Canto XIX Gerusalemme Liberata - Duello Tancredi- Argante + Erminia CHE CURA Tancredi PDF

Title Canto XIX Gerusalemme Liberata - Duello Tancredi- Argante + Erminia CHE CURA Tancredi
Course Letteratura Italiana G
Institution Università degli Studi di Torino
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Summary

GERUSALEMME LIBERATA...


Description

CANTO XIX  !! Tancredi e Argante si affrontano in un feroce duello e Tancredi uccide il suo rivale.

Rinaldo e i compagni intanto menano strage all'interno della città. Vafrino, scudiero di Tancredi, è inviato come spia al campo egiziano. Erminia trova Tancredi ferito e lo cura, rivelandogli il suo amore.

- GIÀ la morte, o il consiglio, o la paura Dalle difese ogni Pagano ha tolto: E sol non s’è dall’espugnate mura Il pertinace Argante anco rivolto. Mostra ei la faccia intrepida e sicura, E pugna pur fra gli avversarj avvolto, Più che morir, temendo esser rispinto: E vuol morendo anco parer non vinto. II.

Ma sovra ogni altro feritore infesto Sovraggiunge Tancredi e lui percote. Ben è il Circasso a riconoscer presto, Al portamento agli atti all’arme note, Lui che pugnò già seco, e ’l giorno sesto Tornar promise, e le promesse ir vote. Onde gridò: così la fe, Tancredi, Mi servi tu? così alla pugna or riedi? III. Tardi riedi, e non solo. Io non rifiuto Però combatter teco, e riprovarmi; Benchè non qual guerrier, ma quì venuto Quasi inventor di machine tu parmi. Fatti scudo de’ tuoi: trova in ajuto Novi ordigni di guerra, e insolite armi; Chè non potrai dalle mie mani, o forte Delle donne uccisor, fuggir la morte. Primo personaggio del diciannovesimo canto è Argante, descritto come “fero”, il più grandioso dei difensori di Gerusalemme, non arretra nemmeno in questa situazione.

Arriva Tancredi e riprendono uno scontro rinviato ormai da molto tempo  risalire al canto VI, quando Argante voleva combattere contro i Crociati – era disposto a combattere chiunque – e aveva intrapreso un duello con Tancredi, il quale si era poi interrotto; -

Tancredi, inseguendo Erminia pensando fosse Clorinda si era allontanato dal cento  allontanamento = pericoloso e peccaminoso  viene catturato da Armida e verrà poi liberato da Rinaldo; Tancredi aveva la “colpa” di non aver concluso il combattimento con Argante

Ora duello tra i due  duello più importante e memorabile di tutta la Liberata:  Gerusalemme è ormai stata espugnata dai Crociati e tra i difensori il solo a non arrendersi è Argante, che continua a fare strage di nemici e non vuol darsi per vinto se non da morto: è raggiunto da Tancredi, che lo sfida a battersi con lui in "singolar tenzone" in disparte e dà ordine ai suoi di non ferire il saraceno per non togliergli la soddisfazione di essere il primo a vincere un tale avversario.  Il duello che ne segue è l'ideale proseguimento di quello interrotto nel canto VI e l'ira di Tancredi è accresciuta dal fatto che Argante era stato causa indiretta della morte di Clorinda, che ora vuole vendicare.

 L'episodio vuol essere imitazione di altri celebri duelli dell'epica (specie Ettore e Achille, Enea e Turno) con cui ha in comune la clemenza dimostrata a un certo punto dal vincitore Tancredi, disprezzata dal suo nemico che preferisce farsi uccidere.

il duello fra Tancredi e Argante riprende altri celebri episodi dell'epica classica e moderna (Ettore e Achille nell'Iliade, Enea e Turno nell' Eneide, senza dimenticare lo scontro Rodomonte-Ruggiero nel Furioso, col quale ha in comune più di un elemento) e tra i due personaggi della Liberata c'è del resto una componente di odio personale che è un'aggiunta tassesca, nel senso che essi avevano duellato già nel canto VI ma lo scontro si era interrotto per il calare della notte, e alla ripresa Tancredi non si era presentato perché era stato catturato da Armida nell'inseguimento di Erminia travestita da Clorinda, fatto rinfacciatogli del resto dallo stesso Argante. Il saraceno ricorda a Tancredi anche di aver ucciso proprio Clorinda e il cristiano, che lo ritiene indirettamente responsabile di quella tragedia perché lui e la donna avevano fatto la sortita notturna per incendiare la torre, vuole vendicarsi di lui e vieta ai suoi uomini di colpirlo, scortandolo addirittura fuori dalle mura di Gerusalemme e facendogli scudo perché non rimanga

ferito (particolare che rimanda all' Iliade, XXII.205-207, in cui Achille fa lo stesso per serbare a sé l'uccisione di Ettore, colpevole di aver ucciso Patroclo).  Argante si dimostra guerriero implacabile e, pur consapevole della caduta di Gerusalemme, non rinuncia a lottare contro i nemici, simile in questo al Rodomonte del Furioso col quale ha in comune anche il fatto di essere "d'ogni dio sprezzatore", anche se prima del duello si volta a guardare la città con un fremito di amarezza per la sconfitta, dettaglio che rimanda all'Eneide (XII.669-671, quando Turno, appreso il suicidio di Amata, si volta a guardare Laurento). – fatta eccezione per il duello sempre tra Tancredi e Clorinda; i due combattimenti sono legati da diversi fili: -

Argante stesso – con sarcasmo – chiama Tancredi “forte uccisore delle donne”  vinci con le macchine e sei forte contro le donne; prova a scontrarti con un uomo come me (primo riferimento al duello con Clorinda, la quale prima di morire aveva un rapporto di amicizia con Argante

 RECAP DUELLO TANCREDI E CLORINDA CANTO XII – OTTAVE 48/70 Clorinda e Argante hanno tentato con successo una sortita notturna nella quale hanno incendiato e distrutto la possente torre d'assedio dei crociati, servendosi di unguenti infiammabili preparati dal mago Ismeno: si apprestano a rientrare a Gerusalemme da una delle porte, incalzati dai soldati nemici, quando Clorinda si attarda a scontrarsi con un cristiano che l'ha colpita e rimane chiusa fuori. Mentre la guerriera si accinge a raggiungere un'altra porta approfittando dell'oscurità, è raggiunta da Tancredi che non la riconosce (la donna indossa un'armatura nera, diversa da quella consueta) e inizia un duello furibondo con lei, senza sapere che sta lottando contro la donna che ama. Il duello sarà senza esclusione di colpi e Clorinda avrà la peggio, anche se in punto di morte la guerriera chiederà di essere battezzata dal proprio uccisore e si salverà l'anima. D’un bel pallore ha il bianco volto asperso, come a’ gigli sarian miste viole, e gli occhi al cielo affisa, e in lei converso sembra per la pietate il cielo e ‘l sole; e la man nuda e fredda alzando verso il cavaliero in vece di parole gli dà pegno di pace. In questa forma

passa la bella donna, e par che dorma. 70 Come l’alma gentile uscita ei vede, rallenta quel vigor ch’avea raccolto; e l’imperio di sé libero cede al duol già fatto impetuoso e stolto, ch’al cor si stringe e, chiusa in breve sede la vita, empie di morte i sensi e ‘l volto. Già simile a l’estinto il vivo langue al colore, al silenzio, a gli atti, al sangue. + sottilmente, in maniera poeticamente molto efficace , continuamente durante il combattimento tra i due paladini, ritornano espressioni e momenti particolari del combattimento tra Tancredi e Clorinda nel 12esimo: Luogo dove avviene - Fino alla fine Tancredi non è ancora convertito al 100% alla guerra santa; si allontana dalle mura con Argante per concludere questo combattimento – duello privato più che un combattimento epico in senso stretto. Il combattimento avviene in una valle ombrosa  viene detta come un teatro  parallelismo con il combattimento Clorinda/Tancredi  Avviene in solitudine  Il narratore diceva che sarebbe stato degli di un “pieno teatro”. La somiglianza con il passo precedente sta anche nella solitudine in cui il duello ha avuto luogo, dal momento che i due si sono appartati in una "ombrosa angusta valle" e qui danno vita a uno scontro che non ha alcuno spettatore, proprio come avveniva nel duello notturno tra il cristiano e la donna guerriera Escon de la cittade e dan le spalle a i padiglion de le accampate genti, e se ne van dove un girevol calle li porta per secreti avolgimenti; e ritrovano ombrosa angusta valle tra piú colli giacer, non altrimenti che se fosse un teatro o fosse ad uso di battaglie e di caccie intorno chiuso. È un luogo naturale, quasi all’opposto della finzione del mondo creato da Armida nel suo giardino – presentato come una straordinaria bellezza naturale mente in realtà è un artificio VS luogo del combattimento che sembra un teatro – luogo finto - ma in realtà è un posto naturale. Diverse espressioni linguistiche che ritornano.

Prima del combattimento vero e proprio  momento di Argante pensoso, si ferma e Tancredi chiede a cosa pensa Argante e se ha paura di lui; Qui si fermano entrambi, e pur sospeso volgeasi Argante a la cittade afflitta. Vede Tancredi che 'l pagan difeso non è di scudo, e 'l suo lontano ei gitta. Poscia lui dice: «Or qual pensier t'ha preso? pensi ch'è giunta l'ora a te prescritta? S'antivedendo ciò timido stai, è 'l tuo timore intempestivo omai.» 10 «Penso» risponde «a la città del regno di Giudea antichissima regina, che vinta or cade, e indarno esser sostegno io procurai de la fatal ruina, e ch'è poca vendetta al mio disdegno il capo tuo che 'l Cielo or mi destina.» Tacque, e incontra si van con gran risguardo, ché ben conosce l'un l'altro gagliardo. Argante risponde che sta pensando e osservando la fine della città di Gerusalemme, la quale viene conquistata; anche se lui è convinto di vincere questo duello e di uccidere Rancredi, la sua stessa vittoria non basterà a salvare il destino ormai segnato della città. -

incontra si van con gran risguardo  stesso verso del combattimento tra Tancredi e Clorinda.

11

È di corpo Tancredi agile e sciolto, e di man velocissimo e di piede; sovrasta a lui con l'alto capo, e molto di grossezza di membra Argante eccede. Girar Tancredi inchino in sé raccolto per aventarsi e sottentrar si vede; e con la spada sua la spada trova nemica, e 'n disviarla usa ogni prova.

12 Ma disteso ed eretto il fero Argante dimostra arte simile, atto diverso. Quanto egli può, va co 'l gran braccio inante e cerca il ferro no, ma il corpo averso.

Quel tenta aditi novi in ogni istante, questi gli ha il ferro al volto ognor converso: minaccia, e intento a proibirgli stassi furtive entrate e súbiti trapassi. 13 Cosí pugna naval, quando non spira per lo piano del mare Africo o Noto, fra due legni ineguali egual si mira, ch'un d'altezza preval, l'altro di moto: l'un con volte e rivolte assale e gira da prora a poppa, e si sta l'altro immoto; e quando il piú leggier se gli avicina, d'alta parte minaccia alta ruina. 14 Mentre il latin di sottentrar ritenta sviando il ferro che si vede opporre, vibra Argante la spada e gli appresenta la punta a gli occhi; egli al riparo accorre, ma lei sí presta allor, sí violenta cala il pagan che 'l difensor precorre e 'l fère al fianco; e visto il fianco infermo, grida: «Lo schermitor vinto è di schermo.» 15 Fra lo sdegno Tancredi e la vergogna si rode, e lascia i soliti riguardi, e in cotal guisa la vendetta agogna che sua perdita stima il vincer tardi. Sol risponde co 'l ferro a la rampogna e 'l drizza a l'elmo, ove apre il passo a i guardi. Ribatte Argante il colpo, e risoluto Tancredi a mezza spada è già venuto. 16 Passa veloce allor co 'l piè sinestro e con la manca al dritto braccio il prende, e con la destra intanto il lato destro di punte mortalissime gli offende. «Questa» diceva «al vincitor maestro il vinto schermidor risposta rende.» Freme il circasso e si contorce e scote, ma il braccio prigionier ritrar non pote.

17 Alfin lasciò la spada a la catena pendente, e sotto al buon latin si spinse. Fe' l'istesso Tancredi, e con gran lena l'un calcò l'altro e l'un l'altro recinse; né con piú forza da l'adusta arena sospese Alcide il gran gigante e strinse, di quella onde facean tenaci nodi le nerborute braccia in vari modi. 18 Tai fur gli avolgimenti e tai le scosse ch'ambi in un tempo il suol presser co 'l fianco. Argante, od arte o sua ventura fosse, sovra ha il braccio migliore e sotto il manco. Ma la man ch'è piú atta a le percosse sottogiace impedita al guerrier franco; ond'ei, che 'l suo svantaggio e 'l rischio vede, si sviluppa da l'altro e salta in piede. 19 Sorge piú tardi e un gran fendente, in prima che sorto ei sia, vien sopra al saracino. Ma come a l'Euro la frondosa cima piega e in un tempo la solleva il pino, cosí lui sua virtute alza e sublima quando ei n'è già per ricader piú chino. Or ricomincian qui colpi a vicenda: la pugna ha manco d'arte ed è piú orrenda. 20 Esce a Tancredi in piú d'un loco il sangue, ma ne versa il pagan quasi torrenti. Già ne le sceme forze il furor langue, sí come fiamma in deboli alimenti. Tancredi che 'l vedea co 'l braccio essangue girar i colpi ad or ad or piú lenti, dal magnanimo cor deposta l'ira, placido gli ragiona e 'l piè ritira: 21 «Cedimi, uom forte, o riconoscer voglia me per tuo vincitore o la fortuna;

né ricerco da te trionfo o spoglia, né mi riserbo in te ragione alcuna.» Terribile il pagan piú che mai soglia, tutte le furie sue desta e raguna; risponde: «Or dunque il meglio aver ti vante ed osi di viltà tentare Argante? 22 Usa la sorte tua, ché nulla io temo né lascierò la tua follia impunita.» Come face rinforza anzi l'estremo le fiamme, e luminosa esce di vita, tal riempiendo ei d'ira il sangue scemo rinvigorí la gagliardia smarrita, e l'ore de la morte omai vicine volse illustrar con generoso fine. 23 La man sinistra a la compagna accosta, e con ambe congiunte il ferro abbassa; cala un fendente, e benché trovi opposta la spada ostil, la sforza ed oltre passa, scende a la spalla, e giú di costa in costa molte ferite in un sol punto lassa. Se non teme Tancredi, il petto audace non fe' natura di timor capace. 24 Quel doppia il colpo orribile, ed al vento le forze e l'ire inutilmente ha sparte, perché Tancredi, a la percossa intento, se ne sottrasse e si lanciò in disparte. Tu, dal tuo peso tratto, in giú co 'l mento n'andasti, Argante, e non potesti aitarte: per te cadesti, aventuroso in tanto ch'altri non ha di tua caduta il vanto.

25 Il cader dilatò le piaghe aperte, e 'l sangue espresso dilagando scese. Punta ei la manca in terra, e si converte ritto sovra un ginocchio a le difese. «Renditi» grida, e gli fa nove offerte, senza noiarlo, il vincitor cortese. Quegli di furto intanto il ferro caccia e su 'l tallone il fiede, indi il minaccia. 26 Infuriossi allor Tancredi, e disse: «Cosí abusi, fellon, la pietà mia?» Poi la spada gli fisse e gli rifisse ne la visiera, ove accertò la via. Moriva Argante, e tal moria qual visse: minacciava morendo e non languia. Superbi, formidabili e feroci gli ultimi moti fur, l'ultime voci. 27 Ripon Tancredi il ferro, e poi devoto ringrazia Dio del trionfal onore; ma lasciato di forze ha quasi vòto la sanguigna vittoria il vincitore. Teme egli assai che del viaggio al moto durar non possa il suo fievol vigore; pur s'incamina, e cosí passo passo per le già corse vie move il piè lasso. 28 Trar molto il debil fianco oltra non pote e quanto piú si sforza piú s'affanna, onde in terra s'asside e pon le gote su la destra che par tremula canna. Ciò che vedea pargli veder che rote, e di tenebre il dí già gli s'appanna. Al fin isviene; e 'l vincitor dal vinto non ben saria nel rimirar distinto.

 Il duello si conclude con la morte di Argante, e con la vittoria di Tancredi, ma di pochissimo; quest’ultimo è così ferito he stenta a rimanere in piedi e sviene = sembrano entrambi morti. Argante, mentre sta morendo è ancora minaccioso – come lo era in vita (ottava 26);

Lo scontro fra Tancredi e Argante è modellato soprattutto su quello di Rodomonte e Ruggiero che chiudeva l'Orlando furioso: -

anche in questo caso il cristiano è meno fisicamente prestante e più agile, mentre il pagano ha una maggiore statura e una forza smisurata  gli conferiscono un vantaggio sull'avversario;

le fasi del duello ricordano in parte l'episodio precedente: -

anche Tancredi si mostra cortese con l'avversario (getta via il suo scudo, visto che Argante non ne ha uno) ingaggia con lui un tremendo corpo a corpo nei momenti finali dello scontro, riuscendo ad abbattere il suo nemico a terra, come aveva fatto Ruggiero (Fur., XLVI.130).

 Anche qui il cristiano offre all'avversario una resa e si propone di risparmiarlo ( Eneide, combattimento tra Enea e Turno) ma Argante rifiuta sdegnoso e cerca anche di colpire Tancredi a tradimento. Alla fine Tancredi è costretto a uccidere Argante cacciandogli la spada nella visiera dell'elmo, più o meno come Ruggiero aveva fatto con Rodomonte trafiggendogli il cranio col pugnale (Fur., XLVI.140.1-4). Nell'Eneide era in realtà Turno a chiedere a Enea di risparmiarlo e l'eroe troiano era sul punto di accettare, poi aveva visto la cintura dell'amico Pallante morto e aveva deciso di infierire sull'avversario, in una situazione speculare rispetto ai due successivi episodi dei poemi moderni.  Dopo la fine del duello Tancredi ha riportato gravi ferite ed ha perso molto sangue, in modo assai simile a quanto accaduto dopo il duello mortale con Clorinda, e si trascina per qualche passo tentando di tornare alla città assediata, finché si accascia a terra e rimane lì più morto che vivo, proprio come nella conclusione dell'episodio del canto XII (70.6-8: "Già simile a l’estinto il vivo langue / al colore, al silenzio, a gli atti, al sangue). . Nel prosieguo del canto Tancredi verrà soccorso da Erminia che casualmente si imbatterà in lui e lo curerà salvandogli la vita, rivelandogli anche il suo amore mentre lui è esanime (► TESTO: Erminia soccorre Tancredi).  Nel frattempo la battaglia generale di Gerusalemme continua, in un bagno di sangue, in particolar modo per mano di Rinaldo. I difensori si asserragliano nel tempio di Salomone; Rinaldo si avventa contro di essi, come “lupo” In un poema chiaramente schierato dalla parte dei Cristiani, i quali combattono per difendere il Santo Sepolcro, Tasso in questo pezzo di racconto  presenta gli avversari in maniera più positiva, mentre Rinaldo, il campione vincitore cristiano, viene descritto negativamente come un “lupo predatore”. Più avanti Solimano verrà presentato come un buon pastore che difende le pecore.

Nel finale si vede ancora una volta la totale differenza di regalità tra: -

Re Solimano = sconfitto, ma continuamente pronto a tornare a combattere, inarrestabile  addirittura pastore pronto a difendere

-

Aladino = re molto più debole, anche qui lamenta la fine

Ottava 46 = condensazione del finale – dal punto di vista bellico – arrivano Pur vinto avrebbe a lungo andar la prova Il Soldano ostinato alla vendetta; Ch’alla fulminea mazza oppor non giova O doppio scudo, o tempra d’elmo eletta: Ma grande aita, a’ suoi nemici, e nova Di qua di là vede arrivare in fretta: Chè da’ due lati opposti, in un sol punto, Il sopran Duce e ’l gran Guerriero è giunto. Arrivano contemporaneamente – da due lati opposti: -

il duce supremo = Goffredo Il gran guerriero = Rinaldo

 Necessità della compresenza dei due protagonisti Arriva la notta; la giornata di combattimenti sanguinosi giunge alla fine  vi è lo spazio per seguire la vicenda maggiormente “spionistica” = quella di Vafrino. Vafrino ispeziona tutto l’accampamento nemico, ascolta ciò che viene detto nella tenda di Emireno e si copre che c’è una congiura contro i cristiani  solita sospensione, “tener l’auditor sospetto”, si sa che c’è una congiura ma non molto di più. Vafrino si imbatte in Erminia – prima dell’inizio del poema venne tenuta prigioniera da Tancredi e se ne innamorò perdutamente, ad insaputa del giovane. Si era in seguito travestita da Clorinda, sviando il paladino  Dopo aver assistito al duello fra Tancredi e Argante dalle mura di Gerusalemme, la principessa Erminia (segretamente e infelicemente innamorata del guerriero cristiano) esce dalla città con indosso l'armatura di Clorinda, nel tentativo di recarsi al campo crociato per curare il suo amato, ma viene avvistata dalle sentinelle e messa in fuga, mentre Tancredi la insegue credendo che si tratti della donna da lui amata.  Dopo una fuga precipitosa che ricorda in parte quella di Angelica in apertura del "Furioso", Erminia capita in un villaggio abitato da pastori che vivono lontani dalla guerra in uno spazio idilliaco, dove chiede e ottiene di essere ospitata per qualche tempo nella speranza (vana) di dimenticare il suo amore infelice.  La permanenza di Erminia tra i pastori non nasconde però le su...


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