Diritto Romano 1 - lezioni sulla summa divisio PDF

Title Diritto Romano 1 - lezioni sulla summa divisio
Course Istituzioni di diritto romano
Institution Università Cattolica del Sacro Cuore
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lezioni sulla summa divisio ...


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giovedì 18 ottobre 2018

Diritto Romano Capacità giuridica e capacità di agire La suprema divisione («summa divisio de iure personarum», opposto alla “partitio" che sta ad indicare una elencazione non esaustiva) delle persone è tra uomini liberi e schiavi. Nell’ambito dei liberi, alcuni sono ingenui altri sono libertini. Gli ingenui sono coloro che sono nati liberi, all’interno di una gens, i libertini (o liberti) sono coloro che sono stati liberati da una servitù. La capacità in ambito giuridico viene usata per porre i limiti ad una capienza, ma né quella giuridica, né quella di agire le riscontriamo nel diritto romano, come termini. I termini che riscontriamo sono “persona”, che indica ciò che sta sotto la volta cranica di un individuo (dall’etrusco), che non è equivalente al termine “homo” che è usato come “schiavo”. Lo status invece indica la condizione dell’individuo di fronte all’ordinamento giuridico e ne abbiamo tre categorie: - status libertatis, condizione di libertà - status civitatis, condizione di cittadinanza - status familiae, condizione in famiglia (pater, mater). E’ il più antico dei termini che si riscontra nelle fonti giuridiche romane Attorno a questi tre si associa “capitis deminutio” ovvero la perdita di uno di questi status, la quale può essere “maxima” (perdita della libertà) o “minima” (quando un membro della famiglia vi si distaccava per adozione o per matrimonio). La capacità giuridica è quella capacità ad essere titolare di diritti o di obblighi e compete per eccellenza ad un soggetto che sia libero, cittadino romano e pater familias (soggetto “sui iuris”, non sottoposto a nessun’altra potestà). Anche un neonato, nato da una famiglia di cittadini romani, orfano di padre è un sui iuris. Egli ha capacità giuridica perché è ad esempio titolare del patrimonio che gli è pervenuto per successione dal padre. Non può pero compiere un atto giuridico, dunque non ha capacità di agire. Il servo non ha nessuna capacità giuridica (sotto il profilo del diritto privato), perché inteso come “res”, “cosa”. Se il servo non è infante, può manifestare la sua volontà, dunque ha capacità di agire. Può manifestare la sua volontà nei confronti del padrone. Se ne deduce che la capacità di agire è la capacità di manifestare una volontà. Un infante acquisiva la capacità di agire e quindi di concludere dei negozi nell’età della pubertà, quando acquisiva anche la capacità di procreare, che veniva verificata caso per caso. In seguito il criterio subì delle modifiche, infatti l’età della pubertà venne individuata nei maschi a 14 anni e nelle femmine a 12 anni. Il maschio quattordicenne affiora alla vita civile e può concludere un qualsiasi negozio, mentre una femmina non può da sola concludere un negozio, ma è sottoposta a tutela ovvero un tutore deve intervenire per porre la sua “autorictas” laddove la donna non può. I servi non sono solo di proprietà di un dominus, ma esistono anche servi pubblici. Se questi vengono abbandonati non diventano liberi, ma essendo “cose” qualunque cittadino romano potrebbe impadronirsene. Il servo ha una capacità, sotto il profilo religioso, simile a quella del cittadino libero: può partecipare a minimi sacerdozi, oppure fare sacrifici agli dei. Il pater familias ha un forte potere giuridico, può esercitare un dominium sullo schiavo, una potestas sui figli e una manus sulla moglie. Il figlio di famiglia, sotto il profilo del diritto privato non ha capacità giuridica se non nei limiti della concessione che il pater familias gli ha fatto, può però, nell’ambito pubblico, perseguire un “cursus honorum" (consolato) naturalmente non prima dei 44/45 anni. C’è un’espressione latina, “peculium”, che sta ad indicare una concessione di beni. Se al figlio viene assegnato un peculium (es. paghetta) può concludere negozi sempre nei

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giovedì 18 ottobre 2018 limiti di esso. A questo si affiancherà un “peculio castrense” che ha a che fare con l’attività militare ed è lo stipendio che il legionario romano ottiene periodicamente. Le somme acquisite in questa attività dovevano essere imputate al figlio direttamente. In fine vi si affiancherà un peculio “quasi” castrense che è lo stipendio corrisposto al cittadino romano impiegato negli uffici pubblici. Gli infami o improbi (infames o improbes) sono cittadini romani, incluso il pater familias cui viene applicata una restrizione alla propria capacità giuridica. I becchini ad esempio avevano una capacità giuridica ristretta, analogamente ai gladiatori e agli attori. Questa limitazione riguardava i diritti di natura processuale: non potevano partecipare ad un giudizio in qualità di attori (non potevano citare in giudizio). C’erano delle categorie più pesanti di infami e altre più leggere, chi commetteva un furto era catalogato come “infame”. Si individuano soggetti tra questi ai quali viene ristretta la capacità giuridica, che prendono il nome di “addicti” (schiavizzati a causa di debiti), poi i “nexi” (debitori che si consegnano al creditore volontariamente per riscattare il debito) e altri che prendono il nome di “auctorati”, ovvero cittadini liberi che si assoggettavano a un impresario di ludi gladiatori. Analoga è la situazione del “redemptus ab hostibus” ovvero un cittadino che da altri è stato liberato dalla prigionia di guerra. Anche chi non ha capacità di agire (infante, femmina) può diventare titolare di un’eredità, analogamente ad un pazzo (“furiosus”) ma è impedito loro concludere un contratto di vendita, caso in cui si soccorre con un curatore (nel caso dell’infante si chiama “tutore”) che sostituisce la propria dichiarazione che il soggetto furioso non può esprimere. Nel momento in cui l’infante acquisisce la capacità di agire, l’azione del tutore cessa, mentre per il furioso serve sempre tranne quando avrà un “intervallum insaniae”, ovvero un lasso di tempo durante il quale egli riacquista le proprie capacità e quindi potrà concludere un negozio. Analogamente al c.d “prodigus”, ovvero un soggetto sui iuris che manifesta un’azione atta a distruggere il suo patrimonio, attraverso atti di generosità. Anche in questo caso è necessaria un’azione curativa. Per distinguere la capacità giuridica da quella di agire basta fare riferimento alla capacità di essere titolare di un’eredità o meno.

Il momento della nascita è fondamentale per l’attribuzione di uno status che sia libertatis o civitatis. Se la nascita avviene nell’ambito di un matrimonio, lo status del padre verrà trasmesso al neonato dal momento del concepimento (se in quel momento il padre era libero anche il figlio lo sarà alla nascita, anche se il padre dovesse successivamente perdere la libertà). In caso di una nascita mostruosa, il neonato non è considerato umano. Nel diritto romano classico l’aborto è consentito, le cose cambieranno con l’avvento del Cristianesimo. Se una donna vedova si fosse sposata prima dei 9 mesi (decem menses), al fine di evitare una mescolanza di sangue, si applicava una prescrizione di tipo religioso per la quale ella doveva compiere un sacrificio: ovvero sacrificare una vacca gravida. Se accade che un pater familias muoia prima del parto della moglie, il diritto romano prevedere delle quote di riserva che vanno attribuite sin dal momento della nascita, che vanno riservate al nascituro. Se la nascita non dovesse avvenire le quote vengono riassorbite.

La cittadinanza suprema è quella romana, che viene acquisita per nascita se si nasce fuori da un matrimonio da una donna romana libera o da un pater familias romano. A fianco ai cittadini

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giovedì 18 ottobre 2018 romani, ci sono i cittadini latini, divisi in: latini prisci (Albalonga e città del Lazio confinanti con Roma) che avevano in comune con i romani la lingua, le credenze religiose, superstizioni e alcuni schemi giuridici. Avevano molti diritti paragonabili a quelli dei romani, come quello di contrarre matrimonio con un cittadino romano. Ai latini prisci si affiancano i latini coloniali, i quali diventano cittadini latini in seguito alla conquista di una colonia. Anche loro avevano una molteplicità di diritti: potevano commerciare ed avevano il diritto di connubio. A questi si aggiungono i latini coloniali fittizi, di alcuni comuni ai quali Roma aveva donato la cittadinanza laziale fittizia. Questi però non avevano gli stessi diritti dei precedenti. Abbiamo detto che la cittadinanza suprema è quella romana, poi viene quella latina, da scandire in diversi livelli ed infine i peregrini (stranieri) tra i quali distinguiamo i peregrini “dediticius” che si sono arresi alla potenza di Roma. Se un cittadino romano cade in prigionia “capitis deminutio maxima” perde sia la libertà che la cittadinanza. Se questo riesce a fuggire dalla prigionia e a ritornare in territorio romano riacquista i propri diritti, ma non i propri possessi e può ripristinare il matrimonio se la moglie è d’accordo. Se invece di arrivare su suolo romano, raggiunge un territorio di alleati romani riacquista i privilegi allo stesso modo. Se il cittadino romano veniva catturato dai nemici, prima della Lex Cornelia (ad opera del dittatore Lucio Cornelio Silla) perdeva la cittadinanza e la libertà e se aveva un testamento, questo perde di valore. La Lex Cornelia prevede che il cittadino romano prigioniero di guerra morto in prigionia obbliga il giudice a considerare il cittadino romano come morto nell’istante della cattura. L’istante della caduta in prigionia è individuato nel momento in cui il cittadino è trascinato nelle retrovie. Il suo testamento, in quanto egli è morto da libero, veniva eseguito.

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