Descrizione colture foraggere, prati, erbai, pascoli e conservazione dei foraggi PDF

Title Descrizione colture foraggere, prati, erbai, pascoli e conservazione dei foraggi
Author GiulyAle Riccio
Course Tecnologie di allevamento
Institution Università degli Studi di Napoli Federico II
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FORAGGERE Colture che possono produrre foraggi, cioè alimenti destinati alla dieta zootecnica La precocità di una coltura è importante per l’epoca di massima utilizzazione del foraggio, soprattutto per le specie annuali come il mais. Invece per le specie poliennali è più importante il risveglio primaverile, l’attitudine al ricaccio dopo il taglio e il ritmo annuale di crescita. Questi fattori sono chiave nella gestione delle catene di foraggiamento di avvicendamenti di foraggere. Una catena di foraggiamento è la semina su appezzamenti diversi di specie diverse foraggere con diversa precocità: permette di avere il prodotto cioè il foraggio per un lasso di tempo maggiore e di evitare un’eccessiva concentrazione della raccolta da effettuare in una piccola finestra di tempo. L’epoca di massima utilizzazione non coincide con la massima produzione ma è un punto di equilibrio tra la massima qualità e massima quantità ottenibile dalla coltura per il foraggio. In linea di massima tale momento ricade all’inizio della fioritura per le leguminose, l’inizio della spigatura per le graminacee da fieno e la maturazione cerosa per le colture da insilato. L’attitudine al ricaccio è la capacità di emettere dal colletto della pianta vegetazione sostitutiva come reazione al taglio, ed è tipica delle specie poliennali ma anche alcune annuali possono essere sfalciati più di una volta. Nei prati polifiti la diversa attitudine al ricaccio delle riverse specie può essere motivo di rottura dell’equilibrio instauratosi. Tale attitudine dipende dal risveglio delle gemme dormienti poste alla base della pianta. Il risveglio è controllato a livello ormonale. La parte aerea cresce finché può sostenere la traslocazione dei biosintetati nelle riserve radicali che poi sosterranno la crescita dei ricacci. Tagli in momenti non adeguati in cui la parte aerea non è ben sviluppato non permettono di accumulare riserve radicali e quindi si avrà una scarsa attitudine al ricaccio, con un livello quali-quantitativo basso di ricacci. Un indice qualitativo del prodotto delle foraggere è il rapporto tra i valori di peso secco di foglie/steli; per le piante insilabili un indice è il rapporto spiga/pianta. Tali indici variano tra le famiglie: F/S graminacee >1 e leguminose Leguminose > Composite > Ombrellifere > Chenopodiacee. La variabilità nella composizione è dovuta al clima, al terreno e alla pressione di pascolamento: infatti, nei pascoli alpini predominano le specie poliennali mentre in quelli appenninici quelli annuali. Molte specie sono pabulari preferite dagli animali e altre non pabulari: se queste ultime predono il sopravvento per competizione il pascolo è detto degradato. Il livello produttivo di un pascolo è correlato a: temperatura, la minima giornaliera è 5 °C, e pioggia perché secondo lo studioso Cavazza a ogni mm di pioggia c’è una produzione di 0,5 UF/ha. Per questo la durata del

periodo di vegetazione cambia in relazione alla zona climatica se settentrionale o meridionale e alla quota; infatti, nel pascolo alpino e appenninico abbiamo un periodo vegetativo che va da maggio a settembre con un picco produttivo a luglio sulle alpi, a giugno sugli appennini, mentre sulle isole il periodo vegetativo va da ottobre a giugno con un picco produttivo verso la fine di questo periodo. I pascoli possono essere gestiti in modo che gli animali utilizzino l’erba:  continuamente, col vantaggio di essere costantemente fonte d’alimentazione per gli animali, ma con lo svantaggio di non avere un periodo di crescita indisturbato per costituire parti eduli  in modo turnato, per usare la stessa superficie in modo più razionale in cui il pascolo è suddiviso in sezioni e il pascolamento è guidato tra le sezioni. La conservazione dei foraggi ha lo scopo di costituire scorte alimentari per gli animali, nella stagione in cui si arresta la crescita delle specie prative in cui non c’è offerta ma c’è domanda di tali prodotti, trasformandoli, in modo veloce e quindi con minori perdite possibili, da uno stato deperibile a uno stabile. La deperibilità dei foraggi è legata alla loro elevata umidità, all’azione dei microrganismi e alla temperatura. I metodi di conservazione vanno ad agire proprio sulle cause di deterioramento con l’insilamento per contrastare l’azione dei microrganismi, con la surgelazione per la temperatura (poco usata) e con la fienagione per abbassare l’umidità. La fienagione consiste nella disidratazione in campo attraverso la radiazione solare e l’energia convettiva dell’aria dei foraggi con continuo rivoltamento finché l’abbassamento della % d’acqua è tale da impedire i processi fermentativi e lo sviluppo di muffe. Mediamente sono stimati 35 t/ha di acqua quindi per la fienagione sono necessari 3 o 4 giorni. Le fasi sono: 1. Arieggiamento tramite spargimento dell’erba sul terreno subito dopo lo sfalcio per aumentare l’apporto radiativo sull’unità di biomassa fino a raggiungere un’umidità del 50% 2. Andanamento cioè restringimento della massa in cumuli per migliorare la penetrazione del vento nella massa col suo impatto e per ridurre l’assorbimento di umidità di notte 3. Condizionamento meccanico ovvero rottura e schiacciamento della massa che facilita la perdita d’acqua con riduzione del tempo di fienagione in campo sfuggendo al rischio di meteore e con minori perdite per respirazione della massa 4. Imballatura con macchine e poca manodopera per occupare meno volume. Durante la fienagione possono verificarsi perdite per respirazione della massa che continua finché essa non ha un’umidità inferiore al 40% quindi è essenziale che il processo di essiccamento sia rapido e che si sfalci quando la temperatura e l’UR ambientale non lo ritardino. Altre perdite meccaniche si verificano durante le operazioni con le macchine di rivoltamento, andanamento e carico più significative in leguminose più fragili e in estate perché la perdita d’acqua è più veloce. Infine, altre perdite ancora possono verificarsi nel fienile per fermentazione a opera di muffe durante la conservazione nel caso in cui l’umidità della massa permetta lo sviluppo della microflora. L’insilamento permette di conservare il foraggio allo stato umido creando condizioni anaerobiotiche e acide perché l’assenza di ossigeno inibisce la respirazione favorendo l’attività della flora microbica che per fermentazione trasforma gli zuccheri in acidi organici e abbassa il pH della massa e quindi impedendo lo sviluppo di microrganismi dannosi. Un foraggio si presta all’insilamento più facilmente: quanto minore è la sua umidità (quindi maggiore la concentrazione dei soluti e la pressione osmotica che condiziona selettivamente l’attività microbica), quanto più minore è il suo potere tampone (in modo che non si opponga all’abbassamento di pH), quanto maggiore è il tenore di carboidrati fermentescibili susbtrato preferito dai batteri lattici che operano la fermentazione e quanto più è minore il tenore in proteine substrato dei clostridi nocivi che ostacolano l’acidificazione perché liberano NH3. Per questi motivi le graminacee permettono un buon insilamento con un rapporto zuccheri/proteine > = 1 a differenza delle leguminose in cui è molto basso tale rapporto fino a 0.2 rendendo l’insilamento difficile o impossibile.

Per l’insilamento è fondamentale la trinciatura che rompe i tessuti, facilitando così l’uscita dei succhi cellulari e l’attacco microbico, facilita la compressione riducendo le perdite per respirazione e aumenta il peso specifico del foraggio con riduzione dei costi. La lunghezza di trinciatura è molto importante e dipende dalla presenza di midollo e dal diametro dello stelo ma in particolare dev’essere più ridotta quanto più il foraggio è secco. Oltre alla trinciatura si opera anche la compressione tanto più energica quanto minore è l’umidità per evitare perdite di percolamento. In tali condizioni di basse concentrazione di O2 i batteri lattici iniziano la loro attività, mentre i clostridi sono strettamente anaerobi e inibiti dall’acidità. Pertanto, una predominanza dei primi è la chiave per un buon insilamento, anche se lo sviluppo dei clostridi determina ingenti perdite soprattutto in foraggi ricchi in proteine così il pH non si abbassa e prendono il sopravvento nella massa. Bisogna sottolineare comunque che il processo di fermentazione anaerobica per produrre insilati è preceduta da una fase aerobica e quindi da respirazione quando il foraggio è raccolto e poi posto nel silo che inizialmente è occupato da aria per più della metà del volume. Anche in un silo che viene chiuso ermeticamente c’è sempre un volume d’aria che consuma lo 0,1% di SS per respirazione con aumento della T di 1°C. Ecco perché è necessaria la compressione. Un insilamento ha un risultato ottimale se il prodotto ha un pH circa uguale a 4 che indica un corretto andamento della fermentazione, sterilizzazione dai microrganismi nocivi, perciò tale prodotto ha una lunga conservabilità. Gli insilati da foraggi di cereali sono prodotti inizialmente con una raccolta che deve avvenire a maturazione cerosa della granella e il silo più utilizzato in questo caso è quello a trincea dove è fondamentale la compressione e la copertura della massa per poi lasciar fermentare. Gli insilati da foraggi prativi che includono leguminose sono prodotti ponendo attenzione al fatto che le % di acqua e proteine sono maggiori. Dopo il taglio è necessario il condizionamento della massa per far evaporare l’acqua e aumentare il contenuto di SS per kg per poi insilare il foraggio quando si è raggiunto un livello di SS pari a 50% nelle graminacee e 40% per le leguminose. Anche durante l’insilamento ci sono perdite: di fermentazione e respirazione nella superficie più esterna della massa nei silos, di percolamento delle sostanze nutritive dalla base della massa che determina anche inquinamento, e in post-fermentazione all’apertura del silo per decomposizione a opera di lieviti. Spesso durante il processo di insilamento per favorire lo sviluppo dei batteri lattici della massa sono possibili aggiunte di acidi organici (acido formico, acetico) oppure di sostanze zuccherine come melassa o altri derivati di barbabietola o farine....


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