Ascesa parvenu - Testo latino e traduzione Liceo Scientifico Angelo Messedaglia Docente: Chiara PDF

Title Ascesa parvenu - Testo latino e traduzione Liceo Scientifico Angelo Messedaglia Docente: Chiara
Author Sveva Zanolla
Course Latino
Institution Liceo (Italia)
Pages 2
File Size 70.6 KB
File Type PDF
Total Downloads 19
Total Views 142

Summary

Testo latino e traduzione
Liceo Scientifico Angelo Messedaglia
Docente: Chiara Peruzzi...


Description

"Tam magnus ex Asia veni, quam hic candelabrus est. Ad summam, quotidie me solebam ad illum metiri, et ut celerius rostrum barbatum haberem, labra de lucerna ungebam. Tamen ad delicias ipsimi annos quattuordecim fui. Nec turpe est, quod dominus iubet. Ego tamen et ipsimae satis faciebam. Scitis quid dicam: taceo, quia non sum de gloriosis.

"Ceterum, quemadmodum di volunt, dominus in domo factus sum, et ecce cepi ipsimi cerebellum. Quid multa? coheredem me Caesari fecit, et accepi patrimonium laticlavium. Nemini tamen nihil satis est. Concupivi negotiari. Ne multis vos morer, quinque naves aedificavi, oneravi vinum -- et tunc erat contra aurum -- misi Romam. Putares me hoc iussisse: omnes naves naufragarunt. Factum, non fabula. Vno die Neptunus trecenties sestertium devoravit. Putatis me defecisse? Non mehercules mi haec iactura gusti fuit, tanquam nihil facti. Alteras feci maiores et meliores et feliciores, ut nemo non me virum fortem diceret. Scis, magna navis magnam fortitudinem habet. Oneravi rursus vinum, lardum, fabam, seplasium, mancipia. Hoc loco Fortunata rem piam fecit: omne enim aurum suum, omnia vestimenta vendidit et mi centum aureos in manu posuit. Hoc fuit peculii mei fermentum. Cito fit quod di volunt. Vno cursu centies sestertium corrotundavi. Statim redemi fundos omnes, qui patroni mei fuerant. Aedifico domum, venalicia coemo, iumenta; quicquid tangebam, crescebat tanquam favus. Postquam coepi plus habere quam tota patria mea habet, manum de tabula: sustuli me de negotiatione et coepi libertos fenerare. Et sane nolente me negotium meum agere exhortavit mathematicus, qui venerat forte in coloniam nostram, Graeculio, Serapa nomine, consiliator deorum. Hic mihi dixit etiam ea, quae oblitus eram; ab acia et acu mi omnia euit; intestinas meas noverat; tantum quod mihi non dixerat, quid pridie cenaveram. Putasses illum semper mecum habitasse.

Quando dall’Asia qui pervenni, in altezza ero pari a questo candelabro. E infine ogni giorno ero solito ad esso misurarmi, e per ottenere più prestamente alcun pelame sul becco, ungevo le labbra alla lucerna. Tuttavia per quattordici anni fui prono alle voluttà del mio signore. Ché non è certamente turpe ciò che il proprio signore ingiunge. Soddisfacevo però anche alle brame della signora. Ma voi comprendete il mio dire: taccio, ché non sono de’ vanagloriosi». (76) Ad ogni modo, secondo il volere degli dèi, in casa divenni il padrone, ed anche m’insignorii dell’animo del mio signore. Che altro dire? Giunse a nominarmi coerede di Cesare2 e mi lasciò un patrimonio da porporato. A nessuno tuttavia è mai nulla abbastanza. Bramai i commerci. Ma per non esservi d’indugio con molte parole, costruii cinque navigli, li caricai di vino – aveva allora valore pari all’oro –, li inviai a Roma. Sembrava che io l’avessi ingiunto loro: le navi fecero tutte naufragio. È la realtà, non certo una fiaba. In un sol giorno Nettuno inghiottì trenta milioni di sesterzi. Pensate forse che mi sia disanimato? No, per Ercole, la sventura non mi amareggiò punto, come nulla fosse accaduto. Ne allestii altre di maggior mole e di miglior qualità e di più fausta ventura, così che non vi fu nessuno che non discorresse della mia gagliarda tempra d’uomo. È ben noto che un grande naviglio ha una gran robustezza. Li caricai di nuovo di vino, lardo, baccelli, profumi, schiavi. E fu in tal frangente che Fortunata compì un gesto davvero affettuosamente solidale: fece infatti mercato di tutti i suoi ori, d’ogni suo abito, e affidò alle mie mani cento monete d’oro. Fu, questo, quasi un fermento per il mio peculio. Ciò che gli dèi vogliono accade in fretta. Con un sol viaggio ebbi un guadagno di dieci milioni di sesterzi, in cifra tonda. Immantinente riscattai tutti i fondi ch’erano stati del mio patrono. Feci edificare la dimora, acquistai schiavi in blocco, animali da soma e da traino; qualunque cosa toccassi, s’accresceva quasi fosse un favo. Dopo aver cominciato ad aver io più possessioni che non l’intera mia città, desistetti dai libri mastri; mi tolsi dai commerci e intrapresi il prestito ai liberti. E quantunque m’assalisse già il tedio del mio negoziare, mi rinfocolò lo zelo dell’imprendere un astrologo, giunto per avventura nel nostro paese, un greculo di nome Serapa, capace di consigliare sin gli dèi. E fu esso a dirmi ciò di cui m’ero smemorato: tutto mi squadernò, dall’accia all’ago; sembrava conoscere anche le mie interiora, ed era già molto che non mi dicesse di cosa mi fossi nutrito il giorno innanzi. Sembrava

"Rogo, Habinna -- puto, interfuisti --: 'Tu dominam tuam de rebus illis fecisti. Tu parum felix in amicos es. Nemo unquam tibi parem gratiam refert. Tu latifundia possides. Tu viperam sub ala nutricas' et -- quid vobis non dixerim -- etiam nunc mi restare vitae annos triginta et menses quattuor et dies duos. Praeterea cito accipiam hereditatem. Hoc mihi dicit fatus meus. Quod si contigerit fundos Apuliae iungere, satis vivus pervenero. Interim dum Mercurius vigilat, aedificavi hanc domum. Vt scitis, casula erat; nunc templum est. Habet quattuor cenationes, cubicula viginti, porticus marmoratos duos, susum cellationem, cubiculum in quo ipse dormio, viperae huius sessorium, ostiarii cellam perbonam; hospitium hospites capit. Ad summam, Scaurus cnm huc venit, nusquam mavoluit hospitari, et habet ad mare paternum hospitium. Et multa alia sunt, quae statim vobis ostendam. Credite, mihi: assem habeas, assem valeas; habes, habeberis. Sic amicus vester, qui fuit rana, nunc est rex.

avesse diuturnamente dimorato con me». 77 “Dammi una mano, Abinna, se non sbaglio c'eri anche tu, no, quando mi diceva: "Tu la padrona l'hai conquistata con quella tua tecnica. Tu con gli amici non sei granchè fortunato. Nessuno ti è mai grato abbastanza di quello che fai. Tu possiedi terre a perdita d'occhio. Tu ti porti in seno una vipera". E - perchè poi non dovrei confessarvelo - che mi restano da vivere trent'anni, quattro mesi e due giorni, e che riceverà presto un'eredità. Il mio oroscopo è questo. Se poi riuscirà a toccare la Puglia coi miei terreni, allora sì che avrà speso bene la vita. Nel frattempo, con l'aiuto di Mercurio, mi sono costruito questa casa. E voi lo sapete benissimo che era una bicocca: adesso è diventata una reggia. Ha quattro sale da pranzo, venti camere da letto, due porticati in marmo, una serie di stanze al piano di sopra, la camera dove dormo io, un salottino per questa vipera qua, e un alloggetto niente male per il portinaio. Per gli ospiti, poi, lo spazio non manca. Quando Scauro è transitato di qua, non ha voluto alloggiare se non da me, e dire che il padre ha una gran villa sul mare. E ci sono anche tante altre cose che tra un attimo vi faccio vedere. Credete a me: noi valiamo per quello che abbiamo. Più possiedi, più sarai considerato. Prendete il vostro amico: da rana che era, adesso è diventato re....


Similar Free PDFs