Diritto Comunitario del Lavoro PDF

Title Diritto Comunitario del Lavoro
Course Diritto Comunitario del Lavoro
Institution Università degli Studi di Padova
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riassunto libro di testo Carinci Pizzoferato, Diritto del Lavoro nell'Unione Europea...


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5.10.17 Lezione 1 Libro di testo: Carinci – Pizzoferrato o Rocella Treu. Da un'iniziale carenza di competenze dell'UE in materia di diritto del lavoro, ad un progressivo ampliamento → da Europa mercantilistica a Europa sociale, in cui i diritti dei lavoratori sono importanti nel diritto UE. Molte norme che studiamo nel diritto del lavoro sono state emanate in attuazione di direttive comunitarie; molte norme italiane non erano conformi alle direttive e, attraverso gli interventi della corte di giustizia europea è stato risolto questo contrasto. Prima analizzeremo le competenze europee, poi vedremo principali direttive europee e per ciascuna direttiva come è stata attuata in Italia. Evoluzione delle competenze dell'unione in materia di diritto del lavoro. Tutto nasce dopo la seconda guerra mondiale; ci si rese conto che un'Europa divisa poteva rappresentare una fonte di ulteriori conflitti. Si creano le 3 comunità europee: – CEE 1958; – CECA → comunità acciaio e carbone; Francia e Germania si erano scontrate per questo motivo; – EURATOM → per la gestione dell'energia atomica. Idea di base: queste 3 comunità nascano con ottica funzionalistica; sono gli stati che attribuiscono loro certe funzioni. Sono comunità cui gli stati devolvono alcune funzioni. Gli stati rinunciano a parte della propria sovranità in settori limitati, da essi stessi individuati. Ci occupiamo della CEE, trattato di Roma, 1958. nasce con funzione mercantilistica, vuole promuovere la costituzione di un unico mercato nel quale garantire la libera circolazione non solo delle merci, dei capitali, dei servizi, ma anche delle persone, dei lavoratori. In questa prima fase l'UE sostanzialmente non ha competenze in materia sociale; non si occupa della tutela dei lavoratori. Ha solo funzione mercantilistica. Ci sono nel trattato norme che garantiscono ai lavoratori la libera circolazione, ma solo nell'ottica di garantire il mercato unico. Si fa subito strada una consapevolezza: essendoci regolazioni nazionali diverse del diritto del lavoro, si sarebbe inevitabilmente creato un problema di dumping sociale all'interno della comunità → una concorrenza tra gli stati fondata sulle diverse tutele del lavoro. Il problema era prevenire un problema di concorrenza basato su diversi standard di tutela del lavoro. Questo poteva comportare, con la creazione del mercato unico, un forte problema. Si capisce che è necessaria una regolazione a livello europeo, a livello sovranazionale, anche di taluni aspetti di politica sociale, di diritto del lavoro. Si capisce che è necessario garantire l'armonizzazione dei sistemi sociali, di sicurezza sociale dei vari stati. Questo promuovendo un ravvicinamento tra le legislazioni. L'idea è che debbano convergere alcuni aspetti delle legislazioni lavoristiche per garantire armonizzazione e progresso dei lavoratori. Strumento principale usato dall'UE per raggiungere tale obiettivo → le DIRETTIVE. Da un lato con la previsione di obiettivi che gli stati devono attuare; le direttive individuano obiettivi che il legislatore nazionale deve poi raggiungere. La direttiva non indica le misure legislative da introdurre; sono liberi di attuare le direttive con leggi anche molto diverse. – individuano anche delle prescrizioni minime; dei minimi di tutela che le leggi nazionali devono garantire, ad esempio in materia di salute e sicurezza sul lavoro (testo 81/2008 in Italia). Problema sin da subito: quali sono le basi giuridiche sulle quali l'UE può fondare il suo intervento? Quali

Gaia Battagello, 2017/2018

sono le norme del trattato che danno all'europa la competenza di emanare direttive in materia di diritto del lavoro? Inizialmente queste norme erano molto poche; erano poche le norme specifiche che consentivano ciò, quindi l'Europa ha utilizzato come base giuridica per emanare le sue direttive delle altre norme del trattato, che erano generali, ma si prestavano anche a consentire intervento in materia di diritto del lavoro. Via via l'europa ha modificato i trattati e introdotto nuove norme che consentissero alle istituzioni europee di legiferare in materia di politica sociale. Art. 117 Trattato → vedi articolo. Gli stati convengono sulla necessità di migliorare condizioni di vita e lavoro della manodopera in modo da consentire la loro parificazione nel progresso. Convengono sull'obiettivo di migliorare le condizioni di lavoro. Tale articolo ci dice che tale obiettivo di miglioramento discenderà in modo automatico dall'applicazione delle procedure previste nei trattati e dalle disposizioni in materia di ravvicinamento → riferimento a due norme: 118 e art. 100 del Trattato. Dall'altro lato discenderà dal funzionamento del mercato → il mercato favorirà il progressivo miglioramento delle condizioni dei lavoratori. Due sono le norme centrali nella nostra materia: art. 118 e 100. – art. 118 prevede che la commissione europea, una delle istituzioni dell'UE, possa promuovere una collaborazione tra gli stati in materia di politica sociale. È una competenza molto debole. In base a questa norma la commissione può solo invitare gli stati, sollecitarli, a collaborare in materia di politica sociale. Gli stati se vorranno introdurranno delle disposizioni. – Art. 100 → norma assolutamente trasversale, non per il diritto del lavoro solo. Il Consiglio, all'unanimità, può emanare direttive volte al ravvicinamento delle norme degli stati membri che abbiano un'incidenza sul mercato comune. È stata utilizzata per emanare direttive come ad esempio quella in materia di: licenziamenti collettivi; trasferimento d'azienda; tutela lavoratori in caso di insolvenza dei datori. Tutte direttive con incidenza diretta sul mercato comune → pensiamo a multinazionali con sedi in diversi paesi. Necessità di licenziare dei dipendenti; venivano licenziati più spesso negli stati in cui erano minori le sanzioni in caso di licenziamento. L'Europa emana direttiva diretta a introdurre procedure di consultazione sindacale in materia di licenziamento collettivo → direttiva volta ad armonizzare norme degli stati membri con incidenza sul mercato comune. Volta a far sì che in un'impresa non sia tanto più conveniente licenziare un lavoratore in uno stato piuttosto che in un altro. C'erano norme del trattato specificamente dirette alla tutela del lavoro, dei lavoratori; questo in materia di libera circolazione dei lavoratori e in materia di parità retributiva tra uomo e donna. Art. 119 Trattato → divieto di disparità di trattamento nella retribuzione tra uomo e donna. Funzione della norma: sicuramente tutela del lavoro, ma soprattutto funzione mercantilistica. Fortemente voluta dalla Francia, dove era già stata prevista la parità di trattamento retributivo. Temeva di subire il dumping sociale da parte degli stati in cui le donne venivano retribuite meno. Originariamente nel trattato quindi l'unica parità prevista era in materia retributiva. Causa importantissima in cui una hostess fu licenziata per raggiunti limiti di età, a 45 anni. Una regola analoga invece non valeva per gli uomini. La lavoratrice fa causa invocando la norma sulla parità di

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trattamento prevista dal trattato. Il primo problema fu quello di capire se la norma sulla parità aveva efficacia diretta anche nei rapporti tra datore e lavoratore → quella lavoratrice poteva invocare la norma del trattato anche per risolvere la controversia con il datore? La corte dice di si, ha efficacia diretta verticale e orizzontale. La lavoratrice però ha perso perché la norma prevedeva esclusivamente una parità retributiva, non parità nelle condizioni di lavoro. Siamo ad uno stadio ancora embrionale di tutela. Sono stati necessari successivi interventi e successive direttive per arrivare alla parità di trattamento tra uomo e donna anche in materia di condizioni di lavoro; bisogna aspettare il 1976 per l'emanazione di una direttiva fondata sull'art. 235 del trattato che sancisse il divieto di discriminazione nelle condizioni di lavoro. Art. 48 Trattato, oggi art. 45 del nuovo trattato → sancisce la libera circolazione dei lavoratori nell'unione europea. Oggi se ne discute con riferimento alla brexit. Anche questa norma mercantilistica, mercato unico attraverso la libera circolazione Ci dice che ciascun lavoratore ha diritto di circolare liberamente nell'unione europea senza discriminazioni in base alla nazionalità + senza discriminazione per quanto riguarda impiego, retribuzione e altre condizioni di lavoro. Cosa significa diritto di circolare liberamente? Diritto di rispondere ad un'offerta di lavoro in un altro stato, spostarmi liberamente, di soggiornare in quello stato, di continuare a soggiornare per un certo periodo dopo che si è perso il lavoro per cercarne un ulteriore. Precisazione → si parlava di risposta ad un'offerta di lavoro, oggi anche diritto di andare a ricercare un posto di lavoro in un altro stato. L'idea era che favorendo la libera circolazione si ridistribuissero le occasioni di lavoro a livello europeo. C'è qualche limite a tale principio? Gli stati possono mettere barriere? 3 limiti che valgono in questa materia: – ordine pubblico; – pubblica sicurezza; – sanità pubblica. Gli stati possono limitare l'ingresso per tali ragioni; ad esempio pericolo di terrorismo. Due norme in materia di fondo sociale e di formazione professionale; – l'europa finanzia con dei fondi sociali la mobilità dei lavoratori anche per favorire formazione e riqualificazione professionale; – idea di una politica europea comune in materia di formazione. In questa prima fase le competenze dell'UE in materia di diritto del lavoro, politica sociale, sono limitate. Nel '68 abbiamo solo un regolamento in materia di libera circolazione. Dobbiamo attendere gli anni '70: – 1974 prima sveglia dell'Europa → programma di azione sociale; l'europa di dà obiettivi di intervento. Questo programma sociale si traduce in importanti direttive, quelle menzionale su licenziamento collettivo, trasferimento impresa, tutela delle donne. Altra norma usata in questi anni, oltre all'art. 100 su cui si fondano le direttive viste, all'unanimità, è l'art. 235 del Trattato. È una specie di norma di chiusura, generalissima non pensata per il diritto del lavoro. Dice che se per raggiungere uno degli scopi della comunità europea è necessaria una certa azione, ad esempio emanazione direttiva, questa può essere emanata all'unanimità degli stati membri, usando come base tale articolo, se non c'è altra base giuridica. Su questo articolo si fonda direttiva 207/76, parità di trattamento delle condizioni di lavoro tra uomo e

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donna. Qui si chiude la prima fase. Dopodiché l'UE si ferma, in materia di diritto del lavoro non vengono emanate direttive negli anni '80. fondamentalmente per l'opposizione di alcuni governi di alcuni stati, prima tra tutti la Gran Bretagna, gelosa delle proprie competenze legislative. Mette sempre il suo veto sull'emanazione di nuove direttive. Il problema è che serviva l'unanimità e con il veto non si riuscì a procedere, pur essendoci tentativi di emanare direttive. Si fa strada l'idea che per fare passi avanti sia necessario modificare i trattati, dare più poteri, competenze legislative all'UE. In particolare una svolta in questo senso si ha con l'emanazione dell' atto unico europeo nel 1986, in vigore nel 1987. L'atto unico europeo modifica radicalmente 4 articoli del trattato: – 100 a – 118 a – 118 b – 130. 118 a → con questa modifica si prevede che l'unione europea possa emanare direttive, che il consiglio possa emanare direttive, in materia di tutela della salute e sicurezza nell'ambiente di lavoro non all'unanimità, ma con la maggioranza qualificata degli Stati membri. Nel 1989 è stata emanata la direttiva 391, la c.d. direttiva madre in materia di sicurezza. Ha stabilito quali fossero gli obblighi in materia cui tutti gli stati membri dovevano attenersi; stati membri dovevano legiferare per garantire tale standard. Altra direttiva emanata sulla base di tale articolo: direttiva 104/93 in materia di orario di lavoro. Il decreto 66/2003, emanato in attuazione di tale direttiva, individua dei limiti a riguardo. Direttiva emanata a maggioranza degli stati membri; disciplinare l'orario di lavoro voleva dire tutelare la salute dei lavoratori. La Gran Bretagna di fronte a questa direttiva, emanata senza il suo consenso, fa ricorso chiedendo l'annullamento. Ritiene che non sia il 118 a la base giuridica; dice che l'orario non ha attinenza con la tutela della salute. La Corte di Giustizia respinge il ricorso della Gran Bretagna. 118 b → si occupa del ruolo delle parti sociali, dei sindacati e porta in luce l'idea che si deve favorire il dialogo con i sindacati anche per consentire loro di partecipare attivamente in relazione alla normativa europea. Si sviluppa un dialogo con le parti sociali che possa sfociare in convenzioni (?). in tutte le altre materie continua a valere la regola dell'unanimità. In parallelo con la modifica dei trattati si fa strada l'idea che l'Europa debba dotarsi di un catalogo di diritti sociali riconosciuti ai lavoratori; idea che l'europa debba proclamare una serie di diritti fondamentali garantiti a tutti. Ad esempio: libera circolazione, parità di trattamento, diritto a contrattazione collettiva, libertà di associazione. La Gran Bretagna ancora una volta si oppone → si arriva ad una scelta di compromesso. Viene emanata dal Consiglio di Strasburgo, europeo, la carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali, 1989. Ha però valore solo politico, programmatico, non vincolante. Si invitano gli stati membri a rispettare tali diritti, ma non ha valore vincolante. Solo con il trattato di Amsterdam, 1999, si fa una menzione a questo catalogo dei diritti; nei trattati si dice che quel catalogo di diritti previsto dalla carta del 1989 deve essere “tenuto presente” dagli stati membri

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nelle loro politiche. Si prosegue con la prima strada, quella della modifica dei trattati. Dall'altro lato strada parallela → individuazione di un catalogo dei diritti fondamentali. Si torna a modificare trattato con accordo sulla politica sociale, 1992. la Gran Bretagna è contraria ad una modifica dei trattati. Si raggiunge un'escamotage, si firma l'accordo sulla politica sociale che vincola tutti gli altri stati, ma non la Gran Bretagna. Prima novità: in questo accordo si prevede l'allargamento delle materie nelle quali le direttive possono essere adottate alla maggioranza e non all'unanimità. Seconda novità fondamentale → impulso al dialogo sociale nel senso che si prevede la possibilità che vengano emanate le c.d. direttive contrattate. Sono quelle direttive il cui testo è frutto di un accordo sindacale, dei sindacati europei. Quindi possibilità dei sindacati di partecipare alle procedure normative. I sindacati possono raggiungere un accordo e far sì che quell'accordo diventi testo di una direttiva. 1. ampliamento materie in cui è possibile emanare direttive alla maggioranza qualificata. Si menzionano tutte le materie che riguardano le condizioni di lavoro; questo ad esempio nella materia di informazione e consultazione dei lavoratori o di parità tra uomini e donne. Materie in cui ancora serve unanimità → tutela dei lavoratori in caso di cessazione del rapporto di lavoro; non ci sono direttive sui licenziamenti individuali; tutela della rappresentanza + condizioni di impiego di lavoratori extracomunitari. Ci sono materie lavoristiche che non possono essere disciplinate dall'Europa: sciopero, serrata, retribuzione e associazione sindacale. L'unione europea non può emanare direttive a riguardo. L'accordo sulla politica sociale è annesso al Trattato di Maastricht del 1992 → trattato importante perché fa nascere la vera e propria unione europea, fondata sui 3 pilastri: nel 1992 si coglie il passaggio dalle comunità europee all'Unione Europea. 3 pilastri: – pilastro comunitario → tutte quelle norme che hanno modificato i trattati pre-esistenti. Per le politiche nell'ambito del primo pilastro si applica il (?). Diventa centrale il ruolo dell'Europa, rispetto ai governi statali. C'è rinuncia della sovranità dagli stati membri a favore dell'UE. – Secondo e terzo pilastro → a livello europeo si realizza solo politica di cooperazione tra governi. Gli stati sono depositari primi delle competenza ma devono collaborare, metodo intergovernativo. Secondo pilastro: politica estera e sicurezza comune; terzo pilastro: giustizia e affari interni, visti, immigrazione e asilo. Non c'è una politica comunitaria, ma solo cooperazione all'inizio. È prevista però una c.d. norma passerella → possibilità che dopo un certo numero di anni anche queste materie vengano comunitarizzate, quindi affidate all'UE. Come accade oggi in materia di visti immigrazione e asilo. Ulteriore fondamentale modifica → trattato di Amsterdam, 1997 che entra in vigore nel 1999. Si ha finalmente l'applicazione dell'accordo sulla politica sociale anche alla Gran Bretagna. Seconda modifica importante → emanazione art. 13 che sarà la base giuridica per emanare importantissime direttive in materia di divieto di discriminazione non solo in base al sesso, ma anche altri fattori cruciali, etnia, razza, religione, opinioni personali, handicap, età, orientamento sessuale. Abbiamo un serie di direttive sulla base di tale articolo. Assistiamo quindi ad un progressivo ampliamento del ruolo dell'Europa. Sempre con Amsterdam inserito titolo ottavo nel trattato, dedicato alla tutela dell'occupazione.

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Poi appunto passaggio di visti, immigrazione, asilo al primo pilastro. A questo ampliamento di competenze si accompagna una cautela da parte degli stati membri → in materia di politica sociale le competenze europee sono concorrenti con quelle degli stati membri, non esclusive. Devono essere esercitate dall'UE nel rispetto di due principi: – sussidiarietà – proporzionalità. Con la creazione dell'UE gli stati rinunciano a parte della sovranità. Questa rinuncia vale soltanto per quanto riguarda le funzioni che sono state attribuite all'UE. Con il trattato di lisbona disciplinato principio delle competenze di attribuzione → ue ha solo competenze attribuite dagli stati membri. Abbiamo materie che sono di competenza esclusiva dell'Unione, ad esempio in materia di unione doganale, politica monetaria. In quelle materie legifera l'UE e gli stati possono emanare norme solo per dare attuazione o se espressamente autorizzate dall'Unione. In materia di diritto del lavoro le competenze sono concorrenti: sia l'europa che i singoli stati possono legiferare, dettare le loro regole. Gli Stati membri possono dettare regole che non siano confliggenti con quelle dell'Europa. In queste materie valgono i principi detti. Principio di sussidiarietà → l'intervento dell'Unione tramite direttiva avviene quando gli obiettivi perseguiti possono essere meglio tutelati a quel livello. Quindi quando è necessario, è più efficace. Proporzionalità → l'intervento non può andare oltre quanto necessario. Gli Stati membri con le procedure parlamentari verificano se c'erano presupposti per intervento dell'Unione ed eventualmente se ha ecceduto tali limiti. Oggi con la modifica dei trattati, tra le competenze in materia di politica sociale che spettano all'unione abbiamo → libera circolazione, parità di trattamento, condizioni di lavoro + quelle individuate all'art. 153. Ci sono poi le competenze complementari o di coordinamento → materia della formazione professionale. L'unione europea adotta solo misure dirette a sostenere e a completare l'azione degli stati membri. Centrale intervento degli stati, quello dell'UE è solo complementare. Poi ci sono interventi dell'unione in materie in cui detta le regole necessarie perché gli stati si coordinino tra di loro, come ad esempio politiche occupazionali. 6.10.17 Lezione 2 Ieri evoluzione politiche sociali dell'Unione, cercando di evidenziare l'arricchimento dei contenuti sociali. Siamo arrivati a descrivere prime tappe. Successive modifiche dei trattati e successive tappe → ad un certo punto abbiamo un notevole allargamento dell'UE, fino ad arrivare a 28 paesi (oggi 27 con Brexit). L'allargamento ha portato a benefici, vantaggi, ma anche una nuova difficoltà a legiferare, perché era necessario armonizzare le legislazioni di molti paesi con differente livello di tutele. Prima...


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