole ottenuto mediante il rito dell’ inauguratio, aveva aggiogato una vacca e un toro e aveva così tracciato il solco primigenio destinato a delimitare la città, il pomerium). Un primo muro di fortificazione risale attorno al 725 a.C., siamo quindi, ora, in presenza di una fase decisiva di progettazione dell’area urbana, coincidente probabilmente con la primitiva ‘Roma quadrata’ fondata da Romolo sul Palatino. Un’altra importante fase va collocata nel corso del VII sec. a.C., quando nel Foro, ma anche in altre zone, compaiono edifici rilevanti come la regia, il santuario di Vesta e il Comizio (destinato alle riunioni del popolo). Il VI secolo a.C. corrisponde alla monarchia etrusca (Tarquinio Prisco,

figlio del nobile corinzio Demarato, suo successore Servio Tullio), l’età dei Tarquini mostra analogie con le fasi tiranniche delle poleis greche, in cui assistiamo da un lato a un ridimensionamento del potere aristocratico, seppur attraverso lotte e contraddizioni, e dall’altro lato all’emergere di nuovi ceti legati all’attività artigianale e al commercio. Tutto ciò comporterà la definitiva monumentalizzazione di Roma a ogni livello, attraverso la realizzazione di un grande circuito di mura, opera di Servio Tullio, la definizione di tutti i principali santuari urbani, a cominciare da quello di Giove sul colle Capitolino (fig. 15, grande tempio tuscanico, sede delle antichissime feste dei populi Albenses, voleva essere la massima espressione del potere tirannico dei Tarquini; fatto costruire da Tarquinio il Superbo fu terminato solo dai primi consoli della repubblica e dedicato alla Triade Capitolina, Giove Ottimo Massimo, Giunone e Minerva), dall’area sacra di Sant’Omobono (fig. 16), dall’area forense del Volcanal, dalla tomba–heròon del fondatore Romolo, fino alla regia (fig. 17). Emergono, ora, nuovi istituti, attribuiti in genere a Servio Tullio, come le tribù urbane e rustiche o i comizi centuriati, la fissazione di feste e rituali (es. il trionfo). Il Foro diventa luogo definitivo per le attività di scambi commerciali, si assiste, inoltre, alla definitiva specializzazione di un’area extraurbana, quella del Campo Marzio, per le sepolture di re, per le attività militari e per il tirocinio dei giovani. La pianta delle abitazioni si fa molto più complessa rispetto alle precedenti (es. fig. 18, domus 3, databile al 530 a.C. circa). La Roma del VI sec. a.C. si rivelerà come una delle città più grandi di tutta l’area mediterranea (fig. 19-20), la superficie entro le mura serviane è di circa 822 ettari (estensione che trova confronto solo con città quali Atene, Sparta, Taranto e Agrigento). Lo sviluppo urbanistico aiuta ad incrementare le attività artigianali, gli artigiani hanno diversa provenienza, in primo luogo dalle città etrusche di Veio e Caere (es. Vulca di Veio famoso per aver realizzato le statue di culto del tempio di Giove Capitolino), ma anche da Cuma e altre città greche; in generale notiamo diffondersi un comune linguaggio figurativo che deve molto allo stile ionico. La data tradizionale del 509 a.C. segna il passaggio dalla monarchia alla repubblica, si ha contemporaneamente la ratifica del primo trattato romano-cartaginese, che definisce le rispettive zone di influenza. Nel secolo VI a.C. assistiamo, inoltre, a un forte ridimensionamento del lusso funerario, anche a seguito di vere e proprie leggi suntuarie, infatti, da società ove il lusso e la ricchezza appaiono funzionali alla legittimazione...


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