Il Movimento del Sessantotto in Italia e nel mondo PDF

Title Il Movimento del Sessantotto in Italia e nel mondo
Course Seminari Con Prova Finale
Institution Sapienza - Università di Roma
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Riassunto sul fenomeno del Sessantotto e dei suoi movimenti in Italia e nel mondo...


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Da questo ciclo di seminari e dalla lettura del libro “Il lungo '68 in Italia e nel mondo: cosa è stato, cosa resta” di Marco Boato, uno dei protagonisti del Sessantotto italiano, ho tratto parecchi spunti di riflessione. Egli partecipò ai movimenti studenteschi del 68 che ebbero origine nella facoltà di sociologia a Trento, dove nel 1969, assieme a Mauro Rostagno, Paolo Brogi ed altri sessantottini fondò il movimento politico “Lotta Continua”. La maggior parte degli storici, sociologi e studiosi del Sessantotto non considera questo periodo come una rivoluzione, ma è concorde nel considerare il Sessantotto come una grande contestazione giovanile di carattere GLOBALE. Infatti, si può dire che esso fu probabilmente il primo fenomeno politico - culturale di globalizzazione dopo la Seconda guerra mondiale con protagonisti i giovani e che riguardò in modo diverso tutti e cinque i continenti. Quest’articolata esperienza, infatti, prese forme differenti in base al territorio ed al contesto sociopolitico in cui si è sviluppata. AMERICA La scintilla ideologica sessantottina scocca negli Usa, dove era fortemente riscontrabile il solco tra le nuove e le vecchie generazioni che adottavano mode culturali radicalmente diverse dalla tradizione. Le nuove generazioni, culturalmente più emancipate per via di una maggiore alfabetizzazione si distinguevano soprattutto per la voglia di uguaglianza e giustizia sociale e concretamente per l’allargamento delle libertà e dei diritti civili per le fasce “periferiche” della società. Tutto ciò si radicò nella “controcultura” hippies. Facilmente riconoscibili dai loro capelli lunghi, i blue jeans e le loro magliette floreali, gli hippies sono oggi uno dei maggiori simboli identificativi di quegli anni. Essi incarnavano la cultura relazionale e sessuale libertina ma anche la sperimentazione di nuovi metodi di vita in comune e soprattutto il loro atteggiamento polemico e critico contro le istituzioni quali la scuola, la famiglia e la società, ree di opprimere le energie e la creatività giovanile. Queste nuove generazioni anche ricordate come “baby boom” contribuirono a una sensibile crescita demografica, che aumentò anche il numero di giovani che decidevano di frequentare le università negli anni a seguire. Fu proprio nelle università in cui si rafforzò la “controcultura”. Nel 1964 scoppiava in California, nell’ Università di Berkeley, la prima storica rivolta studentesca e nasceva il Free Speech Movement, il “Movimento per la libertà di parola”, cui leader principale fu lo studente italo – americano Mario Savio. Mentre la guerra in Vietnam raggiungeva il proprio apice di crudeltà e inumanità, negli Usa si consumavano, a poche settimane di distanza, gli assassinii di Martin Luther King e di Robert Kennedy, fratello dell’ex presidente ucciso anch’egli qualche anno prima. Nel “mondo occidentale” si alternavano quotidianamente imponenti contestazioni e marce su svariati temi, alle quali parteciparono folle oceaniche animate dal desiderio di cambiare realmente una società imbruttita dalla violenza bellica, dall’ingiustizia sociale e dal conservatorismo. Uno degli eventi più significativi avvenne nell’ottobre del 1968 a Città del Messico, durante le Olimpiadi. L’attenzione internazionale fu stupita dall’atteggiamento di un’atleta in particolare, Tommie Smith. Dopo aver vinto la gara finale dei 200 metri, una volta sul podio, Smith e il suo connazionale John Carlos, arrivato terzo, decisero di sorprendere il pubblico: si presentarono scalzi, mantennero lo sguardo basso durante l’esecuzione dell’inno statunitense e alzarono contemporaneamente un pugno chiuso stringendo in mano un guanto nero, richiamante il simbolo del movimento “Black Power”. Se contestualizzato, si deduce quanto forte potesse essere quel gesto.

Intanto a partire dal 1966-67 la rivolta giovanile si estese anche in Europa nutrendosi di innumerevoli ideali, che assumevano connotati diversi a seconda dei contesti nazionali ma che avevano come fattore comune la denuncia contro le istituzioni corrotte e la condanna esplicita nei confronti del sistema capitalistico e dell’imperialismo. ITALIA Per l’Italia, alcuni studiosi tra cui Marco Boato parlano di lungo 68 o “68 allungato” per sottolineare già che alcuni segni dell’imminente fenomeno si potevano trovare nelle proteste di piazza a Genova del giugno 1960 contro il congresso del Movimento Sociale Italiano, partito che garantiva il suo appoggio esterno all’allora governo Democristiano guidato da Tambroni. Il lungo 68 finirà solo dopo il sequestro e l’omicidio di Aldo Moro nel 1978 e la fine di quella prospettiva politica di centro – sinistra di apertura al Partito Comunista, da lui suggerita, che veniva identificata con il nome di “compromesso storico”. Già nell’aprile del 1966 in Italia, davanti alla Facoltà di Lettere dell’Università La Sapienza di Roma, Paolo Rossi, un giovane studente di Architettura, cattolico e socialista, veniva aggredito e ucciso brutalmente da un gruppo di fascisti mentre distribuiva volantini per le elezioni degli organismi studenteschi. Inoltre, in quel periodo, l’alluvione di Firenze del 1966 con i cosiddetti “angeli del fango” e il terremoto in Belice furono due eventi che anticiparono la grande partecipazione dei giovani nella vita politica e sociale del Paese. Proveniente da tutta Italia, la cosiddetta “Meglio gioventù” era pronta a spalare fango e prestare soccorso a chi ne aveva bisogno. A partire dalla facoltà di Sociologia di Trento, i giovani iniziano a mobilitarsi contro il ddl 2314 del 65 di riforma dell’università, detto Piano Gui che in Parlamento aveva incontrato resistenze da parte delle “baronie accademiche”. Si manifesta quindi per il diritto allo studio e per il suo allargamento verso le fasce basse della società. I giovani studenti vogliono anche cambiare la loro stessa partecipazione all’interno delle università, con il rifiuto della delega che allora era data ai cosiddetti “parlamentini”, attraverso una via di uscita “collettiva” alla crisi della rappresentanza. I giovani condannano l’autoritarismo non solo dei baroni universitari ma anche gli abusi della polizia e gli abusi degli uomini verso le donne; infatti, uno dei maggiori protagonisti ideologici della contestazione sessantottina fu il movimento femminista che finalizzò i propri sforzi sia alla rivendicazione di maggiori diritti politici per le donne sia verso la subordinazione del ruolo femminile nella società iniziando ad abbattere la tradizionale serie di tabù sessuali che opprimevano l’esistenza delle donne nella comunità civile. Se nel 1967 si manifesta contro il regnante imperialismo americano e specificamente la guerra in Vietnam tanto da far passare alla storia il 1967 come “l’anno del Vietnam”, il 1968 e il 1969 passeranno invece alla storia rispettivamente come l’anno degli studenti e l’anno degli operai. Tra il 1968 e il 1969, in Italia, la protesta studentesca, infatti, troverà negli operai delle grandi fabbriche degli alleati. Essi si mobilitano durante il cosiddetto “autunno caldo” dei rinnovi contrattuali chiedendo maggiori diritti sul posto di lavoro e salari adeguati. Ciò che riusciranno ad ottenere nel 1970 sarà lo Statuto dei Lavoratori. Gli anni 1968-1969 saranno ricordati come un nuovo “biennio rosso” di cui uno degli slogan fu: “Studenti e operai uniti nella lotta”. Anche un’altra istituzione secolare, come la Chiesa, attraversò in questo periodo una fase di riflessione e trasformazione, che sfociò nel Concilio Vaticano II. Dai giovani venivano contestati diversi aspetti: dalla sua neutralità sulla guerra in Vietnam e l’apartheid razzista in Sud Africa al

diritto civile del divorzio; dall’abolizione del Concordato fascista alla condanna per la mercificazione del Natale e soprattutto la denuncia della compromissione delle strutture ecclesiastiche con il potere politico ed economico. Da qui la richiesta di una Chiesa povera e dei poveri, tutt’ora di grande attualità. In Europa, alimentata dal malcontento sociale, divampavano le voci dissidenti dei giovani e della comunità civile, insoddisfatta delle proprie condizioni di vita. Il malcontento raggiunse l’apice a maggio, quando gli studenti francesi si impadronirono della Sorbona. In Francia la spinta culturale e ideologica del fenomeno sessantottino fu molto intensa. Già prima della rivolta del maggio del 68 alla Sorbona, gli studenti cominciarono a contestare all’università di Nanterre contro la guerra in Vietnam, contro il potere studentesco e per la libertà sessuale. Il 13 maggio del 68 tutta la Francia è paralizzata dalle manifestazioni di protesta di studenti e operai che sfilano in corteo, ma il Sessantotto francese dura poco. De Gaulle fa delle concessioni salariali ai sindacati, spaccando l’unione tra studenti e lavoratori. Scioglie poi anticipatamente le camere e manda al voto i francesi, ottenendo alle elezioni la maggioranza assoluta dell’Assemblea Nazionale. Del Sessantotto francese rimangono tuttavia la forza delle idee, dei temi trattati e degli slogan (ad esempio la “Presa della parola”, in riferimento a quella della Bastiglia). In Germania, invece, le proteste iniziano durante la visita dello Scià di Persia a Berlino nel giugno del 1967 quando viene ucciso uno studente. In seguito, si scoprì che l’assassino fu un poliziotto della Stasi, la polizia segreta della Germania dell’Est. Piccoli focolai di rivolta si ebbero anche in Spagna, Grecia e Turchia anche se ancora sottoposte a regimi dittatoriali o autoritari. Qui però il governo rispose sopprimendo le proteste con l’aiuto della polizia. Uno degli episodi più significativi della contestazione studentesca di quegli anni fu sicuramente quello che coinvolse Jan Palach, uno studente iscritto alla facoltà di filosofia dell’Università di Praga, il quale decise di mettersi fuoco in piazza, nel centro della città, al fine di protestare contro l’abuso di forza esercitato dalle truppe del Patto di Varsavia, che qualche mese prima avevano stroncato sul nascere il tentativo di Dubček di realizzare un “socialismo dal volto umano”. Anche i Paesi comunisti, infatti, ne vennero in qualche modo coinvolti. Mentre nelle democrazie occidentali si contestavano le colpe dei padri, negli stati sovietici era forte il richiamo alla loro eredità nazionale pre-comunista. La Cina, ad esempio, ebbe un ruolo importante. Diversi gruppi studenteschi occidentali si dichiaravano “Maoisti” con riferimento alla grande rivoluzione culturale proletaria che Mao Zedong avviò in Cina dal 1966 al 1969. Tuttavia, essa probabilmente non fu una vera rivoluzione culturale ma ebbe, al contrario, effetti devastanti. Alcune cifre parlano di centinaia di migliaia di vittime tra i perseguitati politici e non. Già da prima di essere uno studente di scienze politiche, questo periodo della storia mi ha sempre affascinato. Penso che tutti noi studenti avremmo voluto vivere realmente quel periodo invece di studiarlo. Appunto per questo, a distanza di 50 anni dall’evento, il Sessantotto non ha smesso di stimolare i sogni ribelli della mia e delle nuove generazioni, che riscontrano in esso un motivo di appartenenza o di ispirazione, pur non avendolo vissuto direttamente....


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