Elsa morante il mondo salvato dai ragazzini 2 PDF

Title Elsa morante il mondo salvato dai ragazzini 2
Author Silvia Martella
Course Letteratura italiana contemporanea
Institution Università degli Studi dell'Aquila
Pages 12
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Summary

analisi del libro...


Description

Il mondo salvato dai ragazzini- Elsa Morante È la più importante raccolta di poesie pubblicata da Elsa Morante, costruita nell’arco degli anni 60 (anno di pubblicazione 1968) è suddivisa in 3 parti apparentemente disomogenee ma legate in realtà da un disegno unitario. 1) ADDIO: è ispirata alla morte del pittore statunitense Bill Morrow con il quale la scrittrice aveva intessuto una relazione. Nel 1962 Bill Morrow si suicida gettandosi dall’Empire State Building. Dopo la sua morte, Elsa tenta di lasciarsi morire, rifiutando il cibo. Dopo molto tempo ricominciò a scrivere e per prima cosa scrisse una poesia dove si evince il dolore per la perdita della persona cara. Dalla poesia emerge la voglia della Morante di riportare Bill sulla terra “nel suo lettuccio a dormire”. Attraversa le vie della città sperando di incontrare i suoi colori e il suo sorriso. Elsa chiede di ricevere “una tenerezza al buio della stanza” di perdere la memoria, di vivere la senilità per dimenticare il suo uomo e il dolore per la sua perdita. Il suo ricordo è forte sia di notte che di giorno. In questa poesia, Elsa ricorda anche la dimora di Bill, prima considerata “la stanza del quartiere” ricercata da tutti, ora invece è completamente abbandonata, le piogge vi entrano dentro, il fango ha sporcato i muri, il terrazzo è abbandonato così come le piante che ora sono morte. Nessuno più osa avvicinarsi a questa casa, perfino i ladri. Quando è partito per l’America, Bill ha portato con se i suoi beni principali e il resto voleva che venisse spedito via mare, quindi tutti i suoi beni sono andati dispersi. Ma la Morante non può far nulla per riportarli indietro. Adesso che è morto, non è possibile conoscere il suo indirizzo, adesso vive in un “infinito eterno” dove nessuno si riconosce, non esistono qui nomi e ore. L’unica occasione per incontrarsi è stato questo punto della terra. Inizia ad un certo punto un monologo della Morante, riflette sulla sua vita dopo la morte di Bill: “quaggiù i ragazzi dopo un pomeriggio d’angoscia possono ancora ridere ad una barzelletta, dopo una notte di grandi bevute, i ragazzi ubriachi possono scatenare un gran casino senza ricordare nulla il mattino seguente. Qua si può idolatrare un divo e insultarlo subito dopo aver fatto la nostra conoscenza. Qua i ragazzi dopo aver urlato contro le loro madri, vengono immediatamente perdonati e consolati da quest’ultime. Dopo questo monologo, la Morante torna alla realtà, al suo dolore. Quando scende la notte, la scrittrice si lascia andare ad un sonno profondo. Proprio in questo momento può incontrare nuovamente Bill e salutarsi dicendosi “Addio”. Nella poesia troviamo lunghi blocchi diversi relativi a ciò che si può fare in vita utilizzando sempre la stessa formula “qua si può”. 2) LA COMMEDIA CHIMICA: in questa seconda fase, vi sono riferimenti ed esperienze compiute in una certa fase della vita di Elsa Morante, vuole dire all’uso di sostanze allucinogene. Negli anni 60 la scrittrice sperimentò questi paradisi artificiali, per i quali iniziava a nascere una moda. Nella commedia chimica è inserita LA MIA BELLA CARTOLINA DAL PARADISO, al suo interno la Morante parla di un viaggio nell’al di là. Ha potuto intravedere in lontananza una cupola

trasparente adornata di fumetti. Sotto di lei, scorgeva un corpo, il suo, che aveva appena lasciato, che cominciava a decomporsi e a diventare polvere. In questo luogo è assente il peso del corpo. Si tratta di una situazione provvisoria che già prevedeva il suo ritorno sulla terra. La commedia chimica contiene “LA SERATA A COLONO”, unico testo teatrale della Morante. Si tratta di una parodia dell’Edipo a Colono di Sofocle.

ANTEFATTO Apollo spinge Laio re di Tebe a sopprimere il proprio figlio Edipo appena nato. Successivamente, lo stesso Edipo deve fuggire dalla famiglia putativa che per caso lo aveva sottratto al sacrificio paterno. La fuga non serve a salvare Edipo dal suo destino che lo vuole parricida, incestuoso e re della città delle sette porte. Un giorno Edipo sente una responsabilità in seguito alla diffusione, in città della peste. Per il grande senso di colpa si acceca con uno spillone della madre-moglie suicida e si condanna alla mendicità e all’esilio accompagnato dalla figlia Antigone. Ultima sua stazione predestinata, dove trova una fine e una sepoltura è Colono, luogo consacrato alle Furie, figlie della notte, dette anche le Eumenidi cioè le benigne. LA SERATA A COLONO Siamo in una sera di novembre, intorno al 1960, all’interno di un policlinico di una città sud europea, in un corridoio attiguo al reparto neuro- deliri. Viene introdotto, stretto da cinture di contenzione, un vecchio con fronte e occhi avvolti da garze. Il malato è in preda a crisi e visioni oniriche. Al neuro- deliri viene accolto da un coro di pazzi, da 3 guardiani e da una suora indaffarata. Intorno alla barella di colui che si crede Edipo, si affanna solo la figlia Ninetta, una ragazzina selvatica e analfabeta di 14 anni, poco sviluppata per la sua età, che lui chiama Antigone. La colpa di Edipo della Morante non è l’uccisione del padre e l’incesto, ma la tensione alla conoscenza. Cerca la verità, vuole scandagliarne i segreti ma ne resta avviluppato. Gli rimane solo l’amore della figlia ignorante. Il legame parentale tra Antigone e Edipo è il fulcro del conflitto tragico, opponendo l’assolta consapevolezza del dolore dell’intellettuale che si fa carico delle colpe del mondo, alla pietà primitiva dettata dall’ignoranza e interpretata come unico antidoto alla follia. Edipo avverte la realtà come un dolore inaccettabile, non accetta il destino universale. A nulla valgono i tentativi di Antigone di mitigare la terribile realtà con rasserenanti favole visionarie. Alla fine dell’atto vi è l’immancabile svolta fiabesca: Edipo precipita nel nulla celato dietro una delle porte colorate, la porta nera del vuoto, apparse dopo l’ingestione di una pozione magica. L’immagine della scala cromatica, rappresenta la discesa dei morti nell’altro mondo. La morte di Edipo rappresenta la liberazione, come cancellazione dell’individualità e la fuga dalla disperazione della conoscenza. Edipo, perseguitato dal dio Apollo, rappresenta inoltre il bersaglio dell’accanimento del mondo.

La serata a Colono è l’unico testo teatrale della Morante, contenuto all’interno dell’opera politica “il mondo dei ragazzini” (1968). Si tratta di una parodia di Edipo collocato in uno scenario occidentale della seconda metà del 20 secolo. In questo caso Edipo simboleggia l’uomo abbandonato nella moderna civiltà industriale e condannato alla solitudine, finito in un reparto manicomiale dopo essersi accecato. Si tratta di un accecamento estetico, di un rifiuto di un modo di pensare che ha creato mostruosità. Si tratta di un libro scritto vent’anni dopo lo sterminio nei campi di concentramento nazisti, aspetto molto importante nella letteratura di Elsa Morante, che sottolinea la condizione di miseria dell’uomo. Il racconto inizia con l’arrivo della barella che trasporta Edipo. È legato con cinghie e gli occhi sono coperti di garze. Dietro la barella si affretta Antigone che si prenderà cura di Edipo. Non c’erano posti per Edipo in ospedale perché tutte le stanze erano occupate da altri pazienti che avevano contratto epidemie di stagione. Edipo ha 63 anni, piccolo proprietario benestante, vedovo con 4 figli. A lui viene diagnosticata una sindrome delirante e una psicosi tossica. Ha partecipato alla seconda guerra mondiale ed è stato particolarmente crudele e violento contro i prigionieri e gli indigeni. La morte della madre ha rappresentato un grande dolore per Edipo, infatti subito dopo la sua morte, ha bevuto molto e poi si è addormentato per un giorno intero e il giorno dopo ha chiesto alla sorella di accompagnarlo in ospedale. Quando Edipo si sveglia incontra il dottore e vuole sapere da quest’ultimo chi fosse, Edipo non ricorda nulla. Il dottore risponde dicendo che lui è il re del paese, che lo riconosce come figlio di Laio, conosce la sua storia e immaginava il suo arrivo. Edipo chiede in quale regno si trova, il dottore risponde spiegando che si trovano nel territorio consacrato alle Sante figlie dell’oscurità. Loro abitano lì e sono conosciute col nome di Benigne oppure di Erinni. Edipo invoca le sante figlie dell’oscurità chiedendo di essere accolto nel loro regno. Qualche momento più tardi, si avvicina ad Edipo e Antigone una suora, il malato riconosce subito la figlia maggiore. La suora confessa di essere Ismena la sua figlia maggiore, che porta buone notizie al padre, in famiglia stanno tutti bene e attendono il suo ritorno. Edipo continua a lamentarsi e sostiene che la colpa è di Apollo, Edipo decise di accecarsi per spegnere la sua stella e invece questo non è successo, lui non avrà mai pace. Nella SMANIA DELLO SCANDALO si parla dell’amore e della giovinezza. Quest’ultimo tema ricorre più volte nell’opera della Morante, soprattutto quando si parla della continua ricerca del fantasma di Bill Morrow. La smania dello scandalo racchiude 11 poesie. La prima poesia è un brevissimo componimento di 2 versi, il soggetto individua sé stesso come un “punto amaro” in cui si concentra il movimento altalenante della luna e delle maree. Il primo verso sembra essere una sentenza pronunciata dall’Edipo della serata a Colono. Anche il personaggio della tragedia, infatti si sente come un punto di dolore, un ricettacolo delle sofferenze del mondo. Il secondo verso e costruito intorno alla vocale e, presentandone un’allitterazione che rende la lettura allungata e distesa. Il verso “fra le lune e le maree” potrebbe essere quindi la metafora di un interminabile momento di passaggio vissuto dal poeta, fra la quiete celeste e il movimento incessante dell’acqua.

Nella seconda poesia appare un io lirico, probabilmente lo stesso della poesia precedente, nell’atto di descrivere un certo spazio. La struttura della poesia è di 6 strofe: le prime quattro sono quartine in versi liberi, poi segue una strofa di cinque versi e infine un unico verso di chiusura. Il soggetto maschile narra con una serie di immagini simboliche un posto che va oltre la comune concezione di spazio. Si tratta di un luogo che rappresenta la morte o l’atmosfera che si potrebbe esperire nella dimensione raggiunta dopo il trapasso. Nella penultima strofa, il soggetto parla di un luogo snaturato che però è obbligatorio attraversare, facendo pensare proprio al decadimento fisico tipico degli esseri viventi, ovvero alla morte. La terza poesia figura come l’inizio di una sezione a sé stante, interna alla “smania dello scandalo” e comprendente cinque componimenti. La poesia è costituita da sei quartine, chiuse da una sestina finale. Sono tutte di versi liberi e non c’è uno schema di rime, a parte la desinenza –ali, che ritorna 3 volte ma pare essere casuale. Il protagonista del testo è ancora un IO lirico che si rivolge a un TU non meglio identificato. Sono due esseri oltre la sessualità e la comune civiltà, contrapposti a un imprecisato “loro”. L’IO e il TU si isolano dal resto della società anche per il fatto di essere oltre il concetto di morte. Da rilevare è la chiara appartenenza dei due individui a una dimensione naturale. All’inizio della lirica il TU giunge all’IO da “nidi vegetali”, mentre nella conclusione il soggetto brama un destino che li riporti in “stanze arboree”. La brama per il ritorno alla naturalità, espressa dal soggetto della terza poesia della smania dello scandalo, potrebbe offrire una spiegazione anche dello stesso titolo di tutta la sezione. In sostanza, la presente raccolta poetica sarebbe la smania, cioè il desiderio intenso, di portare scandalo fra le istituzioni sentite come restrittive, come pure potrebbe essere la smania di descrivere lo scandalo, qui nel senso di oscenità, del mondo moderno. La quarta poesia sembra l’ovvia continuazione del componimento appena analizzato: lo stesso soggetto lirico racconta di sé stesso e del TU cominciando pure con una congiunzione avversativa “ma sempre chiamati, ritorniamo dentro il miraggio/ dove essi ruotano, corrotti dalla droga della morte.” Ordinata in 4 parti, la lirica presenta una quartina, poi un distico, infine 5 strofe di lunghezza diversa scritte in corsivo. Chiude il tutto una citazione dell’opera di Mozart “il flauto magico”. Oltre all’incipit, troviamo diversi richiami alla terza lirica. Si vedano i versi “ci sediamo ai loro sordidi banchetti tribali/ dove l’angoscia della notte li raduna”. Inoltre riappare il motivo della domanda posta da “loro” alla quale il soggetto si sente in dovere di dare una risposta. Le strofe in corsivo rappresentano proprio un eloquio diretto a loro che diventa un voi. Il mondo in cui vivono è una misera illusione, un’ irrealtà. La società da cui il soggetto della lirica si vuole distaccare è menzognera e deformante, però gli interlocutori ne sono già assuefatti. Per quanto riguarda la citazione di Mozart “LASS DIE GLOCKEN KLINGEN KLINGEN” quest’ultima deriva da una canzone cantata dal personaggio Papageno. La Morante sembra aver riportato questa frase solo per fare un semplice omaggio al musicista. La quinta poesia continua il discorso della precedente, con il verso “ma, come larve di una popolazione assediata” tramite una struttura tradizionale, 4 quartine chiuse da un distico, si prosegue nella descrizione dell’opposizione tra “loro” e la coppia del soggetto lirico, ormai

diventata un NOI. Il mondo abitato dagli altri esseri umani è fatiscente e ingiusto, un mondo in cui la coppia protagonista è percepita diversa, barbara, quasi inferiore. È evidente che la scrittrice abbia la smania di raccontare lo scandalo subìto da tutti i soggetti sociali che l’io lirico rappresenta. Pare che gli ultimi e i più deboli, chiamati ragazzini in questo libro, siano ormai al livello di cavie o saltimbanchi che devono dar spettacolo. I due versi finali sono scritti in maiuscolo e graficamente separati dal resto della lirica: “NINNA OH NANNA OH/ NINNA NINNA NINNA. Si tratta di parole provenienti da una filastrocca infantile. Si evidenzia quindi la volontà della scrittrice di accostare cultura popolare e cultura alta, senza distinzioni. Il sesto componimento, ordinato su cinque strofe di lunghezza variabile e sempre in versi liberi e sciolti, inizia con un’invocazione: “o ambiguità, provocazione di due voci in una”. Il tema ricorrente del decesso, nella prima strofa la parole morte è ripetuta 4 volte. La seconda e la terza strofa raccontano dell’interminabile ciclo di morte e vita cui anche l’io e il tu devono sottostare, ma dal quale loro, sono in grado di rigenerarsi. La Morante invoca un messia, un Cristo per gli anni 60, che salvi il mondo. Costui potrà essere un neonato orfano in un ospedale, oppure un bambino cresciuto in campo di lavoro. Fra gli ultimi versi si trova la persiste ripetizione della parola domani, come a indicare che forse nel futuro il suddetto messia giungerà. Il finale di questa poesia, scritto in francese e a lettere maiuscole, è nuovamente preso da un componimento di Rimbaud. Quest’ultimo immagina di precipitare nel profondo dell’ombra, che assume le caratteristiche di un bosco nel quale si riconoscono i sogni della notte originale. L’uso della citazione del poeta francese da parte di Morante significa che, dopo essere sprofondati nel bosco delle origini se ne potrà risalire, salvi. La sezione interna della smania si conclude con la 7 poesia, legata ai componimenti precedenti da alcuni elementi: il contenuto, la congiunzione avversativa però e infine il sintagma “eco d’un eco”, sempre riferimento ad un essere femminile sconosciuto. Il finale della poesia è scritto in maiuscolo. È presente un legame contenutistico, in quanto si parla sempre del misterioso messia. Nella prima strofa la voce materna lo implora di non giungere più, in quanto rischierebbe di non essere compreso. Nella seconda parte è presentata la risposta del messia, qui da intendere più precisamente come POETA. In quest’ultimo passaggio risiede il punto di contatto fra i diversi testi della smania dello scandalo: la Morante sta riflettendo sulla presenza e la funzione dell’ artista nella società e su come sarebbe accolto da essa. La seconda strofa del componimento esprime la perseveranza del poeta stesso, il quale decide di non ascoltare la voce materna. Questo artista ha la speranza che la società futura sarà davvero in grado di accoglierlo. La poesia si conclude con una citazione di Rimbaud: O SAISONS, O CHATEAUX! Traduzione: o stagioni o castelli! Per la Morante immaginare stagioni passate o costruire castelli inventati sembrano essere , alla base della ricerca poetica. L’ottava poesia è un’unica strofa di 17 versi seguita da una terzina in maiuscolo, è il variegato accostamento di immagini relative alla fisicità e alla concretezza. I 3 versi finali paiono dare un senso al resto della lirica: essi provengono da una canzone popolare napoletana e raccontano della nascita di una bella ragazza, fatta di miele, zucchero e cannella. La principale strofa della poesia parla dell’infinito ciclo di nascita e morte.

Le strofe della 9 poesia rappresentano vari punti di contatto con l’ottavo componimento. In entrambe le liriche ci sono la quasi totalità dei temi centrali della poetica Morantiana: infanzia, sogno, eros, animalità, corpo, idiozia, metamorfosi, finzione, ambiguità, musica, mito. Nella nona lirica troviamo un soggetto lirico femminile che regredisce fino all’infanzia o alla prima adolescenza. La ragazza si prepara a diventare donna in un processo metamorfico che riguarda ovviamente la fisicità. Nella seconda strofa si attua, il percorso del soggetto femminile all’interno di un’atmosfera cittadina. La nona lirica della smania è una vera ode ai ragazzini, come mostra un verso dell’ultima strofa: “ o adolescenti, buffoni di Dio”. La decima poesia è una visione. Si tratta del componimento più lungo e complesso di tutta la smania dello scandalo e in esso convergono molte delle immagini evidenziate nelle altre liriche. Il testo è ordinato in 7 strofe di lunghezza variabile, dai 5 ai 16 versi. Morante sceglie di usare la poesia narrativa, con versi liberi e una voce narrante in 3 persona che racconta di una protagonista femminile. Il percorso della ragazza inizia richiamando un episodio biblico dell’annunciazione; al posto dell’arcangelo Gabriele, leggiamo di un “piccolo arcangelo camuso”. Nel seguito la matrice biblica viene mantenuta, attraverso i versi “e coi suoi piedi alati lei s’incammina sopra la palude ribollente senza sfiorarla” qui si fa riferimento alla camminata di Gesù Cristo sulle acque. Morante propone poi, nella parte centrale della poesia, la nascita degli animali, sebbene essi non sembrino animali conosciuti, piuttosto figure mitologiche, creature tra la pianta e la bestia. La lirica si conclude, con la rappresentazione della nascita più celebre, quella degli esseri umani nella Genesi: la protagonista incontra il primo uomo, Adamo descritto tramite il triplice asindeto: fresco, assolato, ridente. Nella poesia appare un unico verso scritto in maiuscolo “LE BESTIE D’UNA ELEGANZA FAVOLOSA”, che rappresenta la traduzione di un verso della poesia di Rimbaud ENFANCE (infanzia). L’undicesima e ultima poesia è costituita da soli 7 versi divisi in due strofe. La prima è un’ulteriore ode alla natura lussureggiante. La seconda è una lunga citazione sempre di Rimbaud. La smania sembra quindi concludersi con note di speranza, in cui si narra la breve storia di una coppia che avvera il proprio desiderio di essere re e regina. Tutto fa pensare che ci sia un finale ritrovamento del bene perduto in un universo lussureggiante e pullulante di vita nascente. Tutte le poesie della smania dello scandalo sono l’espressione di una visione più utopica che realizzabile, in altre parole, si tratta di un’ode ai ragazzini che devono sopravvivere in un mondo di stragi e fare in modo di far venire alla luce lo scandalo che li circonda. La Morante pensa che la poesia non deve accontentarsi solo della sua bellezza, ma deve porre delle domande alla coscienza degli esseri umani, poiché il suo scopo principale è parlare della vita. 3) Infine abbiamo le due canzoni popolari, tra cui quella che dà il titolo all’intera opera e che offre una chiave per comprendere la politica della Morante. L’autrice segue un preconcetto evangelico infatti sono i FELICI POCHI, un modello di saggezza che pe...


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