Il ruolo della filosofia aristotelica nell\'immagine della donna PDF

Title Il ruolo della filosofia aristotelica nell\'immagine della donna
Author Corinne Felleti
Course Antropologia
Institution Università di Bologna
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come la filosofia aristotelica ha contribuito alla costruzione del ruolo sociale subordinato della donna...


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IL RUOLO CHE HA AVUTO LA FILOSOFIA ARISTOTELICA NELL’IMMAGINE DELL’ALTRA Da dove iniziare a parlare di età contemporanea? A scuola fanno partire dal congresso di Vienna, all’università dalle grandi rivoluzioni di fine ‘700. Anche noi cominciamo con quest’ultime, ma con un’avvertenza. Con la rivoluzione americana e francese cambia per sempre lo stato, la politica e i suoi fondamenti, cambia l’immagine dell’individuo, ora detentore di diritti inalienabili che nessun governo può calpestare. La nazione diventa sovrana, si fa da sola le leggi tramite i suoi rappresentanti liberamente eletti. La magistratura e la polizia devono rispettare diritti. Cambia l’economia, cambia la società, i nobili perdono potere e il clero le tante immunità. Sono conquiste che prima fa la Francia e che poi si dispiegano in tutta Europa a fine ‘800 con “l’età delle rivoluzioni”. Conquiste definitive. Cambia tutto ma non l’immagine dell’altra. O per meglio dire: non cambia in quello che è il connotato sostanziale che si attribuisce all’altra, cioè l’inferiorità rispetto al maschio. Dove fonda le radici quest’ideologia del patriarcato? Nel quarto secolo a.C. nella filosofia dominante dell’epoca. Nonostante questa fosse stata superata in quasi tutto dalla rivoluzione scientifica di età moderna, ciò non accade per il rapporto tra i sessi. I rivoluzionari americani e francesi che cambiarono al mondo quando pensavano ai rapporti tra uomo e donna avevano in mente ciò che Aristotele, proprio nel quarto secolo a.C. Riporta così il filosofo in Politica una sua celebre opera: “il maschio è per natura migliore, la femmina peggiore, l’uno atto al comando, l’altra all’obbedienza”1. E questa subordinazione della donna, in questo caso nella vita politica, si rispecchia a sua volta in quello in cui questa viene definita, ovvero materia inerte, a differenza dell’uomo, ritenuto invece anima, colui che genera. Pertanto, cosa dice Aristotele? Dato che non è ancora l’età dell’anatomia, egli si rapporta al mondo da filosofo della sua epoca. Si basa sulla teoria del caldo e del freddo e della teoria dei quattro elementi. Un discorso semplice ed un inizio apolitico. L’uomo è aria e fuoco, la donna acqua e terra, l’uomo è caldo la donna è fredda. Che ne deriva? L’uomo ha gli organi sessuali spinti dal calore verso l’esterno, la donna ha lo stesso organo sessuale dell’uomo un pene anche lei, ma essendo fredda questo membro rimane all’interno rovesciato ed è cieco, una specie di sacca vuota, che noi conosciamo come utero. Uomo e donna allora sono uguali, ma uno è caldo, estroverso e quindi positivo, l’altra è la versione fredda, introversa e quindi negativa perché passiva. Come avviene la generazione tra questi due sessi uguali e simmetrici? L’uomo è caldo quindi il suo pene si riscalda e si erige ed emette una schiuma, questa schiuma è la parte migliore, più sana, eccellente del sangue di ciascun maschio. Questa schiuma inserita nel sacco cieco della donna, da l’anima al figlio. Ecco giustificate con argomentazioni aprioristiche in una volta sola l’ordine patriarcale e la subordinazione giuridica della donna. Solo l’uomo è estroverso, attivo perché caldo, solo l’uomo produce seme e l’unica anima del seme. La donna si limita ad ospitare nel sacco vuoto il feto. Lo nutre con i suoi liquidi, il mestruo, che di solito espelle, ma che da incinta nutre il feto. La donna però non da l’anima, è ospite dell’ospite, un 1

ARISTOTELE, Politica,

I, 5, 1254b, 13-14.

recipiente inerte. Non ha alcun diritto sulla prole, non darà il nome e la sua parentela non avrà diritti. Uomo caldo, padre generante attivo, donna fredda passiva. Un solo sesso presente, esterno nell’uomo, interno nella donna. Come Simone de Beauvoir cita nel suo libro Il secondo sesso: “La donna si determina e si differenzia in relazione all'uomo, non l'uomo in relazione a lei; è l'inessenziale di fronte all'essenziale”2 Nonostante tutto, quello che ci interessa lo troviamo mille anni dopo. Firenze, Amsterdam, Parigi paesi cattolici e paesi protestanti, Londra. Di lì a poco scoppia lo scandalo, uno scienziato dice che non è il sole a ruotare intorno alla terra ma il contrario come aveva accettato il cristianesimo. La scienza sfida la tradizione, si scopre la circolazione del sangue e Aristotele va a finire quasi tutto nel dimenticatoio. I medici del ‘500 e ‘600 ora aprono i corpi, nasce l’anatomia sperimentale, si aprono corpi vivi e corpi morti nelle aule universitarie. Si vuole scoprire la verità dal vivo e non basarsi più sulla filosofia a priori. Ma questi medici che ormai conoscono bene gli apparati quando guardano gli organi genitali continuano a vedere esattamente quello che diceva Aristotele, l’utero appare senza eccezioni come un pene riverso. Vedono tutto diversamente ma non gli organi genitali. Aprendo i corpi però si scoprono le ovaie, e perché non indagare sulla loro funzione? Come sappiamo le ovaie producono ovuli, perciò non è poi così passiva la donna. E pure ciò che ne vien fuori è che l’ovaio è uno scroto rovesciato, inutile come tutto il resto dell’apparato genitale femminile. Le mestruazioni vengono spiegate allo stesso modo. I corpi producono scorie in eccesso, ma se l’uomo le sublima ed esterna col sudore e lo sperma, la donna le trattiene più a lungo e le espelle una volta al mese sotto forma di sangue, non hanno a che fare con la fertilità, la donna è passiva e inferiore, senza ruolo perciò “per provare l'inferiorità della donna, gli antifemministi hanno messo in campo non solo, come una volta, la religione, la filosofia e la teologia, ma anche la scienza: biologia, psicologia sperimentale, ecc. Ciò che al massimo si accordava all'«altro» sesso era «l'uguaglianza nella differenza» ”3. Uno dei libri più scandalosi tra la fine del ‘500 e inizio ‘600 fu “l’atlante anatomico” di Vesalio, un grande medico di grande cultura umanistica. Perché scandaloso? Egli aveva chiamato pittori e incisori che ritraessero tutto ciò che aveva scoperto e che molte volte andavano contro le sacre scritture ed invalidavano la maggior parte dei concetti aristotelici. Ma quando si tratta di rappresentare un utero, il pittore lo rappresenta chiaramente come un pene rovesciato, un sacco vuoto con ovaie inutili. Nessuno, tantomeno questi scienziati rivoluzionari, che per la prima volta vollero vedere, spostarono la terra ma non gli organi genitali, del resto dopo si apre l’ancien regime, dove la donna è sottoposta al padre e non eredita, ma attraverso accordi passa da casata a casata, da un’autorità all’altra e non ha diritti. Sono anche i grandi anni del giusnaturalismo, in cui si inizia a dire nell’Europa del nord che ci sono diritti naturali che nessuno stato può calpestare, di diritto alla vita, proprietà… ma si parla di maschi ed è così naturale che si parli di loro che neanche viene specificato. Arriviamo al 14 luglio 1789, ora entriamo sì nell’età contemporanea, il popolo ha preso la Bastiglia. Si devono riconoscere i rappresentati del terzo stato, devono finire i privilegi. Le tasse devono essere uguali per tutti, la nazione è sovrana, il re si piega. E nella nazione fanno parte i cittadini, non i sudditi. Gli stessi padri rivoluzionari, lo stesso terzo stato è destinato a deluderci, è vero tutti gli individui nascono con uguali diritti. E per individuo si intendono i maschi, ma basta questo per dare a tutti diritto di voto? Nasce il grande problema della cittadinanza politica, i diritti 2 3

SIMONE DE BEAUVOIR, Il secondo sesso, Il Saggiatore (2016) Id., Il secondo sesso, Il Saggiatore (2016)

politici. Nascono gli esclusi della modernità politica, attori sociali, gruppi discriminati per varie ragioni e che dovranno lottare di più per avere tutti i diritti del cittadino ideale. Ma vediamolo un po’ questo cittadino ideale. A parlare è Emmanuel Joseph Sieyès, colui che ha scritto “Che cosa è il Terzo Stato”4, ha rivoluzionato la politica. La nazione è sovrana e il potere del re può essere esecutivo, ma senza privilegi. Ma a un certo punto Sieyès deve chiarire chi ha il diritto di voto ed è molto meno radicale. Ogni individuo nasce libero ed eguale nei diritti, nessun governo, stato o sovrano può alienare questi diritti però il primo intoppo è la razza: la Francia ha molte colonie e in queste troviamo anche neri, neri schiavi e neri liberi. I neri in ogni caso no, non possono votare, del resto anche gli americani con la loro costituzione del 1777 avevano difeso e tutelato la schiavitù dei neri. La Francia è cattolica, e i non cattolici? I protestanti essendo Cristiani, non riscontrano problemi, ma gli Ebrei che osservano non la domenica ma il sabato? Con le loro barbe, i loro prestiti e i loro riti? Discutono due anni e alla fine anche a loro viene dato diritto di voto a patto che gradualmente rinuncino alla loro cultura e diventino “più francesi”. Ecco alcuni esclusi citati in precedentemente. Un cittadino che va a votare e nel caso si candidasse per essere votato deve essere libero, ma per essere liberi occorre avere qualche proprietà, un povero, e questi erano tantissimi, come potevano? Una proprietà che poteva essere piccola e successivamente, nell’800, anche molto grande era necessaria per esercitare il diritto di voto. Nasce l’esclusione di classe. Un cittadino deve perciò essere libero, ma attenzione, chi ha un lavoro che lo costringe ad ubbidire al padrone come può essere libero. Anche i domestici finché svolgono questo lavoro, sono esclusi dal diritto di voto però questa è una tradizione transitoria. Ci vollero quasi due anni per arrivare alla legge elettorale, nel 1789-1791, sugli Ebrei discussero tantissimo, su quanta proprietà necessaria pure. Esclusero dal diritto di voto tutti i minori sotto i 25 anni, quindi nasce il concetto di maggiore età e tra gli uomini adulti circa 1 su 2 fu escluso dal diritto di voto o per razza o per classe e questo per gli uomini. Quando invece si tratta di parlare delle donne non discussero per niente, tutte furono escluse dal diritto di voto e Sieyés ha la risposta pronta, ma dove è tratta questa? Da Aristotele. Le donne sono naturalmente inferiori, fredde, schiave della loro corporeità materica, passive, non hanno diritti in famiglia e non li possono avere, non hanno diritti sui figli, come fanno ad avere quelli di cittadinanza? Si discusse due anni per vedere quali maschi escludere, ma pochi minuti per escludere 13 milioni di donne su 25 milioni di francesi. Era cambiato il mondo, la politica e la Rivoluzione Francese sarebbe poi arrivata da altre parti, sino in Russia. “L’altra” però non era stata integrata nella rivoluzione pertanto non poteva far parte della modernità politica. Per l’altra continuava l’antico regime e la scienza di Aristotele valeva ancora. La rivoluzione con tutte le difficoltà che incontrò, la guerra, l’espansione Napoleonica aveva bisogna di una popolazione militante, in difesa dei suoi valori e anche le donne dovevano fare la loro parte, essendo brave madri dovevano educare i figli ai nuovi valori. Se leggiamo la costituzione Giacobina della repubblica cisalpina, l’ultimo articolo cita: “affidiamo la tenuta della costituzione all’opera educativa delle madri di famiglia”. Qui più che Aristotele si considera Rousseau, la donna deve essere educata e istruita al fine di diventare brava moglie e madre. Anche le donne fanno parte della rivoluzione, ma prendendo diritti? Assolutamente no, nessun diritto, ma identificandosi quasi completamente in una 4

EMMANUEL-JOSEPH SIEYÈS, Che cosa è il Terzo Stato, a cura di Umberto Cerroni, Editori Riuniti (2016)

maternità, educativa, civile e addirittura politica. Nasce in questo periodo il mito della madre educatrice. Nell’antico regime le madri se potevano permettersi una balia, non allattavano, non educavano e delle volte neanche si affezionavano ai neonati perché questi potevano morire. La maternità diventa una funzione pubblica, nasce il rapporto, finora sconosciuto, tra la brava madre e i figli maschi. La madre è la prima che insegna al figlio maschio il rispetto, l’osservazione o la morte per i nuovi valori di libertà, la rivoluzione non crea la cittadina attiva, non da uguaglianza, ma crea la madre, ruolo che si svolge entro le mura di casa ma che ha una grandissima valenza pubblica. La donna si sposava, portava la dote e l’esclusione ereditaria continua dopo la rivoluzione, fa figli e non ha diritti su loro. Il padre da nome, anima e il posto nella società. Il padre gestisce, se di famiglia altolocata, anche il matrimonio, e la che non ha diritti sul figlio, deve educarlo ad allontanarlo da sé. Lei rimarrà in casa passiva il bambino deve diventare buon cittadino e spesso buon patriota e buon soldato. Alle figlie femmine a loro volta devono insegnare a diventare buoni madri, senza pretese senza ricercare l’uguaglianza. Ci sono donne coltissime che scrivono in questo periodo: perché una donna seppur istruita deve richiedere il diritto di voto? La donna non deve ottenere ciò che il maschio possiede, ma deve ritrovare il suo ruolo nei compiti femminili. La maternità civile, l’educazione pubblica. Napoleone ricordato per le battaglie fece anche altro, nel 1804 emanò il primo Codice civile postrivoluzionario d’Europa. E il Codice civile che assorbe la grande rivoluzione la cristallizza in equilibri sociali e rapporti sociali basate sull’eguaglianza di fronte alla legge. Ma tutti e non tutte. Il Codice civile comprende anche il diritto di famiglia e com’è la famiglia post-rivoluzionaria? Qualcosa è cambiato. In età moderna l’unico a rilevare l’eredità era il primogenito maschio, Napoleone afferma nel Codice civile che tutti i figli devono ereditare in parti uguali, se un padre può escludere le figlie femmine dall’eredità e dar loro la dote, ma non le proprietà immobiliari, questa dote sarà il suo mantenimento una volta sposata, come prima. Napoleone dice sì che tutti i figli dovrebbero essere uguali ma non per le figlie. Si crea la famiglia coniugale, il pater familias, il marito, è sovrano in casa propria. La moglie è sottoposta alla sua autorità, e ha bisogno di un’autorizzazione esplicita e formale che può darle solo lui, chiamata “autorizzazione maritale” per fare un lavoro, una causa in tribunale, gestire soldi, studiare… Napoleone dice che padre e mare devono educare i figli però la direzione ultima dei figli spetta al padre. Possiamo dire che Napoleone ha in mente Rousseau e continua ad avere in mente Aristotele. Prima il destino era il matrimonio, ora la maternità. In ogni caso lo spirito scientifico procede e i primi decenni dell’800 sono secoli d’oro per esempio la chimica. Si torna anche sui corpi e l’anatomia umana. Lentamente si iniziano a prendere le distanze dai concetti Aristotelici e ci si interroga sui genitali. Già nel ‘700 qualche medico italiano aveva cercato d’affermare che le mestruazioni non fossero scarti ma che fossero legati alla fecondità e quindi ad un segno di salute. Qualcun altro aveva affermato che le ovaie non fossero ghiandole cieche, ma che dentro ci fossero gli ovuli. Inizia a farsi strada l’idea che il concepimento non avvenisse come affermava Aristotele. L’uomo emette lo sperma, la donna produce l’ovulo, i due sessi non sono uguali. Ma sperma e ovulo li mettiamo sullo stesso piano? Noi sì perché sappiamo che sono entrambi fondamentali, eppure al tempo con la scoperta degli ovuli si scopre anche che le donne possiedono un cervello più piccolo degli uomini. Solitamente la massa cerebrale femminile è più

leggera di quella maschile, come d’altronde il resto del corpo, ma questo non ha niente a che fare con lo sviluppo delle capacità cognitive o le capacità intellettive e la razionalità. Però come non approfittare di questa occasione per svalutare la donna? La donna sì produce l’ovulo ma è fredda, e il suo cervello è talmente piccolo che la donna è schiava delle mestruazioni, degli ormoni, del ciclo, finché Freud a fine secolo non dirà che le ovaie sono la fonte e la sede dell’isteria femminile. C’è un ritorno d’inferiorità di ruolo e capacità. Ci sono uguali funzioni nella riproduzione, ma in ogni caso la donna è inferiore. E questa volta proprio per il suo sesso. In ogni caso se, come afferma Thomas Laqueur nel suo saggio “Making Sex: Body and Gender from Greeks to Freud”5 vigeva per l’appunto il one- sex- model, ovvero il corpo anatomicamente monosessuato, che come descritto in precedenza trovava le sue basi sulla visione aristotelica sull’uomo e la donna; si inaugura, invece, dal partire degli anni’40 in Inghilterra, ma poi diventerà cultura comune in tutto l’occidente “il modello vittoriano” il two sex model, i sessi sono due, diversi, ma non sono paritari. Uomo e donna sono diversi, quindi devono fare cose diverse e infatti esistono due sfere nella vita, quella pubblica e quella privata. L’uomo è attivo, intraprendente, deve pagare le tasse quindi deve lavorare, se ha una certa proprietà vota, se scoppia la guerra deve partire, e tutto ciò per la sfera pubblica. La donna, madre educatrice in cui tutta l’anatomia e fisiologia sono votate alla maternità, appartiene alla sfera privata. È la sfera dell’educazione, amore, intimità, assistenza. La donna vittoriana deve stare a casa ed è regina di questa, l’uomo non deve intromettersi. Si deve occupare anche, se fa parte dell’alta borghesia o nobiltà, non solo dei propri figli ma anche dei poveri del quartiere, della città. Dei bambini sfortunati, delle prostitute, deve fare carità. Può anche uscire di casa. Le due sfere non sono così separate per quanto volessero separarle gli intellettuali inglesi. La sfera privata esce di casa ed investe la società, la cura l’assistenza. Le donne se proprio vogliono studiare possono fare le maestre, addirittura si penserà a fine secolo che possano anche fare i medici, ma esclusivamente ginecologia e pediatria. I confini tra le due sfere non sono rigidi, si rischia anche di mettere la donna nella sfera pubblica, ma in ogni caso non le si danno diritti. In Inghilterra e America è giuridicamente inferiore, nei paesi “Napoleonici” è giuridicamente assente. Le si permette di studiare, una madre istruita è sempre meglio per il figlio. Verso fine ‘800 pure all’università. Nel 1874, dopo tredici anni dall’unità d’Italia, le università italiane possono rilasciare lauree a tutti gli effetti a donne, gli inglesi successivamente, e quelle americane ancora dopo, e quelle francesi e tedesche anche più tardi. È vero che si aprono le università alle donne, ma queste non possono fare l’avvocato, o il notaio. Possono fare le farmaciste, le insegnanti, le ginecologhe. Nonostante "Il modello vittoriano” sembri permettere più “libertà” alle donne, come per esempio detto prima il permesso di studiare, si cerca di farla rientrare comunque nella categoria pertinente alla maternità e a donna in quanto moglie. La società non va rivoluzionata, se le donne non si sposassero più? Se le si lasciasse il diritto di voto, entrerebbero a fare parte della sfera politica e poi non si sposerebbero, in che modo potrebbe andare avanti la società? Come afferma la Scoti: “il genere è un elemento costitutivo delle relazioni sociali fondate su una cosciente differenza tra i sessi, e il genere è un fattore primario del manifestarsi dei rapporti di potere”6. 5

THOMAS LAQUEUR, “Making sex: Body and Gender from the Greeks to Freud”, Harvard Unity Press, (1992) JOAN W. SCOTT, "Il genere: un'utile categoria di analisi storica", in P. DI CORI, “Altre storie. La critica femminista alla storia”, Bologna, Clueb, 1997, pp. 307-347 6

Com’è questa donna occidentale di metà ‘800 rispetto a tutte quelle donne considerate in blocco passive e sottomesse di fine ’700? Quando parliamo della donna dell’800, esclusa dai diritti politici e sottomessa al matrimonio, dobbiamo introdurre anche per loro una netta distinzione di classe. Dalla meno abbiente a quella più abbiente sono tutte giuridicamente inferiori agli uomini, ai mariti. Tutte hanno bisogno dell’autorizzazione prima del padre e poi del marito, anche per le strade che si stanno aprendo, tipo lo studio. Però la figura dell’accattona, della contadina e poi fondamentale dell’operaia, figlia della rivoluzione industriale non pensano a studiare o fare le madri, perché soffrono la fame e sono escluse da tutto. L’800 è il secolo della madre ma anche degli orfanotrofi e aborti illegali. Le donne povere non sono madri per vocazione, certo continuan...


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