Dispensa Beni culturali PDF

Title Dispensa Beni culturali
Author Karin Bellussi
Course Diritto dei beni culturali/ Cultural heritage law 
Institution Università degli Studi di Udine
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Summary

Dispensa facile da leggere ed esaustiva per sostenere l'esame...


Description

BENI CULTURALI 1. Le fonti a) la legislazione preunitaria: le prime misure di tutela del patrimonio culturale italiano sono dirette ad impedire o almeno limitare il trasferimento all’estero dei beni artistici e archeologici. La data di nascita della normativa di tutela sui beni culturali si può identificare in alcuni provvedimenti adottati in Toscana agli inizi del XVI secolo: si vietava la rimozione di insegne e iscrizioni dai palazzi antichi; e trent’anni più tardi venne formalmente proibita l’esportazione dei dipinti senza la concessione della licenza da parte del luogotenente dell’accademia del disegno. Sempre in Toscana è molto significativo un motu proprio che estendeva il divieto di esportazione dal granducato di intere categorie di beni artistici qualificati come cose rare.

L’obbiettivo in questi anni era dunque evitare la fuoriuscita di opere artistiche e reperti archeologici. Si ravvisa per la prima volta un provvedimento organico di salvaguardia dei beni artistici e storici nell’editto del cardinale Pacca nel 1820. Con tale provvedimento furono disposte misure molto restrittive contro la spoliazione delle raccolte artistiche. In seguito furono anche previste regole per la conservazione e il restauro dei beni. b) la legislazione postunitaria: il conseguimento dell’Unità d’Italia non rappresentò un

miglioramento delle forme di tutela dei beni culturali, anzi, costituì una pericolosa inversione rispetto alle misure raggiunte nel corso della prima metà dell’Ottocento. Questo periodo era “incentrato” sull’art. 29 dello statuto albertino secondo cui tutte le proprietà sono inviolabili; inoltre la classe governativa non andava oltre il riconoscimento dell’antichissimo principio dell’ornato delle città, inteso come divieto di trasformazione o demolizione di edifici urbani, se di grande pregio artistico. Per il resto al bene culturale non si riconosce necessità di una specifica regolazione.

Di fatto, nei primi dieci anni successivi alla formazione del Regno d’Italia, l’unica misura di politica culturale era la legge 2358/1865 che sancì la facoltà da parte dell’amministratore di disporre l’espropriazione dei monumenti se mandati in rovina per incuria dei proprietari. Era indispensabile una legge organica; si impegnarono a realizzarla personaggi di grande valore della politica italiana di quel tempo, ma tutti i tentativi fallirono. Solo con il nuovo secolo si ebbe la legge 431/1904 con cui fu istituito il catalogo nazionale dei beni culturali e proibita l’esportazione delle opere in esso menzionate se qualificate di grande pregio; ma questa legge ebbe vita breve. Pertanto nel 1906 venne costituita una Commissione con l’incarico di dettare una nuova disciplina organica per la tutela dei beni culturali. I lavori di questa commissione sfociarono nella l. Rosadi che ampliò l’ambito dei beni culturali. L’incremento dell’azione di tutela si accentua nel corso del regime autoritario. Negli anni trenta vedono la luce due leggi: l. 1089/1939 e la l. 1497/1939 dedicate alle cose d’arte e alle bellezze naturali. La prima ha assicurato per sessanta anni la promozione nel nostro patrimonio culturale; ha esteso il divieto di demolizione o restauro dei beni, senza autorizzazione del ministero, anche delle cose di proprietà privata; e venne ammessa l’espropriazione dei beni mobili e immobili. Queste norme esprimevano anche una particolare concezione del bene culturale, fondata su una interpretazione elitaria: secondo ciò i beni tutelati si caratterizzavano per il pregio e la rarità e si distinguevano per la loro non comune bellezza.

c)

la legislazione repubblicana: nonostante la Costituzione ricomprende tra i fini essenziali dello Stato la promozione e lo sviluppo della cultura, i primi anni di regime repubblicano vedono un silenzio in tema di tutela dei beni culturali. Venne costituita la commissione Franceschini, che è una commissione d’indagine per la tutela delle cose di interesse storico, archeologico, artistico e del paesaggio, offrì la definizione giuridica di beni culturali affermando che appartengono al patrimonio culturale della Nazione tutti i beni aventi riferimento alla storia della civiltà; e qualificando dunque come bene culturale ogni bene che costituisca testimonianza materiale avente valore di civiltà.

Importante è la legge 490/1999 che ha dettato il testo unico in materia di beni culturali e ambientali. Con la l. 3/2001 viene affidata alla legislazione concorrente delle regioni delle funzioni di valorizzazione dei beni culturali. D.lgs. 41/2001 recante il “codice dei beni culturali e del paesaggio”.

Le norme costituzionali sull’organizzazione della cultura e dell’arte si sistema intorno a due distinti poli d’attrazione: art. 9 Cost: la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e tutela il patrimonio storico e artistico della Nazione; art 33 Cost.: l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. Questi due articoli sono in contrasto tra loro: ebbene, se la legge fondamentale pretende un ruolo attivo dei pubblici poteri ma al tempo stesso pone il valore della libertà della cultura, tra questi due termini deve esserci un punto d’incontro: e il raccordo sta nel fatto che a giudizio dei costituenti la cultura non è libera, ove abbandonata alle sole sue forze; e che dunque l’azione dei pubblici poteri serve a renderla libera, o in altre parole a liberarla dai molteplici condizionamenti che ne intralciano lo sviluppo. Sicché il mandato conferito dal costituente ai pubblici poteri consiste essenzialmente nel sostegno alle culture deboli, alle espressioni meno conclamate della vita culturale, che rischierebbero altrimenti di cadere nell’oblio.

2. Lo statuto dei beni culturali L’art 148 del d.lgs. 112/1998 offre la prima definizione di bene culturale: quelli che compongono il patrimonio storico, monumentale, demo etnoantropologico, archeologico, archivistico e libraio e gli altri che costituiscono testimonianza avente valore di civiltà. In questa nozione si riflette l’eco della nozione della commissione Franceschini. Questa nozione di beni culturali fece fortuna. Essa da una parte nasce come espressione concettuale generale; dall’altro lato esclude le manifestazioni meno significative del patrimonio culturale dei popoli. Nonostante il suo successo nei sistemi giuridici continentali, in Italia bisognerà attendere i lavori della commissione Franceschini, nel 1964, per vedere ufficialmente adottata la formula “beni culturali” all’interno di un documento ufficiale dello Stato. La commissione Franceschini, introdusse ufficialmente il concetto di bene culturale: sono beni culturali quelli d’interesse storico, archeologico, artistico, ambientale, archivistico librario ed in generale qualsiasi altro bene che costituisca testimonianza materiale avente valore di civiltà. La definizione proposta dalla commissione Franceschini faceva leva sulla storicità del concetto di bene culturale, segnando il passaggio da criterio estetico a quello storico.

Oggi si tende sempre di più ad ampliare il significato di bene culturale.

Tra i connotati della nozione di bene culturale più discussi emergono l’immaterialità e la pubblicità: o che cosa deve intendersi per immaterialità? La necessità di rinnovare il concetto di bene culturale aprendolo alle manifestazioni immateriali della cultura è stata segnalata da Sabino Cassese, introducendo una definizione, quella di attività come specie del genere bene culturale, che si è poi rapidamente imposta nella dottrina e nella giurisprudenza italiana. Attività culturali= proverbi, canti, musiche popolari, ecc. È indubbia la carica fortemente innovativa di tale approdo, che liberava il bene culturale dagli impacci d’un legame necessario con le cose. Distinzione tra bene e attività culturale: il bene culturale è ciò che compone il patrimonio storico, artistico, ecc; in altri termini sono beni le memorie ereditate dal passato, la cui custodia resta affidata allo Stato centrale, che si impegna a riconoscerle, conservarle, proteggerle: in sintesi, ad occuparsi della loro tutela. Le attività culturali sono tutto ciò che è rivolto al futuro, perché diretto a formare ed a diffondere le espressioni più avanzate della cultura e dell’arte. o il bene culturale è pubblico non in quanto bene di appartenenza, ma in quanto bene di fruizione. Il bene culturale è per vocazione destinato alla generalità dei consociati i quali devono poterne fruire senza ostacoli anche se quest’ultimo sia in mano ai privati proprietari. Naturalmente, l’uso collettivo dei beni culturali raggiunge la massima espansione qualora essi entrino a far parte del patrimonio dello Stato o di altri soggetti pubblici; ma anche se il bene si di proprietà privata può essere colpito da vincoli. In altre parole va comunque assicurata la fruibilità del bene culturale, oltre al suo mantenimento nello stato originario.

Lo statuto dei beni dopo il codice. Il codice dei beni culturali e ambientali dà della nozione di bene culturale una definizione che è mista e aperta. Una nozione mista, perché diventano beni culturali le cose immobili e mobili che, ai sensi dell’art. 10 e 11, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico, riprendendo l’art. 148 del d.lgs. 112/1998. E poi sono beni culturali anche le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà. Quindi sono due i requisiti necessari perché si possa parlare di beni culturali: un riferimento normativo, che può derivare dal Codice, secondo l’elenco presente agli artt. 10 e 11; la materialità del bene, sono beni culturali le cose. Affinché oggi si abbia un bene culturale, è necessario che la legge identifichi delle cose, suscettibili di essere ricomprese nelle categorie astratte individuate normativamente e su queste intervenga un provvedimento amministrativo che ne sugelli l’interesse. Alla luce dell’art. 10 del codice sono qualificati beni culturali le cose mobili e immobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro

ente ed istituto pubblico e che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico. Sono inoltre beni culturali: a) le raccolte di musei, pinacoteche, gallerie e altri luoghi espositivi dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente ed istituto pubblico; b) gli archivi e i singoli documenti dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente ed istituto pubblico; c) le raccolte librarie delle biblioteche dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente e istituto pubblico; Dopo dell’intervento della dichiarazione d’interesse culturale dell’art.13 del codice, sono qualificati beni culturali anche: d) le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante; e) gli archivi e i singoli documenti, appartenenti a privati, che rivestono interesse storico particolarmente importante; f) le raccolte librarie, appartenenti a privati, di eccezionale interesse culturale; g) le cose immobili e mobili, a chiunque appartenenti, che rivestono un interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell'arte, della scienza, della tecnica, dell'industria e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell'identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose; h) le collezioni o serie di oggetti, a chiunque appartenenti, che non siano ricompense fra quelle indicate al comma 2 e che, per tradizione, fama e particolari caratteristiche ambientali, ovvero per rilevanza artistica, storica, archeologica, numismatica o etnoantropologica rivestano come complesso un eccezionale interesse; Si tratta di beni dove la dichiarazione di culturalità è graduata sull’intensità dell’interesse in gran parte imputabile a singole persone fisiche, con l’eccezione delle persone giuridiche private e senza fini di lucro.

3. Il trattamento giuridico dei beni culturali. La tutela. La tutela dei beni culturali è focalizzata dal d.lgs. 112/1998 (tripartizione tre tutela/gestione/valorizzazione) e dal codice dei beni culturali (tutela/valorizzazione). Carattere strutturale della tutela è la conservazione e protezione del bene dai rischi di alterazione, modifica, distruzione e conservazione.

Un tentativo di definizione della tutela è presente all’art. 148 del d.lgs. 112/1998, ove per tutela dei beni culturali si intendeva ogni attività diretta a riconoscere, conservare e proteggere i beni culturali ed ambientali. Il codice dei beni culturali ha espressamente abrogato l’art. 148 del d.lgs. 112/98 offrendo la definizione di tutela come l’esercizio delle funzioni e disciplina delle attività dirette ad individuare i beni costituenti il patrimonio culturale ed a garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione. Inoltre l’esercizio delle funzioni di tutela si esplica anche attraverso provvedimenti volti a conformare e regolare diritti e compartimenti inerenti al patrimonio culturale. Quindi, non più rappresenta tutela ogni attività, come indicava l’art. 148, ma solo quanto è regolato come tale dalla legge, a partire dal codice.

Una tutela tipizzata, dunque, a finalità determinate: tre sono le finalità direttamente perseguite attraverso l’esercizio della tutela: l’individuazione dei beni che entrano a far parte del patrimonio culturale; la garanzia della protezione degli stessi; e la loro conservazione. Questo è il nocciolo della tutela, che in una democrazia costituzionale però non può restare: funzioni e attività di tutela devono essere finalizzate a consentire i confini della fruizione pubblica dei beni. E questa a sua volta deve servire a preservare la memoria della comunità nazionale, del suo territorio e a promuovere lo sviluppo della cultura: è questo il fine ultimo della tutela del patrimonio culturale. Una delle innovazioni più significative in materia di tutela si ravvisa nell’art 12del codice, in relazione alle verifiche dell’interesse culturale sull’elenco dei beni richiamati all’art. 10. Recita innanzitutto l’art. 12 del codice che le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, che presentano interesse storico, artistico, archeologico o etnoantropologico, che siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre 50 anni, sono sottoposte alle disposizioni della parte II del codice fino a quando non sia stata effettuata la verifica dell’interesse culturale. I competenti organi del ministero verificano la sussistenza dell’interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico nelle cose sopra richiamate, sulla base di indirizzi di carattere generale stabiliti dal ministero medesimo al fine di assicurare uniformità di valutazione. Nel caso di verifica con esito negativo su cose appartenenti al demanio dello Stato, delle regioni e degli enti pubblici territoriali, la scheda contenente i relativi dati è trasmessa ai competenti uffici affinché ne dispongano la sdemanializzazione. La presunzione d’interesse culturale viene meno e le cose per le quali si sia proceduto alla sdemanializzazione sono liberamente alienabili. Il procedimento di verifica si conclude entro 120 giorni dal ricevimento della richiesta.

Infine, l’ultima parte dell’art. 12 stabiliva che la mancata comunicazione entro il termine complessivo di 120 giorni dalla ricezione della scheda equivale ad esito negativo della verifica con conseguente sdemanializzazione. Da una parte di afferma dunque la necessità di un procedimento finalizzato alla verifica dell’interesse culturale e dall’altra si ammetteva che il bene si potesse dismettere anche a prescindere dalla conclusione del procedimento amministrativo che lo riguardava.

Segue: la dichiarazione di interesse culturale. Al di fuori dell’elenco dei beni presenti nell’art 10, co. 2°, per tutti gli altri beni il codice prevede una dichiarazione che va notificata al proprietario, possessore, detentore, risolvendo in tal modo la questione dell’avvio della procedura di tutela del bene culturale. Tale dichiarazione può essere anche formulata dalla regione per particolari categorie di beni non appartenenti allo Stato. La dichiarazione di interesse culturale diventa un procedimento di cui l’imposizione del vincolo è solo il provvedimento conclusivo; tale procedimento è informato ai principi di partecipazione, efficacia e tempestività: l’omissione della comunicazione di avvio di procedimento è causa di illegittimità del vincolo di interesse culturale. Il codice all’art. 14, art 14 attribuisce al ministero la competenza ad emettere la dichiarazione di interesse culturale dei beni di privati, possessori o detentori, attraverso un procedimento che si può aprire d’ufficio, anche su istanza motivata della regione di altro ente territoriale autonomo.

Dall’avvio del procedimento va dunque data comunicazione al proprietario; dal momento di questa comunicazione il bene viene sottoposto al controllo dell’amministrazione, in via cautelare. Oggi il procedimento di dichiarazione è avviato dal soprintendente di settore, come organo direttamente tributario degli strumenti di tutela, mentre la dichiarazione di interesse culturale è affidata al direttore generale competente per materia, il quale normalmente delega la competenza al direttore regionale.

Il provvedimento deve essere motivato. Conclusione del procedimento: il procedimento si chiude con la notifica della dichiarazione, che può essere indifferentemente indirizzata al proprietario, possessore o detentore: dal momento della notifica scaturiscono in capo al destinatario tutte le limitazioni alla disposizione del bene; e ove si tratti di cose soggette la pubblicità immobiliare, la dichiarazione va trascritta nei registri immobiliari. All’imposizione del vincolo, derivano dunque per i titolari di diritti di proprietà privata una quantità di obblighi: la denuncia al ministero in caso di trasferimento dei beni; obbligo di farsi autorizzare dalla pa per attività proprie sui beni come il restauro. In particolare il codice specifica all’art. 21, in relazione alle misure di protezione, che sono subordinate ad autorizzazione del ministero: la demolizione delle cose costituenti beni culturali; lo spostamento, anche temporaneo, dei beni culturali; lo smembramento di collezioni, serie e raccolte. Si è stabilito che, fuori dai casi elencati, l’esecuzione di opere e lavori di qualunque genere su beni culturali è subordinata ad autorizzazione del soprintendente.

Misure di conservazione: riguardo le misure di conservazione del patrimonio culturale esse sono assicurate mediante una coerente, coordinata e programmata attività di studio, prevenzione, manutenzione e restauro. Merita attenzione, all’interno del codice, l’interesse rivolto al restauro, che vi trova una definizione normativa come l’intervento diretto sul bene attraverso un complesso di operazioni finalizzate all’integrità materiale ed al recupero del bene medesimo, alla protezione ed alla trasmissione dei suoi valori culturali. Di rilievo appare la regolazione del restauro a iniziativa del proprietario, che è sottoposta ad una procedura semplificata che colloca in posizione centrale la figura del soprintendente. Questi approva il progetto di restauro.

Ricerche archeologiche: fra le altre misure di tutela vanno ricordati gli artt. 88 ss. del codice dei beni culturali in relazione alle ricerche archeologiche e alle opere per il ritrovamento delle cose indicate all’art. 10: esse sono riservate al ministero. Questo ha facoltà, con suo decreto, di ordinare l’occupazione temporanea degli immobili ove debbano eseguirsi i lavori; mentre il proprietario dell’immobile ha diritto a un’indennità per l’occupazione. Il ministero può inoltre rilasciare al proprietario che ne faccia richiesta i beni ritrovati, o parte di essi, quando non interessino le raccolte dello Stat...


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