Docsity psicopatologia e psicoanalisi clinica concetti e sviluppi franco de masi PDF

Title Docsity psicopatologia e psicoanalisi clinica concetti e sviluppi franco de masi
Course Scienze e tecniche psicologiche
Institution Università degli Studi di Enna Kore
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Psicopatologia e Psicoanalisi Clinica - Concetti e sviluppi (Franco De Masi) Psicologia Clinica Università Kore di Enna 20 pag.

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PSICOLOGIA CLINICA Psicopatologia e Psicoanalisi Clinica • LA SPECIFICITA' DELLA PSICOANALISI Da anni, diverse discipline scientifiche come biologia e neuroscienze cercano nella psicoanalisi un'integrazione. Il problema però sta alla base: la psicoanalisi è usufruisce di un introspezione, uno studio sulla vita inconscia, incomparabile con l'oggettività delle di chi si avvale di un metodo sperimentale come le scienze naturali. Infatti, i dati e i risultati psicoanalitici non posseggono un valore oggettivo, bensì soggettivo che può variare da professionista a professionista, come ad esempio l'immaginazione, le emozioni, i desideri, i processi mentali in generale. Anche le neuroscienze cerca di dare una base a queste soggettività, ma in una maniera incomparabile con la psicoanalisi poiché si avvale di dati, di ipotesi su cui fondare uno studio e, occasionalmente, arrivare ad una teoria, senza alcun tipo di intuizione soggettiva; il modus operandi è completamente opposto, dato che lo “scienziato” parte da un ipotesi che dev'essere confermata sperimentalmente mentre lo psicanalista cerca risposte attraverso un lavoro mentale, intuitivo. Da qui nasce il problema della condivisione, che Popper riconobbe già come un grosso difetto della psicoanalisi (la logica della giustificazione). L'unica cosa che accomuna questi due mondi è che, anche nella psicoanalisi, per inquadrare i fenomeni oltre un dato puramente sperimentale, vengono costruiti modelli per generalizzare le esperienze concordanti. Uno degli aspetti sperimentale di cui si avvale la psicoanalisi, è il setting analitico, ambiente mentale adatto a ricevere e registrare i fatti psichici, dove questi assumono significato sotto una lente di riconoscimento soggettiva ma con regole e prassi per arrivare ad una scoperta: un metodo di conoscenza di realtà psichiche che utilizza le funzioni emotive-intuitive e la capacità di auto-osservazione.

• FORMULARE UNA DIAGNOSI IN PSICOANALISI A differenza dell'ambito medico, in psicoanalisi non è possibile formulare una diagnosi su cui basare un'intera terapia. E' anche vero, però, che lo psicanalista non può procedere nell'incertezza o per pure intuizioni: deve formulare ipotesi e punti di riferimento. Non si può trattare un paziente nevrotico come un paziente psicotico, infatti quest'ultimo richiede cautela nell'interpretazione ed audacia nella comprensione del suo mondo psichico. In altre parole, non si può formulare una diagnosi ma bisogna intuire la modalità di funzionamento mentale. Anche quando ci si trova davanti un solo sintomo, bisogna ricostruire la struttura di personalità e quale meccanismo difensivo abbia portato a quel sintomo (es. gli attacchi di panico). L'analista deve capire in primo luogo come il paziente si relaziona col mondo esterno, su cui basare il

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percorso terapeutico; esso infatti deve intuire e pensare per similtudine e differenza, cioè basandosi sulla sua identità personale cerca di capire come il paziente percepisca la realtà. E' proprio la competenza analitica che si basa sul mettersi nei panni dell'altro e tramite questo confronto che si intuisce su come il paziente affronta i problemi. Ovviamente la sola capacità di pensare per similitudine e differenza è insufficiente: bisogna anche intuire come queste sofferenze partano da lontano. Freud fu il primo ad ipotizzare che le esperienze infantili sono la base della felicità (o infelicità) nella vita adulta e questi “conflitti” possono essere trasferiti all'analista, che può modificarli e trasformarli. Per far questo l'analista deve capire il prima possibile la sua storia emotiva traumatica, non tanto dagli eventi narrati, ma percependo gli oggetti originari del paziente, cercando di recuperarli dalle emozioni che ha dovuto cancellare o alterare nella sua memoria conscia. Ovviamente l'analista possiede una teoria della mente che si basa su diversi dati osservativi in cui è in grado di formulare ipotesi sulla storia del paziente, nonostante ciò che racconta quest'ultimo. Bisogna tuttavia fare attenzione quando si rievoca il carattere traumatico degli oggetti del passato, poiché gli eventi traumatici infantili, a prescindere dall'oggettività storica possono avere creato nel paziente una visione vittimistica oppure, in maniera più complessa, possono essere non-ricordati da esso. Spesso le persone che richiedono un aiuto psicoanalitico mancano di un oggetto capace di intuizione e comprensione emotiva, e proprio la terapia può essere in grande di costruirlo (in casi di psicotici o borderline, bisogna cancellare intanto lo spazio psichico occupato dalle strutture patologiche). Per aiutare il paziente si fa uso dell'intuizione emotiva e, con l'interpretazione analitica, si cerca di fargli comprendere e comprendersi emotivamente parlando.

• IL SIGNIFICATO DELLA STORIA CLINICA Eric Brenman afferma, sulla falsa riga di ciò che diceva Freud, che il passato fornisce senso e continuità all'individuo e coloro che ne sono sprovvisti, attraverso la psicanalisi, possono ricostruirlo. Questa ricostruzione porta il paziente ad analizzare parti della sua vita che possono essere soggette ad una distorsione (es. Edipo può aver ucciso il padre a causa di spinte pulsionali oppure vendetta a causa dell'abbandono di questi). Durante il transfert, emergono questi traumi che, quando l'insight diventa possibile, vengono risolti attraverso la capacità di ricordare (non viene recuperato il ricordo). Il terapeuta deve formulare ipotesi circa il passato di un paziente attraverso il rapporto di quest'ultimo con gli oggetti primari e associarlo quindi al disorientamento presente. Modell distingue la singola esperienza traumatica dall'insieme delle esperienze dovuta alla mancanza di affetto materno: è proprio con l'infant research che si è notato come i bambini di 10 mesi rispondano in maniera diversa quando hanno una madre clinicamente depressa. Sin da subito si può essere capaci di intuire la storia e gli oggetti del presente, senza

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bisogno di attendere il transfert, attraverso il racconto del paziente (non sempre veritiero) e la sua situazione emotiva. Partendo da qui e tenendo in considerazione queste ipotesi, che nel corso della terapia possono essere modificate, il terapeuta deve affacciarsi all'emotività del paziente con più trasparenza possibile e con i tempi giusti, in base anche al tipo di personalità dei quest'ultimo. Se questo passo viene fatto bene, al momento del transfert, dunque al riemergere dell'oggetto primario, egli risponderà più facilmente. Il pensiero che il fulcro della psicanalisi sia il transfert e la ricostruzione del passato è emersa dal lavoro di Freud con i nevrotici, cui conflitto infantile irrisolto viene fuori durante la terapia. Ma nei casi più gravi, come i borderline e gli psicotici, il transfert non basta poiché l'associazione tra trauma e psicopatologia è ancor più insidiato e spesso l'inconscio non è capace di pensiero metaforico e memoria associativa. Diversi lavori hanno reso noto che ciò può essere causato anche da una mancanza di elementi presimbolici e preverbali, che dovrebbero acquisirsi durante il primo anno di vita di un bambino (quando ancora non parla) attraverso la relazione con la madre, che gli consentiranno di sviluppare un mondo emotivo e una capacità di comprendere il significato delle relazioni.

• MODELLI PSICOANALITICI Nella storia di questa disciplina hanno fatto capo decine di teorie e modelli, alcuni sopravvissuti, altri no. Di questi ne verranno analizzati tre: il modello psicosessuale di Freud, la relazione d'oggetto di Klein e lo sviluppo di Bion e il modello intersoggettivo. Intanto bisogna specificare che il setting psicoanalitico prevede un ambito spaziale ed uno temporale definito. Il setting formale (il luogo) è rimasto invariato dai tempi di Freud, quello mentale dell'analista invece ha subito importanti modifiche. Secondo il modello psicosessuale, la rimozione della sessualità nel passato infantile è la base della sofferenza nevrotica. La guarigione avviene attraverso il disvelamento e la comprensione di atti sintomatici, dei sogni e del transfert che permettono la ricostruzione della verità del passato e della realtà psichica. La teoria analitica di Freud prevedere che l'analista interpreti i contenuti rimossi attraverso lo studio dei sogni (contenuto latente e contenuto manifesto). L'interpretazione fa emergere il contenuto del conflitto inconscio che, essendo rimosso, produce il sintomo. Il transfert che riporta la relazione analitica alle esperienze infantili è importantissimo. La teoria psicosessuale di Freud si divide in tre periodi: • Nel primo, Freud individua nella sessualità l'agente patogeno della nevrosi, dividendola in nevrosi attuali e psiconevrosi. Fa riferimento al desiderio sessuale ed amoroso rimosso. • Nel secondo periodo la psicosessualità deriva dalla modificazione di due parametri: il primo concerne l'espressione e la sessualità; il secondo implica una trasformazione qualitativa e concettuale della stessa. Per Freud, tutte le

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forme sensoriali di piacere sono componenti primitive della libido. Nella nevrosi ossessiva, il processo del pensiero può essere sessualizzato e scambiato come sostituto della soddisfazione sessuale. La perversione invece, non è altro che una variante , derivato dalla distorsione dello sviluppo libidico e della maturazione dell'Io e nasce dalla difficoltà di superare le normali tappe dell'organizzazione libidica, rimanendo incollati ad un tipo di sessualità pregenitale. • Il terzo periodo coincide con la svolta e la sessualità diventa contrapposizione alle pulsioni di morte e diventa quindi “positivo”. Successivamente, Freud distinguerà tra nevrosi di transfet, dove la libido rimane libera e può essere trasferita agli oggetti e la nevrosi narcisistica, in cui si assiste ad un ritiro della libido e quindi alla difficoltà della formazione del transfert. Secondo Freud nella nevrosi regredisce ad uno stadio primitivo di organizzazione e ciò implica che ogni nevrosi ha il suo punto specifico di fissazione e che la sua forma è determinata dallo specifico stadio di arresto psicosessuale. Secondo il modello delle relazioni oggettuali di Melanie Klein, in ruolo dell'angoscia è fondamentale nello sviluppo emotivo del bambino, che sarebbe appunto preda di fantasie sadiche nei confronti del corpo materno. Nel suo modello è valorizzata la primitività dell'organizzazione oggettuale, cioè il sadismo orale, piuttosto che un trauma. Per difendersi da questi impulsi, il bambino si difende con la scissione, la negazione, l'idealizzazione e varie forme di identificazione. La penultima, serve al bambino per difendersi dalla paura della persecuzione e preservare il suo senso di onnipotenza. Di fronte alla distruttività primaria (che diventerà invidia) si generano senso di colpa e voglia di rimediare. Nel processo terapeutico bisogna tener conto dell'odio e amore nei confronti dell'oggetto, rendendolo consapevole della scissione e proiezione. E' proprio questo il punto forte di Klein, scissione di sé e proiezione nell'oggetto: identificazione proiettiva che porta confusione tra sé e oggetto. Il miglioramento del paziente avviene con il reintegrare le qualità proiettate. Oltre questo, ella descrive due momenti fondamentali nello sviluppo psichico: la posizione schizoparanoide e quella depressiva. La prima è caratterizzata dalla tendenza a reagire in maniera aggressiva alla frustrazione (odiando la madre) o alla gratificazione (amando la madre). Nella seconda il bambino separa la madre con desideri e bisogni e cercando di riparare le aggressioni. Mentre per Freud lo scopo terapeutico si raggiunge col superamento del complesso infantile, per Klein con la riparazione nei confronti dell'oggetto in infanzia. Ed ancora: per il primo il transfert rappresenta una figura dell'infanzia, per la seconda è destinatario (l'analista) delle proiezioni delle parti scisse del paziente, recuperando un sistema di sé integrato. Con il contributo di Klein vennero utilizzati i setting dei pazienti nevrotici per curare gli psicotici, che secondo lei perdono i loro confini perchè voglio rendere proprio l'oggetto e, desiderandolo, lo invidiano. Secondo il modello di Wilfred Bion appare il concetto di “contenitore”. Gli attacchi sadici e distruttivi avvengono per un deficit della funzione contenitiva materna e la

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capacità terapeutica si realizza nell'accoglimento, comprensione e restituzione delle angosce in forma assimilabile per il paziente. Quando la madre non riesce ad accogliere le angosce del bambino, è la base delle distorsioni e crolli nella personalità adulta. La madre potrebbe infatti, proiettare le sue angosce nel bambino usandolo come contenitore (il cui contenuto si attualizza nel transfert, dove l'analista usa la sua intuizione emotiva “reverie”). La caratteristiche del modello intersoggettivo (e forse il suo limite) è che non vengono prese in considerazione precisi contenuti psichici e psicopatologici. Questo modello è frutto di un contributo di analisti nordamericani, che definiscono la loro teoria derviante da un modello orientate a concettualizzare l'organizzazione dell'esperienza personale nell'ambito intersoggettivo del comportamento. Dal concetto di intersoggettività derivano i principi che ordinano l'inconscio preriflessivo che, prodotti dal sistema bambino-figura di attaccamento, costituiscono le fondamenta della personalità e il cuore dell'indagine psicoanalitica. In questo modello la patologia è conseguenza dell'incapacità da parte delle figure parentali di modulare gli stati emotivi del bambino, determinando lo sviluppo di stati affettivi bloccati a scopo difensivo. Il modello proposto è quello traumatico, dove il trauma è mancata risposta affettiva nei primi oggetti di relazione. Il progresso, secondo loro, nel processo psicoanalitico deriva da momenti di congiunzione intersoggettiva (dove le risposte dell'analista sono congrue con le richieste del paziente) e la disgiunzione intersoggettiva (quando l'analista raccoglie il materiale del paziente in configurazioni che ne alterano il senso in modo significativo). Anche se quest'ultima provoca impasse, il paziente continua a comunicare con l'analista cercando di ripristinare questi principi organizzatori. Tuttavia, quest'ultimo modello dice poco sulla complessità del mondo interno del paziente e abolisce addirittura tutte le psicodinamiche consce ed inconsce, così come tutta la psicopatologia.

• INCONSCIO E REALTA' EMOTIVA La psicoanalisi si è allontanata dal concetto energico-pulsionale di Freud, favorendo invece l'aspetto cognitivo-emotivo. Per Freud l'inconscio è serbatoio degli istinti primitivi e genetici. Afferma anche che l'organo coscienzioso, l'Io, è in parte inconscio non rimosso e proprio da qui che egli anticipa diverse concezioni di oggi della componente inconsapevole. Nel suo “disagio della civiltà” spiega che la base dell'infelicità umana (inconscio rimosso di tipo animale) è dovuto dal conflitto tra natura e cultura. Melanie Klein apporta significative innovazioni: la fantasia inconscia, introduzione/rimozione, scissione dell'oggetto e proiezione. Nel suo concetto di inconscio si allarga al campo bi-personale. Per Wilfred Bion l'inconscio diventa strumento immaginativo che trasforma esperienza sensoriale in pensiero, e quindi in sogno, cioè comunicazione intrapsichica

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sempre presente. Diventa quindi lotta tra conscio consapevole e inconsapevole. Bollas parla di memoria esistenziale e conosciuto non pensato per descrivere una serie di eventi che si sottraggono con la rappresentazione. La sua idea di avvicina a quella di memoria implicita, che contiene eventi non ricordabili perchè troppo precoci e comunque non veicolati da rappresentazioni coscienti. Anche Stolorow e Atwood espandono il concetto di inconscio sino ad includere parte della storia personale che non può diventare esperienza consapevole. Donna Orange chiama memoria emotiva, che rimane incorporata nei principi organizzativi della persona e mantiene il suo potere sino a che nuove esperienze prendono forma. E' su questa linea che si sviluppano gli studi di Mauro Mancia per il quale la scoperta di in sistema di memoria comporta una doppia organizzazione dell'inconscio: memoria esplicita ed implicita, che influenzano gli affetti, le emozioni e i comportamenti senza che ne abbiamo ricordo.

• LA MANCATA VALIDAZIONE DELL'ESPERIENZA EMOTIVA Money-Kyrle pensa che, poiché la psiche umana possiede la tendenza ad alterare la realtà, lo scopo della psicoanalisi sia quello di aiutare il paziente a sottrarsi dalle distorsioni. Nell'inconscio di ciascuno esisterebbe la capacità di distinguere realtà psichica da fantasia e che una parte della psiche mantenga integra la percezione inconscia della verità nonostante la distorsione difensiva. In realtà il lavoro è più complesso, dato che la percezione del mondo emotivo si sviluppa gradualmente e con difficoltà nella relazione analitica, dipendendo da tante variabili come traumi emotivi o attaccamento agli oggetti originari. L'analisi può essere concepita dunque come un esercizio di pazienza da entrambi e l'analista formula molti pensieri che si dovranno stanziare in lui per lungo tempo prima di essere comunicati al paziente. Una volta fatto, il paziente riesce piano piano a sviluppare un criterio di verità psichica. STORIA DI CARLA

• TRANSFERT E RELAZIONE ANALITICA Freud fu il primo ad analizzare l'importanza del transfert nel discorso clinico. Secondo lui il paziente trasferiva il suo complesso infantile all'analista che rappresentava sia il genitore che un nuovo oggetto, rendendo passato e presente contemporaneamente operanti. L'interpretazione del transfert aiutava il paziente a differenziare tra presente e passato infantile, utile anche a ricostruire il passato. Freud ha considerato il transfert come trasferimento delle esperienze passate con gli oggetti sull'analista, che possono essere originali o deformati.

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Melanie Klein ha allargato il discorso aggiungendo nell'analista le proiezioni di parti del paziente mediante la scissione e la proiezione. Il lavoro terapeutico deve comportare una reintegrazione di parti scisse e proiettate, Klein espone la sua concezione di transfert in “termini di situazioni globali trasferite dal passato al presente con emozioni, difese e relazioni oggettive che vi sono insite” e sostiene che “la traslazione si origina dai medesimi processi che nei primissimi stadi determinano le relazioni oggettuali”. L'espressione transfert narcisistico (Kohut) testimonia l'entità dell'ampliamento semantico del transfert fino a inglobare anche il narcisismo. Bezoari fa notare che Freud poneva i due termini “transfert” e “narcisismo” in reciproca antitesi. Bion ha definito trasformazioni a moto rigido quelle caratteristiche del transfert che originano dalla rimozione e che riguardano i pazienti nevrotici, e trasformazioni proiettive che originano dall'identificazione proiettiva comune nei pazienti psicotici. Un tema molto dibattuto nel passato fu il carattere illusorio del transfert, che venne infatti suddiviso in transfert e relazione reale, nella quale è possibile liberare la percezioni delle distorsioni transferali. Questa doppia visione permetterebbe il lavoro interpretativo tra passato e presente. L'atteggia...


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