colorazioni e colture batteriche PDF

Title colorazioni e colture batteriche
Course Microbiologia
Institution Politecnico di Bari
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Summary

Riassunto delle sbobine del corso di patologia dei microrganismi tenuto dal professor Simone. È sconsigliato l'utilizzo di libri in quanto bastano le sbobinature per passare l'esame....


Description

Microbiologia -28.10.2014

Sbobinatore: Giulia Maida

II Parte

Controllore: Ludovica Violo

COLORAZIONI E COLTURE BATTERICHE

Colorazione di Ziehl-Nieelsen Tale colorazione, di tipo differenziale, viene utilizzata per mettere in evidenza i micobatteri. Tra questi, è da menzionare il mycobacterium tuberculosis, responsabile della tubercolosi. Quali sono le caratteristiche dei micobatteri? Essi possiedono un involucro esterno che vede la presenza di acidi micolici, cere, arabinogalattani. Si tratta di batteri altamente esigenti, dal punto di vista nutrizionale, e hanno un caratteristico strato di peptidoglicani, molto sottile. Non è un caso che, sottoposti alla colorazione di Gram, si colorino debolmente con il cristalvioletto. Per colorare i micobatteri, si fa uso della fucsina basica acidificata con acido fenico. Ma avete mai provato a colorare una candela, quindi cera? Provando ad aggiungere il colorante, questo scivola: allora, per riuscire nell’intento, sarà necessario scioglierla. Una volta fusa, ha senso aggiungere il colorante; andrà poi lasciata a risolidificare. A questo punto, qualsiasi possa essere il decolorante in questione, la candela non perderà più la propria colorazione. È proprio quanto succede nella colorazione di Ziehl-Nieelsen: si andrà ad aggiungere la fucsina basica, acidificata con acido fenico, e la si lascerà a reagire con il preparato, fino allo sviluppo di vapore. Si fa uso, infatti, di una pinza da laboratorio e di un batuffolo di cotone imbevuto di alcool: una volta acceso, lo si passa sotto il vetrino. Anche in questo caso - così come avveniva impiegando il becco Bunsen - bisogna assolutamente evitare di cuocere il campione: si tratta di movimenti rapidi, svolti fino alla comparsa dei primi vapori, dovuti al riscaldamento del colorante. Proprio ora si verifica la fusione del tutto: il colorante penetra e le strutture superficiali del micobatterio si richiudono. Dopo questo step, non sarà somministrato altro calore, bensì avverrà un lavaggio: il mordensante non sarà aggiunto, ma si procede con la decolorazione, con alcool etilico e acido cloridrico. Si tratta di una decolorazione molto forte. Tale decolorante, aggiunto in seguito a un processo come quello che si è appena descritto, non risulta però efficace: non riesce a penetrare all’interno delle strutture superficiali della cellula batterica. Proprio qui è riportata l’immagine di bacilli alcool-acidi resistenti.

Una volta avvenuta la decolorazione, si procede con un risciacquo, volto all’eliminazione del decolorante. In contrasto, verrà aggiunto un colore diverso dal primo: il blu di metilene. Sarà così visibile, alla fine, uno sfondo blu sul quale spiccano i bacilli, colorati in rosso. Hanno infatti assorbito la fucsina basica acidificata con acido fenico.

Colorazione di Kinyoun Anche in questo caso sarà utilizzata fucsina basica acidificata con acido fenico, ma in concentrazione maggiore. Sottoposto all’azione del colorante per un tempo più prolungato, il campione potrà essere colorato senza dover essere dapprima riscaldato. Il processo di decolorazione è analogo a quello già esaminato: allo stesso modo, verrà impiegato, poi, il blu di metilene.

Colorazioni in fluorescenza È un metodo largamente utilizzato per mettere in evidenza la caratteristica tintoriale dei micobatteri. Si sfruttano sostanze fluorescenti, dunque fluorocromi: fluoresceina (verde), propidio (rosso), auramina. Supponendo di impiegare la fluoresceina, la si lascia agire, permettendole di formare legami, grazie al calore. Segue poi un processo di decolorazione, svolto attraverso l’uso di alcool etilico e acido cloridrico; come agente di contrasto, è addizionato il permanganato di potassio, che conferirà allo sfondo il caratteristico colore scuro. Per visualizzare i batteri come fluorescenti, è necessario un microscopio a fluorescenza, appunto, servendosi di una lampada a mercurio. È importante utilizzare un sistema di filtri adatto al tipo di fluoroforo impiegato: consentiranno il passaggio della luce a una specifica lunghezza d’onda.

L’esame dei batteri, quindi, può essere condotto attraverso lo studio microscopico: è possibile, così, rilevare le caratteristiche morfologiche. È anche possibile far crescere i batteri, in appositi terreni di coltura.

LA COLTURA BATTERICA Perché far crescere i batteri in laboratorio? Nel contesto della microbiologia clinica e della medicina di laboratorio, ciò è utile p Considerando, però, la microbiologia vera e propria, questo metodo risulta efficace per , siano essi presenti nell’ambiente o in un tessuto. È notizia recente quella dei casi di legionellosi: si tratta, in questo caso, di un batterio ambientale, presente nelle acque, ma trasmesso non attraverso la sua ingestione, bensì mediante la nebulizzazione dell’acqua. Si pensi semplicemente agli impianti di condizionamento, ai soffioni delle docce: questi favoriscono l’inalazione. Il mantenimento in coltura consente È cosa nota, oggi, che molte delle resistenze acquisite dai batteri ai comuni antibiotici dipendono dalla presenza di enzimi inattivanti l’antibiotico; dalla presenza di meccanismi intrinseci, da parte del batterio, di espulsione dell’antibiotico. Tutto sembra comunque far riferimento a geni specifici, che non sono stati ancora ben identificati. È necessario, allora, un sistema che consenta di valutare, fenotipicamente, la resistenza. Ancora oggi, quando non sono disponibili tecniche di microbiologia molecolare, l’unico modo di studiare la sensibilità o la resistenza ad un antibiotico è la coltura batterica. è ormai chiaro che i batteri possiedono un proprio metabolismo: esistono batteri aerobi e anaerobi, ma anche batteri fermentanti. Le fermentazioni batteriche sono diverse in relazione alla specie di appartenenza del microrganismo. Questo sarà allora identificabile attraverso lo studio del metabolismo. A tale scopo, l’uso di terreni di e. Valutazione dell’attività biologica di preparati farmaceutici. Si tratta di mezzi che consentono di mettere a punto delle strategie di difesa nei confronti dei microrganismi. Cosa sono i terreni di coltura? È importante, innanzitutto, analizzare le tecniche di inoculazione dei batteri, per esaminare come questi vengono “seminati”. Si utilizzano delle anse o degli aghi. Le prime possiedono un anellino e possono essere di un microlitro (µl) o 10 µl. Esistono, poi, diverse tecniche di semina.

Come vedete, qui abbiamo una prima semina, o inoculo, attraverso l’ansa, definito “massivo”, poiché è massima la concentrazione di microrganismi. Successivamente, con una serie di diluizioni del campione, si ottengono colonie isolate. I batteri cresceranno e si noterà la formazione di una patina, o, in altri terreni, verranno a definirsi colonie singole. Esistono poi semine svolte su tutta la superficie del terreno di coltura: si definisce “semina a reticolo” ed è utile per la conta microbica. Per esempio, nell’esame delle urine è importante non solo valutare la presenza o l’assenza di taluni batteri, ma anche avere informazioni circa la loro quantità. Sulla base del loro numero, sarà possibile diagnosticare o meno un’infezione. Un valore superiore ai 100.000 CFU/ml (quindi unità formanti colonie per ml di urina) indica una prova certa di infezione. Uno inferiore ai 10.000 ne indica un’assenza; con un valore compreso tra i 10.000 e 100.000 il test risulta essere dubbio. Si distinguono due grandi categorie di terreni di coltura: - liquidi - solidi. In merito ai terreni solidi, NON esistono terreni all’agar. L’agar è un polisaccaride acido estratto da alcune piante e utilizzato nell’industria alimentare, per la preparazione di caramelle gommose, carne in gelatina. Ma non solo: si pensi al gel d’agarosio, utilizzato nelle analisi di laboratorio. L’agar, aggiunto in concentrazione all’1-2% ad un terreno liquido, se riscaldato - quindi fuso - consente a questo di rimanere tale, liquido; una volta raffreddatosi, poi, permette la solidificazione del terreno.

Deve inoltre trattarsi di una soluzione isotonica e tampona neutro. Un comune Se a questo si aggiunge agar, riscaldato a 94-95 C,  quindi sciolto, posto il tutto su una piastra di Petri e lasciato raffreddare, si otterrà un terreno solido. Il passo successivo è l’incubazione del terreno di coltura A tal proposito, bisogna conoscere il metabolismo batterico. Volendo isolare un microrganismo estratto da un individuo, è necessario mantenere il tutto alla di 36 C; qualora si studiassero i batteri prelevati da un corso idrico, l’ideale sarebbe un valore più basso, attestato intorno a 22 C: a temperatura ambiente. Un altro parametro da tenere in considerazione è la 𝐎 . Talvolta, è richiesto un aumento di questa, nel caso di batteri specifici; si sono già considerati gli aerobi, gli anaerobi; focalizziamo ora la nostra attenzione sui batteri 𝑂 , 𝐶𝑂 . Si farà dunque uso di generatori di anidride carbonica, oppure di un termostato a 𝐶02 : la concentrazione di ossigeno risulterà più bassa. Chiaramente, in presenza di batteri aerobi, quest’ultima andrà aumentata; questo gas sarà del tutto eliminato in caso di batteri anaerobi.

Dopo un’incubazione di 24-48 ore, si avrà lo sviluppo dei batteri. Analizziamo ora una curva di crescita batterica:

Consideriamo un terreno di coltura liquido. Sull’asse delle ordinate, il logaritmo della concentrazione batterica; sull’asse delle ascisse, il tempo intercorso. L’oggetto della misurazione sarà l’assorbanza. Si vedrà inoltre rappresentata la densità ottica di un terreno di coltura liquido: si consideri la legge di Lambert-Beer. In ottica, la legge di Lambert-Beer è una relazione empirica che correla la quantità di luce assorbita da un mezzo alla natura chimica, alla concentrazione ed allo spessore del mezzo attraversato. Da Wikipedia La luce incidente viene assorbita, in maniera variabile, a seconda del fluoruro presente in soluzione. Dalla densità ottica è possibile risalire alla concentrazione del soluto nel solvente, quindi della soluzione. In questo caso, il solvente è costituito dalle cellule batteriche presenti. Nella misurazione dell’assorbanza, si registrerà un primo periodo, durante il quale il numero dei batteri non aumenta: la fase di latenza. A cosa è dovuto questo mancato aumento? Si è gia operata una distinzione tra enzimi costitutivi e inducibili. I geni implicati in specifiche catene metaboliche non sempre vengono trascritti e tradotti. Inizialmente, i batteri riconoscono il tipo di sostanze presenti e avviano l’espressione dei geni deputati al metabolismo di quelle sostanze. E così iniziano a metabolizzare: in questo contesto, si distingue tra una fase anabolica, di sintesi, e una fase catabolica, di degradazione e volta alla produzione di energia, sottoforma di ATP, necessaria per la sintesi. Il metabolismo, nel suo complesso, vede come scopo la replicazione batterica. Duplicandosi, mediante scissione semplice, da una cellula batterica se ne originano due; da due, quattro; da quattro, otto e così via. È un’equazione esponenziale: si ha infatti una fase esponenziale di crescita logaritmica. Proprio in questa fase si sviluppa la competenza; vi è il rilascio del lipopolisaccaride. In questo frangente, le cellule che muoiono sono in numero minore rispetto a quelle che si duplicano: è un processo dinamico, durante il quale si delinea il quorum sensing, la competenza. Si generano dei segnali tra una cellula batterica e l’altra. Si arriva poi ad una fase stazionaria: per il principio di equivalenza, il numero di batteri che muoiono è pari a quello dei batteri che si replicano. La popolazione batterica rimane costante nel tempo: iniziano a ridursi i nutrimenti, fino ad arrivare alla fase di decadenza o di morte della coltura batterica: il numero di batteri che muoiono è superiore a quello dei batteri che si replicano. Le sostanze nutritive, quali il glucosio, gli amminoacidi, vengono consumati. A questo punto, se si intende registrare un’ulteriore crescita batterica, è possibile mantenere ancora la coltura in maniera indefinita, togliendo il terreno vecchio e aggiungendone

di nuovo: ciò viene fatto in un chemostato. La crescita batterica in un terreno liquido verrà rilevata attraverso l’intorpidimento della soluzione. Da limpida, diventa torbida, opaca. Al contrario, nei terreni solidi, la crescita batterica è testimoniata dalla formazione di colonie. Una patina, lì dove vi è un’alta concentrazione batterica, oppure delle colonie. Queste ultime rappresentano una popolazione batterica derivante da un’unica cellula, in seguito a replicazioni. Le caratteristiche fenotipiche e genotipiche sono uguali. In merito alle colonie, distinguiamo: -

-

Colonie S: lisce, di consistenza cremosa; Colonie R: rugose. Il differente aspetto e la diversa organizzazione delle colonie, rispetto a quelli del tipo S, sono dovuti alla perdita di un componente: esso può essere l’antigene O del lipopolisaccaride, la capsula, eccetera. Colonie mucose: proprie di quei batteri che hanno la capacità di produrre una capsula abbondante, come enterobacter cloacae.

Ecco qui alcune colonie batteriche:

in seguito alla semina, andrà a costiuirsi una patina e, inoltre, le singole colonie che saranno isolate. Il processo di inoculo in un terreno solido serve a separare i batteri che formeranno le singole colonie. Il proteus mirabilis forma una colonia, e, una volta posto in coltura, si sviluppa delineando cerchi concentrici. Esso sciama all’interno dei terreni di coltura che contengono sangue: agar sangue, dunque. Nell’esame delle urine è utilizzato un altro terreno di coltura solido, il CLED agar, fornito di tutte le sostanze nutritive necessarie per lo sviluppo dei batteri. Ciò che lo caratterizza è una maggiore quantità di elettroliti, che impediscono lo sciamaggio dei batteri, i quali si sviluppano formando singole colonie. In questo caso, essi non “gireranno” per tutto il terreno di coltura. Componenti aggiuntivi dei terreni di coltura Nei terreni di coltura, oltre ai componenti di base, è possibile aggiungere Proteus mirabilis altre sostanze. Ciò si rende necessario a seconda delle esigenze metaboliche dei differenti batteri. Se un microrganismo è particolarmente esigente, bisogna fornirgli i nutrimenti necessari per il suo metabolismo. Si pensi, ad esempio, ai micobatteri: in un terreno di coltura, se questo non è arricchito con gli acidi grassi indispensabili per la sintesi degli acidi micolici, il batterio non crescerà mai. Quindi, supponendo di avere un terreno di coltura del genere, non si rileverà la presenza di micobatteri: non perché questi, effettivamente, non ci siano, ma perché non si è in

grado di metterli in evidenza; non è stato loro dato il giusto nutrimento, necessario per il loro sviluppo. Si può aggiungere sangue per evidenziare enzimi litici. Avendo esaminato le esotossine, si sono già considerate le differenti tipologie di streptococco: β emolitico, α emolitico, γ emolitico. Nella prima categoria, è da menzionare lo streptococco di gruppo A, messo in evidenza grazie all’emolisi dei globuli rossi. Ma è chiaro che, non aggiungendo sangue nel terreno di coltura, non si rileverà alcuna emolisi. Risultano essenziali, talvolta, degli agenti selettivi. Si consideri una flora polimicrobica, ad esempio, le feci. Volendo provare la presenza di agenti causa di infezione, chiaramente non sarà utile concentrare l’attenzione su E. coli: la sua presenza - e anche in quantità considerevoli - è nota. Nel contesto della flora polimicrobica, quindi del microbioma, è più interessante rilevare un batterio responsabile di una malattia da infezione: la salmonella. Si dovrà allora utilizzare un terreno che, selettivamente, impedisca la crescita di un determinato batterio, favorendo lo sviluppo di un altro: un terreno in cui la salmonella riesce a crescere, al contrario di E. coli. Ecco qui la funzione degli agenti selettivi: tra questi, i più comuni sono gli antibiotici; oppure, conoscendo alcune caratteristiche biochimiche dei batteri, altri agenti chimici (sali biliari, coloranti, eccetera). Oltre a questi, è da ricordare un indicatore di pH. Esso risulta utile per monitorizzare il metabolismo batterico: con la fermentazione, in base al tipo di enzimi a disposizione, l’acido piruvico può essere trasformato in acidi misti, in alcool etilico; si pensi alla fermentazione glicol butilenica. Altri prodotti possono essere 𝐻2 e 𝐶𝑂2 . Se il batterio in esame consuma un determinato zucchero, producendo acidi misti, grazie all’indicatore di pH sarà possibile rilevare l’acidificazione della colonia e dello spazio attorno a questa; l’indicatore, da rosso (se viene impiegato il rosso fenolo) diventerà giallo, rilevando tale variazione. È questo un metodo per identificare una specie batterica, ponendo attenzione a come questa fermenta, e cosa produce. Dal metabolismo si giunge così a una classificazione biochimica della specie batterica in questione. I terreni di coltura vengono divisi in: -

Terreni di coltura universali, che consentono la crescita di tutti i batteri, mettendo in evidenza alcune determinate caratteristiche; Terreni differenziali; Terreni di arricchimento Terreni selettivi, che normalmente sono anche differenziali.

Come vedete, ci sono colonie rosa e altre, incolore, sullo stesso terreno di coltura. Non solo la forma, ma anche il caratteristico comportamento metabolico consente di discriminare due diverse specie batteriche. Avendo posto il lattosio e un indicatore di pH, il batterio che, fermentando, produce acidi misti, provocherà acidificazione attorno alla colonia. Essa assume il colore rosa. Il batterio che non metabolizza il lattosio rimane incolore. La colonia incolore è una salmonella, quella colorata rappresenta E. coli. In base all’aspetto della colonia, si ottengono informazioni circa la presenza o assenza di un dato microrganismo in un campione biologico polimicrobico. Si farà uso di un terreno di coltura selettivo per il liquido cefalorachidiano? No. È un campione biologico sterile, che richiede un terreno universale. Allo stesso modo, non è possibile usare un terreno selettivo per l’emocoltura, cioè l’esame colturale del sangue; questo è un campione biologico sterile, nelle condizioni fisiologiche. Si dovrà, piuttosto, fornire un terreno altamente arricchito, che consenta lo sviluppo di quasi tutti i batteri conosciuti. Qualsiasi batterio potrebbe essere il responsabile della sintomatologia clinica.

L’Antibiogramma Si tratta di un test di sensibilità, svolto con la semina a reticolo: una volta presa la colonia batterica, fatta crescere in un terreno di coltura, viene fatta stemperare in una soluzione fisiologica, per preparare uno stampo. Si metterà a contatto l’antibiotico, in una concentrazione standard, con i batteri, anch’essi in concentrazione standard. Questa è la tecnica di Kirby-Bauer. Considerata una sospensione batterica, la si semina a reticolo su un terreno di coltura: quello utilizzato, in questo caso, è il Mueller Hinton Agar, contenente siero. Fatto ciò, si aggiungono dei dischetti imbevuti di antibiotico, ad una concentrazione standard; naturalmente, questa sarà specifica per una quantità ben definita di batteri. L’antibiotico favorirà la crescita di alcuni e la morte di altri. Chiusa la piastra, messa a incubare in un termostato, a 37 C, si attende per 24-48 ore. Trascorso questo tempo, ecco ciò che si vedrà:

Attorno ad alcuni dischetti ci sarà la crescita batterica; attorno ad altri, si vedrà un alone di inibizione. La presenza di tale alone è una chiara prova del fatto che il batterio è sensibile a quell’antibiotico. Questo, diffondendo, ha inibito la crescita batterica. Viceversa, quando questa avviene, significa che quell’antibiotico non ha effetti sul microrganismo in questione: esso sarà resistente. Ma come si valuta l’efficacia di un antibiotico? Attraverso la misurazione dell’alone di inibizione: più grande questo sarà, maggiore sarà l’efficacia antimicrobica. Naturalmente, nella scelta dell’antibiotico più adatto, vanno tenuti in considerazione anche altri fattori: la farmacocinetica e le condizioni cliniche del paziente. Ecco uno degli scopi della coltura batterica. Nello studio del materiale genetico dei batteri...


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