I trovatori Di Girolamo PDF

Title I trovatori Di Girolamo
Author Valentina Lupi
Course Filologia romanza
Institution Università di Pisa
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riassunto del libro...


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LA POESIA DEI TROVATORI Introduzione La letteratura provenzale può essere considerata la madre delle altre letterature romanze, una poesia d'arte laica, composta in lingua volgare, nata con Guglielmo IX d'Aquitania negli ultimi anni dell'XI secolo e terminata intorno alla fine del Duecento con Guirot Riquier. I trovatori erano di varia estrazione sociale: vivevano nell'ambiente delle corti feudali del Sud della Francia, della Spagna e dell'Italia settentrionale grazie al mecenatismo dei signori; il loro pubblico è quindi la corte. Componevano dei testi per iscritto e li musicavano: la poesia circolava quindi esclusivamente per via orale, attraverso l'esecuzione cantata dei giullari. Ciascun giullare aveva un repertorio, e spesso le due figure coincidevano. Sebbene l'esecuzione pubblica di opere poetiche da parte di persone specializzate sia molto antica, con I trovatori il giullare cambia un po’, in quanto ha il ruolo specifico di eseguire testi d'autore, non più un repertorio anonimo, con l'accompagnamento di uno strumento musicale. È possibile individuare tre epoche della lirica provenzale, secondo Friedrch Diez: -

la prima va dalle origini (fine del XI sec) al 1140; la seconda dal 1140 al 1250; la terza dal 1250 alla fine del XIII sec;

La periodizzazione risulta valida se si pensa alle capacità di diffusione della letteratura, alle sue caratteristiche interne e alla sua progressiva decadenza, infatti la fine della letteratura provenzale fu causata dalla profonda crisi che colpì il mezzogiorno francese alla fine del Duecento (crociata contro gli albigesi): l'oscurantismo religioso e la precarietà politica ed economica resero impossibile la sopravvivenza di una poesia in un sistema sociale in caduta libera  molti poeti migrano in Spagna o in Italia. Inoltre si osserva la presa di coscienza della tradizione passata e la volontà di tramandarne i monumenti in ampie raccolte manoscritte, questa poesia dunque cambia modo di esistere, diventa letteratura ed è come tale che verrà letta in Italia e che continuerà ad esercitare la sua influenza sulle altre letterature volgari. La decadenza culturale ha conseguenze anche sul piano linguistico: benchè non ci sia stata una politica di repressione delle parlate d’oc, la cultura francese diventa gradualmente il polo di attrazione, nel 1539 l’editto Villers-Cotterets impose il francese come lingua ufficiale su tutto il territorio nazionale, il provenzale non era più da tempo una lingua di cultura. Il corpus delle 2542 liriche dei trovatori ci è stato tramandato da un centinaio di testimoni, compresi frammenti e codici; I manoscritti principali sono essenzialmente quaranta; si tratta di canzonieri copiati in gran parte in Italia, nessun manoscritto è anteriore al XIII sec  le sigle con cui sono indicati sono quelle ad essi attribuiti da Bartsh nel 1872. Ciò non deve farci pensare che la poesia dei trovatori fu essenzialmente affidata alla tradizione orale: esistono numerose testimonianze, sia nell'iconografia che nei testi, che i trovatori componevano per iscritto le loro poesie, e i giullari avevano sempre davanti, durante l'esecuzione, dei fogli volanti di pergamena, o comunque se ne servivano per imparare o ripassare i pezzi da recitare. È quindi nel periodo della decadenza che questa poesia viene raccolta in antologie destinate alla lettura, con l'aggiunta della notazione musicale (canzonieri G, R, W e X) e un corredo di miniature, ma soprattutto nell’accompagnamento delle liriche con biografie degli autori e commenti ai testi  vidas e razos; La moda dei canzonieri consolidatasi a partire dal XIII avviene nelle zone d’influenza trobadorica e non in Provenza, dunque avviene in Spagna, Francia, Italia. Bisogna peraltro dire che i canzonieri sono il coronamento di un processo di diffusione che era già in atto da un secolo e mezzo.

Ognuna di queste tre zone romanze ha fruito in modo diverso della tradizione trobadorica, con esiti alterni: - Catalogna: dal 1150 al 1250 i catalani, per motivi politici e di somiglianza linguistica, scrivono in provenzale (seppure catalanizzato) le loro liriche, e continueranno a farlo, in realtà fino agli inizi del 1500 quando ci sarà Ausiàs March, il primo poeta veramente catalano. Ci sono giunti i nomi di una ventina di trovatori catalani. - Galizia-Portogallo: l’influenza trobadorica comincia ad opera dei giullari presso il pellegrinaggio di Santiago de Compostela già dal XII secolo, ma la tradizione lirica in galego-portoghese nasce solo nel 1200 sulle decadenze della provenzale (molti trovatori emigrarono qui) e si esaurisce nel ‘400, quando si imporrà il castigliano e la lirica privata. L’esperienza galego-portoghese investe tutto il nord della Spagna, dominio castigliano compreso. Entro i tre generi prediletti, i primi due, canzoni d’amore e canzoni di scherno, sono di chiara origine provenzale. - Francia d’oil: non abbiamo molti casi di trovatori presenti al Nord, anche se è risaputo che l’osmosi culturale con il Sud, sia attiva che passiva, ci fu sempre e fu sempre costante. La poesia provenzale, a dire il vero, irradiò per la prima volta la sua influenza proprio nel dominio d’oil, principalmente nella concezione cortese, che a sua volta generò sia la lirica dei trovieri (i primi a trascrivere nella loro lingua il modus trobadorico), tra i quali spiccano Chretien de Troyes, Conon de Bethune, Gace Brulè, sia nel romanzo narrativo, che ereditò le problematiche ideologiche dei trovatori. E nemmeno la trattatistica ne fu esente, pensiamo al “De amore” di Capellano. - Zone germanica: grazie all’esperienza trobadorica nasce in Germania la figura del minnesanger; in Inghilterra invece l’esperienza trobadorica fu molto presente ma meno “germanizzata” se consideriamo che il dominio normanno in Gran Bretagna volle dire innanzitutto cultura d’oil. - Italia settentrionale: i trovatori furono in Italia addirittura radicati tanto quanto lo furono in Catalogna; anche qui troviamo infatti molti casi di poeti italiani che scrivono in provenzale e lo fanno prima dell’esilio cui i trovatori furono costretti dopo la crociata antialbigese. E in Italia abbiamo un Raimbaut de Vaqueiras ospite dei Malaspina e del marchese di Monferrato, e un Peire Vidal ospite ancora del marchese di Monferrato e della corte di Saluzzo. Ad oggi ci risultano 27 trovatori italiani o di possibile origine italiana. Da considerare a parte per le sue importanti conseguenze è il caso del Veneto, dove il potere dei da Romano nella Marca Trevigiana, nell’opera dei signori-fratelli Ezzelino e Alberico, fu un caso straordinario di mecenatismo nei confronti di trovatori e giullari; lo scopo era quello di trasporre l’ideologia cortese e gli antichi valori feudali all’interno di un contesto cittadino e borghese. Questa necessità di “arrivismo sociale” era propria anche del circondario di cavalieri rotante intorno ai da Romano, i quali da uomini d’arme si erano trasformati in signori di città e volevano una levatura sociale e morale maggiore. Il 1220 è in questo senso un anno cruciale perché arriva a Treviso il trovatore caorsino Uc de Sant Circ, il quale diventa poi poeta ufficiale della corte dei da Romano e personale di Alberico. Questo trovatore agì da vero e proprio anello di congiunzione tra tradizione ormai passata e percepita come tale e nuovi bisogni socioculturali borghesi che di quella tradizione volevano acquisire l’eredità in un modo a loro comprensibile: le sue vidas e razos (che di certo Uc non si inventò ma raccolse nel Sud prima dell’arrivo in Italia) portarono con sé grandi banalizzazioni della portata sociale di quelle poesie, ma al tempo stesso ne garantirono la sopravvivenza fino ai giorni nostri. Questo processo di banalizzazione era più antico e proprio dei giullari, i quali cercavano di attirare quanto più pubblico possibile durante le loro esibizioni: ora il destinatario è una corte straniera e per di più borghese, la quale non può diventare cortese se non attraverso un’ideologia cortese stilizzata e vuota. - Italia Sud: l’importanza dell’esperienza dei da Romano è fondamentale se consideriamo l’ipotesi per la quale la Poesia Siciliana sarebbe nata proprio dopo il 1231, quando Federico II andò presso i da Romano e si lasciò affascinare da quella poesia provenzale “trapiantata”, tanto che forse lo stesso Ezzelino regalo a Federico un canzoniere trobadorico. Dimostrazione di ciò sarebbe la stessa esperienza poetica dei Siciliani, i quali scrivono a partire da questa data e hanno nei loro testi una costruzione formale ispirata a quella trobadorica e al tempo stesso tanto cesellata che una simile influenza può essere avvenuta solo in seguito ad un fruizione di un testo scritto già “borghesizzato”. Grazie al libro manoscritto, si diffuse la conoscenza dei trovatori in Europa, sebbene la lingua dei trovatori venga spesso chiamata provenzale, si tratta di un aggettivo improprio: essi la chiamavano lenga

romana, ossia lingua romanza, volgare, in opposizione al latino; soltanto nel XIII sec si diffusero I termini limosino e provenzale, rispettivamente a ovest dei Pirenei e a est delle Alpi. In realtà le varietà principali del provenzale sono quattro: 1) il provenzale vero e proprio (zona sudorientale), 2) l'alpino-delfinatese (zona nord-orientale), 3)il linguadociano-guiennese (zona sud-occidentale) 4) il limosino (zona nord-occidentale). Il pittavino è lasciato fuori, poiché rappresenta una varietà di transizione tra il provenzale e il francese, il provenzale può essere considerato una koiné in cui convivono fenomeni fonetici di diversa provenienza ciò che è certo è che i trovatori più antichi usavano una lingua sopraregionale con dialettismi della regione di provenienza.  Il vocalismo tonico presenta un sistema a sette vocali, simile a quello del toscano, con la differenza che in provenzale non ha incidenza la posizione della vocale, se in sillaba libera (terminante in vocale) o chiusa (in consonante). Sul piano della morfologia l’aspetto più caratteristico del provenzale è la conservazione di una declinazione bicasuale: il caso retto usato come soggetto e il caso obliquo, per tutte le funzioni. La poesia dei trovatori era quindi una poesia destinata al canto, non alla lettura o alla recitazione.  verbo trobar: trovare, inventare; da cui trobador, comporre sia il testo che la melodia (motz e so), formando l'obra, il componimento. Il giullare è quindi innanzitutto un cantante e un musicista che suona uno strumento musicale, di solito una viella o un'arpa. Per questi motivi la ricostruzione o la lettura di un testo provenzale risulta oggi difficile, in quanto non siamo in grado di restituire alle opere la loro dimensione musicale originale. Nei documenti di cui disponiamo oggi non vi sono indicazioni sul ritmo, essenziale per l'interpretazione musicale di qualsiasi pezzo, ignoriamo la durata delle note. Ricorre quindi l'impossibilità di ricostruire un archetipo. I trovatori definiscono anche una norma metrica formale, incentrata sulla tecnica del verso. Riprendendo il modello di versificazione tonico-sillabico degli autori latini del Medioevo, creano il concetto di verso, formato da un ictus (accento primario che sottolinea le posizioni forti, a dispetto delle deboli) e dalla posizione (data dalla sillaba o dalle sillabe che, combinandosi, formano l'unità metrica di base). Le figure metriche che regolano la fusione di due sillabe in un'unica posizione sono la sineresi (per le sillabe che si incontrano all'interno di una parola) e la sinalefe (per le sillabe che si incontrano all'interno del verso); quelle che regolano la separazione di due sillabe sono la dieresi per le sillabe che si incontrano all'interno di una parola e dialefe, per le sillabe che si incontrano all'interno del verso. La denominazione dei versi provenzali è data dal numero effettivo di posizioni, esclusa l'eventuale sillaba atona finale, che invece viene considerata nella denominazione dei versi italiani: un settenario provenzale corrisponde quindi a un ottonario italiano, un ottonario a un novenario ecc. Il decenario è senza dubbio il verso più diffuso. Il verso è delimitato da una pausa finale che è a sua volta segnata dalla rima: per i trovatori non esiste verso senza rima, nè rima senza verso, essi non la inventarono, ma ne resero sistematico e rigorosa l’uso. Le eccezioni a questa regola sono date da: 1- la rima interna (rima addizionale che cade in posizioni interne di versi, i quali versi sono comunque resi unitari dal loro disegno metrico) 2- la rima negativa, completamente irrelata, detta rim espars. 3- rime equivoche (se viene rimata la stessa parola con un significato diverso),

4- rime tautologiche (sono rimate parole identiche anche nel significato) 5- mot-refranh o parole-rima (se l’uso della rima tautologica è sistematico) 6- rim estramp/dissolutz, ossia le rime hanno senso solo in rapporto alla presenza di quelle stesse rime nelle stanze seguenti o precedenti. 7- rims singulars se cambiano di stanza in stanza, 8- rims encadenatz se sono ABABAB (rima alternata italiana), 9- rims crozatz se sono ABBA (rima incrociata italiana) 10-rims retrogradatz se le rime di una strofa riproducono l’ordine inverso della stanza precedente. 11-rim dictional, se le parole sono messe in comune usando non la terminazione finale. 12-rims derivatiu, che non è la rima derivativa italiana, è un tipo di rim dictional che consiste in un semplice poliptoto in rima, ossia una parola viene ripetuta nella radice ma non nel suo morfema grammaticale. 13-rim accentual, anche questa un tipo di rim dictional, che consiste nel ripetere la stessa parola ma con accento diverso. Il verso semplice (senza cesura) più utilizzato è l’ottonario, al contrario nei versi composti il decenario è quello più diffuso derivato dal decasyllabe francese e dell’endecasillabo italiano, accostamento di un quaternario e un senario che può avere sia un’uscita maschile che una femminile (successivamente si invertirono di ordine). Guglielmo IX utilizzò anche versi a undici posizioni e quattordici. I versi sono organizzati in periodi strofici, o stanze, che i trovatori chiamano coblas. Tra i diversi tipi di organizzazione strofica troviamo: 1- coblas singulars, cioè stanze autonome anche dal punto di vista dell’ordine delle rime; le stanze successive non emulano il disegno di rime delle precedenti, se non qualche estramps. 2- coblas unissonans, che impone l’uso delle stesse rime per tutte le stanze 3- coblas doblas, cioè raggruppamento delle stanze a due a due attraverso la rima; la prima stanza avrà rime uguali alla seconda, la terza alla quarta e così via 4- coblas ternas, se le stanze sono alternate a tre, ossia la prima ha rime uguali alla terza, la seconda alla quarta e così via 5- coblas capcaudadas, (“testa coda”), dove la rima dell’ultimo verso di ciascuna stanza è uguale a quella del primo verso della stanza successiva. 6- coblas capfinidas, dove una parola non necessariamente in rima contenuta nell’ultimo verso di una stanza è ripresa in posizione iniziale o all’interno del primo verso della stanza successiva; Dal punto di vista metrico, la stanza consiste in un numero variabile di versi con uno schema rimico che si ripete poi invariato o con variazioni regolari nelle stanze successive. La maggior parte delle poesie dei trovatori si conclude con un congedo, detto tornada: in esso l'autore esprime considerazioni sulla propria opera o sulla melodia, o conclude l'argomento, o dedica il pezzo a una dama, o a un mecenate, o a un collega poeta; nei trovatori più antichi, il congedo consiste semplicemente in una ripresa di immagini o concetti espressi nella stanza anteriore. Spesso sono presenti più congedi, in quanto una poesia poteva essere indirizzata a vari destinatari, il poeta poteva rivolgersi simultaneamente a più persone.  La lirica provenzale dispone di ben poche forme metriche istituzionali. Tra I generi della lirica provenzale, ricordiamo la canzone, l'escondich (termine feudale che significa difesa da un'accusa, in cui l'amante si discolpa da menzogne messe in giro da maldicenti), il salut d'amor

(stile epistolare), il sirventese (componimento politico, satira e attacco personale, critica ai costumi e alle istituzioni). La prima sommaria distinzione può essere fatta tra generi erotici e non, anche se non mancano numerosi ibridi, all’interno del genere erotico poi sarà possibile riconoscere il rapporto verticale o paritario che si istaura tra la donna e amatore. La canzone è per i trovatori il genere più elevato e più impegnativo e veicolo dello stile tragico secondo Dante, la canzone rappresenta la sede ideale per le sperimentazioni più esasperate o per sublimati lirici ottenuti con strumenti apparentemente elementari. Il de vulgari eloquentia e le leys d’amors concordano nel prescrivere per la canzone una lingua selezionata a una metrica impeccabile, che esprimano adeguatamente una materia grandiosa  inoltre la canzone deve essere sempre accompagnata da una melodia originale. C’è un interscambio continuo tra la sfera religiosa e quella erotica, che sarà diffuso in tutto il medioevo. Capitolo I – La Fondazione La poesia dei trovatori si apre con una figura di eccezionale rilievo letterario e storico  Guglielmo, nono duca d’Aquitania e settimo conte di Poitiers, fu uno dei maggiori signori feudali. Vissuto tra il 1071 e il 1126, fu gravemente ferito in battaglia a una gamba. Partecipò a due spedizioni crociate, in Terrasanta e in Spagna contro i musulmani che avevano conquistato Saragozza. Fu capostipite di una famiglia di mecenati che influenzarono la produzione letteraria in lingua d’oc e d’oil. Sul duca caddero ben due scomuniche a causa delle sue sregolatezze e per la sua condotta sessuale, alcuni insinuarono che fosse un eretico, sembrava che inseguisse solo il principio del piacere. Si parla di lui come un trovatore bifronte (ipotesi sostenuta da Mancini): da un lato, l’esaltazione delle virtù cortesi e del sacrificio in amore; dall’altro l’elogio senza mezzi termini dei piaceri e del sesso  tutto ciò è infondato anche perché se si leggono bene i testi vediamo che è ben presente una vena parodica che sdrammatizza certe prese di posizione apparentemente radicali. Le dieci poesie di Guglielmo sono state distinte dai provenzalisti in 3 gruppi: - 6 poesie rivolte ai companhos, ai compagni della sua cerchia, caratterizzate da un tono giocoso e dai contenuti osceni; - 3 (o quattro) poesie propriamente cortesi; - il cosiddetto canto di penitenza, composto probabilmente dopo essere stato ferito in battaglia non è l’ultimo in ordine cronologico è sbagliato leggerlo come il congedo di un peccatore pentito. Pos vezem de novel florir canzone cortese La poesia si apre con il cosiddetto esordio naturale, primaverile: il poeta guarda la natura e la mette in rapporto on il suo stato d’animo; l’abilità del poeta consiste nel personalizzare il topos, ossia il luogo comune e nel variarlo ogni volta. Il topos del locus amoenus contempla la descrizione di un bel paesaggio con uccelli, giardini, cieli azzurri, in un rapporto di similitudine o di contrasto con i sentimenti del poeta. Tale tipo di esordio può essere rovesciato: alla primavera si può sostituire l’inverno. I topoi fanno già parte della retorica classica e mediolatina e vivi nella poesia italiana del due e trecento, sopravvivranno fin nel cuore delle letterature moderne. I trovatori costituiscono dei punti di riferimento fissi per la tradizione ma allo stesso tempo la rinnovano continuamente. Il trovatore dice che il mondo naturale è pieno di gioia e quindi è giusto che ciascuno pensi a ciò che ama. Le stanze più importanti sono la quinta e la sesta.

La donna in questa canzone non è nominata; l’unico accenno è dato dal pronome dimostrativo aquo; i comandamenti di amore consistono in un insieme di regole di comportamento sociale: l’etica dell’amore va osservata a corte, nel rapporto che il fin amador ha con la sua donna e con gli altri soggetti dell’universo cortese. L’amore non è un fatto privato e individuale ma chiama in causa la società  deriva da ciò il carattere didattico della poesia trobadorica, il poeta comunica al suo pubblico la sua esperienza, ponendosi a modello. Nella settima stanza, egli si autoelogia per la bellezza della sua canzone, sintesi di parole e di melodia, che aumenta di pregio se viene bene intesa da un pubblico competente  element...


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